IL FIUME

 

Jon era stato in vacanza nell’alto Adriatico e con amici e figlia aveva navigato per canali e valli che sono la caratteristica di quelle coste del Veneto. Coste basse dove la marea lascia le barche in secca perché bastano sessanta centimetri di ritiro per mettere con la chiglia a terra una barca che pesca solo trenta centimetri. La differenza è data dal pescaggio del motore fuoribordo con la sua elica e lo sperone difensivo. I veneti e le sue coste lo avevano stregato.

Così parlando con Henry, il fedele amico saggio e filosofo che ne sapeva una più del diavolo ed amava il mare in modo quasi morboso, perché niente lo tratteneva a terra se c’era una remota possibilità di navigare con Jon, una sera seduti al bar con davanti la solita grappa di fichi nel bicchiere gli era venuta in mente l’idea di navigare un fiume fino alla foce.

Il pensiero era nato dal fatto che in quei giorni trovandosi vicino Grado, dopo aver sottratto Paolo dalle grinfie della moglie che lo teneva a corda corta, i quattro avessero dal mare imboccata la laguna della Barbana e puntando ad est si fossero ritrovati in un canale che niente di meno li condusse nell’Isonzo. Mai avrebbero   pensato di ritrovarsi colà. Così rientrati Jon acquistò in paese una carta nautica dei canali della zona nella quale erano riportati anche gli sbocchi delle lagune e relative vie interne di collegamento per essere sicuro  dove andare.

Nei tempi a venire avevano più volte ripetuto il tragitto riuscendo addirittura a raggiungere Porto Cannibal di fronte a Monfalcone ed in un giorno fortunato per bel mare e tanto sole anche il Porto di Trieste.

I canali erano poco profondi ed i ponti delle strade che li scavalcavano avevano poca luce fra il pelo dell’acqua ed il sotto del ponte così una barca per oltrepassarlo doveva per forza fare abbassare la testa alle persone che aveva a bordo. Lungo le rive le sponde erano alte fino al piano stradale sia dove c’erano i ponti che dove c’era soltanto la campagna e ciò per difendere le coltivazioni in caso di crescita del livello idrico cosicché navigando la campagna circostante ne era completamente nascosta alla vista dall’argine.

Era così capitato che per curiosità si fossero una volta accostati alla riva e salita l’alta sponda erbosa e sovente coperta da canneti trovarsi in campi coltivati a granoturco che in quel mese aveva belle pannocchie, non molto mature,ma aperte del cartoccio di rivestimento apparivano di un bel verde chiaro molli e dolci a morderle molto saporite e perfettamente commestibili. Inoltre non mancavano bellissimi fiori gialli di campo e macchiette di rose selvatiche specialmente in punti dell’argine più vicini alle strade strette e sterrate che costeggiavano i campi. Fu da una risalita dell’argine che Henry occhio di lince e naso sopraffino odorò frittura di pesce. La barca fu lestamente ormeggiata alla radice di un roseto antico e tutti saliti sul greto si dispersero alla ricerca dell’origine dell’invitante odorino. Oltre un campo di mais passava il proseguo di una strada asfaltata il cui ponte avevamo oltrepassato poco prima e più avanti stava una tipica baracca veneta da pescatori fatta di assi stagionate e tetto di paglia, frasche tutto attorno e due tavolacci con panche dai quattro lati per gli avventori. Più indietro un rozzo focolare coperto da una spessa lastra di ferro di oltre un metro quadro, forse un residuo del disfacimento di una nave, teneva sotto un bel fuoco scoppiettante che arrostiva polpi profumati . Li serviva una donna corpulenta e dalla faccia simpatica a due avventori stranieri su piatti di plastica insieme a polenta di mais bianco  e vino bianco a consumo. Riconosciuto e localizzato il luogo fissarono per l’indomani una riunione di tutto il gruppo per le dodici e ripartirono per completare il giro quotidiano.Vicino ad un altro ponte della suddetta strada comunale ci stava una bellissima madonnina con tanto di tabernacolo e grata e lumino elettrico il tutto sotto una montagna di fiori ancora freschi. Forse il giorno precedente, essendo domenica, le donne del villaggio rientrando dalla chiesa, della quale s’intravedeva il campanile oltre la strada, avevano lì lasciati i loro fiori più belli.

Ma a questo punto l’idea della navigazione fluviale gli era entrata nelle ossa ed aveva superato la zona limitrofa delle lagune venete: si affacciava l’idea di organizzarsi per il grande fiume, Il Po.

Per tutto l’inverno si parlò del fiume e per tanto tempo fecero progetti.

Venne la primavera e si avvicinava l’estate dell’anno seguente quando finalmente fu deciso di compiere l’impresa. Peccato che solo Joe era disponibile. Gli altri per un verso,una ragione e tante piccole storie non lo erano.

Ma durante lo studio del progetto era stato parlato con altri e molti si erano detti pronti a partire. Fu così che Joe si trovò in compagnia di Rik ottima persona conoscitore del navigare per mare e per acque interne nonché amico di Joe.

Tutto fu preparato minuziosamente, mancò loro solo il non aver pensato ad uno sponsor per alleviare le spese e pubblicizzare l’impresa ma erano tempi eroici e l’entusiasmo superava il concetto di denaro che oggi affligge l’umanità tutta: oggi nessuno fa niente per niente non c’è amore solo interesse in ogni impresa.

Pronti alla partenza a Rik venne un’ idea fulminante: perché partire in due e non in quattro, il posto c’era, magari con due amiche desiderose d’avventura.

Ne fu parlato a chi potesse essere interessato e  disponibile in quel periodo per almeno una settimana. Asia e Sandy erano dispostissime ad aggregarsi nell’impresa ed avrebbero dato il loro contributo come amministratrice delle spese e fotografa nonché addette alla trascrizione biografica dei fatti dell’impresa stessa.

Così un mattino presto i due uomini si recarono al rimessaggio per le barche dietro la marina ed agganciato il carrello con sopra già bloccata l’imbarcazione alla grossa mercedes si recarono dove stavano riposti tutti gli accessori per poter navigare. L’imbarcazione era un Cranchi di quattro metri e mezzo di lunghezza in doppia stampata di vetroresina con carena ad ala di gabbiano per garantire un pescaggio minimo, munito da prua a poppa di una solida battagliola mentre a coprire il pozzetto di mezza nave stava un gran pagliolo prendisole che all’occorrenza si divideva in due panchette. Verso poppa un pulpito con protezione antispruzzo teneva una bussola ed una timoneria a caviglie che era l’orgoglio di Joe che l’aveva costruito. Il tutto era mosso da un motore fuoribordo di venticinque CV comandato dal pulpito con un bileva tutto rigorosamente della Evinrude. Nel gavone di poppa prendeva posto il serbatoio del carburante e le taniche di rispetto stavano sotto i sedili di pilotaggio a destra e di cortesia a sinistra. Giubbotti salvagente estintori ed altre cose varie erano nel pozzetto sotto il prendisole mentre in un gavone di prora sicuro ed asciutto stavano tutti gli effetti personali dell’equipaggio. Dovevano arrivare fino a Ferrara con l’autostrada poi avrebbero proseguito per provinciale perché restava da decidere il punto da cui iniziare la navigazione. A Ferrara vanno verso Pontelagoscuro poi seguendo la provinciale sul lato emiliano del fiume arrivano a Serravalle. Qui il fiume si divide in due rami dando origine all’Isola di Ariano. Il ramo nord prosegue per Cavanella Po prima di dividersi ancora in Po di levante e Po di Venezia mentre il ramo sud  diverrà Po di Goro fino al mare. Optano per il lato sud ma arrivati a Goro decidono di entrare nel centro del delta ed arrivano al mare. Precisamente a Barricata.

La strada prima asfaltata poi sterrata finisce. Davanti sta il mare ma sulla sinistra il fiume si divide ancora in due la parte di maggior portata prende il nome di Po di Pila e l’altra a destra è  chiamata delle Tolle sulla cui riva ci sono una stamberga di legno ed un pontile fatto di assi inchiodate fra loro ed ancorato al letto del fiume con dei lunghi pali. Ci sono ormeggiate tre barche di legno piuttosto vetuste classiche barche da pesca fluviali.

Dalla casa evidentemente dopo aver udito fermarsi un’auto esce una donna anziana con una gonna lunga stivali di gomma ed una pezzola in testa, saluta ed informa che la strada finisce lì. Poi visto che dietro è trainato un carrello con una imbarcazione sopra dice che se lo desiderano possono ormeggiare la barca al pontile, andrà a chiamare il marito che sta nell’orto a curare i pomodori per dare una mano. E’ gentilissima e simpatica con quell’accento del basso veneto e continua a parlare vantando la tranquillità dell’ambiente la sicurezza e la comodità poiché se vogliono restare, dice laggiù più avanti c’è una osteria e vicino ci sono ancora le casette di emergenza di quando ci fu l’alluvione negli anni cinquanta che ancora oggi danno in affitto per i gitanti di fine settimana ma per quelle dovranno chiedere all’oste. L’osteria altro non è che una vecchia casa in pietra intonacata costruita sopra una duna alluvionale e su  grossi macigni affogati nella sabbia per restare salda come infatti lo dimostra la sua esistenza di oggi. E’ una tipica casa dell’ habitat naturale dove l’insediamento umano diventa caratteristico e specifico in presenza del fiume e dei suoi effetti nella corsa verso il mare quali alluvioni valli insabbiamenti erosioni. Poi nel corso dei secoli e con le opere di contenimento via via eseguite dai villaggi duna siamo passati a villaggi campagna e poi argine e poi corte dove più difficile diventa l’esondazione. Le case prima in legname con tetti di paglia poi in solida pietra multifamigliari per economia dei servizi e reciproco aiuto in caso di piena mostrano all’esterno la sagoma del grande camino che diventa caratteristica dell’architettura padana una grande cucina con una scala di legno che porta al piano superire dove stanno le camere, i granai e le dispense. Al piano terra c’è una zona che doveva servire da stalla con sopra lo spazio per il fienile, un bel portico rivolto verso la strada era l’ingresso. La casa che ci sta di fronte  è uguale alla descrizione una gran cucina con il tipico focolare a parete sormontato da una enorme cappa nera ed agghindata con vecchi attrezzi agricoli che hanno senz’altro visti tempi migliori ma che conferiscono all’insieme un aspetto magnifico che ne sottolinea la ragione di vita di queste popolazioni da sempre combattute fra acqua e campi da lavorare e figli da crescere. La stalla oggi ha lasciato il posto  ad una sala da pranzo con lunghe tavole di legno e panche intorno, in una stanza più piccola ci sono alcuni tavolini di formica con sedie impagliate di quelle dove si seggono i giocatori di scopa e briscola alla sera, poi c’è il bar che come le vecchie mescite di vino di memoria dall’infanzia ha un lungo bancone di marmo con una macchina da caffè Vittoria Arduino di prima della seconda guerra mondiale e con l’aquila in cima di fronte cavalletti con botticelle e damigiane da vino poi mensole con i liquori più in voga oggi.

Un giovane li accoglie con sorrisi e voglia di parlare poi arriva la madre che differisce dall’altra donna incontrata all’ormeggio solo per l’età: questa è un poco più giovane e non porta il fazzoletto in testa ma veste ugualmente di scuro e tiene davanti un gran grembiule immacolato con sopra una pubblicità di un lambrusco ai piedi tiene zoccoli in legno.

Cosa possiamo servirvi? Chiede. Rik risponde che sarebbero lieti di poter affittare una casetta per almeno una settimana, sono in quattro e pensano di cenare qui mentre per il pranzo saranno in giro per il delta perché stiamo facendo, dice, un raid per fotografare tutto ciò che c’è di interessante è rimasto di questa zona. La donna si illumina di piacere e fa preparare al figlio vino bianco fresco e fette di pane con salame per tutti mentre vengono stabiliti prezzo e modalità.

Joe si informa sui luoghi abitati nel delta e relativa fauna avicola nonché sulla percorribilità dei vari canali che si intersecano fra i canneti. Ci sono pericoli di insabbiamento converrà tenere l’elica in relaise in modo che se urta il fondo viene su. Si mangia e si beve il prezzo per la permanenza è abbordabile la gente gentile e disponibile,  i nostri amici lasciano i bagagli e le ragazze alla casina mentre provvedono all’alaggio della barca all’ormeggio. Il marito della donna è arrivato, si chiama Armando e gli comunica le tariffe per l’ormeggio che sono altrettanto oneste in più rassicura sulla sicurezza del luogo ed è disponibile anche se lo desiderano a fare benzina al paese poiché lui la sera vi si reca per giocare a carte e bere in un’altra osteria per il solo piacere di restare un po’ lontano dalla moglie.

Non ci sono dubbi qui è un altro mondo. Joe è entusiasta e mentre con Rik va a parcheggiare l’auto commentano sulla faccenda che promette bene così entrambi si dirigono verso la casetta. E’ composta di due camere con letti a castello un bagno con doccia fredda e servizi più un corridoio d’accesso al quale però manca la porta d’ingresso per il resto porte e finestre sono a posto. Sistemati i bagagli si danno una rinfrescata e si preparano per la cena. Sta facendo scuro quando si ode il rumore di un trattore in moto da fermo. Cosa faranno mai ! E’ il generatore di corrente che sta in funzione dal tramonto a mezzanotte poi o candela o pila o buio! Qui ancora non è arrivata l’elettrificazione forse per la precarietà dei terreni.

L’oste di nome Fortunato è un tipo vispo dagli occhi brillanti che dicono come gli piaccia bere così per prima cosa gli  chiedono lumi su quale vino consiglia loro dovendo cibarsi di pesce. Fortunato brilla di gioia e porta loro un bel boccale di bianco frizzantino e fresco poi la consorte avverte che metterà in tavola cosa stava già preparando per la famiglia bigoli in salsa cioè spaghetti con salsa di aglio prezzemolo olio e filetti di acciughe fresche poi loro avrebbero mangiato bisete in tecia cioè anguille in salsa di pomodoro e vino bianco se le gradiscono ce ne sono per tutti. Perfetto tutto gira al massimo. Fra una tirata di pipa e quattro chiacchiere con la famiglia si arriva vicino l’ora di spengere il generatore così tutti a letto. 

Si sistemano per la notte una coppia per stanza nei lettini a castello stretti e non molto comodi ma viva la stanchezza dopo poco tutti russavano.

Era notte fonda quando Joe venne scosso gentilmente ma con determinazione dalla compagna di camera che gli sussurrava all’orecchio di un cane che stava fuori della porta e le impediva di andare in bagno. Joe nel dormiveglia cercando con tutte le forze di tornare alla realtà le risponde: ma è un grosso cane e ringhia? –no risponde lei, è piccolo,nero e scodinzola. –allora scavalcalo e vai pure in bagno, lui ti fa la guardia. Joe iniziò a svegliarsi sul serio e dopo un tempo che gli parve lunghissimo quando lei rientrò nella camera illuminata solo dalla luna le chiese con dolcezza: tutto bene? Fatto tutto?-lei rispose con un filo di voce tremante che tutto era andato per il meglio anche se per lavarsi l’acqua era fredda. Allora vieni qui nel mio letto provvederò a riscaldarti  visto che siamo svegli….

Il mattino seguente, questo episodio, divenne la favola del giorno e tutti e quattro ne risero fino alle lacrime: ma come dicevano in piena notte mentre dorme considera la taglia e la pericolosità del cane? Colazione e poi via, risalito il fiume fino a Serravalle si lascia il Po Grande (di Venezia) si vira a destra e si imbocca il Po di Goro verso Mesola dove si sottopassano il ponte della via Romea che unisce Chioggia   con Comacchio. Mesola è il primo centro abitato col castello Estense dove fanno rifornimento di carburante e di cibarie per la giornata. Avanti ancora verso l’abitato di Goro dove dopo un rapido girellare nelle vicinanze dell’ormeggio decidono di mangiare all’ombra d’ un boschetto vicino ad un capanno di pescatori. Si prosegue verso il faro di Goro. Prima di entrare in mare facciamo una puntata all’isola dei gabbiani, una lingua di sabbia dove migliaia di gabbiani crescono e si riproducono in santa pace. Oltre la foce il mare;  c’è vento e un po’ di maretta così è prudente puntare a nord per riguadagnare prima possibile il fiume e si entra dall’Isola del Bacucco nel Po di Gnocca che superata Ca Vendramin ci si reimmette nel Po di Venezia. E’ quasi sera allorquando la barca è ormeggiata ed i nostri marinai fatta una doccia si avviano verso una splendida tavola imbandita.

Tante sono state le cose belle vedute che è difficile farne un elenco, dai canneti dove prendono il volo germani, aironi rossi, rigogoli e beccacce di mare con uno stridio rumoroso ai pesci che saltano disturbati dal rumore davanti la prua. Al di là di un folto canneto è stata intravista una vecchia casa. L’avvicinamento non è stato facile sia per la vegetazione che per il basso fondale ma una volta presa terra si è presentata davanti una vera casa del delta con ancora il camino intatto ed una rete da letto appoggiata ad una parete segno che in certe nottate viene abitata da qualche pescatore o cacciatore di frodo. Solo il tetto è crollato per la metà circa.

La cena trascorre serena ed i nostri ospiti sono sempre più gentili e disponibili a farci gustare nuovi piatti. Oggi per esempio abbiamo per iniziare le granseole praticamente polpa di granchio bollito e condito con olio limone e spezie. Poi per primo ci propongono ciò che mangiano loro stessi il broeto: pezzetti di pesci i più vari polpi capesante cotti in una salsa di olio cipolla e aceto serviti su fette di pane brustolino il secondo è stato saltato passando direttamente al caffè. Da notare che in quattro abbiamo scolati due litri di bianco frizzante. Facciamo una partita a scopa con le loro carte in mezzo a molte risate. Prima di coricarci il figlio ci informa che l’indomani la famiglia dovrebbe andare a Ferrara da certi parenti per ciò non potrebbero darci la cena, ma se vogliamo almeno lui tornerà per imbastirci una cena fredda. No va bene così gli diciamo tutti d’accordo domani andremo a cena fuori e poi a ballare in qualche balera del delta.

Ormai presa pratica della zona si possono fare quattro passi verso la spiaggia  ed al rientro faranno tutto al lume della luna. E’ una notte magica e sono tutti felici ed abbastanza brilli,   le ragazze si mettono a letto, ma non subito a dormire...

I giorni fuggono veloci, la stagione è splendida, i luoghi magici e la concordia regna sovrana. Da Barricata siamo nuovamente usciti in mare verso nord-est abbiamo preso il sole sulla spiaggia di Bastimento poi avanti fino al faro di Punta Maistra e per la bocca di Dritta siamo rientrati nel Po della Pila bello il suo faro alto appena all’estremità del fiume, da qui fino a Cà Tiepolo e poi a porto Tolle dove c’è una centrale elettrica ed ancora a Cà Dolfin e Cà Venier e Cà Zuliani tutti piccoli villaggi rivieraschi ognuno con le sue storie e le sue curiosità. Voglio raccontare di queste particolarità:

Ormeggiamo ad un piccolo pontile, si sale l’argine ed al di là appare una piccola “ frasca” come chiamano qui le mescite di vino. Ci sono alcuni uomini che bevono allegramente ed al nostro arrivo ci invitano ad unirsi a loro perché è un giorno felice. Non sappiamo perché ma accettiamo così dopo due mani di buon vino ed un pezzo di pane col salame veniamo a conoscenza della loro felicità. Il Bepi così si chiama uno di loro esce di casa e non trova più il ciclomotore che gli serve per muoversi nella zona. E’ disperato così chiede a tutti notizie ma nessuno ne sa niente fino a quando quel mattino stesso lo ritrova davanti l’uscio con un biglietto che con le scuse porta anche diversi franchi e la spiegazione. Il fidanzato di una puta delle vicinanze al momento di ripartire trova la sua auto in panne allora è notte non c’è nessuno non ci sono telefoni né corrente elettrica così prende il ciclomotore torna al suo paese al mattino presto fa rimorchiare e riparare l’auto e poi torna riporta il mal tolto con scuse ringraziamenti e mancia.

E’ ora di mangiare lo spuntino di mezzogiorno, i nostri amici si ormeggiano in prossimità di quattro case ed un boschetto acquistano vino pane salame e frutta e si seggono a mangiare dove i pescatori hanno fatta una specie di tavola con dei pancacci proprio vicino ad un palo di ormeggio. Mentre mangiano e devono tranquilli notano fra l’erba una stampa. Si tratta di sugheri da Lambrusco infilati col filo di ferro e poi il tutto sagomato a mò di germano con tanto di colorazione nera e bianca sul collo. Indubbiamente è stato gettato perché forse il filo di ferro è marcio e non galleggia più. Joe non ci pensa due volte e quando partono lo imbarca come trofeo sul natante.

In località  Cà Tiepolo sbarcano per visitare il paese e mangiarsi un bel gelato. Sulla strada principale sono incuriositi da un piccolo magazzino che in mezzo a tante cose che servono per la pesca e la marineria in genere del tipo ancorotti sugheri reti  salvagente tutti accessori per barche in  legno e plastica spiccano anche damigiane da vino e bei fiaschi impagliati come usavano anche da noi tanto tempo addietro. Domandano il perché di queste cose e la risposta è semplice: anche i pescatori bevono. Ancora avanti trovata la gelateria si fermano e seduti comodi ad un tavolino su un praticello che guarda il fiume si accorgono che nel retro  una vecchia macchina per gelato di quelle con tanto di braccio girevole mosso da una puleggia con cinghia di gomma ed un pozzo con tutto intorno il ghiaccio tritato sta girando lentamente ed amalgama ingredienti per gelato alla crema, dire artigianale va bene ma così è veramente il massimo. I quattro sono di fuori e la gente del luogo che escluso la domenica non vede molta gente si interessa a loro e mille chiacchiere prendono il via sulla vita del delta gli amori le aspettative future e quando inevitabilmente cadono in politica è l’ ora di rientrare.

Nelle vicinanze di Scardovari fu scoperto un “cason” rustica costruzione per ospitare i pescatori che frequentano le valli ed i mille “ghebbi” piccoli canali delle lagune  del delta per pescare anguille, cefali, passerini, spigole e orate oltre ai cacciatori che nascosti nelle botti ormeggiate sulle barene coperte di vegetazione palustre attendono che folaghe, fischioni, alzavole e germani calino ignari dell’agguato. Qui alla sera viene dato loro alloggio mentre in una grande e nera cucina su un immenso camino stanno a cuocere alla griglia ottimi pesci pescati in giornata anzi spesso sono gli stessi pescatori che vendono all’oste il pescato a sconto cena che è un rito per tutti anche per i quattro forestieri che vengono subito adottati dalla combriccola ed al crepitare del bel fuoco di carboni odorosi di ginepro intonano insieme vecchi canti che incoraggiano lo scorrere del buon fresco vino del delta. E’ qui che la sera che non avevano cena a Barricata i nostri eroi fecero bisboccia e vino anguille e passere marciarono per i loro piatti.

L’indomani sarà giorno di rientro così saldati i conti e preparate auto carrello e barca tutti a letto per una ultima avventura. E’ notte alta quando fulmini e tuoni squassano il cielo va bene domani la partenza avrà meno rimppianti.

 

May 2007 by GIO

 

                                  

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