Se la messa la fa l'uomo Giusto
di Vittorino Mason
MUSICA. Diventa un disco la "Missa
Populi" dedicata dal compositore castellano Pio a Giovanni Paolo II.
Nell'opera emerge l'uomo del terzo millennio, del kaos, della violenza, dei
rifiuti. E della preghiera...
E' uscito da qualche giorno il nuovo
disco del maestro Giusto Pio, si tratta di una messa "Missa Populi"
dedicata a sua santità Giovanni Paolo II. Giusto Pio, violinista,
compositore, "disegnatore" è nato a Castelfranco Veneto nel 1926.
Diplomato al Conservatorio B. Marcello di Venezia, dal 1950 al 1981 ha fatto
parte come concerti dei primi violini, dall'orchestra sinfonica della Rai di
Milano. Dopo aver collaborato con i grandi nomi della musica leggera italiana
Gaber, Milva, Alice e soprattutto Battiato, da qualche anno a questa parte
Pio, non più legato a contratti e impegni di mercato, ha iniziato un nuovo
percorso di sperimentazione e ricerca che grazie alla tecnologia moderna gli
ha permesso di lavorare in perfetta autonomia nello studio di casa.
"Utopie" dal 1990 proiettava Pio in un mondo quasi siderale, fatto
di sonorità astratte e poesia, con "Missa Populi" il maestro
s'inoltra ancora più in là, ogni spazio lì va stretto, perciò il cielo
resta come incognita prospettiva il suo campo d'azione.
E' un concetto nuovo quello che Pio propone con questa messa, i vecchi canoni
vengono spodestati per lasciare posto alla contemporaneità, all'uomo della
nuova era, del terzo millennio, un uomo sommerso dai rifiuti, dal kaos, dalla
violenza, l'uomo che scende nella piazza per protestare, l'uomo che scende dal
palcoscenico e si mette a pregare. La messa qui assurge ad atto provocatorio,
proclama, sentenza, perdono, pace, sogno, speranza di un uomo nuovo che vuole
ritrovarsi. Presentata in prima assoluta l'estate scorsa al Festival di
Catania e riproposta in dicembre a Castelfranco grazie all'Università
Popolare, questa messa di 40 minuti racchiude tutti i fermenti e le pacatezze
di Pio in un'alternarsi di momenti e stati sensitivi alquanto metafisici.
Il testo integrale (in latino) è un recitato intonato realizzato in
collaborazione con i cori Val Canzoi e Soldanella Alpina. Grazie ai suoi
marchingegni elettronici: computer, tastiere, Dat, campionatori, mixer, etc.
Pio ha potuto elaborare un'infinita di suoni registrati in varie situazioni
che una volta filtrati e lavorati sono andati a costruire "Missa Populi".
Pio è arrivato a registrare il suono della risonanza magnetica, il suono
prodotto dal scalpello dello scultore Toni Benetton, il suono della stella
Pulsar registrato nell'Osservatorio astrologico di Bologna e altri suoni
ancora. Sono magie quelle di Pio, alchimie dipinte di note, dalla sua
tavolozza fatta di tasti dopo ore e ore di lavoro escono suoni e luci che
riverberano nel silenzio. Non c'è più un violino a suonare, ora come in un
concerto c'è un'intera orchestra, un grande coro che si muove al suo comando.
C'è forza, grinta e allo stesso tempo abbandono e armonia in "Missa
Populi", non più la vecchia melodia, ma suoni nuovi, ancestrali,
astratti, suoni metallici che vibrano nell'anima, suoni del lavoro dell'uomo,
suoni presenti che rievocano memorie e storie, effetti speciali che colorano
la volta celeste.
Pio libera ogni sua energia e come il bimbo legato al suo acquilone, vola, il
lavoro non è più un peso, diventa un gioco in cui il protagonista si perde
nel tempo. L'idea di comporre una messa era un sogno cullato per molti anni,
ma la difficoltà di poter riunire un coro e un'orchestra per le prove e il
costo per una simile operazione ne hanno sempre reso difficile la
realizzazione". L'avvento delle nuove tecnologie elettroniche hanno fatto
si che questo sogno diventasse realtà in un compact-disc, un'opera che ai più
critici potrebbe far rizzare i capelli ma se ascoltata e vista con l'occhio
dell'uomo nuovo potrà essere di forte trasporto, forse, più di l'occhio
dell'uomo nuovo potrà essere di forte trasporto, forse, più di quanto lo
siano le architetture sonore a volte artificiose della vecchia tradizione.
Giusto Pio viola la forma, ma esalta il contenuto della messa dandone
un'impronta sincera. L'uomo rivolge la preghiera al suo Dio con assoluta
devozione, in silenzio, in uno stato di commozione. Da piccolo forse Pio avrà
sognato di fare l'astronauta, o forse di diventare un angelo, tant'è grande
il suo amore per il cielo, per gli spazi astrali, per le costellazioni, le
stelle. Avrà forse pensato che in questo modo si sarebbe avvicinato di più a
Dio, e "Missa Populi" è un tentativo del bambino oramai adulto di
riavvicinarsi a quello che finora era stato un intento mancato. Pio disegna,
colora (è una scoperta vederla in veste di disegnatore)quadri assai
suggestivi, quadri realizzati con matite colorate, quadri modulati con
l'equalizzatore e la tastiera, paesaggi che abitano in pianeti surreali,
sconosciuti, ma a lui vicini. Dalle sue mani escono forme geometriche, mondi
antichi, forme che arrivano da Atlante, elementi che sconvolgono per bellezza
l'immaginazione onirica di tutti noi. Ascoltando questa messa si compie un
viaggio, un viaggio in un tempo fantastico dove il sapore dell'eternità
marcisce nell'humus che fà fiorire l'albero in primavera.
I cinque momenti della messa. Kirye Eleyson (Signore Pietà). Questa preghiera
è arrivata a noi attorno al IV secolo, portata dai pellegrini che andavano a
Gerusalemme e la cantavano strada facendo. Giusto ha dato a questa preghiera
proprio la cadenza del passo. S. Agostino diceva: pregare cantando è come
pregare due volte, giusto Pio invece afferma che il valore della preghiera sta
nella parola, e si deve comprendere questa parola che esce dall'anima. Quella
che Pio propone è una forma musicale nuova, contemporaneamente minimalista,
che cancella ogni architettura, ogni melodia e artificio. Per chiedere pietà
bisogna essere veramente pentiti, umili e in questo brano giusto presenta un
uomo che vuole riacquistare una dignità persa nei tempi e ora difronte al suo
Dio finalmente si ritrova in un'invocazione arrendevole.
Gloria. Questo momento di glorificazione torva la sua esaltazione nel corale
di "Misere Nobis" che irrompe nel cielo come un tuono e poi
lentamente si paca nell'Amen ripetuto 13 volte. Sembra un battito d'ali
leggero, un volo di pace sospeso in un sogno che lentamente si dissolve in un
soffio di voce.
Credo. Il "Credo" di Pio nasce come una manifestazione di piazza in
cui la gente grida degli slogan, pare quasi di trovarsi in uno studio in mezzo
agli Ultras. Durante la recita del Credo ad un certo punto quando una voce
dice "Et Sepultus Est" si ha la sensazione che dall'alto cada un
masso enorme e sprofondi nella terra coprendo tutto. L'uomo rimane solo, perso
nella vita, senza più una guida, una speranza. Ma quasi impercettibile sbucca
una voce che inizia a chiamare, a cercare a camminare verso Dio. Riparte il
Credo e si rivede la luce, l'uomo ritrova se stesso e non è più solo.
Sanctus. Il Sanctus è nato da uno scritto di una visione del profeta Isaia.
Un tempo il Sanctus e il Benedictus erano separati, ora nella liturgia sono
stati riuniti, Pio invece li ha tenuti staccati inserendo nel mezzo una zona
di "meditazione" in cui risalta per bellezza e originalità il suono
di una stella «Pulsar».
In questo brano Pio si inoltre nei cieli in mezzo a Serafini e Cherubini si
sofferma un po' e ridiscende tra gli uomini. "Ho cercato di rievocare i
miei ricordi d'infanzia, quando andavo in chiesa con mia madre e sentivo la
consacrazione del Sanctus. E' un canto di angeli quello che si ascolta e Dio
rappresentato dal tintinnio della stella Pulsar dirige il coro, lì al centro
della vita, presente come il battito dei nostri cuori. L'Osanna scandito con
gioia da 140 voci conferma con tutta la sua forza questa inebriante e unica
verità.
Agnus dei. L'Agnus Dei che chiude la messa è rappresentato come un canto
gregoriano in mezzo al kaos, al disordine, alle violenze del mondo. Il testo
è ripetuto molte volte in forma di litanie. Nelle intenzioni di Giusto Pio c'è
il desiderio forte di parlare del kaos, delle guerre dei nostri giorni, del
rumore che sovrasta la preghiera, la pace. Con un coro che invoca con voce
drammatica misericordia, Pio riesce a trasmettere tutte queste violenze e
allora "il sacrificio dell'agnello" che la tradizione vuole vissuto
come momento lieto e dolce, viene sconvolto. Non si vuole più un'ipocrita
offerta, è un sacrificio quello che si compie, fatto di sofferenza, sangue e
morte. Qui il sacrificio dell'agnello è il sacrificio dell'uomo, del proprio
ego che deve morire per liberare l'anima a Dio.
E' il momento più triste della messa, triste come l'incapacità di realizzare
questo ultimo fine. E' una disperata invocazione di perdono quella che l'uomo
rivolge a Dio, ritirato nella pace dell'anima lontano dai fragori e dai falsi
bagliori l'uomo potrà ritrovare se stesso e solo così potrà cambiare il
mondo e far tornare la pace tra gli uomini. C'è la netta sensazione che
questo avvenga in un momento ben preciso del brano quando la musica si apre ad
ampio respiro come le braccia dell'uomo che apre l'animo per l'abbraccio di
Dio.
Questa messa di Giusto Pio sembra un sogno fatto di angeli e leggerezze che
convergono in un mare di stelle e suoni, io mi sono perso in mille
costellazioni cercando appigli quà e là e rimanendo sempre sospeso a
mezz'aria. Ascoltando queste note si lievita, si viaggia in un mondo astrale,
si esce dal corpo in una meditazione dell'anima. Avviene un'osmosi con
l'universo, con il maestro Pio, avviene uno scambio di fluidi in ogni
percezione è facile la verità si rivela come un angelo che ti viene a
trovare. Chi come me ha seguito le fasi intrigate e sofferte di questo
"parto" può comprendere quanta passione, quanta partecipazione e
personalità ci siano tra le note di "Missa Populi" e per chi ancora
non ha avuto la fortuna di ascoltare questa messa, potrà farlo il 27 aprile
ore 21.00 presso la Cooperativa "Il Girasole" di Castelfranco
Veneto, quando Giusto Pio presenterà questo suo nuovo e affascinante lavoro.