I giorni cantati (1979)
regia: Paolo Pietrangeli;
distribuzione: Titanus; prodotto per “Lunga gittata”; sceneggiatura: Giovanna Marini, Francesco Massaro, Paolo Pietrangeli;  aiuto regista: Mimmola Girosi; montatore: Ruggero Mastroianni; assistente al montaggio: Angela Bordi; organizzazione generale, direttore di produzione, coordinamento spettacoli musicali - ufficio stampa Giovanella Zarinoni, Bruno Frascà, Marco Mattolini; direttore della fotografia: Dario Di Palma; operatore alla macchina: Dante Di Palma; assistente operatore: Roberto Di Palma; fotografo di scena: Tonino Benetti; fonico: Roberto Forrest; scenografia e arredamento: Elena Ricci Poccetto; assistente scenografo: Massimo Razzi; attrezzista: Pasquale Avvisato; truccatore:  Alfredo Marazzi; parrucchiera: Maria Rizzo; sarta: Clara Poggi; capo macchinista: Agostino Pascarella; macchinisti: Mario Boccanegra, Roberto Emidi; capo elettricista: Francesco Brescini; elettricisti: Mario Massaccesi, Massimo Millozzi.
Attori: Paolo Pietrangeli, Mariangela Melato, Anna Nogara; Roberto Benigni, Franco Bianchi, Alberto e Paolo Ciarchi, lvan e Luciano Della Mea, Donatella di Noia, Francesco Guccini, Susanna Iavicoli, Claudia Lizza, Pasquale Malinconico, Giovanna Marini, Francesca Neonato.


Il film, attraverso la descrizione emblematica di Marco, un cantautore trentenne della generazione del ‘68 e di tre ragazzi di oggi di sedici-diciotto anni, propone il tema del confronto-scontro fra due blocchi generazionali divisi da dieci cruciali anni di storia. Il coesistere gomito a gomito di universi tanto diversi fra loro per valori, abitudini, modi di vita, cultura, il loro permanere nonostante la vicinanza sostanzialmente estranei e anzi ostili, il fascino che esercitano l’uno sull’altro, l’illusorietà e la presa d’atto impotente del fallimento di ogni tentativo non superficiale di comunicazione fanno parte della realtà di oggi e si collocano nel quadro più generale della difficoltà crescente di ogni tipo di rapporti, della frantumazione di molti tentativi di aggregazione sociale, del ridursi dell’individuo in ambiti via via più ristretti, prima il gruppo politico, poi solo la cerchia degli amici, poi il nucleo familiare, poi solo l’individuo, poi... Ciò ha consentito, con la complicità interessata dei mass-media e dell’industria culturale, l’affermarsi di una “cultura dei giovani” separata da quella ufficiale, la quale cultura dal canto suo, nonostante le molteplici sollecitazioni, è cambiata solo superficialmente limitandosi ad allargare di poco l’élite alla quale si rivolge. Risultato di questa operazione di massificazione, che tende oltretutto a generalizzare modi culturali e comportamenti propri dei giovani che vivono nei grandi centri urbani, è la riduzione delle possibilità di conoscenza e di trasformazione a opera delle nuove generazioni, il diffondersi della sfiducia rispetto a qualsiasi possibilità di riscatto della società, il crescere della disgregazione sociale e dell’individualismo esasperato. Marco ha in sé la coscienza di questa situazione e insieme la consapevolezza del fallimento dei generosi tentativi di una generazione, che non ha saputo trasmettere e attualizzare criticamente la spinta ideale e politica del ‘68. Gli è di ostacolo la sua stessa cultura, fatta in parole, di concetti, scritti, lineare; troppo distante da quella dei ragazzi fatta di immagini, di associazioni scollegate, globale...
(Materiali informativi distribuiti alla Biennale di Venezia)

Paolo Pietrangeli
Dopo aver frequentato i corsi di giurisprudenza e di filosofia all’Università di Roma, muove la sua attività culturale su due binari paralleli. Da una parte la sua ricerca etnomusicale e la composizione di alcune canzoni di grande diffusione durante il periodo della contestazione studentesca del ‘68, dall’altra comincia a occuparsi di cinema seguendo le orme del padre Antonio. Collabora come aiuto regista per la realizzazione di alcuni film, "Morte a Venezia" di Luchino Visconti, "Roma", di Federico Fellini, "La prima notte di quiete" di Valerio Zurlini,  i due film "italiani" di Paul Morrissey (Andy Warhol, Antonio Margheriti), "L‘assoluto naturale" di Mauro Bolognini, ecc. Realizza contemporaneamente alcuni cortometraggi per la televisione; è del ‘74 "Nostalgia del dinosauro", documentario che vince il primo premio al Festival di Oberhausen e il premio di qualità per i cortometraggi. Sempre del ‘74 è il lungometraggio prodotto dall’Unitelefilm, "Bianco e Nero", una sintesi documentaria del problema del neofascismo in Italia dalla fine della guerra a oggi, invitato al Festival di Mosca. Nel ‘76 realizza il suo primo film a soggetto, "Porci con le ali", tratto dall’omonimo romanzo, invitato al festival di Berlino.

Cooperativa “Lunga gittata”
“Lunga gittata” è una cooperativa nata alla fine degli anni '70, fondata non solo in funzione di questo film. Essa si proponeva di sviluppare un progetto produttivo ampio e non circoscritto al puro e semplice ambito cinematografico. Il suo libro soci non conteneva infatti solo qualificati operatori del settore cinematografico, ma raccoglieva anche professionalità ed esperienze del mondo della ricerca etno-musicale, della sperimentazione musicale e del teatro. Coerentemente a questa linea la cooperativa produsse fra l'altro il concerto vocale e strumentale di Giovanna Marini, "La grande madre impazzita" (cantata e sonata), una fortunata tournée francese del recital di Giovanna Marini, Donatella Di Nola, Annalisa Di Nola, Lucilla Galeazzi. "I giorni cantati" era un film che utilizzava una formula produttiva che tendeva a recuperare, nonostante le difficoltà della crisi, il massimo di circolazione del prodotto attraverso il rigido contenimento dei costi di produzione, la ricerca dei massimi livelli di professionalità, la sperimentazione di forme e canali promozionali specifici e adeguati alle finalità culturali dell’opera. L’intera troupe del film, gli sceneggiatori e gli attori principali erano infatti soci della cooperativa e avevano deciso di lavorare per una cifra di 100.000 lire a settimana, uguale per tutti, somma che veniva integrata sugli incassi fino alla quotazione stabilita per ogni categoria o mansione, mentre gli eventuali utili erano reinvestiti per i progetti futuri. Ciò, accanto a un attento lavoro di preparazione e di contrattazione, teso a evitare ogni spreco, consentì di produrre il film a un costo che non superava i 150 milioni.