Ovunque
di Martinelli Alberto

2002

 

Questo é un racconto molto diverso da "Il coma" che ho scritto molto tempo fa. Mentre il Coma é un semplice omaggio a quel genio che é H.P.Lovecraft, e alle sue opere, Ovunque é una storia a se, che merita un discorso prima.
Queste poche righe infatti non sono il frutto della mia pazzia (chi mi conosce bene sa che sono tutto tranne che un pazzo!), ma di una idea che mi é venuta un sabato sera, tempo fa, forse ispirata dal Ciclo della Fondazione di Asimov.
Mi sono chiesto perché gli esseri umani sono sempre pronti ad unirsi in gruppi, e lottare tra di loro, se sanno benissimo che tutto quello per cui lottano alla fine non verrà neppure ricordato. Questo bisogno di omologarsi a qualche gruppo sociale é un istinto umano molto forte, che la parte razionale di noi non può (per fortuna, penso) eliminare: nessun essere umano riesce a vivere completamente da solo.
Sono partito da questo punto, per arrivare, tramite un breve percorso che forse ricorda a chi legge fantascienza, le idee Philip K.Dick (uno dei miei autori preferiti) e quindi anche il film Matrix. In queste poche righe parlo di davvero molte cose, in modo confuso forse, ma ne parlo: ne parlo attraverso un mio coetaneo di un futuro vicino e nel contempo lontano.
Proprio di questi tempi si parla di un maggior controllo della libertà personale: ho scritto questo racconto qualche mese fa, prima che la sicurezza dell'Occidente diventasse un fenomeno da show-business, e mi accorgo di come le mie parole sono davvero attuali.
Vi lascio decidere da soli che cosa pensare di queste poche righe: non pretendo di essere un bravo scrittore (magari!), ma solo di farvi fermare un attimo la vostra folle corsa chiamata vita, e pensare ad alcune cose.
La mia, mail, per idee, suggerimenti, consigli e quant'altro, e sempre qui: gornova@libero.it .

 

 

Capitolo 1: Odiato e disumano nemico

Capitolo 2: Quanto sono belle le stelle?

Capitolo 3: Esitazione

Capitolo 4: Inseguite i vostri sogni

Capitolo 5: Uccidere sul serio

Capitolo 5: Da solo

 

 

Capitolo 1: Odiato e disumano nemico

 

 

Il dolore è qualcosa di assoluto? Che cosa provavano quei mostri disumani nel momento della morte che infliggeva loro?

Non importava: l’importante era vincere, distruggere, uccidere, sempre.

Ad ogni costo.

Il radar a lungo raggio lo avvertì che alcuni colpi gli erano stati sparati contro da qualcuno che si era salvato: Pader fece compiere alla suo caccia una manovra evasiva, agganciò con il sistema di puntamento il nemico, fece fuoco, e il suo caccia eruttò tutta la sua tremenda potenza.

Le particelle di idrogeno, presenti ovunque nell’universo, si concetrarono per circa un decimo di secondo, rilasciando radiazione luminosa, che illuminò per un attimo il ghigno soddisfatto di Pader, sotto la tuta.

Era felicie. Un altro nemico stava per morire, e così fù: il suo caccia finì disintegrato, un sordo boato nello spazio esterno.

Pader ricevette gli ultimi ordini: rientrare alla base. Ma le droghe che viaggiavano nel suo corpo gli impedivano di tornare a casa. Altri nemici dovevano morire, oggi, si diceva Pader, si, altri ancora.

Pader attivò la propulsione, e si lanciò come una meteora in mezzo ai suoi nemici: colpì con i razzi fotonici, mentre aspettava che il cannone si ricaricasse. Ancora pochi attimi, si e altri ne sarebbero morti, disintegrati, per sempre: loro avevano attaccato per primi e Pader e gli altri come lui erano l’ultima difesa.

Per tutti.

Quando il cannone finalmente fù carico, Pader fece fuoco e ne prese due con un colpo solo, mentre altri, migliaia forse, non riusciva a contarli, gli stavano ronzando attorno, come dei fastidiosi insetti.

Pader se li immaginava come insetti, si. Piccole mosche, che non aspettavano altro che morire: in realtà ancora nessuno era riuscito a vedere in faccia quei mostri disumani, in quella parte della galassia. A dire il vero loro ne avevano incontrati altri, durante le varie missioni: avevano tutti un aspetto mostruoso, e volevano solo la guerra, come Pader.

La guerra, quel momento in cui Pader poteva far vedere chi era al sistema, mostrare cosa valeva veramente, oltre le vuote parole: quando Pader usci dai suoi pensieri, sentiva che il sergente lo lodava, attraverso tutti i canali di comunicazione, come esempio di coraggio e forza

Loro avevano vinto, ancora una volta, ma la guerra era ancora lunga.

“Coraggio ragazzo, il sistema è felicie di te: 99% di share anche oggi Pader. Ottimo.”

 

Da quanto tempo Pader viveva sulla nave? Dalla sua nascita? Si doveva essere così: il suo caccia era la sua casa, e la nave madre il suo mondo.

Suo era il compito di proteggere la galassia dai nemici, che sempre, dietro ogni angolo, miravano a distruggere la perfezione del sistema: la galassia era per tutti loro, un covo di nemici da distruggere.

Mentre gli ultimi effetti delle droghe se ne andavano, Pader riusciva a sconettersi dal sistema del suo caccia: prima la schiena, mentre i cavi di ancoraggiano si staccavano dalla sua colonna vertebrale, poi le braccia e infine le gambe.

Il suo caccia, l’ultimo di produzione del sistema, perfetto e letale, era oggetto di venerazione da parte di Pader, e ognuno sulla nave la pensava così. Non c’era invidia, ovviamente, negli sguardi degli altri piloti, mentre Pader scendeva: “99% - Pader“. Gli schermi non davano altro che quella statistica, e più in basso, quelle degli altri piloti.

Non c’era nessuna festa ne cerimonia: bastava quello, sia a Pader che agli altri. In fondo c’era la guerra.

“Signore”, disse Pader una volta sul ponte di comando.

“Pader, tieniti pronto per una altra missione tra due ore: il sistema ci avvisa che abbiamo le coordinate di un pianeta nemico, a pochi anni luce da qui.”

“Si signore”

Altri nemici? Ottimo! Pader li voleva tutti morti, non per un motivo personale, ma perché cercavano di intralciare il cammino della perfezione: chi erano loro, per fare questo? Il sistema da molto tempo aveva eliminato sia la povertà, sia la sofferenza. Tutto era perfetto nel sistema.

Dal 2030, quando il consiglio aveva approvato il progetto “sistema”, molto era cambiato sul loro pianeta: il crimine era sceso allo 0,00001%, e tutti avevano e vivevano allo stesso modo. Nessuna differenza agli occhi del sistema, nessuna discriminazione agli occhi del sistema, nessuno sbaglio.

Solo nemici che vi si opponevano, e che i piloti come Pader avevano il compito di distruggere: forse qualcuno, nel sistema, si chiedeva come mai le armi di distruzione di massa non venissero usate nella guerra.

Se così fosse stato, Pader che cosa avrebbe potuto fare? No, era meglio così: Pader poteva uccidere l’odiato e disumano nemico.

 

 

Capitolo 2: Quanto sono belle le stelle?

 

 

Due ore.. pensò Pader, due ore di tempo per riposare, iniettarsi l’ultimo ciclo di droghe rigeneranti, e prepararsi per la battaglia, contro il nemico.

Due ore fermo, li sulla nave madre del sistema, a sprecare il suo tempo, li fermo a non fare nulla, invece d’essere li fuori ad uccidere quanti più nemici possibili con il suo caccia.

Lui e il suo caccia, difensori del sistema, e per questo, perfetti.

Lui?

Pader si fermò, su uno dei corridoi della nave: non riuscì mai a capire perché, ma si fermò, lì, ed invece che pensare ad uccidere il nemico, pensò alla nascita del sistema… ricordava qualcuno che gliene parlava, Tas?

Anno 2002, l’Unione Europea (UE) inizia l’unificazione economica dei paesi dell’unione: anni infelici per l’umanità, quelli, anni in cui l’ingiustizia regnava sovrana, in cui poche persone governavano sul mondo intero.

E sbagliavano ogni loro passo.

Dopo la caduta delle federazione americana, nel 2015, e la fine dell’impero cinese ad est, rimaneva solamente l’Ue come ultimo baulardo al prossimo medioevo: la violenza regnava sovrana, e poche metropoli erano divise da enormi territori, controllati da sbandati anarchici drogati, che non pensavano al loro futuro, non pensavano a nulla.

Le metropoli, però, non erano da meno: tutto era corrotto, e ogni cosa doveva essere conquistata con la forza, pena la morte.

Poi un giorno, il sistema prese il suo potere: alcuni lo chiamarono controllo mentale, alcuni l’avvento della utopia finale, la società perfetta.

Si scatenò lo scontro, tra il sistema, che prima fù cacciato, e divenne un mezzo clandestino di potere, una sorta di governo ombra, alle spalle di tutti quei politici corrotti, alle spalle della violenza e del non senso.

Ben preso la gente comune smise di ascoltare il suo “buon senso” e si unì al sistema…

Ma una società perfetta non esiste, è questa la realtà!

Pader sbatté le palprebe, e si guardò attorno: che cosa ci faceva lui qui ora?

Chi è Pader? Kile?

Il sistema?

Pader, o Kile, si guardò attorno, nella speranza di qualcosa di familiare: le stelle.

Fredde, distanti, impassibili all’infinità di mondi, di storie, di razze, di tragedie, di mostri, di tutto quello che gli passava vicino.

Quanto belle sono le stelle nel loro isolamento?

 

 

Capitolo 3: Esitazione

 

 

“Quinta ondata”, disse l’altoparlante nel suo cervello.

Pader si iniettò l’ultima dose della droga che lo rendeva quello che era: un pilota di caccia.

La preda?

Il nemico.

Uscì con il suo caccia dalla nave del sistema, e entrò in contatto con le stelle stesse: nemici dovunque, nemici in ogni angolo.

Lui premeva i suoi pulsanti, come in un gioco, e un nemico moriva, fatto in mille pezzi dal cannone della sua nave. Lui guardava la nave nemica, e pochi istanti dopo, era distrutta.

Così, freneticamente, senza sosta, senza pensare a nulla.

Punta e spara. Punta e spara.

Pader si mise a pensare: che cosa ci faceva qui? Chi erano i suoi veri nemici?

Un attimo di esitazione, un fatale attimo di esitazione, e quel numero perfetto, sulla nave madre, quel Pader che dava sempre 99% in combattimento, si spense, di botto.

Pader vide tutto al rallentatore, come se il tempo e la morte si fossero messi a ridere alle sue spalle.

Solo che lui non poteva fuggire, non poteva andare da nessuna parte, oramai.

La nave nemica che punta quella di Pader, un raggio che parte verso la sua nave, Pader che lo schiva con facilità.

Pader che pensa in mezzo alla battaglia.

Pader che muore.

Una sola esitazione in tutta la vita, e questo era il premio? Morire?

No, la morte è solamente il risveglio da un incubo che dura una vita, un incubo che però cela segreti più grandi e spaventosi.

“Una esitazione”, dice Pader

 

 

Capitolo 4: Inseguite i vostri sogni

 

 

Improvvisamente tutto diventa chiaro: il suo nome è Kile, il suo crimine è vecchio come il tempo.

Pensare liberamente, fregandose delle conseguenze.

Una vita spesa ad ascoltare il sistema, sua madre Paula, suo padre Kane, ad ascoltare tutti tranne se stesso, ad ascoltare quella voce interiore che suggerisce cose sconvenienti…

“Vai alla scuola di perfezionamento” dice il sistema

“Fuggi, questo mondo è malato!” dice quella voce detro di se.

“Diventa un uomo perfetto, pensa come tutti, crea la felicità” dice il sistema

“Un uomo per definizione è pazzo“ dice la voce

“Tutti sono felici” dice il sistema

“Non distogliere lo sguardo: se guardi bene, troverai che nessuno è felice qui” dice quella voce, insistente.

“Abbiamo tutto quello che vogliamo” dice il sistema, con forza.

“Non abbiamo nulla, se non abbiamo il controllo su noi stessi” dice quelle voce

“Hai la libertà totale, nel rispetto dei diritti degli altri” ribadisce il sistema

“Noi nasciamo da soli, viviamo da soli, e moriamo da soli: pensa a te stesso” dice la voce, con rabbia.

“Il mondo è un luogo stupendo” dice sorridendo il sistema

“Lo sarebbe se non ci fossero gli uomini a rovinarlo!” urla quella voce.

Poi Kile si ferma ad ascoltare quell’uomo, che di nascosto parla agli studenti delle scuole, a gente come lui: la voce dentro di lui sta per scoppiare, e Kile sa che deve fare qualcosa.

Tas, parla, piano e sta nascosto agli occhi di tutti, spaventato dalla presenza di Kile e degli altri: loro sono occhi e orecchie del sistema, e lui lo sa.

Il sistema sa tutto, forse è il sistema stesso che guida Tas nel suo lavoro, nel suo profetizzare a questi schiavi.

Tas parla a Kile, e gli dice che la violenza è l’unico vero istinto dell’uomo, e che la perfezione non esiste, che esiste solo nelle menti dei pazzi: invece di inseguire la perfezione, dice Tas, inseguite i vostri sogni.

Kile ascolta, e improvvisamente sia la voce dentro di lui, sia la voce del sistema scompaiono: rimane da solo, in mezzo a tutta quella gente, estranea.

Kile scappa.

Scappa da se stesso, perché sa che nessuno lo può più capire, nessuno nessuno nessuno!!

Arriva la polizia dell’UE, Tas viene preso, e ucciso sul posto, davanti a tutti, a tutti gli esseri umani del mondo.

Kile si domanda il perché di molte cose, si domanda il perché seguire  consigli delle persone, chiunque siano.

La polizia non si ferma, e prende lui e tutti quelli che hanno ascoltato Tas: improvvisamente tutto diventa charo.
La sua mente è del sistema, e quindi lo mettono in un gigantesco gioco, un gioco in cui lui è una pedina sacrificabile, e in cui gli avversari sono persone come Tas, persone che lottano contro il sistema.

Perché? Pader si chiede perché ha avuto quell’esitazione, e Kile gli risponde

“Perché devo inseguire i miei sogni!”

 

 

Capitolo 5: Uccidere sul serio

 

 

Che cosa vuol dire uccidere sul serio?

Quando apre gli occhi, si ritrova in un laboratorio, assieme a moltissimi altri suoi simili (?) intrappolato in un mondo che non esiste, in un mondo che il sistema crea per dare sfogo a tutti quelli come Kile (o come Pader?).

D’un tratto il mondo fermo ed immobile del laboratorio va a pezzi, e Kile si ritrova prigioniero di gente come Tas, gente che lo vuole convincere a combattere il sistema.

Per la giustizia, per il bene, per la verità, per la libertà.

Kile li guarda e pensa che ognuno ha scelto liberamente se entrare nel sistema: chi sono loro per dire che è sbagliato? Chi sono loro per far tornare il mondo indietro?

Gli uomini sono soli, e Pader se ne ricorda.

Impugna una delle loro armi da fuoco, e li fa a pezzi, uno ad uno, con un sorriso di sufficienza stampato in faccia.

Adesso anche Kile sa che cosa vuol dire uccidere sul serio qualcuno, nella realtà, con il sangue li davanti, che si porta via, lentamente, una vita.

Kile guarda quello che ha fatto Pader.

Pader vede quello che ha fatto Kile.

Entrambi si voltano, si rannicchiano, e decidono di non uscire più da lì.

Uccidere ora è semplice, ora che Kile e Pader non fanno più nulla.

Prende le armi, punta e spara.

Semplice si.

Distruggere una vita è semplice, distruggere le speranze, distruggere tutto è semplice, basta puntare e sparare: e costruirire?

Kile e Pader si agitano nel loro nascondiglio, si agitano perché sanno che per costruire ci vuole coraggio, ci vuole un coraggio più grande del mondo stesso.

Costruire.

Puntare e sparare.

La polizia mi segue? Poco importa. Punto e sparo.

La gente mi odia? Poco importa. Punto e sparo.

Non sono perfetto? Poco importa. Punto e sparo.

Odio tutto? Poco importa. Punto e sparo.

Cosa è la vita? Poco importa. Punto e sparo.

La realtà va a pezzi davanti ai suoi occhi, mentre continua a sparare, e nota con disgusto che viene colpito dalle pallottole dei poliziotti (che un istante dopo sono morti ai suoi piedi) : che cosa rimane?
Poco rimane: rimane il fatto che lui non sa che cosa o chi è, non sa che cosa deve farne della sua vita.

Kile e Pader si muovono dal loro nascondiglio, impugnano l’arma contro di loro, ancora una volta.

Poco importa. Punto e sparo.

 

 

Capitolo 5: Da solo

 

 

Kile, Pader, o come cavolo volete chiamarlo si risveglia, nella sua stanza, e pensa, quasi facendosi male, a che cosa ha fatto fino a quel momento.

Lui non ha fatto nulla, ne in bene ne in male.

Che cosa rimane del suo passaggio? Nulla.

No, si dice, qualcosa deve rimanere… le foto i ricordi, le cose che ha fatto.

Il tempo se le mangerà con avidità, e lascerà una polvere sottile, che il vento alzerà, costruendo una nebbia fitta e grigia, che divorerà l’universo intero.

E gli uomini che aspiravano alla perfezione?

Anche loro finiranno in quella polvere, perché questa è la strada maestra di tutto e di tutti: solamente una follia costruire qualcosa?

Probabilmente si.

Kile dice “Qualcosa dobbiamo fare: il mondo ha bisogno di noi, noi abbiamo grandi capacità! Tutti ne devono beneficiare!”

Pader dice “La fine: ecco cosa da un senso a tutto, è solamente questo..perché piegarsi al mondo quando il mondo sono io?”

Lui pensa a quello che dicono gli altri due, pensa a tutto quello che ha scritto prima di queste righe, e poi spegne tutto.

Capisce che non è ne è Pader ne Kile, e che l’unica cosa buona che può fare è restare da solo.

Si alza, chiude la porta, e si avvia nella folla: solo in mezzo a tutti, si sente a casa, come se la felicità fosse in quella situazione senza senso.


Alberto

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