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MILANO 1928 -   PARIGI 1997


 

... Marco Ferreri, il più coraggioso dei registi italiani.

Il regista più irriverente, pantagruelico, paradossale del nostro cinema. Il cinema di Ferreri è stato un cinema nomade, desideroso di luoghi, di corpi, di verità a volte traumatiche, di certezze costantemente negate. La sua opera va oltre il cinema stesso, contiene tutta la saggezza e la follia di un uomo capace di guardare all'esistenza con lucidità e passione. Il suo sguardo sulla contemporaneità è stato quello del moralista consapevole dell'impossibilità di un approdo che non fosse negativo. Il tempo storico non ha aperture consolatorie: nel cinema di Ferreri, ogni possibile utopia viene rovesciata. Il mondo "va distruggendosi", dichiarava il regista dopo Dillinger è morto. Il futuro gli si prospettava come un'utopia vuota. Ferreri e la vita: un'attrazione a volte insana, un amore deluso, distruttivo, ma sempre coscientemente desiderato. Per sopravvivere a questo rapporto lacerato, Ferreri si è trasformato in uno straordinario filosofo capace di analizzare i comportamenti umani con occhio da entomologo, pronto a registrare l'assurdo di sentimenti, istinti e situazioni per poi restituirli alla realtà. I suoi film sono corrosi da un humour nero cinico e spietato, da una freddezza che blocca l'immagine in una ricerca quasi "fenomenologica" della visione. A torto i film di Ferreri sono stati accusati di sciatteria formale; in realtà, egli ha ridefinito l'inquadratura "aprendola" sui lati, abolendo ogni punto di vista privilegiato ed ogni chiusura del campo visivo. In più di trenta film, da El pisito a Nitrato d'argento ha disegnato il suo universo destabilizzante, ambiguo, suscettibile di inesauribili interpretazioni e comunque percorso da immagini ricorrenti e riconoscibili: quei personaggi maschili raccontati con "dolorosa autoironia" (L'ape regina, Ciao maschio) i rituali cannibalici (Il seme dell'uomo, La carne), il corpo, centro fisiologico ed emozionale (La grande abbuffata, La donna scimmia), l'erotismo: secondo il regista, ‹‹la donna è un enigma e in quanto tale ha molta più forza dell'uomo, l'uomo invece è più definito››. Ferreri ha comunque ribadito, in tutto l'arco della sua carriera, una vitalità che paradossalmente lo ha reso uno dei più significativi autori del "nuovo cinema" italiano: il suo desiderio di proiettarsi oltre il confine tra fiction e documentario, il suo atteggiamento globale nei confronti del cinema, la sua attitudine ad usare la sceneggiatura come qualcosa di momentaneo, il suo "nomadismo" ispirativo ne hanno fatto l'autore simbolo di una "modernità"sempre mutevole. Benchè non più giovane, è stato capace di rinnovarsi ed insegnare alle nuove generazioni come si fa il cinema del futuro. Il cinema di Ferreri è apparentemente semplice, ma in realtà implica una costante messa in gioco dello spettatore. Al pari di autori come Rivette, Godard, Rohmer, Ferreri è stato capace di cogliere gli umori del tempo e trasferirli nelle sue opere. E' stato un cineasta integrale, ha fatto del suo cinema una questione non solo di estetica ma anche di etica. Il suo cinema è sempre stato in continua evoluzione, le sue inquadrature decentrate sono come "buchi neri" che assorbono materiale e implodono in una corporeità vistosa. Da smitizzare, comunque, l'idea della misoginia come componente centrale della sua poetica: questa marcata diffidenza per l'universo femminile non è altro che l'espressione della solitudine e dell'inferiorità dell'uomo, che avverte il proprio limite e vive sino in fondo il proprio rammarico. Ferreri è stato un regista costantemente "contro" non per calcolo ma per istinto; la sua vena dissacratoria scaturiva dalla sua personalità reattiva, dalla sua intelligenza ed umori che lo hanno indotto a reagire nei confronti del mondo che lo circondava in modo pessimistico. Negli ultimi tempi, Ferreri mostrava grande malinconia per il cinema in crisi e destinato, nell'universo dei media, ad un ruolo via via meno egemonico. Le sue ultime stoccate impietose sono state per quei giovani registi privi di fantasia e di coraggio, ‹‹pigramente in fila davanti alla porta di Cecchi Gori››. Non a caso, con Nitrato d'argento ci ha lasciato un testamento che celebra un vero e proprio "funerale del Cinema". Marcello Mastroianni, in "Mi ricordo, si io mi ricordo", così parlava del suo amico regista: ‹‹Per me Marco ha una grande qualità: parla poco. Il rapporto con lui è fatto di lunghissimi silenzi, assolutamente riposanti. Ma ci si intende, in questi silenzi. Mi piace la sua visione del mondo, delle cose, delle persone - sempre proiettata molto più avanti di quella che in genere è la distanza dal proprio naso. E' originale. Mi piace molto. Mi piace anche come amico; è affettuoso››.
(Marcella Leonardi)

 

... Marco Ferreri è un regista che ha subito il peso del proprio successo.

Negli anni '60 e '70, i momenti della sua massima affermazione a livello di pubblico e di critica sono legati agli "scandali" nati intorno a L'ape regina, La grande abbuffata, L'ultima donna. Tutto questo clamore di cronaca ha finito per spostare l'attenzione più sul personaggio, ideologo e polemista, che sulla sua ricerca artistica, e per produrre una vera e propria costellazione di etichette che Ferreri non è più riuscito a togliersi di dosso. Provocatore, paradossale, spirito graffiante, iconoclasta, misogino, fustigatore dei costumi, moralista sono soltanto alcuni degli epiteti che si è ritenuto sempre necessario porre accanto al suo nome. Da più di trent'anni, inoltre, la qualifica di regista dello "humour nero", coniata ai tempi dell'esordio spagnolo, lo accompagna come un marchio indelebile. E alle tante definizioni "caratteriali" del suo cinema si continua ad aggiungere il luogo comune e la leggenda della sua sciatteria formale, come se la sua opera venisse fuori dal caso e dalla noncuranza e non invece da una precisa e a suo modo rigorosa ricerca. Finiti gli scandali, dagli anni '80 Ferreri è stato abbandonato da tutti, critica e pubblico, ma ha continuato a lavorare, in totale libertà, muovendosi in direzioni sempre più originali e innovative. Mentre le parole d'ordine erano quelle del ritorno all'intreccio e alla sceneggiatura, lui lavorava, solitario, alla distruzione del racconto, ribadendo la supremazia dell'immagine e indicando altre, più stimolanti vie espressive... 
(Stefania Parigi)


La filmografia


1959 El pisito
1959 Los chicos
1961 El cochecito
1961 Gli adulteri (epis.)
1963 L'ape regina
1964 La donna scimmia
1964 Il professore (epis.)
1965 L'uomo dei 5 palloni
1965 L'uomo dei 5 palloni (epis.)
1966 Marcia nuziale
1966 Corrida!
1967 L'harem
1969 Break up /L'uomo dei palloni
1969 Dillinger e' morto
1969 Il seme dell'uomo
1970 Perche' pagare per essere felici
1972 L'udienza
1972 La cagna
1973 La grande abbuffata
1974 Non toccare la donna bianca
1976 L'ultima donna
1977 Yerma
1978 Ciao maschio
1979 Chiedo asilo
1981 Storie di ordinaria follia
1983 Storia di Piera
1984 Il futuro e' donna
1986 I love you
1988 Come sono buoni i bianchi
1989 Il banchetto di Platone
1991 La casa del sorriso
1992 La carne
1993 Diario di un vizio
1994 Faictz ce que vouldras
1996 Nitrato d'argento

Addio Marco! Ci mancherai moltissimo.

   

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