ILLUSTRI OSPITI

A TESTACCIO

PER LA CURA DELLA STUFA

 

    Ai piedi della collinetta sulla quale sorge l'antichissima chiesa di San Giorgio, protettore del paese, sul fianco sinistro della stradina che dà l'accesso al pendio che conduce alla spiaggia dei Maronti, sorge un edificio vecchio e malandato, il cui piano terreno è costituito da alcuni locali che fino a qualche decennio or sono venivano ancora usati per deposito di legna e per ricovero di animali domestici, mentre oggi sono completamente abbandonati e inutilizzati e in precarie condizioni di staticità: sono questi il “meraviglioso” Sudatorio di Testaccio (l'aggettivo non è mio ma dello Jasolino). 

   Nel 1942 questo Sudatorio fu oggetto di attento studio da parte dell'ingegner Domenico Taliercio, uno dei più illustri figli di Testaccio, il quale così ne descriveva le caratteristiche in una sua relazione: “... Dal suolo di questi locali e da alcuni fori esistenti nei muri perimetrali, si sprigiona, in continuazione, un vapore secco alla temepratura di 35° centigradi. Tale temperatura ed i vapori secchi sono le caratteristiche migliori del Sudatorio di Testaccio. Tale sudatorio certamente è in comunicazione sotterranea con i  soffioni recentemente messi in attività alla località Petrella sulla spiaggia dei Maronti; perché se si unisce, in linea retta, il sudatorio di Testaccio con i predetti soffioni, in corrispondenza di tale linea ideale, si trovano altre sorgenti di calore con emissione di vapori secchi come si verifica lungo la strada o pendio dei Maronti. E poiché la temperatura del soffione è stato possibile misurarla fino a 120° alla profondità di circa 50 metri aumentando la profondità aumenta anche la temperatura. È  risaputo infatti che la temperatura dell'acqua sotteranea è più alta della temperatura media della superficie del suolo ove sono i trafori da dove zampilla l'acqua, e tale temperatura dell'acqua è in proporzione diretta della maggior profondità da dove proviene l'acqua. Basta a tal proposito citare che la temperatura media di Parigi alla superficie del suolo è di 10°,6 centigradi, e quella dell'acqua del pozzo di Granelle trovata alla profondità di 544 metri è di + 27°,70 centigradi.

   Sicché i vapori secchi della stufa di Testaccio provengono da alte temperature sotterranee e per tale fatto la temperatura di tali vapori secchi è costante, com'è costante la composizione chimica dei predetti vapori...”. 

   Questo Sudatorio era -e sarebbe- vantaggiosissimo quindi, grazie al suo  alto potere diaforetico, per la cura di diverse malattie, e in modo particolare di reumatismi, artriti, idropisia, gotta ecc.

   Non è mia intenzione, in questa sede, di lanciare appelli perché il Sudatorio sia ripristinato e messo nuovamente in grado di funzionare; non spetta a me fare ciò. Sappiamo tutti, del resto, i risultati che sortiscono tali tipi di appelli. Un paese che si definisce, e che aspira a diventare sempre più, stazione di cura e centro di turismo termale avrebbe già dovuto -e da tempo- pensarci, sia a livello di imprenditori privati che, in mancanza di questi, a mezzo di iniziativa pubblica.

 

   In realtà l'abbandono spaventoso in cui giacciono le Stufe di Testaccio non è di data recente; ormai è più di un secolo che dura questa deplorevole negligenza. Lo storico D'Ascia, infatti, parlandone in un capitolo della sua Storia d'Ischia (ed 1867, pag. 328) dedicato proprio alle acque termominerali e ai sudatori decaduti e abbandonati, già allora così era costretto a scrivere: “le tanto rinomate Stufe di Testaccio, commendate fin da’ tempi antichissimi, chiamate dal Solenandro i primi sudatori del mondo non sono più: pochi abbattuti avanzi additano il sito ove un dì la fama spiccava alto il volo proclamando la efficacia di tali sudatori.

   Oggi al di sopra di crollante casipola, o per dir meglio stalla di animale, sta una croce in bianco marmo che indica in quel sito era la stufa appartenente ai Crociferi di Napoli, oggi vi si ricovera un asino, e vi accorrono le lucertole”. (I Crociferi tennero la stufa fino al 1714. Essi furono fondati nel 1582 per assistere i malati da S. Camillo de Lellis -e perciò sono detti anche Camillini e Camilliani-. Sono chiamati Crociferi perché portano una croce di panno sul petto, ma il loro nome è propriamente Ordo Clericorum regularium ministrantium infirmis).

   Ma non fu sempre così. Ci fu un periodo, molto lungo, durante il quale le Stufe furono fiorentissime e "concorsero a far salire a rinomanza questo Comune (Testaccio), quando le altre preziosissime acque settentrionali dell' Isola erano cadute nell'abbandono e nell'oscurità, nella non curanza e nel discredito".

   Un numero grandissimo di persone, scienziati e naturalisti, infermi e bagnanti, dotti e curiosi, laici ed ecclesiastici, sia italiani che stranieri, accorreva allora a Testaccio per temprare il loro corpo ed il loro spirito con la cura delle stufe.

   Ed è proprio di alcune di queste persone che vorrei parlare qui, cercando di trar fuori dalla polvere dell'oblio e di illuminare per un minuto una pagina gloriosa della storia del Sudatorio e di Testaccio.

   Lo scienziato francese Raniero Solenandro, che pubblicò nel 1558 a Lione, un'opera intitolata: De caloris fontium medicatorum causa, eorumque temperatione libri duo, et philosophis et medicis perutiles, fu uno dei primi che se ne occupò. Nella sua opera, infatti, ne illustrò le qualità con queste parole: “Calor Sudatorii vulgo Testaccio dicti distorta crura, vel quosvis alios statu deformi depravatos artus impositos cuniculo, dirigit et reforrnat, quemadmodum a lignariis fabris videmus contorta ligna flammis dirigi et restitui”. (libro I, cap. VIII, pag. 67-68).

   Mi sembra opportuno, incidentalmente, ricordare anche che l'opera del Solenandro è il primo documento in cui troviamo citato per la prima volta il nome di Testaccio. Che il nome di questo paese, a differenza di quello di altre località, come per es. Moropane, che troviamo testimoniato fin dal 1270, compaia in un documento solo in epoca così tarda, è dovuto al fatto che Testaccio, ufficialmente, fu sempre considerato onninamente insieme a Barano, come testimonia lo stesso Solenandro il quale dice che il Sudatorio  vulgus hoc tempore Testaccio vocat, alij Sudatorium Varrani".

   Una trentina d'anni dopo venne a Testaccio Giulio Jasolino, il medico calabrese "che dette nuova vita ai bagni dell'isola d'Ischia".

 

   Egli studiò e analizzò sia la stufa che le acque minerali dell'Olmitello, della Cavascura e di Succellaro, che trattò poi ampiamente nella sua opera Dei Rimedii Naturali, pubblicata la prima volta nel 1588.

   Delle virtù teraupetiche della stufa così egli lasciò scritto: "Questo per riscaldare e mollificare le parti indurite, tra tutti gli altri celebratissimi sudatori del mondo, ottiene il principal luogo: il che noi spesso sperimentiamo per guarire le membra indurite. E finalmente per evacuare tutto il corpo per sudore, è stimato eccellentissimo rimedio, ed è conveniente che accidentalmente ancora dissecchi. Evacua gli umori, allegerisce il corpo, e dissecca le piaghe interiori, ed è buona medicina al male o doglia del fianco. Giova all'idropisia nel principio, detta timpanite; e noi coll'ajuto di detto sudatorio abbiamo guarito alcune membra risolute e paralitiche. Giova anche alle convulsioni, e a tumori che vengono sulle gambe, e causati da flemma, e da umori sierosi. Questi e molti altri buoni effetti opera questa sudatorio, che alla giornata sperimentiamo, e di mano in mano noteremo".

   Per il XVII secolo non abbiamo nomi da segnalare. Le nostre fonti non ce ne hanno tramandato. Ma questo non vuol dire che il Sudatorio non funzionasse; al contrario: era frequentatissimo come sempre.

   La prova di ciò l'abbiamo trovata nel II Registro dei battezzati della parrocchia di S. Giorgio, dove, a pag. 119, sotto la data 22 maggio 1686 è registrato il battesimo di un bambino trovato abbandonato nel Sudatario.

   Questo fatto, che a distanza di 15 anni si verificò di nuovo (questa volta fu trovata una bambina però, esattamente il 12 marzo 1702), certamente non sarebbe successo se le stufe fossero state un luogo poco frequentato e quindi se il bambino avesse corso il pericolo di morire, non venendo raccolto tempestivamente; a meno che la madre non avesse voluto proprio farlo morire (ma non lo voleva: infatti appese un cartello al collo del figlio sul quale scrisse che bisognava battezzarlo e mettergli il nome di Fortunato!).

   Il 1700 fu invece il secolo d'oro della stufa.

   Proprio all'inizio del secolo, l'anno 1717, venne a Ischia Giorgio Berkeley, uno dei maggiori esponenti, insieme a Locke e Hume, della filosofia empiristica inglese. Egli risiedette per circa tre mesi proprio a Testaccio, dove, grazie al Sudatorio, guarì perfettamente da una malattia da cui era affetto nel giro di sei settimane. Durante il suo soggiorno nell'isola il Berkeley scrisse due lettere molto belle e un diario sui quali non mi soffermo, essendo stati oggetto di una mia comunicazione al Centro Studi, che questo stesso giornale ha ampiamente riportato nel numero 12 del dicembre scorso.

   Nel giugno del 1761 troviamo a Testaccio il conte Pietro Ohmuchivich, patrizio della città di Ragusa (l'odierna Dubrovnik in Jugoslavia) il quale insieme alla moglie Anna Staj, prese alloggio nella casa del rev. don Simone Buono, una delle poche a quei tempi in grado di offrire ospitalità a persone di un certo riguardo. Purtroppo questo conte non fu fortunato; a lui la stufa non giovò. Infatti morì, pochi giorni dopo il suo arrivo, il 22 giugno 1761, e ci lasciò in ricordo il nome nel registro dei morti della parrocchia, e in custodia il cadavere nella sepoltura del SS.mo Rosario.

 

   Più fortuna ebbe invece un altro conte, Giorgio Corafà, che Testaccio ospitò otto anni dopo il precedente, nel 1769. Questi, che era anche generale e tribuno della legione macedone, oltre che viceré di Palermo, grazie alle stufe e alle acque di Olmitello e Cavascura, guarì dai suoi malanni, e in ringraziamento della guarigione ottenuta, fece innalzare nella piazza di Testaccio una colonna di grossi massi granitici, sulla sommità della quale fece collocare una statua marmorea di S. Giorgio al quale dedicò e donò anche il pendio dei Maronti, che egli aveva costruito proprio aere et ad publicam utilitatem, per recarsi egli stesso, più comodamente, ai bagni, siti lungo la spiaggia dei Maronti, e per dare anche gli altri la medesima possibilità.

   Il conte Corafà continuò poi a venire a trascorrere regolarmente le estati a Testaccio, e fu proprio qui che alla fine di un'estate, il 6 settembre 1775, lo colse la morte; aveva 83 anni.

   Al 1782 risale il soggiorno del canonico e arcivescovo della chiesa metropolitana di Brindisi, monsignor Annibale De Leo. Questi fu invitato dal vescovo d'Ischia, mons. Sebastiano de Rosa, ad assumere per il periodo della sua permanenza nel paese la cura parrocchiale, vacante per la morte del parroco Filippo Nobilione. L'arcivescovo tenne l'incarico per circa un mese (metà agosto - metà settembre) coadiuvato da don Matteo Capano, presbitero dell'oratorio di Napoli, il quale si trovava anch'egli a Testaccio per la cura della stufa.

   Dieci anni dopo ancora un religioso, l'abate della diocesi di Boiano, Filippo Mosenca, fa registrare la sua presenza a Testaccio.

   In realtà questi, forse consigliato dalle sue non buone condizioni di salute, vi si era trasferito stabilmente già dal maggio 1788, venendo a risiedere presso il sacerdote don Onofrio Di Iorio, la cui abitazione non distava molto dalle stufe. Tuttavia i sudatori non fanno miracoli; l'abate morì improvvisamente il 30 novembre 1792 senza aver avuto la possibilità di far ritorno alla sua diocesi d'origine.

   Dopo quest'abate certamente ancora centinaia e centinaia di persone più o meno illustri e importanti vennero a Testaccio per usufruire della stufa, per studiarla o semplicemente vederla; tuttavia questa aveva già imboccato la strada della decadenza e dell'abbandono (dovuto anche al fatto che le acque minerali e stufe di altre parti dell'isola, riscoperte e rivalorizzate le facevano una concorrenza cui non era in grado di far fronte) quella strada che l'avrebbe portata, dopo tanta gloria, a divenire misera e vile "stalla di animale".

 

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