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home arrampicata Torrione Magnaghi Centrale - Via Gandini precedente successivo

Torrione Magnaghi Centrale

Via Gandini

Una via splendida, al pari di tutte le "Gandini" della Grignetta, che supera difficoltà anche sostenute, sempre divertente e di grande soddisfazione. Il IV che caratterizza la maggior parte della via si trasforma al termine del secondo tiro in un bellissimo strapiombo di V+, con un'uscita spettacolare di fianco ad un piccolo tetto. La roccia è sempre ottima, ad eccezione del breve tratto in canale del III tiro, dove si trova la solita ghiaietta. L'esposizione è straordinaria nello strapiombo, molto emozionante, e la chiodatura, qui, abbondante, sebbene non recente. L'unica nota stonata della via è l'immancabile umidità nel caminetto iniziale, sempre freddo e scuro.

Difficoltà: D (un tratto di V+ o IV+/A0, prevalentemente IV)
Sviluppo: 3 lunghezze, 120 m
Esposizione: E
Chiodatura: buona, soste su fix o catena
Materiale: 10 rinvii, 1 corda
Salite: 31.08.97    Mirko, Silvano
17.05.98    Mirko, Andrea
23.05.99    Mirko, Andrea
11.06.06    Mirko, Andrea

AvvicinamentoPer sentiero ci si può avvicinare al torrione in modi diversi: è possibile seguire la Cresta Cermenati (sentiero n.7) fino al traverso per i Magnaghi e quindi il traverso (n.3) fino al Canalone Porta, oppure si può seguire direttamente il Canalone Porta stesso fino a metà, cioè fino al punto di incrocio con le deviazioni per la Cermenati, a sinistra, e la Senigalia, a destra (cartelli). Prendere qui il sentiero di destra, in direzione della Cresta Senigalia, portarsi in pochi metri in vista della cresta in corrispondenza della Bocchetta dei Prati e quindi risalire il pendio per evidente sentiero, costeggiando a destra le pareti Est del complesso di guglie che precedono i Magnaghi. In alternativa si può seguire integralmente il più lungo sentiero della Cresta Senigalia (n.1). Si procede lungo il pendio lasciando sulla sinistra la deviazione per il Sigaro e per le vie sulla Sud del Magnaghi Meridionale. In prossimità della rampa di rocce che sale verso il torrione Meridionale, lungo la quale si sviluppa la via normale, si lasciano i prati per avvicinarsi alle pareti. Si prosegue lungo il canalone di roccette friabili fino sotto all'imponente e strapiombante parete Sud del Magnaghi Centrale. Da qui è possibile salire lungo un'ultima facile rampa abbattuta (molto friabile) di facili roccette che porta fino ad una cengia erbosa e infine, lungo questa, fino alla vecchia sosta d'attacco, proprio alla base del grande camino che segue lo spigolo di destra della parete, angolo tra la Sud e la Est. Questa era la linea di salita originale al punto di attacco. Oggi è stato attrezzato a fix un tiro alternativo, su roccia solidissima e ben lavorata: si attacca alla base dello sperone che delimita a destra la rampa abbattuta originale, e che sale direttamente in verticale fino al vecchio camino.

L1aSe si sceglie l'attacco originale (oggi sconsigliabile vista la bellezza della roccia dello sperone appena attrezzato) dalla cengia di partenza si deve semplicemente seguire l'evidente camino verticale. Dal resinato della sosta si deve arrampicare per cinque o sei metri di IV prima di arrivare al primo chiodo di assicurazione, dipinto di rosso, sul lato sinistro del camino. Sono utili soprattutto le maniglie sulle paretine di destra. Si segue sempre il camino, fino ad un altro chiodo, poi ad una grande clessidra. Il terreno è spesso piuttosto freddo. Si esce dal camino dove le difficoltà iniziano a diminuire: la linea verticale è sbarrata da un masso incastrato ed il camino si restringe; qui si passa sulla sua sinistra e per facili rocce si raggiunge il grande terrazzo di sosta, dove si trova una coppia di nuovi solidissimi fix. In alternativa alla prima parte del camino è possibile tenersi un po' sulla destra, verso lo sperone, da risalire arrampicando direttamente lungo la paretina apparentemente liscia sopra alla sosta fino all'altezza della grande clessidra; la difficoltà è paragonabile a quella del camino, ma la roccia è ruvida ed asciutta.

L1bPiù divertente il primo tiro alternativo: permette di evitare la prima rampa friabile e si svolge lungo una linea verticale di roccia molto bella. Dal fix di attacco si sale in verticale per pochi metri fino ad un secondo fix, quindi ci si muove in diagonale a destra e poi in deciso traverso a destra, attraverso una placchetta un po' liscia (IV+) e compatta. Oltre la placchetta il terreno si fa più semplice e segue una spaccatura verticale (ideale prosecuzione del camino principale) che termina ad una cengetta sotto ad una placca; si raggiunge la cengetta per rocce più facili; un fix attrezza l'inizio dell'ultima rampetta. Si prosegue per rocce articolate, ora sempre in linea verticale lungo lo sperone. Si raggiunge un nuovo fix in prossimità del caminetto, quindi si abbandona lo sperone. Si entra nel camino a una decina di metri dal vecchio attacco, e lo si segue secondo la logica originale: si passa dalla solida (utile) clessidra, si prosegue per qualche metro di roccette manigliate (IV), e si esce sulla sinistra quando il camino si stringe: ci si porta sulla comoda cengetta di sinistra e si risalgono gli ultimi cinque facili metri fino al terrazzone della sosta.

L2Dalla sosta si attacca il tiro più difficile della via partendo dalla base della ripida e ampia parete est del Torrione. L'attacco si presenta già ostico (IV+), buon preludio al tiro che attende. La parete inizia perfettamente verticale e deve essere attaccata nel punto più aperto, non vicini al grande diedro di destra, ma sul limite sinistro del terrazzo; il primo fix di assicurazione è già ben visibile a circa quattro metri di altezza. Si sale in verticale fino al chiodo, sfruttando inizialmente una lama verticale, quindi per piccole maniglie e tacchette ci si porta a sinistra, in leggera diagonale. Si raggiunge il fix, quindi si sale di qualche movimento e si traversa a destra; ci si deve avvicinare al diedro che delimita a destra la parete, ma ancora senza raggiungerlo. Si seguono delle tacchette che in passaggi faticosi (IV+) su roccia un po' consumata portano ad un secondo chiodo (vecchio, infisso profondamente in una fessura). Si piega ora ancora più decismente a destra e si entra definitivamente nel diedro. Lo si segue in verticale puntando una spaccatura che se ne diparte verso sinistra; la spaccatura forma un secondo diedro arcuato; nel punto di convergenza dei due si trova il terzo ancoraggio, un buon resinato nuovo. Ora si segue in diedro di sinistra, prima con qualche passo non faticoso di difficoltà contenute (IV), poi di nuovo in verticale su terreno di difficoltà crescente, fino al V/V+, ben attrezzato da fix e chiodi ravvicinati: un primo chiodo dove inizia il tratto verticale, poi un fix, poi altri due vecchi chiodini con anello. Il tratto superiore del diedro è strapiombante e molto faticoso e conduce fino ad una grande decisa sporgenza che, con un tetto, sbarra la linea di salita. Ci si porta fino alla nicchia proprio sotto al tetto e quindi si traversa a sinistra, per aggirare la sporgenza su difficoltà di V+. L'uscita, specialmente perchè provati dal lungo strapiombo appena terminato, è decisamente faticosa. Aggirato il tetto (si trova un altro fix in uscita e un ultimo chiodo subito dopo, sulla destra) si procede in verticale per qualche metro di roce più facili e ci si porta ad un terrazzino nel profondo di una spaccatura che incide un salto con facili gradini; ci si ferma al terrazzo, dove una buona catena su resinati fa da sosta.

L3Dalla sosta si può proseguire lungo l'intaglio attraverso facili gradini (attenzione alla ghiaietta e ai sassi instabili in uscita), oppure risalire solo i primi metri della paretina di destra per uscire subito sul versante est più esposto. Si raggiunge il pendio aperto e si prosegue lungo rocce molto facili lungo una rampa abbattuta delimitata a sinistra da rocce più ripide. La linea di salita corre dapprima parallela e poi comune a quella della via Fasana. Si prosegue sempre lungo la rampa, senza spostarsi troppo dalla linea retta che conduce fino alla spalla, sulla destra della lontana testa del torrione. Il terreno è facile e la linea di salita non obbligata, ma se non ci si discosta di troppo dalla retta ideale verso la spalla, intorno a metà tiro si incontra l'unico resinato di assicurazione. Una volta alla spalla, sulla paretina di sinistra si trovano due resinati, utili per la sosta. Da qui si può proseguire in conserva (o con un ultimo elementare tiro di corda) fino alla cima, in pochi metri di facile sentiero, cenge e roccette di I grado.

DiscesaLa discesa è molto semplice e non necessita di doppie. Dalla cima ci si sposta verso il raccordo con la cresta che proviene dal Magnaghi Meridionale, e quindi, sempre in cresta, verso il Settentrionale (una freccia rossa indica la direzione di discesa). Si arriva a una selletta sopra ad un semplice canalino, che deve essere disceso. Un resinato può servire da assicurazione, ma il canale è semplice e può essere percorso in arrampicata senza problemi (II). Si arriva alla base del canale su una bella cengia, attrezzata con un cavo metallico. Seguendo la cengia ed il cavo si arriva fino alla forcella tra il Magnaghi Centrale ed il Settentrionale. Da qui si può scendere indifferentemente a sinistra (verso il Canalone Porta) o a destra (verso i pendii aperti della Cresta Senigalia), senza necessità di doppie o particolare impegno; se si deve tornare all'attacco della Gandini, ovviamente, si dovrà scendere a destra, lungo cenge e placchette friabili, fino a portarsi sui facili sentieri che salgono paralleli alla Senigallia, a Est dei Torrioni.

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