SUD TIROLO

RICORDI DEL SUD EST ASIATICO

La luna era sorta da poco ed ancora bassa sull'orizzonte lucidava la neve, facendo riflettere i cristalli in superficie dietro di me, così mi accorsi di avere una leggera ombra, le scarpe alte e foderate di morbida pelliccia facevano cantare i miei passi. Ero solo in quella fredda notte d'inverno e stavo dirigendomi verso una baita alta del sud Tirolo dove mi attendevano amici ed amiche per una vacanza su quelle nevi da noi tanto amate. Avevo perduta l'ultima corriera da Brunico ed ero salito fino all'ultima curva della statale con un brigadiere della forestale che gentilmente mi aveva dato uno strappo fino dove poteva, perché oltre, anche fossi arrivato col mezzo pubblico, avrei dovuto proseguire a piedi per il sentiero solo che allora avrei camminato nella luce del tramonto.

Mancava poco alla meta e la neve si faceva più alta, salendo mi sentivo stanco ma esaltato al pensiero dei giorni che mi attendevano, la compagnia era buona e c'erano anche delle persone nuove con le quali fare conoscenza, se poi il tempo si fosse mantenuto così sereno e freddo, le discese sarebbero state veramente da brivido. Meno male che Otto aveva fatti portare tutti i nostri bagagli allo sherpa, come chiamavamo in confidenza il suo fido domestico, che era poi anche il guardiano della baita, con la motoslitta altrimenti sarebbe stato un bel guaio percorrere quel sentiero. Dietro una curva stretta riuscii ad intravedere le luci della baita e capire come finalmente fossi quasi arrivato, un ultimo sforzo, una respirazione più profonda e poi il caldo e gli amici mi avrebbero circondato.

Fu a questo punto che un'immagine antica mi percorse la mente e di colpo fui sbalzato in dietro nel tempo e nello spazio tanto da dovermi fermare per coordinare ricordi e fatti di allora.

Mi trovavo in compagnia di amici, stavamo salendo una montagna nel sud est asiatico per raggiungere un santuario sacro ai buddisti di quel paese. Si era partiti dal campo base al primo pomeriggio gli sherpa portavano nelle loro gerle i nostri effetti personali, prima avevamo costeggiati i campi allagati di riso poi salendo avevamo sorpassate misere capanne fatte di stuoie di foglia di palma coperte di paglia e sollevate da terra come fossero su palafitte con gli impiantiti di duro legno del tek affinché la pioggia passasse sotto senza toccare minimamente la costruzione, tutte indistintamente avevano l'entrata rivolta a valle verso il sentiero, circondate da tutti quei beni che potessero servire a quei pellegrini che salivano penitenti. C'erano sandali di corda cappelli di paglia, stuoie per ripararsi dalla notte giacendo per la strada e poi otri di acqua e riso lessato a vapore in grandi recipienti di coccio chi volesse cibarsi per pochi kyat poteva farsi cuocere all'istante un pezzetto di pollo o di maiale o di pesci del lungo fiume navigabile che scorreva a valle sui fornelli sempre accesi sormontati da teglie a coppa unte di olio di cocco che sfrigolavano in continuazione bastava sedersi su una pietra estrarre i bastoncini dal sacco per mangiare su un piatto fatto da una foglia di banano tagliata in quadro ciò che era stato richiesto. Altre capanne esponevano abiti più o meno pesanti a seconda del periodo dell'anno che era o no vicino al periodo delle piogge monsoniche.

Tutto il percorso era circondato da queste antiche costruzioni nell'interno delle quali in una unica stanza dormivano venditori e famigliari grandi e piccini su stuoie rinvoltati in vecchie e laide coperte che se avessero potuto parlare avrebbero senz'altro narrata la storia dell'ultimo mezzo secolo dalla fine della colonizzazione inglese ad oggi.

Arrivato finalmente alla baita, non ebbi necessità di suonare la campana all'ingresso che Wolf iniziò ad abbaiare così trovai già la porta spalancata.

Cominciavano a stare in pensiero per il mio ritardo ma ancora non erano in allarme la notte appena scesa si annunciava fredda ma tranquilla, il cielo era un soffitto stellato splendente e la luna faceva tanta luce che potevi leggere tranquillamente il giornale. Si cominciarono a fare programmi per il giorno dopo quando in tavola fecero la sua comparsa una fumante zuppa di verdura ed un arrosto di maiale con crauti, naturalmente la birra fresca troneggiava da prima. Fra una chiacchiera e l'altra si era fatto tardi ed ognuno si sistemò nel proprio giaciglio bello caldo.

Mentre assaporavo questo ben di dio la mia mente proseguì il pensiero della gente comune ed i monaci scalzi nel sud-est con le loro enormi ciotole piene di riso bianco che si portavano sempre appresso, sia per ricevere cibo dai fedeli, che per concederne ai poveri per strada, quando percorrevano questi sentieri di penitenza ed alla grande rassegnazione che albergava nei loro cuori e traspariva sui loro volti tanto da farli apparire sempre sorridenti, mai uno che venisse ad importunarti per venderti una cosa solo ti guardavano e con gesto tipicamente orientale ti invitavano a guardare cosa esponevano, tu ricambiavi il sorriso e dicevi solo grazie no nella tua lingua che non capivano, ma comprendevano pienamente il tuo pensiero.

Gli unici importuni erano i portatori di portantine che nella speranza di un tuo crollo ti stavano appresso per raccoglierti e gufavano sulla tua resistenza per un compenso di pochi dollari erano in quattro a trascinare sulle loro schiene una portantina costituita da due lunghe stanghe di grossi bambù con legata in mezzo una sedia di legno con fibra di palma e coperta da un drappo di cotone coloratissimo per il lungo tragitto, fino al santuario, su un sentiero talmente irto che forse sarebbe stato più agevole con degli scalini, per circa sei chilometri ti camminavano accanto e cercavano di farti i dispetti, comunque sempre ridendo. Era una cosa ossessiva tu ansimavi per la salita e loro con quel fardello sulle spalle salivano di fianco a te anche se già avevi detto che era fatica sprecata. Ricordai che durante la salita il sole era tramontato in una palla di fuoco nella caligine della valle poi si erano accesi i lumi ad olio lungo il percorso ma si doveva fare attenzione a mettere i piedi al posto giusto perché la luce era scarsa mentre sulla vetta era un gran bagliore di luce elettrica che dava a quel grosso masso dorato in bilico sul punto più alto della montagna il senso della sua sacralità sprigionando un misticismo tale da coinvolgere anche chi non fosse un credente buddista. Qui miracolo incredibile era un pullulare di persone uomini donne bambini monaci accampati sulle loro stuoie per trascorrere una notte di penitenza avevano tutti le loro cibarie in abbondanza per poterle dividere con coloro che fossero arrivati lassù sprovvisti. L'indomani mattina sarebbero poi ridiscesi a valle e ripresi i camion con i quali erano arrivati sarebbero tornati alle loro capanne ai loro monasteri alle loro preghiere alle loro faccende nei campi che presto il monsone avrebbe allagati per la semina del riso.

Il mattino seguente anche noi eravamo tornati a valle con il camion ma noi avevamo cenato e dormito in un comodo Lodge e goduto del miracolo del sorgere del sole al calduccio e non all'addiaccio noi non siamo penitenti ma solo occidentali in visita a questo splendido paese che perdura nel tempo gli avvenimenti dell'alba dell'uomo conditi con un pizzico della nostra modernità.

Lungo la strada costruita dai colonizzatori inglesi nei primi anni del novecento per scopi militari e costituita da una unica carreggiata quasi ancora asfaltata con due grandi strisce di sterrato polveroso ai lati per permettere ai veicoli che provengono nei due sensi di scambiarsi agevolmente si incontrano molti villaggi di capanne di stoie dove le persone sono intente alle loro faccende per strada. Poi come per incanto si apre a destra un fiume grandissimo sulle cui sponde pascolano bufali d'acqua e capre mentre su stoie di palma sono ad essiccare pesci grandi come un merluzzo che inondano l'ambiente di miasmi marci ed appena superato tutto ciò mi accorgo che a sinistra si sta costeggiando una ferrovia e mi si dice che è quella che a sud scavalca il fiume Kway il cui ponte costruito dai prigionieri inglesi al tempo dell'invasione nipponica costò la vita di migliaia di persone io fotografo diligentemente tutto e poi vengo distratto da una colonna di elefanti che transitano in senso opposto al nostro e che essendo prossimo il tramonto hanno finito il lavoro giornaliero del trasporto dei tronchi dietro seguono carri trainati da zebù carichi di donne e ragazzi che hanno lavorato nei campi. Credo poi di essermi addormentato sul ricordo di famiglie che comperata una auto usatissima si recano da un monaco che sotto un albero di ficus di buddista memoria la benedice irrorandola di profumi e cospargendola di petali di buganvillea.

Feci una dormita senza sogni e di tutto riposo fu un odore intenso di caffè a svegliarmi fuori era già giorno il cielo era sereno ed il sole era di pochi gradi sopra le montagne mi calzai i piedi ed in toni raggiunsi la fonte di tanto profumo seduta alla tavola stava una delle ragazze che mi era stata presentata la sera avanti ma nel sonno del mattino non ricordavo il nome. Fu lei a togliermi d'impaccio perché al mio buon giorno bella rispose anche a te ma non ricordo il tuo nome ieri sera ero troppo stanca per coordinare tutte le vostre chiacchiere così ci presentammo e Frida perché così si chiamava mi apostrofò subito con un caldo: ho capit, tu sei quello che va in giro per il mondo a raccogliere foto per quella rivista inglese, di cui non rammento il nome. Io pensai che lei fra sera e mattina aveva un bel po' di cose che non rammentava. Era gentile e senza che chiedessi nulla mi versò del caffè bollente mi imburrò un toast e mi porse uova e bacon appena cotti insieme ad un sorriso smagliante e due seni turgidi e rotondi che le sfuggivano dalla vestaglia ad ogni suo movimento tutto senza il minimo imbarazzo.

La cosa mi dette subito la carica giusta e dopo del tempo quando anche gli altri erano finalmente emersi dai loro giacigli avevo saputo da lei tante piccole cose sulla sua vita ed il suo habitat che avremmo potuto stare una settimana a parlare senza mai chiudere bocca o occhi.

Tutti insieme facemmo il programma per la giornata con piccole varianti circa le piste maggiormente difficili e che alcuni preferivano aggirare per discese meno impegnative cose che obbligavano a dividerci in gruppetti per la discesa e poi riunirci agli impianti di risalita a valle.

Frida neppure a chiederglielo era già dietro a me e sulla seggiovia a due posti che ci portava verso la vetta si sistemò al mio fianco offrendomi uno smagliante sorriso e un: penso che in questi giorni ti sarà difficile librarti di me. Io ancora non avevo aperta bocca ma a questo punto non trovai di meglio che sussurrarle all'orecchio: e tu farai tutto quello che io ti dirò di fare, io guido e tu segui. Incredibile mentre pensavo di essere stato troppo presuntuoso lei mi rispose semplicemente che era quello che lei voleva perché era nella sua natura eseguire gli ordini diceva che era più semplice che discuterli e poi se qualcosa proprio non le fosse piaciuto lei sapeva andarsene tranquillamente da un'altra parte così con queste premesse consumammo tutta la mattinata a scorrazzare per le piste comunque fossero facili o difficili lei era molto brava ed attenta ed alla vista di un rifugio con una semplice occhiata decidemmo di farci una grappa. Tolti gli sci l'abbracciai per esternarle il mio compiacimento sul suo stile e la birba mi ricambiò l'encomio con un bacio sulla guancia dicendomi che scendeva bene solo perché seguiva tutto ciò che facevo io. Bevemmo parlammo e mi chiese della catena dell'Himalaia sapeva già che io era stato in quei luoghi voleva saperne di più. La rassicurai che ne avremmo parlato ma con calma ed in altro luogo mi abbracciò con calore ma non mi dette il bacio che mi sarei aspettato mi disse solo grazie sapevo che avrei potuto contarci. Ripartimmo e durante quella discesa per altro lunghissima mentre i miei occhi seguivano l'andamento del terreno la mia mente salì oltre Poccara e mi rividi a camminare a piedi per tante ore oltre i tremila metri mentre gli scherpa portavano nelle gerle le nostre cose ed incontravamo villaggi di povere capanne dove vecchie sdentate macinavano il grano per la chiapata (schiacciata) quotidiana su mole di pietra grigia girate a mano e via via che la farina veniva fuori dalla crusca la ravversavano con le mani badando a non perderne neppure un filo ed bambini stavano loro vicino rosicchiando non so cosa ma doveva essere dolce perché succhiavano e sorridevano ed i vecchi riparavano cesti di paglia e di fibra vecchi e consunti ma sempre efficienti per contenere biade per gli yach o altre cose utili alle loro faccende, in qualche capanna si vedevano donne intente a preparare zuppe d'aglio ed altre cose su fuochi accesi per terra come è d'uso da queste parti con pentole sorrette da sassi squadrati o da argilla cotta dal tempo, tutti regolarmente seduti per terra o chinati con i ginocchi sotto il mento, altri erano intenti a spidocchiarsi.

In fondo alla valle ci ricongiungemmo alla ciurma e dopo pranzo continuammo fino alla chiusura degli impianti: Frida non mi aveva mollato un attimo io ne ero fiero e lei mi guardava e si compiaceva con gli altri delle discese che avevamo compiute. Francesco mi si avvicinò in un momento che eravamo fuori del rifugio a fumare e si meravigliò di come Frida fosse con me tanto loquace lei che era sempre riservatissima con tutti ed anche schiva verso le persone che conosceva poco comunque gli faceva piacere perché stava a dimostrare che gli inviti erano stati fatti nella maniera giusta e la combriccola si stava dimostrando ben assortita tutti ci stavamo divertendo e l'allegria aleggiava nel gruppo. Come tanti soldatini in fila attendemmo il nostro turno per una doccia ristoratrice ed i primi ad essersi rinfrescati andarono in cucina ad aiutare il nostro fido guardiano nella preparazione delle pietanze mentre i più si eclissarono verso le brande. Io restai in salotto ad armeggiare con un vecchio apparecchio radio a valvole per cercare un bollettino del tempo e poi andai fuori a farmi una pipata. La notte era discesa rapida e gelida le stalle brillavano come la notte che ero arrivato ed il silenzio era solo rotto dalla leggera brezza che cantava fra i rami degli abeti attorno. Frida mi si avvicinò da dietro mi cinse la vita e con la testa appoggiata alla mia schiena sussurrò: è un sogno o realtà? E' tutto vero risposi basta saper cogliere l'atmosfera ed immergersi in essa poi ognuno può comportarsi come crede perché la reazione è strettamente personale e dipende da mille fattori palesi o sopiti che albergano in ciascuno di noi. E' vero rispose hai colto nel segno, tu come reagisci a tutto ciò? La domanda era troppo fredda diretta e nascondeva uno stato d'animo in completa rivoluzione indugiavo a rispondere e lei incalzò ancora: forse non sai cosa fare? Mi pare impossibile che uno come te avvezzo a mille situazioni, non abbia una risposta celere e venutami di fronte mi guardò fisso negli occhi abbozzando un mezzo sorriso di scherno. Riempii i polmoni di aria e fattomi serio e freddo anch'io le misi l'indice sul naso ed esordii con un: tu cosa credi che pensi? Che stia per cercare una risposta che non ti offenda o che mi arrampichi sugli specchi per restare nel vago? No ti rispondo solo che ad una domanda stupida non c'è risposta per cui la mia risposta è nel mio silenzio e se non lo hai capito vuol dire che la tua perspicacia l 'hai dimenticata sulle piste che abbiamo percorse oggi con tanta allegria perché ora sei tu che non sai cosa volere. Sbattei la pipa ed entrai in casa.

La cena scorse gaia con tutti che raccontavano della giornata splendida passata anche io mi unii al coro e non detti a vedere la mia rabbia . Frida rimase un po' silenziosa poi anche lei si sciolse ma non troppo inserendosi a tratti nella conversazione.

Francesco più tardi mi si avvicinò e parlò non interrogato di certi atteggiamenti cui Frida andava soggetta da perfettamente disinvolta ad imbranata completamente non le era possibile stabilire un rapporto duraturo per questo mutare continuo di comportamento tanto che molti amici ormai la scansavano di proposito onde evitare litigi e discussioni, lui aveva capito questo ed anche se gli piaceva moltissimo si era sempre tenuto a debita distanza, restando nella sfera dell'amico disinteressato che però era sempre presente.

Stanchi ci coricammo presto io restai sul divano vicino al caminetto ormai spento e tornai a pensare alle montagne del Nepal ed alla semplicità della vita di quelle genti come pure ai pescatori del lago Inle in Myanmar che ogni giorno dovevano fare in modo da garantire una frittella di farina e del riso per i loro cari e biada per le bestie e legna per il fuoco scalzi e poco vestiti si coricavano su stuoie per terra stretti alle loro donne da cui traevano piacere e figli da sfamare. Nella nostra cultura li consideriamo dei disperati ma facendo una traslazione di pensiero loro vivono con meno preoccupazioni di noi, sono più semplici di noi, le loro menti sgombre di sapere, di problemi, mondiali e di informazioni su tutto e tutti che non portano farina alle loro mense e quindi inutili per il vivere quotidiano. Stavo cedendo ad un dolce sonno quando la mia coperta subì un movimento brusco ed un corpo odoroso si insinuò sotto stringendomi in un abbraccio prepotente come un naufrago che si abbarbica al tuo collo per non affogare, sapevo perfettamente a chi appartenesse quel corpo ma tacqui e non feci nessun gesto lasciai che fosse lei a parlare ed agire. Non parlò subito ma pianse per molto tempo poi resasi conto della mia eccitazione mi spogliò completamente e cercò di sapere da me come si comportavano quelle popolazioni Himalaiane con i loro uomini io tacqui ancora e mentre facevamo l'amore mi raccontò tutto delle sue paure delle sue angosce e del suo disorientamento di fronte a tutto ciò che le sembrava estraneo. Lei era ossessionata dall'ignoto e ne era attratta tanto fortemente che nella paura di essere posseduta lei possedeva e così esorcizzava la sua timidezza ed il suo disagio Fu un'amante splendida completa ed esperta ma nei suoi occhi aperti vedevo ancora solo la paura. Quando tutto finì mi rimase incollata addosso fino a quando la presi fra le braccia e la depositai nel suo letto coricandomi vicino a lei. Solo allora iniziai a parlare e con voce lenta e suadente le feci una analisi del suo comportamento e la tranquillizzai il più possibile lasciai che il suo corpo giocasse col mio e seguitavo a guidarla dove sapevo voleva andare e le davo il via a fare le cose che avrebbe voluto fare se non le fosse mancato il coraggio. Il mattino ci sorprese così ma adesso Frida era serena conscia di se stessa e di ciò che voleva dalla vita.

Finimmo la vacanza in allegria ed io non dormii più sul divano da solo lei era ogni giorno più radiosa e quando ci salutammo mi rassicurò che mi avrebbe chiamato presto.

Dopo un anno ho ricevuta una lettera dal Nepal mi rassicurava sulla sua perfetta salute e sulla sua tranquillità interiore era diventata madre di una splendida bimba con gli occhi a mandorla e la pelle olivastra. Aveva finalmente saltato il fosso……

Val Laurina 2005 by GIO

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