Reportage 

 

del 18 settembre 2001

 

Il Gigante ferito

U.S.A. – Il gigante è stato colpito, colpito proprio dove non se lo aspettava, in casa propria. Nella giornata dell’11 settembre del 2001, due città, abbastanza distanti tra loro per il ruolo occupato nella catena di montaggio dello stato americano, sono state annientate dall’ondata malefica del terrorismo internazionale. Prima New York, sede dell’economia mondiale, poi Washington, sede dell’esercito e del governo del Paese più forte del mondo. Quattro aerei. Quattro obiettivi. 20 mila destini per sempre accomunati dalla stessa tragica fine veicolata dall’odio che può portare il terrorismo nei confronti di un popolo, quello americano, che non ha mai conosciuto guerra "intestina", cioè al proprio interno, se non durante le guerre di secessione, datate più di un secolo e mezzo fa. Il terrorismo dimostra di essere ancora vivo, purtroppo. E già s’incomincia ad incolpare questo o quello dell’infame gesto compiuto sul suolo americano. Nessuno è stato risparmiato dalla controffensiva verbale del presidente. Nessuno dei nemici degli Stati Uniti d’America si può considerare estraneo, perché tutti possono essere dichiarati mostri. Ed è così. Ciò che è accaduto in America, come dichiarato a caldo dai maggiori network internazionali, come la CNN, non ha precedenti; una tragedia del genere è soltanto paragonabile a quella avvenuta durante la giornata di quella domenica del 7 agosto 1941, quando piloti dell'aviazione giapponese annientarono, con le loro incursione suicide-omicide, la base americana che stazionava a Pearl Harbor, in difesa delle Hawaii. America 2001 come Pearl Harbor 1941. 60 anni di storia americana. Ed è così. Come a Pearl Harbor, a New York e a Washington è stata utilizzata la stessa la tecnica: kamikaze pronti a morire, prima, nel ‘41, nel nome dell’Impero nipponico, poi, nel 2001, in nome non si sa di che tipo di odio etichettare (forse islamico con intrecci occidentali?). Ma di certo, e questo lo fa capire la portata dell’azione svolta con freddezza quasi professionale, aggiungerei maniacale, come killer assoldati per uccidere, dietro a tutto ciò ci sarà di sicuro l’appoggio finanziario e strategico di qualche stato (Afghanistan, Palestina, Pakistan, ecc. i nomi di stati inizialmente posti sul banco degli imputati) o del famigerato (famigerato per i suoi piani terroristici a volte portati a termine) sceicco Osama Bin Laden. Una tragedia che non colpisce solo il gigante US. Ciò che è accaduto al World Trade Center, prima, e al Pentagono e in Pennsylvania, poi, segnerà per sempre le menti di tutti quegli spettatori, che come me, hanno assistito "passivamente", in diretta, grazie ai mezzi televisivi. L'immane tragedia architettonica e, soprattutto, umana si posizionerà, nella nostra prigione delle idee ancora da esplicare, cioè il nostro cervello, nella regione dei ricordi,  non tra ricordi qualsiasi, ma tra i ricordi più tragici che hanno accompagnato e accompagnano la nostra esistenza. Perché ciò che è accaduto riguarda tutti noi, riguarda tutta l’umanità. Il crollo delle due "torri gemelle" (le Twin Towers), che costituivano il WTC e il collasso di parte del Pentagono (sede della CIA), a mio avviso, hanno instaurato nell’immaginario collettivo la caduta delle proprie sicurezze, delle proprie certezze. Infatti, fino a quel momento, ritenevamo gli USA come la potenza-esempio dell’efficienza totale: l’esercito pronto a scendere in guerra per salvare la libertà di stati caduti sotto insegne dittatoriali, i servizi segreti pronti a sventare attentati, il presidente capace di premere il pulsante dell’atomica. Beh, dall’11 settembre, tutto quello che pensavamo dell’organizzazione "efficientissima" della macchina USA, è stato spazzato via da quelle poche ore che hanno accompagnato le due torri al loro sfracellarsi, a quelle ore che hanno fatto capire che il gigante era diventato una bambina in preda al terrore. Questa è la vittoria che i terroristi si vanteranno per tutta la loro vita, anche se non decidessero di rivendicare le loro azioni abominevoli; l’aver fatto cadere un’intera nazione, e non soltanto, in preda agli isterismi che produce una situazione di pieno terrore. Per interi giorni, mesi ed anni, grazie a questi signori dello spasmo emozionale chiamato banalmente terrore, chiamati da qualcuno "canaglie", avremo sempre impressi quegli attimi in cui aerei dirottati passavano come lama nel burro i due grattacieli, ormai, possiamo dirlo da dopo il loro crollo, ex-simboli dell’America che produce denaro, e quegli attimi in cui uomini spaventati, per paura di morire carbonizzati, si lanciavano dai "finestroni" delle torri di vetro-acciaio, cercando di stroncare al più presto le loro sofferenze di una morte venuta dal cielo. Di certo Allah non ha mai chiesto questo ai suoi fedeli. Questa è solo follia, follia di uomini che odiano la vita degli altri, solo perché, e questo è l’alibi più sconcertante, non professanti della loro religione. Follia di uomini che in nome di Dio fanno quello che la loro mente perversa desidera di fare, a prescindere dalla loro ortodossia religiosa, ma solo per il gusto di uccidersi-uccidere per occupare tristi prime pagine di giornali, giornali che vorrebbero fare a meno di questi orrori dell’umanità. 

EdoZETA83 (12/09)

 

Noi Vinceremo! Ovvero, www secondo Bush

U.S.A. – "We will win". Noi vinceremo. Queste sono le parole del presidente americano, che dal 13 settembre 2001, due giorni dopo l’attentato alle due torri e al Pentagono, è diventato il paladino della causa contro il terrorismo mondiale. Da quell’11 di un altro settembre nero (ricordate cosa accadde in un altro settembre di 29 anni fa a Monaco, durante le olimpiadi?) che sarà ricordato per sempre come il giorno che ha cambiato tutti gli altri, bene da quella tragica mattina è iniziata la Guerra del XXI. Una guerra che sarà "combattuta attraverso le lacrime della nostra tristezza". Non si sentivano parole così pronunciate epicamente da un uomo di governo da molto tempo, se non addirittura dalla fine della II Guerra Mondiale, ai tempi di un Churchill in piena forma. "Voi credete di nascondervi ma ovunque siate noi vi troveremo". Qui George W. Bush dimostra di essere cresciuto, di aver abbandonato definitivamente l’ombra invisibile del padre, di non essere quel presidente sprovveduto di inizio gennaio, che si trovava lì, a governare il mondo, perché l’America è il mondo, per caso, per una vittoria conquistata per una manciata di schede. Il junior è diventato senior. Il bambino viziato, figlio di un’America Repubblicana, è cresciuto. Ma il presidente diventato grande ammette di aver bisogno degli altri. "Ho parlato con molti leader. Guideremo il mondo alla vittoria". Si, non solo l’America si deve sentire bersagliata dalla strategia del terrore, ma tutte le democrazie mondiali sono in pericolo. L’America per la prima volta riconosce di aver bisogno di aiuto, di fare fronte comune contro questo nuovo nemico, resuscitato come araba fenice dalla sua apparente morte. Il terrorismo non è mai stato dichiarato morto, ma le difese erano state abbassate. Una piccola disattenzione che è costata cara, molto cara. E questo lo sa il presidente degli americani. "C’è la possibilità di cancellare il terrorismo". Altro importante monito fatto nel discorso del 13 settembre. Si, c’è la possibilità di sconfiggerli quegli insani cospiratori di tragedie. Dopo anni ed anni, grazie alla tragica caduta dei giganti di acciaio, la democrazia può levarsi dal piede quel sassolino che ogni tanto ha minato e mina ancora il suo composto ed elegante cammino. Il bene contro il male. La democrazia contro il terrorismo. Una ha possibilità di riscatto per il numero di alleati che conta nella sua formazione, l’altro è in vantaggio perché ha compiuto il primo passo, ha dichiarato per primo la guerra. Dall’11 settembre il terrorismo è diventato più portatore di patemi universali, ma da quel giorno la democrazia ha scoperto di essere forte, di essere una potenza più potente del nemico se… i popoli fanno fronte comune, combattendo con la libertà come propria arma.

EdoZETA83 (14/09)

 

La paura del terrorismo globale

"In quello spazio televisivo in cui accade ormai tutto, e nella contemporaneità universale della globalizzazione, si è compiuta una tragedia che non credevamo possibile. L’America attaccata direttamente dal terrorismo, che è arrivato a colpirla direttamente nel cuore stesso della sua modernità – le due torri del World Trade Center a Manhattan – e nella fortezza invulnerabile del suo potere militare, il Pentagono. Migliaia e migliaia di morti, la Casa Bianca evacuata, il presidente Bush prelevato dall’Air Force One in un piano d’emergenza assoluto, e portato in un rifugio segreto, perché Washington è improvvisamente in pericolo, come New York, come tutta l’America, come tutto l’Occidente. … È il primo atto di una storia che non conosciamo, perché contrappone un nemico invisibile dell’Occidente e una vulnerabilità improvvisa della superpotenza mondiale egemone. Sappiamo soltanto che cambia il corso della nostra storia."

Così esordisce Ezio Mauro nell’editoriale al quotidiano la Repubblica del 12 settembre, il giorno dopo l’attacco terrorista all’America. È comprensibile che un tale evento abbia già segnato negli animi la paura, il timore di nuovi terribili attacchi. Certamente gli americani sono i più scossi, abituati a muoversi in estrema libertà, non si sentono più al sicuro da attacchi esterni, la loro superiorità e invulnerabilità è compromessa.

Le compagnie aeree stanno decidendo quali precauzioni adottare per prevenire nuovi dirottamenti ad opera di kamikaze. Si pensa a guardie armate a bordo, a porte blindate per la cabina dei piloti, a un sistema di emissione di gas per bloccare eventuali dirottamenti. Più severi saranno i controlli all’imbarco, addirittura alcune compagnie aeree vogliono far viaggiare in stiva anche i bagagli leggeri che normalmente accompagnano i viaggiatori sino ai posti assegnati. Cambiano così i passaggi aerei di milioni di persone.

C’è dunque una tensione che investe tutto l’Occidente, destinata a crescere se ci saranno vendette e pesanti ritorsioni. È giusto che i colpevoli paghino per il crimine commesso, ma c’è bisogno anche del dialogo per risanare fratture di un odio profondo, perché solo la distensione dei rapporti tra l’Occidente e gli estremisti islamici potrà restituire la serenità e la libertà ai paesi democratici e all’America offesa. Vi dico:

" non rispondiamo alla morte con la vendetta, perderemo l’orgoglio di vivere in una comunità democratica".

Gigisun

 

Piccole grandi canaglie

Questi sono gli stati "canaglia", cioè quegli stati che da sempre covano odio e rancore nei confronti degli USA e del mondo Occidentale:

- Afghanistan: governo in mano a Talebani che applicano dettami religiosi islamici a tutti i campi della vita sociale. Proteggono lo sceicco Bin Laden.

- Corea del Nord: regime socialista antiquato e chiuso al mondo dell'Occidente. Minaccia da sempre gli USA con bombe nucleari.

- Sudan: governo integralista islamico che reprime con le armi le richieste di autonomia del sud del paese (cristiano ed animista). Ha campi di addestramento per terroristi.

- Iraq: nonostante dieci anni di embargo e sanzioni varie, il dittatore Saddam Hussein, manifesta ancora aperta ostilità agli USA.

- Libia: c'è ostilità di facciata con riscontri concreti.

Ciccioweb

 

Giustizia Infinita

È partita la risposta militare degli USA a seguito degli attentati alle due torri gemelle di New York e al Pentagono di Washington. Infatti il Pentagono ha lanciato ieri (19 settembre per chi legge) la missione "Giustizia Infinita" che ha due obiettivi: colpire l'Afghanistan, prendendo Bin Laden vivo o morto e sradicare le radici del terrorismo internazionale. Il Pentagono ha inviato circa cento caccia e bombardieri nel Golfo Persico, mentre due portaerei americane si dirigono verso l'Oceano Indiano. Intanto sul fronte politico gli USA incassano nuove alleanze. Dopo quella importantissima di ieri (19 settembre) del leader palestinese Arafat, entrano nella coalizione Iran, Siria, Sudan, Irak. I premier del G8, in una dichiarazione diffusa, condannano iil terrorismo e fanno appello agli altri paesi di unirsi in una grande coalizione di stati per combatterlo. Intanto in Afghanistan il concilio di tutti i capi religiosi è arrivato alla conclusione per cui Bin Laden dovrà andarsene di sua spontanea volontà, ma se ci sarà un attacco da parte degli USA, sarà guerra santa. Si attende adesso una risposta dal Mullah Umar che è il capo spirituale dell'Afghanistan che dovrà decidere se accettare la proposta del concilio o appoggiare di nuovo Bin Laden. 

Ciccioweb.flashnews del 20 settembre

 

Contribute for Hbn

 

Barbarie e Terrorismo

 

La vita di oggi è uno scenario distruttivo,

implacabile, di tecnologia corrosiva

che svilisce i sentimenti umani:

sembriamo tutti giocolieri di un circo,

acrobati, clown e trapezisti

sospesi a una corda, a un filo che si spezza.

 

Il terrorismo è figlio di questa società.

Un’onda burrascosa avvolge vorticosamente

lo spazio naturale del tempo e della vita,

creando mostri di violenza, spettacoli orrendi

e sanguinosi di devastazione e di morte.

La crudeltà diventa contagio inesorabile, spietato.

 

Neanche un filosofo riesce più a distinguere il bene dal male,

la verità della menzogna, perché tutto è avvolto

da un velo di nebbia, di oscurità e di tenebre.

Troppi interessi sono in gioco, troppi,

troppa disonestà nasconde il vero volto dei “potenti”

e la giustizia muore, lentamente

 

Nola, 20 settembre 2001 - ore 17:06

Luigi Simonetti

 

 

 

 

Il crollo di Manhattan

 

Il crollo improvviso, tragico e violento

delle Torri gemelle di Manhattan

non può, né dovrà mai stravolgere

l’immagine obiettiva degli USA,

che da potenza classica del capitalismo

si sono sempre più inoltrati nell’imperialismo,

operando una “metamorfosi epocale” del potere,

fino a voler essere “gendarme del mondo”,

avamposto di ordine e difesa militare,

garante della “democrazia mondiale”,

in un miscuglio di forze economiche

eterogenee, globaliste e totalitarie.

 

La rapida colonizzazione del mercato

politico mondiale, la “globalizzazione”

delle risorse materiali della Terra

e la rivoluzione telematica hanno creato

un asservimento dei mezzi d’informazione

e dei governi politici più inerti

alla potenza dei paesi più ricchi

e prosperi del nostro pianeta.

Il “mito americano” è stato un “Leviatano”.

Le ingiustizie si sono dilatate

su scala planetaria, diffondendo fame,

povertà, distruzione e morte dell’umanità.

 

La rivolta dei paesi più poveri del mondo

è stata quasi sempre soffocata nel sangue

o nell’indebitamento e nella schiavitù.

Il terrorismo è stato alimentato ovunque,

talvolta in maniera assai violenta,

per combattere i governi antagonistici

al capitalismo americano, talvolta

in maniera ambigua e demagogica,

creando tensioni e guerre tra popoli diversi.

Il terrorismo ormai si è globalizzato:

è un focolaio di terrore e morte sulla Terra!

È questo il dramma tragico del Terzo Millennio.

 

Nola, 12 settembre 2001 - ore 2:05

Luigi Simonetti

 

Luigi Simonetti per Hyriabitnews

La presente pagina faceva parte del portale "Hyriabit", sezione Hyriabitnews.