TRASTEVERE

Una volta tanti anni fa nel quartiere romano di Trastevere ci viveva tutta una fauna di gente la più negletta e la più reietta della città eterna si pensi al Pasquino ed a tante leggende dell’infausta epoca papalina quando in nome del papa Re venivano compiuti gli scempi più infami che si possano immaginare, altro che le torture nel carcere di Baghdad! Allora un popolano era carne da macello e basta e fra  tante storie voglio narrarvene una che mi pare adatta per trascorrere una serata in allegria si perché dalla tragedia si passa alla farsa e da qui si può partire per ragionare sui casi della vita.

In un tugurio di casa se casa la si potesse chiamare in pochi metri quadri ci stavano babbo mamma e dieci rampolli di età scalata ogni undici mesi più otto decessi nel frattempo per cui a volte la distanza massima fra l’uno ed il seguente era di ventidue mesi meno male che nel frattempo la madre era stata colpita da gonorrea e ciò l’aveva resa sterile ed il marito avendola da lei contratta era ridotto al lumicino e non solo non poteva più darsi al sesso ma non poteva per la sussistenza neppure svolgere altra attività oltre la questua davanti alla chiesa di Santa Maria in Cappella vicino a piazza dei mercanti dove le due figlie maggiori la mattina lo depositavano di peso e la sera lo ritiravano quando se ne ricordavano oppure quando pioveva forte qualche viandante di passaggio lo prelevava di peso depositandolo sull’uscio del tugurio avendo cura di alleggerirlo di quelle poche monete a volte frutto di più giornate e poteva capitare anche che i marioli del circondario facessero la posta al padre specialmente nelle serate invernali un po’ nebbiose e fradice e quando il buon samaritano aveva compiuto l’opera di trasporto e relativo alleggerimento entravano in azione loro per il recupero del maltolto più gli interessi se quello aveva qualche spicciolo di suo e se poi il samaritano ladro era una femmina anche vecchia e brutta e vaiolosa loro ne approfittavano fosse altro per il gusto di aggiungere alle sue pestilenze anche la loro gonorrea. I prevosti della chiesa a loro volta ogni sera lo frugavano e si prendevano la loro parte d’incasso se non aveva di che erano capaci il più vecchio specialmente di pisciargli addosso. In questo allegro contesto la figlia maggiore Romanella che per ora non aveva alcuna malattia ma solo le piattole sui pelame nero e folto ed i pidocchi nella enorme chioma ricciuta era continuamente incalzata da un monsignore che le faceva pervenire spesso per un ruffiano finocchio inviti in sacrestia promettendole un pollo o un cestino di cacio che poteva rubare al sacrestano idiota con estrema facilità. Lei non cedeva anche perché perdere la verginità per un pollo le sembrava poco e niente per niente preferiva attendere che Marino un giovane ed aitante briccone di quelle strade che le piaceva moltissimo e dicevano le comari fosse largamente dotato uscisse dalle carceri pontificie dove si trovava per aver fottuto sulla via una vecchia monaca zoppa  Fra l’altro era stata ben lieta di far torto al Signore con Marino ben dotato ed in premio gli aveva regalati il crocifisso d’oro ed una medaglietta  d’argento regolarmente sgraffignati a Santa Cecilia ed il ritratto della Madonna Addolorata che aveva prese dalla sua cella: cose che le guardie pontificie avevano trovate indosso a Marino quando lo bloccarono due strade più in là e lo arrestarono solo furto sacrilego non conoscendo i precedenti. Lui per non tradire la monaca vogliosa aveva preferito il carcere come ladro piuttosto che far mettere lei alla gogna e poi espellerla dal convento col marchio papale di prostituta. La monachina riconoscente per questo atto generoso del giovane andava ogni giorno al carcere e lo nutriva con gli avanzi della mensa conventuale per tenerlo in forze e gli portava messaggi amorosi di Romanella inoltre aveva parlato tanto bene di lui col suo confessore che era lo stesso monsignore che incalzava Romanella ed al quale non aveva affatto confessata la sua vera colpa ma gli aveva fatto intendere che se avesse fatto scarcerare Marino avrebbe potuto ingannare il Signore sacrificando il suo onore per lui che tanto non si sarebbe di certo accorto del suo stato essendo lei abbastanza vecchia e scaltra da regalarsi come fosse vergine e cosa più importante lo avrebbe potuto ricattare a suo piacimento. Quando Marino uscì dal carcere la monachina pagò il suo debito col monsignore e poiché di niente si era accorto riuscì ad infilargli uno spillo rugginoso in un testicolo e gli fece credere che il sangue che imbrattava la sua tonaca era di lei ed il dolore che lui sentiva nelle parti basse era solo dovuto allo sforzo dell’atto compiuto forse in posizione poco consona.

Romanella consumò col suo Marino ed entrambi ne furono così contenti che decisero di sposarsi anche perché da due mesi lei  non vedeva più sangue e prima che le cose volgessero al peggio era cosa saggia metterci una toppa purtroppo il monsignore non poté celebrare perché un brutto tetano ai testicoli se lo era già portato via a quella data.

I! tempo passa i vecchi muoiono i giovani crescono mangiare una pagnotta però era sempre difficile dopo un figlio Romanella ne scaricò altri due e siccome che Marino se lo era portato via una pestilenza contratta nel napoletano dove era andato con certi compari per cercare fortuna lei dovette arrangiarsi e con altre tre sorelle cercò fortuna in casa di benestanti a far da sguattera e serve e tutte e quattro sane di mente e di corpo si dettero da fare a far cornute tutte le cicisbee che frequentavano il casato con grande sollazzo di tutti ma anche con gran guadagno racconterò solo questa che vale per tutte.

Come dicevo prima le sorelle maggiori furono prese a servizio da questa nobile e borghese famiglia Romanella aveva il compito di prima mattina che poi voleva dire prima del levare del sole se c’era di provvedere al cambio dei fiori recisi in tutte le fioriere del palazzo cosicché armata di carriola si recava dai giardinieri che fra una chiacchiera e l’altra e tanti pettegolezzi la rifornivano dei fiori richiesti,se poi avanzava tempo si sollazzavano un po’ sull’erba appena tagliata o nella capanna del capo giardiniere e furono loro che le tolsero i pidocchi dai capelli con quei ritrovati dell’alchimista a base di zolfo che usavano per le piante e così ben servita ed appagata svolgeva il lavoro fino a quando la padrona si svegliava ed allora andava lavata di tutto punto venivano vuotati i pitali e se era in vena le permetteva di vestirla prima che uno stuolo di camerieri e dame non le portassero la colazione e la nota degli impegni mondani del giorno poi aveva da star china tutto il giorno a strofinare i pavimenti e quando si trovava nei corridoi più oscuri veniva raggiunta dal padrone o dai signorini che la prendevano sveltamente dal dietro mentre lei seguitava a dar di bruschino in terra e la sorella Virginia di nome ma non di fatto provvedeva ad alleggerire i gaudenti di qualche moneta certa del loro silenzio per non venire puniti dall’aio di casa mandato dal Santo Padre direttamente per tenere la nobiltà al guinzaglio il quale a sua volta non disdegnava qualche buon lavoretto sia provenisse dalle sorelle che da qualche altro stalliere o servo di casa che fosse. Virginia si era conquistata tutto il personale delle cucine poiché nella sua infinita miseria e fame aveva imparato a dosare e mischiare qualsiasi elemento della natura che non fosse tossico e farne uscire ottimi manicaretti così topi e talpe nonché gatti appena nati finivano nelle voraci fauci di questi padroni ignoranti mentre i servi consumavano pernici e polli che dai contadini venivano portati alla villa ogni giorno. tagliare far decotti e cibi oramai erano diventate esperte anche nell’arte di far buttare giù anche feti appena accennati e le nostre sorelle ne scaricarono parecchi vista l’intensa attività amatoria tanto che ad un certo momento della loro vita divennero impotenti a generare e fu in questo periodo che radunate le monete e tutto quanto altro avevano accumulato ed intelligentemente nascosto fuori della città sparirono da tutti e chissà se sotto alti nomi e dimoranti fuori dello stato

Molte furono le gravidanze interrotte dalle vecchie donne delle cucine che avvezze a bollire a pontificio non siano vissute a lungo in pace forse una nostra trisavola era una loro figlia o una di loro due... ... ... ..

 

Anno Domini 2004-16-05

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