The
Gonzaga of Mantua
Formazione e sviluppo dello Stato
Formation and
development of the State
A cura di Raffaele Tamalio
Edited by Raffaele Tamalio
Sommario
Formazione e sviluppo dello Stato gonzaghesco
FORMAZIONE E SVILUPPO DELLO
STATO GONZAGHESCO
(DOMENICO
MORONE - La cacciata dei Bonacolsi)
Con il 16 agosto 1328, giorno nel quale si verificò la congiura
capeggiata da Luigi Gonzaga contro Rinaldo Bonacolsi, si è soliti fissare la
data d'inizio del dominio dei Gonzaga sul Mantovano. Tuttavia per poter parlare
di un vero e proprio Stato Gonzaghesco bisognerà attendere fino al 1433 quando,
il 22 settembre, Gian Francesco Gonzaga ricevette dalle mani dell'imperatore
Sigismondo le insegne del titolo di marchese (il diploma imperiale recava però
la data del maggio 1432). Solo con l'acquisizione di quella dignità i Gonzaga
poterono infatti sganciarsi dalla autonomia comunale dalla quale, seppure
formalmente, fino ad allora avevano fatto derivare il proprio potere, e quindi
legittimare per sé, rendendolo ereditario, il dominio dello Stato mantovano.
(TINTORETTO - L'imperatore Sigismondo incorona Gian
Francesco Gonzaga I marchese di Mantova)
Ma per giungere a quelle date è necessario fare prima delle brevi
premesse per chiarire il contesto storico nel quale si sviluppò la presa di
potere gonzaghesca.
I Corradi da Gonzaga, questo il nome originario della casata, furono
tra coloro che nel 1272 sostennero il colpo di mano di Pinamonte Bonacolsi
ricevendone in cambio alcuni territori confiscati ai Casaloldi. Territori che
andarono ad aggiungersi alle già consistenti proprietà rurali che la famiglia
Gonzaga, presente fin dal XII secolo nel contado mantovano, era venuta
accumulando grazie alle ricche cessioni di terreni malsani, presenti di qua e
di là del Po, operate dai Benedettini in cambio della loro coltura e quindi
della loro valorizzazione.
Col tempo essi assunsero posizioni di particolare rilievo all'interno
del Comune cittadino dove si distinsero per la loro fedeltà ai Bonacolsi. Una
condizione, questa, che evidentemente possedevano ancora pienamente nel 1328,
durante la signoria dell'ultimo Bonacolsi, Rinaldo detto Passerino, se poterono
senza troppi intralci capeggiare il 16 agosto la rivolta condotta da Luigi
Gonzaga contro il Bonacolsi e conclusasi con l'uccisione dello stesso
Passerino.
Per mettere in atto il proprio progetto il Gonzaga si era appoggiato
alle truppe veronesi offerte da Cangrande della Scala il quale era a sua volta
seriamente intenzionato a insediarsi a Mantova. I piani di Cangrande tuttavia
erano destinati a fallire, giacché dieci giorni dopo la rivolta Luigi Gonzaga
veniva acclamato Capitano generale del Comune di Mantova, ottenendo nel
novembre dell'anno successivo dall'imperatore l'effettivo riconoscimento giuridico
con la nomina di vicario imperiale. Iniziava così con Luigi I capitano la
signoria dei Gonzaga su Mantova destinata a durare, sotto diverse forme, fino
al 1708.
Al momento della loro ascesa al potere i Gonzaga trovarono una
situazione territoriale preesistente che si può far risalire grosso modo agli
anni successivi alla morte di Matilde di Canossa. Già al tempo della contessa
il territorio del Comune cittadino si estendeva verso le direttrici che ancora
oggi contraddistinguono la Provincia di Mantova: a Nord erano allora comprese
Cavriana e Volta Mantovana; a Ovest la linea di confine lasciava fuori
Castiglione delle Stiviere, Guidizzolo, Castelgoffredo, Asola, Redondesco e la
sponda destra del fiume Oglio; a Sud il confine era rappresentato dal fiume Zara,
mentre a Est, a eccezione di Castel D'Ario e di Villimpenta e dei territori a
oriente di Ostiglia, il confine si identificava con gli attuali limiti
provinciali. A questi si erano poi aggiunti con i Bonacolsi i territori legati
a Solferino a Nord; Suzzara, Gonzaga, Reggiolo a Sud; Castel d'Ario e
Villimpenta a Est.
Fin dai primi anni del proprio dominio Luigi Gonzaga si era valso della
collaborazione dei suoi numerosi figli, in modo particolare di Guido, Filippino
e Feltrino.
Alla morte del padre, avvenuta all'età di novant'anni nel 1360, Guido
divenne il secondo Capitano del popolo. L'inizio della dinastia fu comunque
contraddistinta da una serie di lotte intestine che videro coinvolti i figli di
Guido: Ugolino, il più energico e attivo, al quale il padre già da anni aveva
delegato praticamente la direzione di tutti gli affari dello stato e Ludovico e
Francesco. Questi ultimi due assassinarono nel 1362 Ugolino mentre Francesco, a
sua volta, perse la vita nel 1368 in circostanze ancora non del tutto chiarite; l'anno successivo Ludovico,
alla morte del padre Guido, divenne il terzo Capitano del popolo. Dopo di lui,
a parte alcune eccezioni, come quella di Carlo Gonzaga che si mise in lotta
contro il fratello Ludovico nel corso della prima metà del Quattrocento, non si
verificarono più grossi attriti tra i vari componenti della famiglia e, quel
che più conta, l'avvicendamento venne garantito da una lineare successione di
padre in figlio: ciò assicurò allo Stato gonzaghesco quella favorevole
continuità di potere e quindi di stabilità, che si interruppe solo nel 1627 con
la morte dell'ultimo esponente del ramo principale, presagio del prossimo sacco
di Mantova e del successivo rapido decadimento dinastico.
Per tutto il resto del XIV secolo i Gonzaga cercarono di consolidare il
proprio potere operando soprattutto al di fuori dei confini comunali e attuando
una strategia di alleanze politico-militari con tutte quelle forze che presero
parte alle numerose lotte succedutesi sulla Pianura Padana e che videro
coinvolte nei panni dei più forti la signoria dei Visconti a Ovest e la
Repubblica di Venezia a Est. Fu proprio la posizione strategica di Mantova,
stretta tra queste due potenze che caratterizzò, condizionandola, la politica
dei Gonzaga e che li vide porsi ora al servizio dell'una, ora dell'altra. E' di
questo periodo infatti l'inaugurazione di quella tradizione militare che
distinse numerosi esponenti della casata nei due secoli successivi, e che
interessò sia coloro che si succedettero nel ramo principale della dinastia,
sia personaggi legati ai rami collaterali che via via vennero formandosi. Il
premio a questa loro attività verrà soprattutto dall'acquisizione di nuovi
territori posti al di là dei confini del Comune giacché, è bene precisarlo
ancora, fino al 1432 è ancora a questa entità che si faceva risalire la
giustificazione del proprio potere, sia pure esso avesse ormai assunto la forma
di tipo signorile.
Uno dei più attivi e più interessanti dal punto di vista politico e
amministrativo tra i Gonzaga che si succedettero nei primi cento anni di
dominio fu Francesco Gonzaga figlio di Ludovico III capitano del popolo e
vicario imperiale. Grazie al suo dinamico governo condotto sia all'interno
dello stato, dove avviò una importante riforma degli statuti, che all'esterno,
i Gonzaga fecero quel salto di qualità che li portò a primeggiare con le grandi
famiglie dell'epoca. Sposatosi in prime nozze con una Visconti, non esitò
successivamente a farla giustiziare, con la debole accusa di adulterio, al solo
scopo politico di prendere le distanze dalla sua famiglia d'origine, nel
frattempo caduta in disgrazia nella conduzione dello stato di Milano. Le
successive nozze con una Malatesta, famiglia strettamente legata alla
Repubblica di Venezia, rivelarono il successivo avvicinamento del Gonzaga alla
Serenissima.
E per garantire un pacifico passaggio di poteri all'interno della sua
casata fu proprio ad essa e al cognato Carlo Malatesta che prima della propria
morte, avvenuta nel 1407, Francesco Gonzaga affidò poi la successione del
figlio Gian Francesco di appena undici anni il quale veniva subito dichiarato
capitano del popolo dal Consiglio maggiore. Già la designazione a capitano di
un bambino costituiva "da parte dei cittadini - come ha già evidenziato
Cesare Mozzarelli - l'esplicito riconoscimento della loro attuale condizione di
sudditi": il governo gonzaghesco si avviava così, anche nella forma, a
tramutarsi da signoria a principato. D'altronde gli stessi statuti fatti
elaborare da Francesco, e che rimarranno praticamente in vigore fino alla fine
del ducato, avevano manifestato la prevalenza della volontà e del potere del
signore su ogni altro organo del comune oltre a rappresentare, allo stesso
tempo, un'esplicita indicazione del consolidamento del suo dominio. Infatti in
cima alla gerarchia dello stato vi era il Capitano del popolo o, come si diceva
allora, Dominus Capitaneus, un titolo che, come si è visto, veniva
trasmesso in maniera ereditaria già con i Bonacolsi; egli deteneva il potere
legislativo nel senso che spettava a lui approvare le deliberazioni prese dal
Consiglio Maggiore. Questo, eletto dal Capitano del popolo, era formato da 400
cittadini che deliberavano su negozi di qualsiasi genere riguardanti la
comunità; col tempo però rimase loro il compito, solo formale, di nominare il
Capitano del popolo. Esistevano altri due consigli, quello di credenza e quello
dei savi; nondimeno, nella composizione di tutti e tre il Gonzaga aveva operato
delle modifiche a lui favorevoli, facendovi entrare, cioè, non solo coloro che
fossero nati a Mantova o vi avessero abitato per almeno dieci anni con il
possesso di beni immobili, bensì dispose che potessero farne parte anche coloro
che fossero stati creati cittadini con un suo decreto. Nel corso del XV secolo
inoltre tutti e tre questi consigli saranno destinati a scomparire, per
lasciare il posto a un consiglio marchionale eletto direttamente dai Gonzaga, e
di essi nei primi decenni del '500 non rimarrà più traccia.
A capo dell'ufficio finanziario gli statuti di Francesco prevedevano,
come già in età comunale, ancora il massaro il quale doveva preoccuparsi di
tenere un conto preciso delle entrate e delle uscite: egli era colui che
stipulava i contratti di qualsiasi genere, pagava i funzionari e gli altri
impiegati comunali, assolvendo a tutte le altre spese necessarie al buon
funzionamento dell'apparato statale. Al momento del giuramento del nuovo
Capitano del popolo, e in seguito del marchese, era il massaro, come
rappresentante della comunità, colui che porgeva al nuovo signore il bastone
del governo della città.
Un'altra delle norme dei vecchi statuti bonacolsiani ereditate e
mantenute in quelli di Francesco Gonzaga era la facoltà spettante ai Capitani
del popolo di eleggere il podestà. Questa figura, nominata in un primo tempo
per un periodo di sei mesi, portato poi a un anno, era ai vertici del potere
giudiziario: egli amministrava la giustizia insieme a tre giudici di sua
fiducia il primo dei quali doveva essersi laureato il legge presso una
università tra quelle di Bologna, Padova, Pavia, Parigi, Tolosa e Montpellier.
Gli altri centri del contado erano amministrati in due modi diversi: da
un podestà, il quale amministrava la giustizia, se la terra si era data
liberamente ai Gonzaga, nel qual caso poteva mantenere i propri statuti; da un
vicario o da un commissario se la località faceva parte di territori
conquistati o acquisiti in seguito a trattative con altre potenze. Tuttavia
sembra che non ci fossero molte differenze nei ruoli svolti da questi tre
funzionari, tanto è vero che spesso un podestà poteva poi essere nominato
vicario in un'altra località, o commissario in un'altra. Altre due figure
contemplate dall'ordinamento amministrativo del territorio erano quelle del
castellano e del capitano: al primo era affidata la sorveglianza delle fortezze
disseminate sul territorio dello stato, al secondo le località fortificate che
rivestivano una importanza minore.
Un tale apparato amministrativo si era ormai reso necessario giacchè
alla morte di Francesco Gonzaga, grazie alla sua politica di espansione e a
quella dei suoi predecessori, nuovi e importanti paesi si erano aggiunti al
territorio mantovano: esso comprendeva infatti Piadena, Casalmaggiore, Dosolo,
Pomponesco, Castelgoffredo, Asola, Carpenedolo, Castiglione delle Stiviere,
Montichiari e poi ancora Canneto sull'Oglio, Castellaro Lagusello e Ostiglia.
Con Francesco i Gonzaga erano riusciti a occupare per un breve periodo anche
l'importantissima località di Peschiera che controllava quella strategica via
di comunicazione Nord-Sud, Est-Ovest rappresentata dal Lago di Garda.
Gian Francesco Gonzaga oltre a proseguire sulle linee economiche di
incentivazione già tracciate da Francesco, mantenendone ad esempio gli stessi
provvedimenti di esenzioni fiscali volti a favorire l'immigrazione di artigiani
e contadini, continuò la politica di consolidamento dello stato già intrapresa
da suo padre. L'alleanza con Venezia fu un abile strumento che egli utilizzò
per ampliare ulteriormente l'antico distretto cittadino: sotto di lui entrarono
a far parte del Mantovano località come Bozzolo, Sabbioneta, Ostiano, Vescovado
e Viadana; ma anche il patrimonio personale ne uscì incrementato, grazie
soprattutto all'assunzione delle ricche condotte militari la cui tradizione fu
inaugurata proprio da Gian Francesco.
Le entrate straordinarie provenienti dall'attività militare gli
permisero di mantenere una piccola corte nella quale cominciò a circondarsi di
artisti e letterati, basti qui citare il nome di Vittorino da Feltre sotto il
cui magistero vennero a formarsi a Mantova, nella cosiddetta "Ca
Zoiosa", anche i rampolli di altre famiglie dominanti sulle altre signorie
dell'epoca.
Ma la ricchezza accumulata con le condotte sarà necessaria al Gonzaga
soprattutto per permettersi l'esborso dei 12000 fiorini richiesti
dall'imperatore Sigismondo per insignirlo nel 1432 del titolo di marchese,
titolo che i Gonzaga avevano vanamente rincorso già con Francesco qualche
decennio prima. Essi sganciavano così definitivamente la provenienza del
proprio potere da ogni residuo legame con il comune cittadino per divenire
vassalli dell'impero.
E la definitiva dimostrazione di come lo stato gonzaghesco fosse ormai
considerato patrimonio personale della famiglia lo si avrà qualche anno dopo,
con la decisione testamentaria di Gian Francesco di dividere il territorio del
mantovano tra i suoi quattro figli, provvedimento che mai era stato possibile
attuare prima di allora.
Con la sua morte infatti, avvenuta nel 1444, Gian Francesco lasciava al
primogenito Ludovico la città di Mantova con i territori sui quali il
marchesato basava la propria giurisdizione, oltre alla posizione fortificata di
Borgoforte situata di là del Po e le terre del Veronese. Al secondogenito Carlo
andarono i possedimenti del Cremonese, i territori legati a Suzzara, Luzzara,
Gonzaga, Reggiolo, Serravalle Nuovo e i domini situati oltre il Po. A Gian
Lucido, destinato alla vita religiosa, andarono Volta Mantovana, Cavriana,
Ceresara, S. Martino Gusnago e Rodigo. Alessandro, infine, ricevette i
territori del Bresciano, la fortezza di Canneto e i possedimenti situati sulla
riva sinistra dell'Oglio.
Già gli ultimi anni di vita del primo marchese di Mantova furono
contrassegnati dalle rivalità che videro opporsi i suoi due figli maggiori,
Ludovico e Carlo. Tali contrasti si rinnovarono per alcuni periodi anche dopo
la successione al marchesato da parte di Ludovico nel 1444. Ciò tuttavia non
comportò grossi mutamenti territoriali, tantomeno di governo, all'interno dello
stato giacché l'antagonismo tra i due si concretizzò quasi esclusivamente
all'esterno dei confini. Infatti nel corso delle lotte per il predominio sulla
pianura padana che videro coinvolti Milano (prima con Filippo Maria Visconti,
poi con Francesco Sforza) e Venezia, essi vennero a trovarsi schierati più di
una volta nel campo avversario.
L'accorta politica di governo attuata da Ludovico consentì l'ulteriore
consolidamento dello stato sia all'interno che all'esterno dei propri confini.
I provvedimenti adottati nel campo giurisdizionale, con la nascita di un
collegio dei giureconsulti e la limitazione dei poteri giudicanti del podestà
(che sotto Ludovico venne sostituito da un vicepodestà) furono improntati dalla
necessità di nuovi criteri di legittimazione del proprio dominio. Dominio che
venne da allora sempre più amministrato dall'interno della "corte",
ovvero quel luogo di gestione di potere che sempre più veniva identificandosi
con lo spazio privato del principe: sono gli anni di governo di Ludovico che
vedranno nascere quel Consiglio marchionale creato dal principe, destinato a
sostituire il Consiglio maggiore privo ormai delle sue funzioni originarie.
E all'interno di quella corte cominciarono ad aggirarsi per ricoprirvi
i nuovi incarichi personaggi chiamati spesso più che per le loro specifiche
competenze, per la fiducia che ricoprivano presso il signore. Uno dei fenomeni
che prese il via sempre durante questo periodo, conseguenza diretta di quanto
si è appena detto, fu l'inizio del frazionamento delle proprietà appartenenti
al patrimonio personale del principe. Infatti per mantenere un apparato che
diveniva sempre più numeroso si rese necessario da parte dei Gonzaga privarsi
di alcuni dei terreni accumulati ormai da generazioni per ricompensare con tali
terre i propri servitori più fedeli, tanto più che le spese sempre più ingenti
per il mantenimento dei numerosi artisti impegnati nell'abbellimento della
città e di varie residenze situate nel contado impedivano di ricompensare gli
uni e gli altri con un salario regolare. C'è da dire inoltre che il potere
ormai consolidato dei Gonzaga sul territorio rendeva vano il suo dominio
diretto che era stato fino ad allora esercitato anche con il controllo della
proprietà e che quindi ora poteva pure frantumarsi a favore dei propri
funzionari più fedeli.
Una riprova del prestigio ormai raggiunto anche al di fuori dei confini
dello stato lo si ha con la nascita in quegli anni delle prime ambascerie
stabili, alla cui carriera si specializzeranno poi molti di quegli stessi
funzionari. Attraverso tali ambascerie i Gonzaga esercitarono un controllo diretto
su quanto avveniva nell'ambito della politica internazionale.
E sempre a livello internazionale enorme prestigio venne inoltre a
Mantova e ai suoi dominanti con la convocazione in questa città del concilio
indetto nel 1459 dal papa per bandire una crociata contro il Turco; mentre
l'importanza della famiglia veniva accresciuta dalla nomina a cardinale, il
primo di una lunga serie in casa Gonzaga, di Francesco figlio di Ludovico.
Nel complesso quindi l'età di Ludovico si può dire caratterizzata da un
arricchimento culturale, da un miglioramento delle strutture cittadine con
l'avvio di grandi opere edilizie civili e religiose e da un consolidamento
dello stato, favorito questo anche dalla serie di morti fortuite di tutti i
suoi fratelli, circostanza che permise dal 1466 il ricostituirsi dell'unità
territoriale sotto un unico dominio.
(A. MANTEGNA - Ludovico Gonzaga II Marchese di Mantova)
Condizione questa che venne tuttavia vanificata già alla sua morte,
avvenuta nel 1478, giacché, contrariamente a quanto probabilmente stabilito
dallo stesso Ludovico, il Mantovano venne di nuovo frazionato fra i suoi
numerosi figli. Un successivo accordo tra di essi vide fissare definitivamente
la divisione del territorio mantovano nel modo seguente: al primogenito Federico
andarono Mantova e i territori del marchesato, quelli sul Veronese, Mariana,
Redondesco, Medole, Belforte, Canneto e Viadana; al cardinale Francesco e a
Gian Francesco andarono le altre proprietà situate nel Cremonese oltre a San
Martino dell'Argine, Commessaggio, Gazzuolo, Rodigo e Villimpenta; a Ludovico e
Rodolfo quelle sul Bresciano oltre a Marmirolo e Luzzara, mentre a Rodolfo da
solo venne assegnata Suzzara. Le nuove investiture concesse nel giugno del 1479
dall'imperatore Federico III sancirono definitivamente lo smembramento dello
Stato mantovano. Con tali spartizioni prese il via quel processo di formazione
di piccole entità autonome gonzaghesche che porterà successivamente alla
formazione del principato di Castiglione delle Stiviere, dei marchesati di
Castelgoffredo e di Luzzara e delle signorie di San Martino e Solferino,
situati tutti nei territori assegnati a Ludovico e Rodolfo, mentre su quelli
passati a Francesco e Gian Francesco sarebbero poi sorti il principato di
Bozzolo, il ducato di Sabbioneta e il marchesato di Gazzuolo.
Il breve periodo di governo di Federico III marchese, in tutto sei
anni, fu svolto in continuità con l'opera di consolidamento dello stato avviata
da suo padre, per quanto condizionata dalla divisione avvenuta e dal conseguente
suo indebolimento, mantenendo altresì la precedente politica di ricerca delle
condotte militari che lo videro alternarsi ora al servizio di Venezia, ora di
Milano.
Nel 1484, alla morte di Federico, assumeva il dominio dello stato, come
quarto marchese di Mantova, suo figlio Francesco Gonzaga, allora diciottenne.
E' bene precisare subito che gli anni del suo governo furono caratterizzati sul
piano interno dalla povertà di novità istituzionali di rilievo. Gran parte
della sua attività fu infatti spesa nell'esercizio militare che lo vide
impegnato a continuare la consolidata tradizione di assunzione delle condotte
militari con l'obiettivo principale di allargare i confini dello stato a
scapito dei circostanti territori appartenenti alla Repubblica di Venezia e al
ducato di Milano con i quali di volta in volta si alleava per raggiungere il
suo scopo. Per tale motivo trascorse spesso lunghi periodi lontano dal proprio
stato impegnato nei numerosi conflitti che contraddistinsero la crisi
rinascimentale italiana nei decenni a cavallo tra il Quattro e il Cinquecento.
A reggere le sorti dello stato venne in più di un'occasione chiamata sua moglie
Isabella d'Este con la quale, dopo averne spartito in vita le responsabilità di
governo, deve ancora oggi in parte condividerne la fama.
Con Francesco la politica estera di alleanze, che come si è visto aveva
oscillato in un primo tempo, come già per i suoi predecessori, tra Milano e
Venezia, si spostò poi su un più largo piano europeo, ma con il solito
opportunismo gonzaghesco, dal Papato alla Francia una volta che quest'ultima
divenne egemone in Italia nei primi due decenni del secolo.
All'interno della società mantovana un processo di cambiamento stava
intanto avvenendo nei ruoli alti della medesima, dove si assisteva a una
continua ricerca della patente di nobiltà da parte delle famiglie più influenti
che si accompagnava peraltro a un esonero fiscale che finiva per divenire
spesso ereditario come il titolo acquisito. Tale scopo veniva raggiunto per lo
più per mezzo del servizio prestato per conto del signore, sia
nell'assolvimento di quei delicati compiti di rappresentanza all'estero di cui
si diceva, sia al servizio diretto del principe all'interno della corte, e sia
infine in quello di amministrazione delle località periferiche del territorio
dello stato gonzaghesco. Tale processo di aristocratizzazione della società si
sarebbe poi sviluppato ulteriormente sotto il dominio del suo successore
Federico, allorquando la corte arrivò a comprendere nel ruolo degli stipendiati
ben ottocento bocche, raggiungendo poi il suo culmine nella seconda metà del
secolo sotto Guglielmo e Vincenzo.
Anche l'obiettivo di un allargamento del territorio dello stato,
ricercato invano da parte di Francesco attraverso l'esercizio delle armi, venne
infine raggiunto, insieme all'acquisizione del titolo ducale, da suo figlio
Federico ma con mezzi ben diversi da quelli paterni.
Federico Gonzaga successe al padre nel dominio dello stato nel 1519,
nello stesso anno in cui avveniva l'elezione imperiale dell'allora re di Spagna
Carlo V, evento che condizionò la politica europea dei decenni successivi
giacché venivano ad accentrarsi nelle mani di uno stesso sovrano immensi
territori. Nominato ad appena vent'anni comandante delle truppe pontificie, il
Gonzaga, abbandonata l'alleanza francese, entrò quindi nell'orbita
ispano-imperiale attorno alla quale ruotava in quegli anni anche la politica
papale, orbita alla quale tuttavia egli rimase fedele anche quando, con Clemente
VII, il papato si allineò con la Francia. Il premio a questa sua fedeltà gli
venne dall'imperatore (al cui fianco, si noti bene, militava come consigliere
militare di fiducia e uomo di governo il fratello di Federico, Ferrante
Gonzaga) con la concessione nel 1530 del titolo ducale, seguito sei anni dopo
dalla concessione da parte dello stesso imperatore del titolo di marchese del
Monferrato e del possesso diretto dei territori appartenenti a quello stato.
Acquisizioni, queste ultime, che il Gonzaga potè ottenere grazie a intricate
vicende politico-matrimoniali che culminarono nel 1531 quando sposò l'ultima
erede diretta dello stato monferrino Margherita Paleologo. Tali nuovi acquisti
rappresentarono il culmine della potenza raggiunta non solo da Federico, ma da
tutta la dinastia gonzaghesca.
(TIZIANO - Federico Gonzaga I duca di Mantova)
Gli anni che seguirono fino alla sua morte, avvenuta nel 1540, videro
un disimpegno totale del primo duca di Mantova dalle vicende politiche
dell'epoca. Un anno prima era morta anche sua madre Isabella d'Este,
protagonista anch'essa di quella prima metà del secolo: con loro si chiudeva
un'epoca durante la quale i Gonzaga videro finalmente realizzarsi quel loro
sogno, a lungo accarezzato, di un'espansione territoriale: un obiettivo,
questo, maggiormente prezioso perché raggiunto in tempi durante i quali altri
stati italiani ben più potenti, emblematico il caso di Milano, dovettero
soccombere sotto il dominio di potenze straniere, o videro, come nel caso di
Venezia, ridimensionare le proprie velleità.
Alla sua morte Federico lasciava al proprio primogenito Francesco, di
soli sette anni, sotto tutela della madre e degli zii Ercole e Ferrante, uno
stato disastrato finanziariamente a causa sia delle enormi spese necessarie al
mantenimento del numeroso seguito della sua corte ducale, sia delle ingenti
somme sborsate per remunerare una folla di artisti impegnati nell'abbellimento
e nella riedificazione delle proprie residenze. E tutto ciò nonostante Federico
si fosse giovato durante il proprio dominio di vantaggi economici derivanti da
provvedimenti finanziari in parte sconosciuti al precedente governo di
Francesco e Isabella: innanzitutto un inasprimento del carico fiscale, a
svantaggio soprattutto dei meno abbienti, che era invece rimasto volutamente
immutato con il suo predecessore; un'altra fonte era quella che gli derivò
dalle concessioni accordate ad alcuni banchieri ebrei per l'esercizio del
prestito. L'appalto della zecca, infine, che prima di Federico era stata gestita
direttamente dai Gonzaga, garantì un'ulteriore entrata mantenendo il controllo
di tale attività ma escludendone i rischi di una conduzione diretta.
Spetterà quindi al cardinale Ercole, come reggente effettivo del ducato
gonzaghesco, una razionalizzazione delle strutture amministrative e finanziarie
dello stato volta soprattutto a ridurre le enormi spese sostenute fino ad
allora per il mantenimento della corte.
Il processo di riordinamento finanziario e dell'apparato amministrativo
fu completato poi da Guglielmo Gonzaga, secondogenito di Federico, succeduto al
fratello Francesco morto prematuramente nel 1550. Quel processo di risanamento
tuttavia si accompagnò a un annientamento delle residue libertà comunali e al
parallelo inasprimento fiscale, provvedimenti questi che videro interessati non
solo il dominio mantovano, ma anche, e forse in misura maggiore, le più recenti
acquisizioni monferrine.
Uno dei problemi che diede maggiori preoccupazioni non solo a
Guglielmo, ma come si vedrà anche ai suoi successori, sia sul piano politico
che di quello della spesa, fu proprio quello che derivò dal Monferrato dove
egli si era impegnato a eliminare a tutti i costi le antiche autonomie comunali
ancora godute dai cittadini di Casale sotto i Paleologo: una orgogliosa resistenza
operata dalla nobiltà locale gelosa dei propri antichi privilegi lo vide invece
costretto a imporre, aiutato in questo dalle truppe alleate spagnole, una dura,
cruenta e soprattutto costosa repressione che alla fine lo vide comunque avere
la meglio anche contro le più o meno scoperte manovre sabaude di annettersi il
Monferrato.
L'assolutismo mostrato da Guglielmo sia nel risolvere la questione del
Monferrato che nella conduzione del Mantovano, è ben manifestato dalla sua
ossessiva petizione presso l'imperatore per fregiarsi del titolo di Granduca;
dignità che gli venne invece sempre negata. Guglielmo poté ottenere solo
l'elevazione del Monferrato da marchesato a ducato e la facoltà di creare
nobili distribuendo titoli di conte e marchese sui piccoli feudi monferrini.
Complessivamente il periodo di dominio di Guglielmo può però passare
alla storia come uno dei più fiorenti dello stato gonzaghesco. Sotto il suo
governo infatti avvenne quella modernizzazione dell'apparato statale che rimase
poi immutato fino all'epilogo del 1708. Si devono infatti a Guglielmo Gonzaga
una serie di iniziative quali la riorganizzazione dell'amministrazione
giudiziaria e di quella finanziaria. Nel campo della giustizia vi fu infatti
nel 1557 l'istituzione di un tribunale d'appello detto della Rota, dalla
rotazione dei giudici, che fu poi definitivamente sostituito nel 1571 dal
Senato, un tribunale di giustizia i cui componenti dovevano essere scelti
direttamente dal principe tra i suoi consiglieri più fidati. Analoghi provvedimenti
vennero presi da Guglielmo nel campo finanziario con l'istituzione del
Magistrato ducale, un organo che unificava le competenze fino ad allora
esercitate in tre diversi istituti: quello del Massaro, di cui si è già detto
come di colui che si occupava della cosa pubblica, quello del Fattore generale,
che fino ad allora si era invece occupato dell'amministrazione del patrimonio
personale del principe e quello dei Maestri delle Entrate, unificando in tal
modo in senso moderno la gestione dell'intero apparato economico finanziario
dello stato. Questi provvedimenti furono accompagnati da un'importante riforma
della cancelleria ducale, dal riordinamento dell'archivio e non ultimo dal
favore dedicato all'istruzione pubblica con la concessione ai gesuiti di stabilirsi
in città per avviarvi l'attività d'insegnamento; oltre a ciò si manifestò nel
periodo in questione un aumento delle attività commerciali e industriali,
favorite queste dal lungo periodo di pace goduto dal mantovano nella seconda
metà del '500.
Infine Guglielmo ottenne anche un piccolissimo allargamento
territoriale quando nel 1573 venne investito del marchesato di Gazzuolo dopo la
morte avvenuta tre anni prima dell'ultimo marchese diretto di quella linea.
E che l'allargamento del territorio dello stato gonzaghesco fosse ormai
possibile, e perseguito, solo a scapito dei rami collaterali della casata lo
rivelerà suo figlio Vincenzo Gonzaga il quale dopo la morte di Guglielmo,
avvenuta nel 1587, ottenne lo stesso risultato quando alla scomparsa di Vespasiano
Gonzaga del ramo di Sabbioneta, morto senza eredi diretti, riuscì a farsi
investire dall'imperatore della contea di Rodigo con la terra di Rivalta.
(P. P. RUBENS - Vincenzo e Guglielmo Gonzaga)
Il nuovo duca di Mantova rivelò, rispetto al padre, un'attenzione
sicuramente minore alle questioni di spesa: tuttavia mentre all'estero fu
impegnato, da un lato nella costruzione di una poderosa e costosa
fortificazione in Casale Monferrato, e dall'altro prese parte in più di
un'occasione a pindariche e anch'esse dispendiose imprese contro i Turchi;
all'interno dello stato invece continuò quella politica di ammodernamento delle
strutture amministrative già intrapresa da suo padre. Ciò venne attuato per lo
più attraverso una burocratizzazione dell'apparato statale al quale il principe
tendeva a demandare sempre più i propri compiti diretti di governo, delegandoli
a un organismo che si avviava ad assumere le forme di un consiglio di Governo
simile a quello delle grandi monarchie europee e nel quale i funzionari
preposti alle varie attività potevano svolgere la propria attività
indipendentemente dalla presenza stessa del sovrano.
Da notare infine che per ricompensare i propri servitori era ormai
divenuta una prassi consolidata, in mancanza anche di denaro contante, quella
di assegnare loro rendite e titoli nobiliari sui feudi dei nuovi domini
monferrini; ciò era già avvenuto in parte con Federico e con Guglielmo Gonzaga,
i quali tuttavia si erano limitati a utilizzare le nuove terre come ricompensa
per i consiglieri a loro più fedeli; con Vincenzo l'assegnazione di feudi nel
Monferrato arrivò invece a costituire anche una nuova via di entrate monetarie
che potesse arginare le enormi spese sostenute per rincorrere i suoi sogni di
gloria. Egli arrivò a mettere all'incanto il Monferrato, dividendolo in molti
feudi per poterne trarre somme considerevoli. A quell'incanto parteciparono,
come è ovvio immaginarsi, anche famiglie appartenenti agli strati superiori
della società mantovana; le quali famiglie, attraverso l'acquisto di quei feudi
poterono finalmente raggiungere quel ruolo di feudatario altrimenti impossibile
all'interno del Mantovano dove, come è noto, l'unico feudo autentico era
rappresentato da Gazoldo. Non deve stupire quindi se a partecipare al cosiddetto
"incanto" del Monferrato le famiglie nobili mantovane furono tra le
più numerose.
Ma a un impegno sempre maggiore nell'attività di governo da parte del
ceto nobiliare, segno evidente di una crescente aristocratizzazione dei ruoli
alti della società, si accompagnò un disimpegno continuo di quegli stessi
nobili dalle attività manifatturiere e commerciali anch'esso segno evidente di
una mutata ideologia nobiliare; fenomeno che fu aggravato da un generale
peggioramento delle condizioni fiscali e finanziarie soprattutto nel contado.
A livello internazionale un risultato Vincenzo lo ottenne sposando il
proprio primogenito Francesco con la figlia del duca di Savoia, Maria. Tale
matrimonio sembrava mettere al riparo i Gonzaga dalle continue pretese dei
Savoia sul Monferrato, tuttavia la morte prematura di Francesco diede il via a
una serie di rivendicazione del duca di Savoia sui territori monferrini. Nella
polemica si intromise quindi la Spagna, timorosa che i territori del
Monferrato, preziosi per lei in quanto costituivano una preziosa via di
comunicazione per le proprie truppe dirette verso le Fiandre, potesse cadere
nelle mani savoiarde, alleate della Francia. Il Monferrato divenne quindi un
caso internazionale, aggravato dalla crisi dinastica incombente su Mantova
dove, dopo la morte priva di eredi di tutti e tre i figli di Vincenzo I,
Francesco, Ferdinando e Vincenzo II, la successione venne assegnata da
quest'ultimo in punto di morte nel dicembre 1627 a Carlo del ramo francese dei
Gonzaga Nevers, fondato cinquanta anni prima da Ludovico Gonzaga, fratello di
Guglielmo. Lo stato gonzaghesco entrava quindi nell'orbita francese, ciò
costituiva una grave minaccia per gli spagnoli che invece avrebbero preferito
che salissero al governo di Mantova i duchi di Guastalla, tradizionali alleati
della Spagna e dell'Impero.
La lotta fu quindi inevitabile, e se in un primo tempo fu circoscritta
al solo Monferrato ben presto, inserita nella più generale guerra europea dei
trent'anni, essa raggiunse anche il Mantovano dove dopo un lungo assedio
Mantova venne conquistata e saccheggiata dagli imperiali nel luglio del 1630.
Il successivo trattato di Cherasco del 1631 sancì definitivamente da parte
imperiale la nomina di Carlo di Nevers che tuttavia dovette cedere ai Savoia
parte del Monferrato e sottostare politicamente alla Francia, il vero vincitore
del conflitto.
Morto nel 1637 Carlo di Nevers, sopravvissuto ai suoi figli, gli
subentrò, il nipote Carlo II al cui posto, essendo egli in età ancora minore,
governò per dieci anni la madre Maria Gonzaga. Durante tale periodo si
assistette a un ritorno della politica gonzaghesca verso la Spagna e l'Impero,
concretizzatosi nel 1649 col matrimonio del duca di Mantova con Isabella Clara
d'Asburgo e nel 1651 della sorella di Carlo II, Eleonora, con l'imperatore
Ferdinando III.
Per quanto riguarda il dominio dello stato gonzaghesco esso non mutò
più sensibilmente il suo stato sociale dal sacco del 1630 fino alla devoluzione
del ducato all'impero del 1708: durante tale periodo i suoi regnanti Carlo II e
Ferdinando Carlo furono preoccupati più a dissipare l'ancora consistente
patrimonio gonzaghesco per far fronte, il primo a esigenze finanziarie sempre
più gravose, il secondo alle cospicue uscite dovute al lusso e ai divertimenti.
Quest'ultimo arrivò addirittura a vendere nel 1681 alla Francia, verso la quale
si era riavvicinato, Casale con la sua poderosa cittadella.
Proprio l'inclinazione filofrancese di Ferdinando Carlo segnerà la sua
rovina. Iniziatosi in Europa un nuovo conflitto nel 1700 con la morte
dell'ultimo re spagnolo asburgico e la pretesa successione al trono di Spagna
di un sovrano francese di casa Borbone, Ferdinando Carlo Gonzaga si affidò alla
protezione della Francia, avendo anche sposato in seconde nozze una principessa
francese. L'epilogo della lotta in Italia tra i francesi sostenitori dei
Borboni e le vittoriose truppe imperiali asburgiche, unito alla mancanza di una
discendenza da parte di Ferdinando Carlo, segnò la fine del duca di Mantova:
accusato dal nuovo imperatore Giuseppe I di fellonia, il Gonzaga venne
dichiarato decaduto dalla dieta di Ratisbona il 30 giugno 1708, mentre il
ducato di Mantova venne annesso all'impero insieme a quello di Milano.
Singolare il fatto che cinque giorni dopo la fine dello stato gonzaghesco
cessava di esistere a Venezia, dove si era rifugiato dal 1707, anche il suo
ultimo sovrano, il decimo duca di Mantova senza peraltro aver ancora avuto
notizia del provvedimento adottato.
BIBLIOGRAFIA
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edizione integrale, Mantova, Citem, 1954-57, 5 voll.
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Virgiliana, 1922.
Malacarne Giancarlo, Araldica Gonzaghesca, Modena, Il Bulino,
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Tamalio Raffaele, La Memoria dei Gonzaga. Repertorio Bibliografico
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Vaini Mario, Dal Comune alla Signoria - Mantova dal 1200 al 1328,
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Vaini Mario, Ricerche Gonzaghesche (1189 - inizi sec. XV),
Firenze, Olschki, 1994.
TITOLO
DI STUDIO, PUBBLICAZIONI E CONVEGNI
Raffaele Tamalio è nato a Roma; vive e lavora a
Mantova.
E' impegnato da anni nella ricerca storico-archivistica sul periodo
dell'età moderna conducendo approfondite ricerche presso numerosi archivi e
biblioteche europee.
Ha studiato nelle università di Verona e Venezia conseguendo in
quest'ultima città nell'anno accademico 1988-89 la laurea in Lingue e
Letterature Straniere discutendo una tesi storica sulla formazione politica di
Ferrante Gonzaga alla Corte spagnola di Carlo V.
Nell'ambito delle celebrazioni per il 450° anniversario dei Gonzaga a
Guastalla, ha tenuto nel 1989 presso la Biblioteca Maldotti di Guastalla
(Reggio Emilia), una conferenza sulla formazione giovanile di Ferrante Gonzaga,
fondatore di quella dinastia.
Dal 1990 al 1993 ha insegnato Geografia Generale ed Economica come
libero docente presso la Scuola Superiore per Interpreti e Traduttori di
Mantova (Istituto legalmente riconosciuto dal Ministero dell'Università e della
Ricerca Scientifica).
Dal 1991 è socio del "Centro Studi Europa delle Corti".
Nell'agosto 1991 ha pubblicato presso l'editore Gianluigi Arcari di
Mantova il volume Ferrante Gonzaga alla Corte Spagnola di Carlo V nel
carteggio privato con Mantova (1523-1527).
Ha partecipato come uditore al convegno internazionale di studi
"Lombardia Borromaica, Lombardia Spagnola, 1554-1659", organizzato
dall'Almo Collegio Borromeo di Pavia e dal Centro Studi "Europa delle
Corti", tenutosi a Pavia dal 17 al 21 settembre 1991.
Dal 12 al 13 ottobre 1991 ha partecipato con la relazione Vespasiano
Gonzaga al servizio del re di Spagna in Spagna, al convegno internazionale
di studi su Vespasiano Gonzaga tenutosi a Mantova e Sabbioneta e organizzato
dall'Accademia Nazionale Virgiliana di Mantova e dal Comune di Sabbioneta. La
sua relazione è poi stata pubblicata tra gli Atti del Convegno, Vespasiano
Gonzaga e il Ducato di Sabbioneta, a cura di Ugo Bazzotti, Daniela Ferrari,
Cesare Mozzarelli, Accademia Nazionale Virgiliana, Mantova 1993, pp. 11-31,
dove ha presentato documenti inediti circa i rapporti tra Vespasiano Gonzaga e
Filippo II da egli rinvenuti nell'Archivo General de Simancas in Spagna.
Ha pubblicato sul numero 2 del marzo 1992 della rivista "Civiltà
Mantovana", terza serie, pp. 55-65, l'articolo Le cerimonie per la
consegna del Toson d'oro a Vespasiano Gonzaga Colonna, un documento inedito
rinvenuto nell'Archivio Storico Nazionale di Madrid.
Ha partecipato al Symposium: "The Court of the Gonzaga in the Age
of Mantegna 1450-1550" organizzato da The Royal Academy of Arts, Institute
of Historical Research (University of London) and Europa delle Corti, tenutosi
a Londra il 6-7-8 marzo 1992 con la relazione Tra Parigi e Madrid: strategie
famigliari gonzaghesche al principio del '500 pubblicata negli Atti del
Symposium, La Corte di Mantova nell'età di Andrea Mantegna: 1450-1550, a
cura di Cesare Mozzarelli - Robert Oresko - Leandro Ventura, Bulzoni, Roma
1997, pp. 69-90.
Il 12 giugno 1992 ha tenuto
una conferenza, presso l'Institute of Historical Research (University of
London) nell'ambito del seminario annuale "Italian History and Culture
from the Sixteenth to the Nineteenth Century", con il titolo Federico
and Ferrante Gonzaga at the courts of Francis I and Charles V, the grooming of
the prince and the courtier: aspects of political strategy at the time of
Isabella d'Este.
Nell'autunno-inverno 1992 ha fatto parte del Comitato Scientifico
Mantovano organizzatore delle Manifestazioni in occasione del quinto centenario
della scoperta dell'America, patrocinate dal Comitato Scientifico Nazionale per
le celebrazioni colombiane. Inoltre, per il ciclo di conferenze "Europa-
America:cinque secoli di miti e di scambi", presentate nell'ambito delle
Manifestazioni, ha tenuto a Mantova nel novembre 1992 una relazione dal titolo Le
corti europee scoprono l'America (prime cronache dal nuovo Mondo).
Dal 22 al 23 ottobre 1993 ha partecipato a Casale Monferrato al
Convegno di studi "Stefano Guazzo e Casale Monferrato tra Cinque e
Seicento" con la relazione Trasferimenti di famiglie nobili tra Mantova
e Casale nel Cinque e Seicento, pubblicata nel volume Stefano Guazzo e Casale
Monferrato tra Cinque e Seicento, a cura di Daniela Ferrari, Bulzoni, Roma
1997, pp 153-170.
Ha pubblicato nel 1994 presso Honoré Champion Editeur di Paris il
volume Federico Gonzaga alla Corte di Francesco I di Francia nel carteggio
privato con Mantova (1515-1517), per la collana Textes et études-Domaine
italien del Centre d'Etudes Franco-Italiennes, Universités de Savoie et de
Turin, con il contributo del Centre d'Etudes Supérieures de la Renaissance di
Tours.
Ha preso parte al convegno internazionale "Les Granvelle et Les
Anciens Pays-Bas" tenutosi in Belgio a Lovanio dal 12 al 15 ottobre 1994,
organizzato dalla Facoltà di Lettere dell'Università Cattolica di Lovanio con
la relazione Il carteggio politico dell'Archivio Gonzaga di Mantova tra i
cardinali Ercole Gonzaga e Antoine de Granvelle (1544-1563), in corso di
pubblicazione tra gli Atti del Convegno, pubblicato nel frattempo nel n. 107 di
"Civiltà Mantovana", novembre 1998, pp. 7-25.
Ha pubblicato i profili biografici dei primi otto Gonzaga dominanti a
Mantova, Luigi I Capitano del Popolo, Guido II Capitano, Ludovico
III Capitano, Francesco IV Capitano, Gianfrancesco I Marchese,
Ludovico II Marchese, Federico III Marchese, Francesco IV
Marchese, in Monete e medaglie di Mantova e dei Gonzaga dal XII al XIX
secolo. La collezione della Banca Agricola Mantovana, III: Il Comune. I Gonzaga
capitani generali del popolo di Mantova e vicari imperiali. I Gonzaga marchesi
di Mantova. (1117-1530), Electa, Milano 1997.
Ha partecipato con la relazione Francesco et Federico Gonzague
(1494-1525): 30 ans de politique des Gonzague entre France et Empire, al
convegno internazionale "Passer les monts: Français en Italie - L'Italie
en France (1494-1525)" tenutosi a Parigi e Reims dal 29 novembre al 2
dicembre 1995, organizzato da: Università di Reims (Centre de recherche sur la
littérature du Moyen-Age et de Renaissance), Société française d'Etude du
Seizième Siècle, Ambasciata d'Italia di Parigi (Istituto italiano di Cultura),
Bibliothèque Nationale de France. Relazione pubblicata nel volume Passer les
monts. Français en Italie - l'Italie en France
(1494-1525). Xe colloque de la Société française d'étude du
Seizième Siècle, Etudes réunies et publiées par Jean Balsamo, Honoré Champion
Editeur, Paris 1998, pp. 47-57.
E' stato curatore e promotore del ciclo di conferenze "Incontri
Gonzagheschi" svoltosi dal 23 febbraio al 14 marzo 1996 e organizzato dal
Sistema Bibliotecario "Oglio-Mincio-Po", dagli Assessorati alla
Cultura dei Comuni di Virgilio e di Curtatone, con il patrocinio della
Provincia di Mantova. Nell'ambito di questo programma di incontri il 29
febbraio 1996 ha tenuto presso il Teatro Giuseppe Verdi di Buscoldo (Mantova)
una conferenza dal titolo Formazione e sviluppo dello stato gonzaghesco.
Ha in corso di pubblicazione il saggio Il Perfetto Capitano
nell'immagine letteraria e iconografica di Ferrante Gonzaga, presentato il
12 dicembre 1997 nel corso del seminario organizzato dal "Centro Studi
Europa delle Corti", Il Perfetto Capitano. Immagini e significati del
"capitano" fra Cinque e Seicento tenutosi a Firenze presso la
Georgetown University e i cui contributi verranno pubblicati nel corso del 2000
a cura di Marcello Fantoni presso l'Editore Bulzoni di Roma nella Collana del
"Centro Studi Europa delle Corti".
Nel corso del 1998 ha rinvenuto pregevoli affreschi del Quattro e
Cinquecento nella villa gonzaghesca di Villabona presso Goito, illustrandoli
nella scheda Scoperti inediti affreschi quattro-cinquecenteschi nella
palazzina di Villabona di Goito, "Civiltà Mantovana", n. 108,
1999, pp. 133-137.
Nel 1999 ha dato alle stampe il volume La Memoria dei Gonzaga.
Repertorio Bibliografico Gonzaghesco (1473-1999), Leo S. Olschki Editore,
Firenze 1999, nella collana Biblioteca di Bibliografia Italiana.
Per il ciclo di conferenze "Incontro con l'autore",
organizzato dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Roncoferraro (Mantova),
il 5 maggio 2000 ha tenuto a Roncoferraro una pubblica lezione dal titolo Federico
e Ferrante Gonzaga alle corti di Francia e di Spagna.
Il 7 ottobre 2000, nell'ambito della Giornata celebrativa nel 500°
Anniversario della nascita di Luigi Gonzaga detto Rodomonte (1550-1532),
organizzata da Lions Club Sabbioneta Nova Civitas e Amministrazione Comunale di
Sabbioneta, ha tenuto nel Teatro all'Antica di Sabbioneta un intervento dal
titolo Luigi Rodomonte Gonzaga al servizio di Carlo V in Spagna, Belgio e
Italia.
Il 30 marzo 2001, presso la sede di Mantova dell'Associazione Nazionale
Amici della Ceramica, ha tenuto una conferenza dal titolo Gli smalti di Francesco
I di Francia presso il museo diocesano di Mantova e i legami del re con
Federico Gonzaga primo duca di Mantova.
E' autore del saggio introduttivo: Roncoferraro. Storia e luoghi di
un territorio tra terra e acqua, in Raffaele Tamalio - Elisa Bombonati -
Armando Trazzi - Giordano Dugoni, Roncoferraro. Storia e luoghi di un
territorio tra terra e acqua, Editoriale Sometti, Mantova 2001.
Il 30 e 31 gennaio 2003 ha partecipato a Venezia, presso la Fondazione
Querini Stampalia, alla seconda giornata di studi LUMINAR II “Internet e
Umanesimo: Web: auctoritas e memoria” promossa nell’ambito di Engramma,
seminario di Tradizione classica attivo allo IUAV presentando l’intervento
“CREAZIONE-GESTIONE E PROSPETTIVE DI UN SITO BIBLIOGRAFICO.
Ha pubblicato sul numero 115 del marzo 2003 della rivista "Civiltà
Mantovana", terza serie, pp. 42-52, l'articolo L’ambasciatore Ferrante
Guisone, l’inventario dei beni artistici di Fermo Ghisoni e un disegno inedito
di Michelangelo.
Il 4 e 5 aprile 2003 ha partecipato a Guastalla ai lavori della IV
giornata di studi storici “I Gonzaga di Guastalla nel XVII secolo. Archivi,
politica, dinastia, diplomazia, religione” organizzata dall’Associazione
Guastallese di Storia Patria, tenendo una relazione su Vincenzo Gonzaga
senior e la conservazione del ducato di Guastalla.
Collaboratore della fondazione “Mantova Capitale Europea dello
Spettacolo” per le ricerche archivistiche documentarie nell’area ispanica,
durante la primavera del 2003 ha svolto, presso i principali archivi e
biblioteche di Valladolid e Madrid, approfondite indagini sull’attività delle
compagnie italiane della commedia dell’arte operanti in Spagna nel
Cinque-Seicento.
E' collaboratore dell'Istituto dell'Enciclopedia Italiana fondata da
Giovanni Treccani, per il cui Dizionario Biografico degli Italiani ha
redatto le voci Anselmo Folengo, Alessandro Gabbioneta, Stazio Gadio, Federico
Gazino, Angelo Ghivizzano,
Angelo Germanello, Stefano Gionta, Giovanni Giorgio Paleologo marchese del Monferrato, Giulio Cesare Gonzaga di Bozzolo, Alfonso Gonzaga di Castelgoffredo, Rodolfo Gonzaga di Castiglione, Francesco Gonzaga di Castiglione, Ferrante Gonzaga di Castiglione, Ferrante II Gonzaga di Guastalla, Luigi Alessandro Gonzaga di Castelgoffredo, Ludovico Gonzaga vescovo eletto di Mantova, Ferdinando Tiburzio Gonzaga vescovo di Mantova,
Giuseppe Maria Gonzaga ultimo duca di Guastalla,
Cinzia Gonzaga di Castiglione delle Stiviere,
Vincenzo Gonzaga senior di Guastalla,
Cesare Gonzaga del ramo dei Nobili,
Pirro Gonzaga Cardinale, Sigismondo Gonzaga Cardinale, Guglielmo Gonzaga terzo duca di Mantova, Vincenzo Guerrieri, Ferrante Guisoni, Isabella d’Este marchesa di Mantova, Isabella Gonzaga duchessa di Mantova, Isabella Clara d’Austria duchessa di Mantova,
Isabella di Savoia duchessa di Modena, Margherita di Savoia
duchessa di Mantova e viceregina del Portogallo, Margherita Gonzaga
duchessa di Ferrara, Margherita Paleologo duchessa di Mantova, Maria Gonzaga duchessa
di Mantova, Annibale Litolfi, Laura Martinozzi duchessa di Modena, mentre
ha in corso di redazione le voci, Lucrezia
Borgia duchessa di Ferrara,
Ottaviano Lotti, Ludovico da
Fabriano.
Inoltre recensioni dei suoi lavori sono apparse su numerose riviste
italiane e straniere tra le quali "Civiltà Mantovana",
"Cheiron", "The French Historian", "Studi
Francesi", "Annali dell'Istituto di Storia Moderna e Contemporanea
dell'Università Cattolica di Milano", "Bibliothèque de l'Ecole des
chartes" di Paris.
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Indirizzo di questa pagina: http://digilander.iol.it/gonzagadimantova/I Gonzaga di Mantova.htm
Data ultima revisione: 9 Ottobre 2003.