AM ADRIATIC SEE

 

Quella volta Ot camminò tanto che arrivò davanti ad una grande distesa d’acqua. Non sapeva di essere davanti al Adriatic See. L’acqua non era neppure buona da bere era salata, ed a bagnarsi dentro si aveva la sensazione di essere rigettati a galla tanto era spessa.

Trovato un tronco cavo sul greto e usando un ramo spaccato dal fulmine come remo , Ot si avventurò in questa massa liquida divertendosi moltissimo. Tornato al villaggio ne parlò con gli altri ed insieme ad un gruppetto di curiosi alcun tempo dopo tornarono sul luogo. Tutti vollero provare la novità e tutti ne rimasero colpiti. Questo disse all’assemblea Ot potrebbe essere vantaggioso per pescare dove l’acqua è più alta di un uomo. Se scaviamo un tronco più grande un uomo governa i remi ed un altro fiocina i pesci. L’idea piacque a molti ed un grosso tronco fu durante l’estate lavorato a dovere. Furono anche modellati dei rami in modo che fungessero da pagaie. Tutta la tribù gli fu grata per questo ed il più anziano e saggio gli promise la vergine più bella in uso.

In uso perché in quel tempo si usava nella tribù usare una femmina per tutti gli usi e tutte le faccende inerenti al gruppo famigliare nell’ambito sociale di modo che quando fosse data in moglie a qualcuno se ne conoscessero esattamente le capacità, la volontà e tutto il resto onde non avere poi a pentirsi della scelta fatta. Ot ne fu lusingato ed accettò l’offerta di buon grado.

Nei giorni avvenire arrivò la pulzella si chiamava Mona ed era veramente graziosa. Aveva i capelli lunghi lucidati col grasso di daino i denti bianchi come la neve, occhi da cerbiatta, membra lunghe, agili e forti. La pelle era di colore legno liscia e profumata di essenze di bosco. Era insomma a vederla così un bell’oggetto. Ot le mostrò le cose che erano nella capanna e la pregò di averne la stessa cura che lui aveva dato fino ad oggi. Così ebbe inizio la sua collaborazione famigliare. Ot si accosciò fuori la capanna insieme agli altri intento nella preparazione di fiocine e frecce. Una comare portò altre penne d’aquila per i dardi ed un’altra una bella otre di acqua fresca. Così passavano i giorni. La capanna era rassettata il cibo ben arrostito il giaciglio pulito e Mona ancora non aveva aperta bocca.

La cosa era molto interessante, perché è difficile che una comare tenga la bocca chiusa per più di un attimo, ma Ot voleva sapere se per caso non fosse muta e per questo andò ad interpellare lo sciamano.

Lo sciamano appena vide Ot gli disse subito: Ot io so perché tu sei qui per ciò non parlare ma ascoltami attentamente. Mona è una femmina normale e parlerà solo dopo che tu avrai fatto l’amore con lei e parlerà di più o di meno secondo come sarà rimasta contenta.

A questo punto Ot s'interrogò: cosa voleva dire lo sciamano, molto contenta avrebbe parlato molto, poco contenta avrebbe parlato poco? Oppure al rovescio? Forse gli conveniva non adoperarla affatto, ma allora anziché un premio sarebbe stata una punizione ed una tortura.

Passarono alcuni giorni che per Ot furono un inferno. Mona era gentile servile affascinante e muta. A questo punto Ot ebbe un’ispirazione.

Tornato alla capanna chiamò Mona e le disse che di li a poco sarebbero partiti per andare a pesca quindi prepararono fiocine coltelli coperte di pelli carne affumicata e frutta a volontà. Ot prese anche due pagaie in più affinchè anche lei potesse vogare e partirono senza dire niente a nessuno. Vogarono per tutto un giro di sole e quando fu notte approdarono ad una lunga striscia di sabbia dove c’era una bassa macchia ed un boschetto di pini carichi di pigne pronte a schiudersi. Più oltre Ot intravide anche alberi da frutta e la cosa lo rallegrò alquanto. Messa la barca in secco accesero il fuoco arrostirono le carni essiccate ,si cibarono abbondantemente e si coricarono come avevano fatto fino ad allora.

Ma Ot quando la luna fu alta in cielo con fare gentile accarezzò Mona la baciò dolcemente e mentre i due corpi cominciavano a riscaldarsi e le gambe di lei si aprivano gradatamente per un gioioso amplesso Ot le prese una mano, la guidò verso il suo membro eretto e le sussurrò di baciarlo, di leccarlo e succhiarlo abbondantemente ma le proibì di introdurlo dove lei sapeva. Mona aveva capito perfettamente e così facendo passarono una felice nottata. Quando il manico divenne tenero come un germoglio e vuoto come una vescia Ot passò all’attacco e divaricatole le gambe al massimo si tuffò su quel fiore intatto e maturo con la lingua umida. La pennellò per benino alcune ore tanto che il sole era già alto in cielo e Mona rideva e gioiva dimenandosi in mille posizioni godendo come non avrebbe mai pensato. Ot prese della frutta e gliela porse con gentilezza aguzzando le orecchie per sentire la sua voce ma lei taceva ancora. L’unica variante ai comportamenti dei tempi addietro fu un lungo bacio e mille carezze accompagnate da un sorriso che voleva solo dire soddisfazione. Ot aveva trovato il sistema d'essere felice senza tanto rumore. Anche Mona era felice e soddisfatta della nuova situazione. Andarono a pesca raccolsero le pine cadute presero tanta frutta per tutto il villaggio e fecero ritorno alla tribù che li attendeva con trepidazione. La frutta ed i pesci furono distribuiti e si coricarono nella capanna come niente fosse accaduto. La cosa continuò per tanto tempo e nella tribù si cominciò a pensare che qualcosa non doveva andare bene perché Mona ancora non parlava. Le donne facevano le più strane congetture e gli uomini ridacchiavano alle spalle d'Ot: nessuno aveva fegato di chiedere lumi e Ot era ben deciso a non rivelare il segreto. Furono le comari più vecchie a scoprire l’arcano. Loro che in gioventù erano state usate mille volte con gusto e con dolore avevano solo in vecchiaia sperimentata la dolcezza della lingua il piacere duraturo di una bella spennellatura di un amante carismatico che suggeva dai loro fiori appassiti il profumo ed il sapore più vero dell’intima fessura. Passò del tempo la cosa non faceva più notizia. Ot volle a questo punto sperimentare ciò che ancora non aveva fatto ed una notte mentre fuori infuriava una delle solite bufere di neve tipiche delle alpi prese Mona sotto di sé e la penetrò con dolcezza per non farle male e con tanto amore per farle bene. La cosa finì solo due giri di sole dopo erano felici come due cerbiatti sazi come due orsi e finalmente lei parlò: Ot tu sei il più dolce degli amanti. Hai saputo cogliere il mio fiore nella maniera più giusta mi stai dando tanta felicità io adesso ti darò un figlio così il villaggio smetterà di ridere di noi ed io ti dico che avrei anche potuto parlare prima per dirti la mia felicità ma avevo paura a parlare perché avevo capito quanto a te piacesse il mio silenzio.

FEB 2004 by GIO

 

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