ILIADE

L'ira di Achille
L'Iliade racconta appena cinquantuno giorni dell'ultimo anno, il decimo, della guerra fra Achei e Troiani ed ha come motivo conduttore l'antagonismo profondo tra Achille ed Agamennone e la terribile ira di Achille, sdegnato perchè Agamennone gli aveva sottratto la schiava Briseide.
Gli Achei stanno assediando Troia da ben nove anni, ma non riescono ad espugnarla. Nel decimo anno di guerra decidono di conquistare le città vicine ed è così che saccheggiano Limesso, una città della Misia.
A questo punto prende inizio la vicenda narrata da Omero. Il dio Apollo, irato contro gli Achei che hanno sottratto al padre Crise, suo sacerdote, la figlia Criseide, ha inviato sul campo acheo una terribile pestilenza. Criseide era stata assegnata ad Agamennone come schiava nel corso della spartizione del bottino e delle prede di guerra dopo il saccheggio di Limesso. Dopo nove giorni, conosciuta la causa della pestilenza, viene indetta un'assemblea, durante la quale Achille invita Agamennone a restituire Criseide al padre. Agamennone acconsente a stento e solo dopo aver imposto ad Achille di cedergli la sua schiava Briseide. Per questo motivo l'ira di Achille scoppia violentissima e l'eroe cede, ma rifiuta di partecipare ulteriormente ai combattimenti. Addirittura Tetide, sua madre, arriva a supplicare Zeus di far vincere i Troiani, per far pentire gli Achei per la grave offesa arrecata a suo figlio.

Achei contro Troiani
Agamennone e gli altri capi achei schierano i loro soldati sulla pianura di Troia. Solo i soldati di Achille, i Mirmidoni, rimangono nei loro accampamenti. Paride si fa avanti e sfida a duello chi tra gli Achei si voglia misurare con lui. Menelao accetta la sfida e combatte con il suo avversario, ma, quando sembra che stia per sconfiggerlo, interviene Afrodite che mette in salvo il suo protetto. Dopo una serie di alterne vicende, i Troiani riportano insperati successi. La situazione di grave pericolo induce Agamennone a chiamare a consiglio i capi achei. Interviene Nestore, che ricorda ad Agamennone l'inutile offesa arrecata ad Achille, senza il cui intervento gli Achei non potranno avere la meglio sui Troiani. Agamennone riconosce i propri torti e l'assemblea decide di inviare Ulisse, Aiace e Fenice, il figlio del re della Beozia, presso la tenda di Achille, per indurlo a riprendere le armi. Achille però non acconsente: tornerà a combattere solo se saranno i suoi soldati e le sue navi a correre pericolo.

Ettore minaccia l'accampamento acheo
Durante la notte Agamennone chiede a Diomede ed Ulisse di penetrare dentro le mura di Troia per raccogliere informazioni. Ulisse e Diomede incontrano un troiano, Dolone, che, coperto da una pelle di lupo, è anche lui alla ricerca di informazioni sul campo e sulle forze nemiche. Da lui i due principi achei riescono a sapere quanto desiderano. La mattina dopo riprendono i combattimenti e Nestore, l'anziano re di Pilo, chiede a Patroclo, l'amico di Achille, di combattere lui al posto di Achille indossando le sue armi, in modo da indurre i Troiani a credere che Achille sia tornato a combattere. Ettore minaccia sempre di più gli Achei e addirittura arriva ad incendiare delle navi nel campo dei nemici. Achille non riprende a combattere, ma cede le sue straordinarie armi all'amico Patroclo, che gliele aveva richieste.

La morte di Patroclo
Patroclo promette ad Achille di limitarsi ad allontanare i Troiani dalle navi achee e combatte generosamente a capo dei Mirmidoni. I Troiani pensano di avere di fronte Achille e le sorti del combattimento tornano a volgere in favore degli Achei. Patroclo tuttavia dimentica la promessa fatta all'amico, continua a combattere e perde la vita per mano di Ettore, che tenta, invano, di impadronirsi della biga di Achille con i suoi stupendi cavalli. Ettore riesce ad impadronirsi dell'armatura di Achille, ma non riesce a portar via il corpo di Patroclo, difeso da Aiace e Menelao, che lottano strenuamente per difenderlo ed inviano ad Achille un messaggero per annunciargli la morte dell'amico.

Il duello fra Achille ed Ettore

Il dolore di Achille è immenso: l'eroe, non più irato con Agamennone e gli Achei, torna a combattere. Teti offre al figlio una nuova armatura, forgiata da Efesto, ed Achille sfida a duello Ettore. Il combattimento tra i due eroi è il momento decisivo della guerra: ad esso partecipano uomini e dei in uno scontro drammatico e senza esclusione di colpi. Achille fa strage dei Troiani e, coperto dalla sua invincibile armatura e protetto dagli dei, uccide Ettore, dopo averlo inseguito per tre volte intorno alle mura di Troia. Achille infierisce sul corpo del suo nemico: ne trafigge i talloni e lo lega per i piedi alla sua biga, trascinandolo nel campo di battaglia coperto di polvere e sangue. Il cadavere di Ettore viene così trasportato nell'accampamento acheo, dove, dopo il banchetto funebre, viene bruciato il corpo di Patroclo e vengono celebrati i giochi in suo onore.

Lo scempio del corpo di Ettore
Achille, davanti al rogo di Patroclo, promette che il cadavere di chi l'ha ucciso non riceverà gli onori funebri e verrà gettato in pasto ai cani. Per dodici giorni prosegue lo scempio del corpo dello sfortunato Ettore, che ogni giorno viene per tre volte trascinato attorno alla tomba di Patroclo. Il corpo del principe troiano, protetto da Apollo, rimane tuttavia incontaminato. Gli stessi dei non approvano il comportamento folle ed ingeneroso di Achille e chiedono a Teti di indurre il figlio a restituire ai Troiani il corpo del loro principe.

Priamo si reca da Achille

Il vecchio Priamo, con grande coraggio, raccoglie un ingente riscatto, deciso a riavere il corpo del figlio, anche a costo della sua vita. Di notte si reca nel campo acheo, da Achille, che lo tratta con rispetto e gli restituisce il corpo del figlio. Achille cede alla volontà della madre Teti, ma pensa soprattutto allo strazio che suo padre, Peleo, avrebbe provato in circostanze analoghe. Addirittura invita Priamo, che non riesce a dormire dal giorno della morte del figlio, a riposare nella sua tenda. Finalmente, l'ira di Achille, la sua asprezza ed il suo dolore si placano. Priamo ritorna a Troia, dove vengono celebrate le giuste esequie per Ettore.


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