IO DOCTOR JORDANO BRUNO NOLANO (possibile autobiografia del Bruno).

Testo integrale tratto dal libro "Lontano da Bruno - Labirinti separati", AA.VV. curati da Giacomo Scotti, Ed. Centroarte Multiplo 2, Scisciano 1989.

"Io ho nome Giordano (1), della famiglia di Bruni, della città di Nola, vicino a Napoli dodici miglia, nato ed allevato in quella città. La professione mia è stata ed è di lettere e di ogni altra scienza.Mio padre aveva nome Giovanni e mia madre Fraulissa Savolina, e la professione di mio padre soldato... e nacqui, per quanto ho inteso dalli miei, nell'anno 48.
E sono stato in Napoli a imparare lettere de humanità, logica e dialettica, sino a 14 anni: e solevo sentir privatamente la logica da un padre agostiniano chiamato Fra Theofilo da Vairano, che dopo lesse la metafisica in Roma.
De 14 o 15 anni incirca pigliai l'abito di S. Domenico nel Monastero di S. Domenico in Napoli... e finito l'anno della probazione fui ammesso (…) alla professione (2), la qual feci solennemente nel medesimo Convento, ... e dopo fui promosso alli ordini sacri e al sacerdozio alli tempi debiti (3); e cantai la mia prima messa in Campagna, città del medesimo regno, lontana da Napoli; stando allora in un convento (…) sotto il titolo di S. Bartolomeo e continuai in questo abito della religione di S. Domenico celebrando messa e li divini offici sotto l'obbedienza de' superiori (…) de' monasteri e conventi dove sono stato sin l'anno del 76, che fu l'anno seguente
dopo l'anno del Giubileo (4), che trovandomi in Roma nel convento della Minerva (... ) dove ero andato a presentarmi, perché a Napoli ero stato processato due volte... ove il processo fu rinnovato con altri articoli che io non so, per il che uscii dalla religione, e, deposto l'abito, andai a Noli territorio genovese, dove mi trattenni quattro o cinque mesi a insegnar la grammatica a putti... e leggendo la sfera a certi gentil uomini. Da poi mi partii di là e andai prima a Savona dove stetti circa 15 giorni e da Savona a Torino, dove non trovando trattenimenti a mia soddisfazione venni a Venezia per il Po' dove stetti un mese e mezzo in Frezzaria, a camera e locanda in casa de uno dell'Arsenale. E mentre stetti qui feci stampar un certo libretto intitolato "DE SEGNI DE' TEMPI", e feci stampar quest'opera per mettere insieme un poco de denari per potermi sustentar,... E partendomi di qui, io andai a Padoa, dove trovando alcuni padri dell'Ordine di S. Domenico miei conoscenti, li quali mi persuadettero a pigliar l'abito quando bene non avessi voluto tornar alla religione, parendoli che era più conveniente andar con l'abito che senza; e con questo pensiero andai a Bergamo, e mi feci una veste di panno bianco di buon mercato e sopra essa vi posi il scapulare che io avevo conservato quando partii da Roma, e con questo abito mi inviai alla volta di Lione (5). E quando fui a Chambery, andando a logiar al Convento dell'ordine e vedendomi trattato molto sobriamente e discorrendo sopra questo con un Padre italiano che era lì, mi disse: avvertite che non troverete in queste parti amarevolezza di sorta alcuna, e come più anderete innanzi ne troverete manco.
Onde voltai alla volta di Ginevra (6) e arrivato là andai ad alloggiare all'osteria, e poco dopo il marchese di Vico napolitano che stava in quella città mi domandò chi ero, e se ero andato lì per fermarmi e per professar la religione di quella città.
Al quale, dopo che ebbi dato conto di me e della causa perchè ero uscito dalla religione, soggiunsi che io non intendevo professar quella di essa città, perchè non sapevo che Religione fosse, e che perciò desideravo più presto di star li per vivere in libertà... ... e persuadendomi in ogni caso ad emettere quell'abito che io avevo, pigliai quei panni e mi feci far un paro di calze et altre robe, et esso marchese con altri italiani mi diedero spada, cappello, cappa et altre cose necessarie per vestirmi e procurrorno a ciò potesse intertenermi di mettermi alla correzione delle prime stampe: dove stetti in quell'esercizio circa doi mesi, andando però alle volte alle pratiche e sermoni così d'italiani come di francesi che leggevano e predicavano in quella città. Fra gli altri ascoltai più volte le lezioni e prediche di Niccolò Baldani lucchese, che leggeva l'Epistole di S. Paolo, e predicava li Evangeli; ma essendomi detto che io non potevo star lì molto tempo se io mi risolvevo di accettar la religione di essa città, altrimenti che non avrei avuto sussidio alcuno da loro mi risolsi di partir ed andai a Lione, dove stetti un mese e non trovando comodità di guadagnar tanto che mi bastasse di poter vivere e per i miei bisogni, di là andai a Tolosa dove è uno studio famoso; e avendo fatto pratica di persone intelligenti, fui invitato a leggere a diversi secolari la sfera, la qual lessi con altre lezioni di filosofia forse sei mesi, e in questo mezzo, essendo varcato il luogo del lettor ordinario di filosofia di quella città, il qual si dà per concorso, procurai di addottorarmi, come io feci, per maestro delle arti; e cosi mi presentai a detto concorso e fui ammesso ed approbato e lessi in quella città, da poi doi anni continui il testo di Aristotile de Anima ed altre lezioni di filosofia.
Di poi per le guerre civili mi partii e andai a Paris (7) dove mi misi a leggere una lezione straordinaria per farmi conoscere e far saggio di me, e lessi trenta lezioni e pigliai per materia trenta attributi divini tolti da S. Tommaso. Da poi essendo stà a pigliar una lezione ordinaria, restai e non volsi accettarla perchè li lettori pubblici in essa città vanno ordinariamente a Messa e alli divini offizi, ed io ho sempre fuggito questo, sapendo che ero scomunicato per essere uscito dalla religione ed aver deposto l'abito; (... ) E leggendo quella (lezione) straordinaria acquistai nome tale che il Re Enrico III mi fece chiamare un giorno, ricercandomi se la memoria che avevo e che professavo era naturale o pur per arte magica; al qual diedi soddisfazione e con quello che dissi e feci provare a lui medesimo, conobbe che non era per arte magica ma per scienza, e dopo questo feci stampar un libro de memorie sotto il titolo "De umbris idearum" il qual dedicai a Sua Maestà: e con questa occasione mi fece lettor straordinario et provisionato, e seguitai in quella città a leggere,... forse cinque anni.
Per i tumulti che nacquero dopo, pigliai licenzia e con lettere delli stessi Re andai in Inghilterra a star con l'ambasciator di sua Maestà (... ) in casa del qual non faceva altro se non che stava per suo gentiluomo, e mi fermo in Inghilterra doi anni e mezzo (8).
In questo tempo ancora che si dicesse la messa in casa, non andavo né fuori a messa né a predica per la causa suddetta; e tornando il detto Ambasciator in Francia alla corte, l'accompagnai a Paris; dove stetti un altro anno, trattenendomi con quelli signori che io conoscevo a spese però mie la maggior parte del tempo.
E partito da Paris per causa de' tumulti, me ne andai in Germania e feci primo recapito a Mez, alias Magonza che è una città Archiepiscopale ed è il primo elettor dell'imperio, dove stetti dodici giorni e non trovando né qui né in Vispure, luogo poco lontano di lì, trattenimento a mio modo, andai a Vittimber in Sassonia, dove trovai due fazioni, una de' filosofi che erano Calvinisti, e l'altra de' teologi che erano Luterani, e in questa un dottor che si chiamava Alberigo Gentile marcheggiano, il quale avevo conosciuto in Inghilterra, professar di legge, che mi favori e m'introdusse a leggere una lezione dell'Organo di Aristotile, la quale lessi con altre lezioni di filosofia dui anni (9).
Nel qual tempo essendo successo Duca il figliuol del Vecchio, che era calvinista ed il padre Luterano, cominciò a favorir la parte contraria a quelli che mi favorivano, onde mi partii. E andai a Praga e stetti sei mesi, e mentre mi trattenni là, feci stampar un libro di geometria il qual presentai all'Imperatore (10), dal quale ebbi in dono trecento tàllari, e con questi danari, partito di Praga, mi trattenni un anno alla Accademia lulia di Brunsevich. Dove, occorrendo in questo tempo la morte del Duca, feci un'orazione alle sue eseguie, in concorso con altri della sua Università; per la quale il figliuolo successo (1 1) mi donò ottanta scudi di quelle parti, e partii (12) e andai a Francfort a far stampar doi libri uno De Minimo, e l'altro De numero monade et figura. E in Francfort sono stato da sei mesi incirca, alloggiando nel convento dei Carmelitani, luogo assegnatomi dallo Stampator, il quale era obbligato a darmi stanzia.
Trovandomi a Francfort ebbi due littere dal signor Zuane Mocenigo, gentiluomo veneziano, con le quali mi invitò a venir a Venezia, desiderando secondo che mi scriveva, che io li insegnassi l'arte della memoria et inventiva, promettendomi di trattarmi bene, e che io mi saria contentato di lui.
E così venni (13) al quale ho insegnato diversi termini pertinenti a queste due scienze, stando prima fuori di casa sua, et ultimamente nella sua casa.
E parendomi d'aver fatto e d'averli insegnato quanto bastava, e deliberando perciò di ritornare a Francfort per stampare certe mie opere, pigliai (... ) licenza da lui per partirmi.
Il quale intendendo questo e dubitando che io intendessi partir fuor di casa più presto per insegnar ad altre persone le stesse scienze, che avevo insegnato a lui ed altre, che andare a Francfort secondo che io dicevo, mi fu attorno con molta istanzia per frenarmi; et io istando tuttavia di voler partir, cominciò prima a dolersi che non li avevo insegnato quanto li aveva promesso, e poi a minacciarmi col dirmi che se non fossi voluto restar di buona volontà, che avrebbe trovato il modo che sarei restato. E la notte del giorno seguente, vedendo questo ser Giovanni che io persistevo nella risoluzione di partirmi e che io avevo già dato ordine alle cose mie, e fatto pratica di mandar la roba a Francfort, venne che io era in letto sotto pretesto di volermi parlare, e dopo che fu entrato lui, sopraggiunserolli suo servidore con cinque o sei altri, che erano secondo io credo, et al mio giudizio, gondolieri di quelli che stanno vicini, e mi fecero levar di letto e mi condussero sopra un solaro, e mi serrarono nel detto solaro, dicendo esso ser Giovanni che se volevo fermarmi ed insegnarli i termini della memoria delle parole e li termini della geometria che mi aveva ricercato prima, che mi avrebbe fatto mettere in libertà, altrimenti mi sarebbe successo qualche cosa spiacevole: et io rispondendogli sempre che mi pareva di avergli insegnato a bastanza e più di quello che io dovevo e che non meritavo di essere trattato a quella maniera, mi lasciò sino al giorno seguente, che venne un capitano accompagnato con certi uomini, che non conobbi; e mi fece condurre da loro lì abbasso nella casa in un magazen terreno, dove mi lasciarono fino la notte, che venne un altro capitano con li suoi ministri, e mi condussero alle preggioni di questo S. Ufficio.
Io non tengo per nimico in queste parti alcun altro, se non il ser Gioanni Macenigo... che non solamente voleva che io li insegnassi tutto quello che io sapevo, ma voleva che io non potesse insegnarlo ad alcun altro,
e mi ha sempre minacciato nella vita e nell'onore... (14)".

(1) Questi brani sono stati scelti (da Giacomo Scotti) da un'Autobiografia di Giordano Bruno apparsa sul giornale "Opinione" di Nola (1962), ristampata da Gaetano Minieri in Nola città millenaria, Nola, 1981 (pagg. 169-176). Il testo fu scritto dal Bruno in Venezia nell'anno 1592. Cfr.: V. Spampinato, Documenti della vita di Giordano Bruno (Firenze 1933), dello stesso autore i 2 voll. della Vita di Giordano Bruno con documenti editi e inediti (Messina, 1921) e infine, a cura di G. Gentile, Documenti della vita di Giordano Bruno (Firenze, 1933).

(2) Nell'anno 1564.

(3) Nell'anno 1572.

(4) Nell'anno 1576.

(5) Sul finire del 1576.

(6) Nel 1577.

(7) Nel 1579.

(8) A Londra ed Oxford, fine 1583-1585.

(9) Negli anni 1587-1588.

(10) Rodolfo 11.

(11) Enrico Giulio.

(12) Nella primavera del 1590.

(13) Nel febbraio del 1591.

(14) Denunziato all'Inquisizione, a Venezia, e incarcerato nel 1593, fu "estradato poi a Roma dove,processato per eresia, fu bruciato sul rogo in Campo dei Fiori il 17 febbraio 1600.