UN BORGHESE PICCOLO PICCOLO (1977)
di Mario Monicelli



Soggetto: dal romanzo omonimo di Vincenzo Cerami, adattato dall’autore; sceneggiatura: Monicelli, Sergio Amidei; fotografia (Colore Technospes): Mario Vulpiani; scenografia: Lorenzo Baraldi; costumi: Gitt Magrini; arredamento: Massimo Tavazzi; musica: Giancarlo Chiaramello; montaggio: Ruggero Mastroianni;
aiuto regista: Francesco Laudadio.
Produzione: Luigi e Aurelio De Laurentiis per la Auro Cinematografica.
Distribuzione: Cineriz
Durata: 122’.
Interpreti: Alberto Sordi (Giovanni Vivaldi), Shelley Winters (Amalia, sua moglie), Romolo Valli (il dottor Spaziani), Vincenzo Crocitti (Mario Vivaldi), Renzo Carboni (il rapinatore), Renato Malavasi (il direttore del cimitero), Renato Scarpa (il prete), Pietro Tordi (un massone), Ettore Garofalo (un borgataro), Francesco Dadda Salvaterra, Enrico Beruschi, Marcello Di Martire, Edoardo Florio, Mario Maffei, Antonio Meschini, Aldo Miranda, Paolo Paoloni, Valeria Perilli.
Vincitore del premio David di Donatello.


Soggetto:
Giovanni Vivaldi è un impiegato di medio livello al Ministero del Lavoro. Vive in un modesto appartamento con la moglie Amalia e il figlio Mario. In ufficio è servile verso i superiori, in particolare verso il capoufficio Spaziani, un massone ossessionato dalla forfora; nella vita privata sfoga le sue frustrazioni con un atteggiamento violento e sopraffattore, soprattutto nei confronti degli sconosciuti. Il suo unico svago è un capanno dove si reca la domenica a pescare con il figlio. Scopo della sua vita è far sì che Mario ottenga una buona posizione, superiore alla sua. Per ottenere questo è disposto a tutto: sapendo che tramite la massoneria potrà conoscere in anticipo il tema del concorso per l’assunzione al Ministero, non esita ad annunciare a Spaziani il suo desiderio di farsi massone: sarà affiliato alla loggia durante una grottesca cerimonia compiuta da strani individui incappucciati. Però, riesce ad ottenere il tema; e vuole accompagnare di persona il figlio nel fatidico giorno dell’esame. Nei pressi del ministero si svolge una rapina con sparatoria: uno dei banditi uccide proprio Mario, sotto gli occhi del padre. Da allora la sua vita cambia profondamente: la moglie rimane paralizzata dopo aver appreso dal giornale la notizia, Vivaldi dal canto suo chiede e ottiene il prepensionamento. Passa le sue giornate in un girovagare apparentemente senza meta. In realtà, si reca spesso al commissariato dove gli vengono sottoposte le foto segnaletiche dei sospettati: quando gli presentano quella giusta, nega di riconoscerla e si mette immediatamente sulle tracce del giovane. Con un trucco riesce a fermarlo, a immobilizzano e a portarlo proprio nella baracca dove usava andare a pescare col figlio. Qui lo tortura a morte e, apparentemente soddisfatto, ritorna a casa. La moglie nel frattempo è morta. Per Vivaldi l’unico motivo per vivere è la vendetta: e la prossima vittima sarà un borgataro bullo, reo di essersi rivolto con sprezzante arroganza al pensionato giustiziere.