Le origini delle scuole di Okinawa :

E’ quasi certo che il karate ad Okinawa deve le sue origini alla fusione tra: il kempo cinese, delle tecniche di combattimento locali e le arti marziali tradizionali giapponesi. Di sicuro, di fondamentale importanza sono state le forme di combattimento cinesi, portate nell’isola dalle numerose delegazioni imperiali cinesi prima, e poi dall’inizio del XVII  secolo dagli abitanti di Okinawa che si recavano in Cina per scambi commerciali o per missioni diplomatiche. Molto probabilmente all’inizio il te era praticato dalle famiglie nobili e rappresentava un simbolo della casta sociale di appartenenza, ma con l’estensione a Okinawa dell’influenza della signoria di Satsuma molte famiglie nobili cadono in disgrazia e per sopravvivere sono costretti a diventare contadini, commercianti o artigiani. Questo porterà ad una diffusione del te molto più ampia ed in tutte la classi sociali. A partire dal secolo XIX si distinguono tre precise scuole di te che prendono il nome dalle località dove risiedono i praticanti : Shuri-te, Tomari-te e Naha-te.

Le scuole Shuri-te e Tomari-te:

Le scuole di Shuri e Tomari sono molto simili(data la vicinanza dei due villaggi) e devono la loro origine a Kanga Sakugawa ed al suo allievo (secondo la leggenda) Sòkon Matsumura. Queste scuole contengono molte caratteristiche della scuola del nord della Cina, dato che sembra che i suoi fondatori abbiano studiato l’arte direttamente a Pechino, comunque è con Sòkon Matsumura che si hanno informazioni più precise riguardanti l’origine dello shuri-te e tomari-te. Matsumura proveniva da una famiglia nobile ed era guardia del Principe al palazzo di Shuri, inoltre aveva studiato in Giappone l’arte della spada della scuola jigen-ryù ed a Pechino l’arte del combattimento presso un maestro di nome Iwa. Matsumura cominciò ad insegnare la propria arte che prenderà appunto il nome di shuri-te; egli apportò al karate di Okinawa un nuovo slancio, introducendovi elementi di varia provenienza che egli organizzò, creando cosi un processo di evoluzione integrando contributi giapponesi e cinesi con elementi dell’arte locale. Il Tomari-te dal punto di vista tecnico è molto prossimo allo Shuri-te, ma rispetto a quest’ultimo le tecniche di Tomari-te includono movimenti addizionali che sono privi di efficacia diretta dal punto di vista del combattimento, ed esistono influenze reciproche tra le danze locali e l’arte del combattimento; inoltre gli adepti del Tomari-te erano famosi per l’abilità delle loro tecniche di gambe. Il Tomari-te è stato trasmesso fino ad oggi attraverso la scuola Shorin-ryù fondata da Chòtoku Kiyan.      

La scuola Naha-te:

Nel 1392, su richiesta del re di Ryùkyù, Satto un gruppo di immigrati cinesi si insediò nel villaggio di Kume, nella regione di Naha (nome della città più importante del luogo). Questo gruppo era chiamato <<le 36 famiglie>>. Queste famiglie costituivano una cerchia chiusa rimanendo legate alla propria cultura e tradizioni, e godevano di numerosi privilegi, il loro compito era di mantenere i rapporti ufficiali fra l’impero cinese e Okinawa. Inoltre esse conoscevano e diffusero tecniche più avanzate in molti campi come la navigazione e la costruzione navale, probabilmente gli abitanti di questo villaggio praticavano un’arte del combattimento e questa arte era una manifestazione dei loro privilegi e della loro autorità. E’ soltanto verso il 1830 che questa arte comincia a diventare più accessibile agli abitanti dei dintorni. La funzione storica di Kume crolla nel 1879 con l’ estensione a Okinawa dell’influenza dello stato giapponese moderno. I suoi abitanti rientrano allora in Cina o si integrano alla popolazione di Okinawa. Al genere unitario e chiuso di trasmissione della loro arte del combattimento si sostituisce progressivamente una diffusione più aperta. Kanryò Higaonna, nato a Naha nel 1852, parte per la Cina per studiare approfonditamente l’arte del combattimento che aveva cominciato ad apprendere sotto la direzione di un adepto di Kume. Dopo un soggiorno di quindici anni in Cina, ritorna a Okinawa e fonda una scuola che, anch’essa, viene chiamata Naha-te. Storicamente il Naha-te implica quindi il Naha-te dei cinesi del villaggio di Kume e la scuola fondata da Higaonna, che ne è parzialmente derivata. Il Naha-te rinnovato da Higaonna, è stato ripreso dal suo allievo Chòjun Miyagi che, come il suo maestro, andò a studiare in Cina. Egli ha chiamato la sua scuola Gòju-ryù. E’cosi che la tradizione del Naha-te, erede dell’arte cinese del combattimento, è perpetuata da questa scuola. Di fatto possiamo oggigiorno trovare numerosi aspetti comuni tra il Naha-te (Gòju-ryù) e l’arte del combattimento del sud della Cina.    

Le due correnti: Shòrin e Shòrei

Le scuole di karate a Okinawa sono abitualmente collocate in due grandi correnti: Shorin e Shorei. Tuttavia, fino a ora, nessuno ha potuto precisare come e quando queste due correnti o scuole si siano formate a Okinawa, né la loro relazione esatta con le scuole cinesi. Anko Itosu scrive: "Il karate non deriva né dal confucianesimo, né dal buddismo. Esso e stato introdotto molto tempo fa dalla Cina, con le correnti Shorin-ryu e Shorei-ryu... " G. Funakoshi tenta di precisare la distinzione tra queste due correnti: "Nondimeno, se i kata devono essere classificati, si può, in maniera molto generale, distinguere due grandi gruppi: quelli che appartengono allo Shorei-ryu (scuola Shorei) e quelli che appartengono allo Shorin-ryu (scuola Shorin). Il primo mette l'accento sullo sviluppo della forza fisica e della potenza muscolare; e sorprendente per l’impressione di forza che sprigiona. Al contrario, la scuola Shorin è molto leggera, e richiama senz'altro il rapido volo del falco... In verità, è molto impressionante osservare un uomo possentemente costruito eseguire un kata della scuola Shorei, soggiogando l'osservatore con l'impressione della sua forza assoluta. Ma bisogna riconoscere che tende a mancare di velocità. Allo stesso modo, non si può evitare di restare molto impressionati alla vista di un uomo slanciato che, con gesti cosi rapidi quanto quelli di un uccello in volo, esegue un kata della scuola Shorin, con tecniche dalla scintillante vivacità, risultato di un allenamento intensivo. I due stili sviluppano lo spirito e il corpo, e l’uno non e migliore dell'altro. Essi hanno entrambi i loro punti deboli e i loro punti forti, e coloro che vogliono studiare il karate devono riconoscere questi punti e studiarli di conseguenza..." Secondo questa classificazione, la scuola Goju-ryu (Naha-te) si ricollega allo Shorei. Le due scuole Shorin-ryu e Matsubayashi-ryu (gli ideogrammi di Matsubayashi possono anche leggersi Shorin), che comprendono diverse diramazioni e si situano in gran parte nella discendenza di Matsumura e di Itosu (Shuri-te), fanno parte dello Shorin. La scuola Shito-ryu partecipa di entrambe. La scuola Uechi-ryu è la ripresa di una scuola cinese introdotta a Okinawa da K. Uechi alla fine del secolo XIX. Essa si pone quindi al di fuori di questa classificazione e proviene direttamente da una delle numerose correnti di Shaolin quan del Sud della Cina. Si avanza l'ipotesi che Shorin e Shorei provengano dalla stessa denominazione: "Shaolin". La lingua locale di Okinawa è un dialetto della lingua giapponese in cui le pronunce delle lettere "r" e "l" non sono distinte. Di fatto la parola cinese "Shaolin" è generalmente pronunciata in giapponese "Shorin". E probabile che il termine Shaolin sia stato pronunciato dagli Okinawesi "Shorin" in una certa epoca, e "Shorei" in un'altra. Si Pensa quindi che Shorin e Shorei designino entrambi la "boxe del tempio Shaolin" o Shaolin quan. In effetti il tempio Shaolin risale alla fine del secolo V, e il termine Shaolin quan proviene da questo tempio. Nel corso della storia questo tempio è stato distrutto, e parecchi templi con questo nome sono stati costruiti, poi distrutti e ricostruiti in regioni diverse della Cina, includendo ogni volta le particolarità delle arti di combattimento della zona. Lo Shaolin quan si è diversificato a un punto tale che lo Shaolin quan del Nord e quello del Sud sono completamente diversi. La denominazione Shaolin quan ricopre dunque un numero molto grande di correnti dell'arte del combattimento. Per questo non sarebbe sorprendente che due forme dell'arte del combattimento tanto diversi come quelle descritte da G. Funakoshi siano state introdotte sotto uno stesso nome, "Shaolin", e che gli Okinawesi abbiano captato foneticamente ora "Shorin" ora "Shorei". In tal caso, è normale che non possiamo trovare i nomi delle scuole Shorin e Shorei in Cina. Le radici della diversità delle scuole di karate di Okinawa risalirebbero allora alla diversità delle correnti dello Shaolin quan in Cina.

Evoluzione del karate:

Nel 1901 Anko Itosu con l’aiuto del suo allievo kentsù Yabu riuscì a far adottare il karate come disciplina di educazione fisica alla scuola elementare di Shuri, e nel 1905 nel liceo e all’istituto magistrale di Okinawa. L’importanza di questo cambiamento è considerevole, perché prima l’insegnamento del karate era pratica individualizzata, in cui il maestro guidava uno o due allievi per volta, con un sistema selettivo degli adepti basato sullo scoraggiamento, mentre con l’adozione di questo sistema divenne anche una formazione di massa o di gruppo. La pedagogia di Itosu si ispirava ai metodi di formazione dei soldati. A scuola un solo insegnante dirigeva numerosi allievi gridando un comando per ogni gesto da eseguire, cosa che non esisteva nell’insegnamento tradizionale del karate, metodologia che ancora oggi si segue in tutti i dojo del mondo.

E’ in questo contesto che Anko Itosu elabora i cinque kata Pinan e scompone naifanchi in tre kata, per semplificare l’apprendimento degli allievi. L’insegnamento di Itosu è passato attraverso molte tappe perfezionandosi ogni volta, infatti per esempio all’inizio parecchi passaggi dei pinan si eseguivano a mani aperte, ma tenuto conto delle difficoltà e della pericolosità di questi passaggi saranno modificati ed eseguiti con i pugni chiusi. Itosu diede ai maestri che insegnavano a scuola, istruzioni per far passare innanzitutto nell’insegnamento del karate le componenti educative, fisiche e morali.

   La genesi degli stili di karate contemporanei comincia in quest' epoca. Prima di proporre una forma di pratica a uso degli scolari, Itosu l'aveva provata ed elaborata con gli allievi che venivano da lui. Esistono delle differenze tra i suoi allievi a seconda del periodo nel quale essi hanno studiato il karate con lui, e anche a seconda delle condizioni di questo insegnamento, ricevuto sia presso di lui, sia a scuola; insomma, il contenuto trasmesso dal maestro variava secondo il livello dell'allievo o del discepolo. Inoltre, Itosu ha apportato nel corso degli anni delle rettifiche ai dettagli dei kata. Così, lo studio dettagliato dei kata Pinan fa emergere parecchie differenze nei particolari intervenute nel corso dei primi cinque anni. Ora, gli allievi hanno la tendenza a rispettare quello che hanno imparato senza essere capaci di relativizzare il loro sapere; per questo, nel corso del tempo, differenze non trascurabili sono venute alla luce tra gli allievi di Itosu, alcuni dei quali diventarono a loro volta insegnanti.

Bisogna riconoscere che la riforma del karate intervenuta in quell’epoca ha avuto come conseguenza la difficoltà che abbiamo oggi a decifrare il significato tecnico di alcuni kata trasmessi da A. Itosu. La cura impiegata per facilitare la pratica di allievi le cui condizioni di apprendimento non avevano più nulla a che vedere con quelle della trasmissione esoterica dell'arte, ha avuto l'effetto di opacizzare e di rendere ambigue le tecniche di alcuni kata. Per questo, nel corso di questa riforma, il kata Naifanchi integrò più elementi educativi che elementi applicabili in combattimento. Anche i kata Pinan, composti al medesimo scopo, includono alcuni elementi che sarebbe erroneo voler interpretare in termini di combattimento.

Facendo qualche esempio: Itosu insegnava, all'inizio, il primo kata dei Pinan a mani aperte, ma più tardi Hanashiro, giudicando l'esecuzione di questo kata a mani aperte troppo difficile e pericolosa per scolari e liceali, cominciò a far chiudere i pugni. Questo cambiamento fu adottato poco tempo dopo da Itosu e Yabu.

Il primo passaggio di Naifanchi shodan è oggi praticato, in tutti gli stili, come parata a mano aperta. Esso includeva precedentemente un attacco agli occhi con le dita tese, ma Itosu, giudicando questo passaggio non educativo, lo soppresse. La maggior parte dei kata trasmessi nell'ultima parte dell'insegnamento di Itosu hanno subìto delle trasformazioni di questo tipo. Verso la fine della sua vita Ankò Itosu ha voluto evitare di dare troppa importanza all’efficacia in combattimento, perché desiderava creare una disciplina di educazione fisica scolastica; essendo pervenuto a un livello molto alto di efficacia, che ormai dominava ampiamente, ha rivolto la sua ricerca verso problematiche più direttamente educative. L’ eredità del M° Itosu è stata perpetuata da suoi allievi che hanno contribuito alla stabilizzazione e allo sviluppo del karate di Okinawa, tra i più famosi ricordiamo G. Funakoshi e K. Mabuni.

 

Gli stili di karate contemporanei :

 

Il karate è un arte marziale, e in quanto arte è in continua evoluzione, arricchendosi e diversificandosi di generazione in generazione e da adepto ad adepto.

Questa diversità ha portato e porta alla nascita di varie scuole e stili.

 

 

 

Shotokan :

Lo stile Shotokan fondato da Gichin Funakoshi attinge dalla tradizione dello Shuri - Te, conservando e codificando una trentina di Kata. Quindici di questi, considerati la base dello stile, derivano dalle modifiche apportate a scopo didattico dal Maestro Yasutsune "Anko" Itosu, allievo del leggendario Sokon "Busho" Matsumura e a sua volta maestro di Gichin Funakoshi; si tratta, pertanto, di Kata rielaborati nei quali sono certamente visibili le connessioni con i Kata originari dello Shuri - Te, ma che tuttavia risultano profondamente diversi da questi ultimi, rappresentandone delle "stilizzazioni" di abbellimento successive e funzionali all'addestramento degli allievi. I quindici Kata rielaborati dal Maestro Itosu e ripresi dal Maestro Funakoshi sono: i cinque Heian (così rinominati da Itosu dall'originaria dizione "Pin-An"); i tre Tekki; Jion; Jitte; Empi; Hangetsu; Nijushiho; Gankaku; Chinte. I kata tradizionali derivano da due tipologie stilistiche originarie, non inquadrabili in veri e propri stili:
Shorin e Shorei.

Questo stile è caratterizzato da posizioni basse e da movimenti ampi e dinamici; che permettono di sviluppare la forza muscolare necessaria ad una pratica duratura. Anche se nella realtà del combattimento non si ha bisogno di posizioni e movimenti così estremi questo modo di fare può essere utile ed efficace come esercizio preparatorio al combattimento. Di contro, questa estremizzazione delle posizioni e delle tecniche sottopone il fisico a delle forti sollecitazioni, causando col tempo problemi specialmente alle articolazioni delle ginocchia e della colonna vertebrale, comunque questo tipo di problema è comune anche ad altri stili. Storicamente, questa particolare gestualità dello shotokan è dovuta agli sforzi di rinnovamento effettuati sotto l’impulso di Yoshitaka Funakoshi, figlio e successore di Gichin, il quale cercava un karate immediatamente efficace, considerando che l'aspettativa di vita dei giovani giapponesi durante la guerra era assai breve, quindi preoccuparsi delle conseguenze fisiche che un allenamento estremo può provocare a distanza di dieci o venti anni per loro non aveva senso. Oggi consci di questo problema ed alla luce dell' evoluzione delle scienze motorie il moderno shotokan tende ad avere posizioni meno estreme e più naturali riavvicinandosi cosi al karate praticato dal suo fondatore Gichin.    

A sua volta lo shotokan presenta al suo interno varie correnti fra le quali la più importante è lo shotokai fondata da Shigeru Egami che si ispira fedelmente agli insegnamenti di Gichin e Yoshitaka Funakoshi e vede il karate legato alla tradizione del budo giapponese. Gli adepti  dello shotokai praticano ancora con posizioni molto basse e con gesti molto ampi e si attengono allo studio dei soli kata trasmessi da Gichin Funakoshi, inoltre evitano le competizioni rispettando l’idea di quest’ultimo.     

 

      Kata di base

1.     Taikyoku - Prima causa (Shorin)

2.     Heian Shodan - Mente pacifica n.1 (Shorin)

3.     Heian Nidan - Mente pacifica n.2 (Shorin)

4.     Heian Sandan - Mente pacifica n.3 (Shorin)

5.     Heian Yondan - Mente pacifica n.4 (Shorin)

6.     Heian Godan - Mente pacifica n.5 (Shorin)

7.     Tekki Shodan - Cavaliere di ferro n.1 (Shorei)

      Kata di stile

8.     Bassai-dai - Penetrare la fortezza (Shorin) - Il Bassai dai è un kata del karate tradizionale. Il nome tradotto letteralmente significa "penetrare la fortezza". Anticamente (e tuttora in alcune scuole) è noto come Passai Dai.

9.     Kanku-dai - Scrutare il cielo (Shorin)

10. Jion - Amore di Budda e riconoscenza (Shorei)

11. Hangetsu - Mezza luna (Shorei)

12. Empi - Volo di rondine (Shorin)

      Kata di specializzazione

13. Jitte - Dieci mani (Shorei)

14. Tekki Nidan - Cavaliere di ferro n.2 (Shorei)

15. Gankaku - Gru sulla roccia (Shorin)

16. Bassai-sho - Penetrare la fortezza (Shorin)

17. Kanku-sho - Scrutare il cielo (Shorin)

18. Tekki Sandan - Cavaliere di ferro n.3 (Shorei)

19. Sochin - Forza e calma (Shorei)

20. Unsu - Mani di nuvola (Shorin)

21. Nijushiho - Ventiquattro passi (Shorei)

22. Gojushiho-sho - Cinquantaquattro passi (Shorei)

23. Gojushiho-dai - Cinquantaquattro passi (Shorei)

24. Chinte - Mano straordinaria (Shorei)

25. Meikyo - Specchio luminoso (Shorei)

26. Jiin - Tempio dell'amore di Budda (Shorei)

27. Wankan - Corona di Re (Shorei)

 

 

Wado-ryu:

Lo stile wado-ryu fondato da Hironori Otsuka ha la particolarità di essere una fusione del karate di Gichin Funakoshi e del jujutsu. Dopo aver praticato per diciassette anni jujutsu, Otsuka incontra Funakoshi e ne diventa prima allievo e poi collaboratore. Ma agli occhi di Funakoshi Otsuka va troppo oltre e lo accusa di stravolgere il karate inserendo troppi elementi di jujutsu, così che Otsuka decide di seguire una sua via. Il modo di praticare i kata dello stile wado-ryu si situa a metà strada tra quello dello shotokan e quello dello shito-ryu, data l’influenza che Kenwa Mabuni ha avuto sulla ricerca di Otsuka, di un applicazione dei kata come preparazione al combattimento. Il primo kata in questo stile, in realtà, è il Kihon Kata, mentre Nidan (secondo livello) e Shodan (primo livello) sono invertiti per facilitarne l'apprendimento.

Kata di base

1.     Pinan Nidan

2.     Pinan Shodan

3.     Pinan Sandan

4.     Pinan Yondan

5.     Pinan Godan

Kata superiori

1.            Bassai (o Passai)

2.            Chinto

3.            Ipairinpe

4.            Jion

5.            Jitte

6.            Kushanku

7.            Naihanchi (o Naifanchin)

8.            Niseishi (o Nijushiho)

9.            Rohai

10.        Seishan (o Seshan)

11.        Wanchu (o Wanshu)

 

Shito-ryu:

Tra gli stili più diffusi, lo Shito-Ryu è certamente quello che annovera il maggior numero di Kata; ciò è determinato dal fatto che il fondatore dello stile, il Maestro Kenwa Mabuni, era considerato in Okinawa un autentico esperto ed un profondo conoscitore dei Kata tradizionali, tanto che alla sua consulenza in materia, in caso di dubbi, ricorrevano spesso persino maestri di altissimo profilo come Chojun Miyagi e Gichin Funakoshi. Kenwa Mabuni è stato allievo sia di A. Itosu (shuri-te) che di K. Higaonna (naha-te), infatti nello shito-ryu sono presenti l’eredità dei due grandi maestri, ma è il karate di Itosu che ha predominato. La tecnica dello shito-ryu è contrassegnata dalla sottigliezza e dall’eleganza dei movimenti, anche se può talvolta mancare dell’espressione di potenza, compensa ampiamente con la velocità e la sottigliezza tecnica. Gli adepti di questo stile eccellono spesso nelle tecniche che si basano sulla mobilità del bacino, gli spostamenti del corpo e le tecniche di deviazione degli attacchi.

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    • Kata di base

1.     Pinan Nidan

2.     Pinan Shodan

3.     Pinan Sandan

4.     Pinan Yondan

5.     Pinan Godan

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Goju-ryu:

La definizione Goju-Ryu (duro-morbido) fu coniata per la prima volta dal Maestro Chojun Miyagi nel corso di una delle esibizioni di Karate al Kodokan di Tokyo richieste da Jigoro Kano: fu il Maestro Gichin Funakoshi a chiedere a Miyagi con quale nome doveva essere presentato al pubblico il suo stile. Prima di allora, lo stile di Naha-Te fondato dal Maestro Kanryo Higaonna (o Higashionna, secondo una diversa lettura) non aveva un suo nome specifico. Il Kata di base, e quello che sia Miyagi che Higaonna consideravano il più importante e quello da eseguire sempre almeno una volta al giorno, quale che fosse il livello del praticante, è il Sanchin; il più complesso è Suparinpei, un Kata di rara bellezza e di altissimo grado di difficoltà adatto soltanto ai praticanti più esperti ed elevati in grado. I significati legati a ogni movimento dei kata sono molto più chiari e coerenti nella scuola goju-ryu che nelle altre, poiché questi kata sono stati rielaborati in un epoca recente, sebbene le loro radici risalgano lontano nella storia. I maestri Higaonna e Miyagi hanno entrambi contribuito alla coordinazione dei movimenti e alla spiegazione delle tecniche tradizionali. Le tecniche mostrate nei kata sono tutte applicabili e spiegabili nella logica del combattimento. Non è sempre cosi per gli altri stili, poichè le radici dei kata si perdono spesso nell’oscurità della storia del karate. Benché il nome goju-ryu esprima la forza e la cedevolezza, la predominanza della forza è innegabile in questo stile. Di fatto, seguendo l’allenamento tipico di questo stile, numerosi adepti sono riusciti a rafforzare il proprio corpo ad un livello talvolta sorprendente. Ma al tempo stesso le critiche fatte al goju-ryu riguardano spesso questo metodo di rafforzamento del corpo, e sono principalmente due. In primo luogo, le contrazioni dei muscoli legati alla respirazione rischiano di squilibrare la tensione interna del corpo. In secondo luogo, anche se una persona diventa molto potente e resistente ai colpi, non può mantenere a lungo questa capacità, poiché si può rafforzare il corpo in maniera da resistere ai colpi fino a una certa età.  

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Uechi-Ryu

 

Lo Uechi-Ryu, altrimenti detto Pangai Noon, è lo stile fondato dal Maestro Kanbun Uechi al ritorno da 15 anni trascorsi in Cina, nella stessa zona in cui si era perfezionato qualche decennio prima il padre di quello che divenne successivamente il Goju-Ryu: il Maestro Kanryo Higaonna di Naha. Esistono infatti diverse similitudini tra il primo Goju-Ryu e lo Uechi-Ryu, che sono stili molto duri e caratterizzati da metodologie di allenamento al limite dell'autolesionismo. Lo stile conta soltanto tre Kata originari: Kanbun Uechi sosteneva di non avere avuto il tempo di imparare il quarto, Suparinpei, dal momento che in "soli" 15 anni di permanenza in Cina non aveva avuto che il tempo appena sufficiente ad approfondire i primi tre! Del resto, in ambito Goju-Ryu, sia Kanryo Higaonna che il suo allievo e successore Chojun Miyagi sostenevano che per imparare compiutamente il Kata di base Sanchin e poter quindi passare all'apprendimento del Kata successivo occorressero, ad un allievo con grandi capacità di applicazione, non meno di tre anni. I tre Kata insegnati da Kanbun Uechi sono:

Il figlio Kanei Uechi inserì successivamente altri tre Kata:

In seguito, Saburo e Deiki Uehara aggiunsero rispettivamente:

 

 

Il karate budò e il karate sportivo:

Come abbiamo già detto i kata sono da considerarsi il fondamento del karate, strumenti attraverso i quali tramandare agli adepti le tecniche e le strategie del combattimento a mani nude. Il patrimonio tecnico del karate tramandatoci dai kata è molto vasto, esso comprende tecniche di parata, attacco, leve articolari e proiezioni, applicate in modo tale da permettere di utilizzare qualunque parte del corpo per colpire o difendersi. Allora come allenarsi al combattimento in modo efficace salvaguardando l’incolumità del praticante? Questo quesito si è presentato fin dalla codifica del karate e della sua conseguente diffusione, agli inizi del XX secolo operata da Gichin Funakoshi e dai suoi successori. È noto che il M° G. Funakoshi era contrario agli esercizi di combattimento libero, in quanto la sua idea era che il combattimento di karate è per la vita o per la morte, quindi ci si può allenare seriamente solo attraverso le forme di combattimento convenzionale, nelle quali ognuno può sforzarsi di oltrepassare i propri limiti. Molte sono le strade che sono state intraprese, ogni una con le sue pecche e i suoi pregi. La maggior parte dei gruppi praticano oggi il combattimento con il controllo dei colpi. La critica principale è che l’esercizio di combattimento effettuato senza toccare il corpo dell’avversario è fittizio. Nei combattimenti con controllo, i colpi sono fermati pochi centimetri prima dell’impatto sui punti sensibili dato che si suppone che se affondato il colpo potrebbe essere mortale, ma questo può sfociare nel riflesso condizionato di non poter più toccare il corpo dell’ avversario. Altri praticano un controllo parziale, portando colpi senza controllo al corpo ma controllati al viso, ma anche questa situazione è fittizia dato che non ricevendo colpi al viso si tende a non proteggersi questa parte sensibile del corpo. Alcuni gruppi praticano il combattimento servendosi di armature di protezione, ma questo comporta l’impiego di tecniche rudimentali che non rispettano più i canoni della buona forma, dato che bisogna colpire molto forte e con tecniche di grande ampiezza gestuale, cosa che presenta dei rischi in un combattimento e che limita la pratica di persone anziane. Esistono poi correnti che praticano il combattimento senza controllo e senza protezioni, questa è senz’ altro la situazione più reale di combattimento, ma chiaramente il ricevere colpi notevoli durante l’allenamento comporta con il tempo un accumulo di malesseri che pregiudicano la pratica a lungo termine, e periodi lunghi di sosta per guarire da i vari incidenti.

Nel karate agonistico sportivo il dilemma dell’efficacia delle tecniche non è presente dato che come recita il regolamento federale:

Controllo.

La sicurezza, la salute e il benessere psicofisico dei praticanti e degli Atleti

sono i massimi valori ai quali si ispira lo sport.

Questi stessi valori sono a fondamento del Karate contemporaneo.

Il sistema sport ha preso forma e si è creato una dimensione che interagisce con altre

dimensioni del sociale per il conseguimento di obiettivi che sono funzionali alla

collettività. Poiché le fondamenta motivazionali sulle quali si regge lo sport sono il

gioco e l'agonismo,

non è possibile accettare nessuna forma di competizione sportiva ove siano

strutturalmente presenti gravi rischi per la salute, altrimenti verrebbero meno i

presupposti che rendono la motricità sportiva socialmente utile.

Uno sport è socialmente accettabile soltanto quando è portatore di benefici psicofisici  

e salvaguarda l'incolumità dei praticanti. Il rischio grave o il danno alla salute

collidono drammaticamente con i principi informatori del sistema sport, le cui finalità

si armonizzano perfettamente con altre nel processo di educazione permanente.

Non è, dunque, pensabile che milioni di praticanti subiscano traumi con danni più o

meno gravi alla salute.

A fondamento del Karate vi è una regola che esprime alcuni valori fondanti della

società moderna: il rispetto degli altri. Nella pratica si traduce in autocontrollo dei

comportamenti, rispetto delle regole e soprattutto controllo dei colpi. La regola

cardine del combattimento di Karate è che le azioni non devono nuocere alla salute

dell'avversario. Ciò avviene attraverso il controllo dei colpi (inibizione cinetica), che

trasferisce l' azione-attacco dal piano reale a quello simbolico.

L’azione deve esprimere un'effettiva quantità di Ec, che deve comunque essere inibita

(controllo) prima del contatto, in caso contrario scattano sanzioni di varia entità.

L'Atleta deve, quindi, effettuare sul bersaglio azioni motorie che realizzino una

situazione che esprima nel contempo realtà (potenza) e simbolicità

(inibizione/controllo).

Poiché, come detto, la linea di demarcazione tra successo dell’azione e azione fallosa,

con conseguenti sanzioni, è molto sottile, è necessario adottare misure di tutela tali da

consentire all’Atleta di esprimersi sempre al meglio, all’interno del rapporto tra

realismo e simbolismo.

L'insieme delle competenze motorie utilizzate in gara è costituito da azioni di gamba,

di braccio e di proiezione, e il concetto di controllo deve essere applicato a tutte le

tecniche utilizzate dagli Atleti. Come si è ampiamente sottolineato, il momento del

«controllo dell' attacco» costituisce una linea di demarcazione tra il lecito e l'illecito:

si tratta di una specie di bivio, che da un lato porta al premio (azione controllata) e

dall'altro porta al castigo/sanzione (azione non controllata).

Noi sappiamo quanto sia elevata la presenza di entropia in un sistema imperniato

sulla simbolica realtà delle azioni e quanto sia, perciò, essenziale la conservazione del

sistema di regole imperniato sul controllo che determina la collocazione del

combattimento sul piano del simbolico realismo.

ARTICOLO 8: COMPORTAMENTI PROIBITI

Ci sono due categorie di comportamenti proibiti: la Categoria 1 e la Categoria 2.

CATEGORIA 1.

1. Le tecniche che portano ad un contatto eccessivo e le tecniche che portano ad un

contatto con la gola.

2. Attacchi alle braccia o alle gambe, all’inguine, alle articolazioni, o al collo del

piede.

3. Attacchi al viso con tecniche aperte di mano.

4. Tecniche di proiezione pericolose o vietate.

CATEGORIA 2.

1. Finte, o esagerazione di lesioni.

2. Ripetute uscite dall’area di gara (JOGAI).

3. Comportamenti che mettono a repentaglio sé stessi, esponendosi all’attacco da

parte dell’avversario, o comportamenti caratterizzati da inadeguate misure di

protezione (MUBOBI).

4. Evitare di combattere per ostacolare la messa a segno di punti da parte

dell’avversario.

5. Trattenuta, lotta, spinta o bloccaggio, senza tentare una proiezione o un'altra

tecnica.

6. Tecniche che per loro natura non possono essere controllate e costituiscono un

rischio per la sicurezza dell'avversario, e attacchi pericolosi e incontrollati

7. Attacchi con la testa, le ginocchia o i gomiti.

8. Parlare o incitare l’avversario, senza obbedire agli ordini dell’Arbitro,

comportamento aggressivo nei confronti dei Giudici, o altre violazioni dell’etichetta.

 

Questo comporta che nella pratica del combattimento sportivo agonistico per sua natura vi sia una notevole limitazione tecnica, prediligendo quelle azioni più facili da controllare e quindi più sicure per l’incolumità degli atleti.

Tecniche non consentite:

Illustriamo di seguito alcune tecniche che per regolamento sono vietate in gara, ma che sono parte integrante del karate:

     

19                                 22

 

 

 

 

 

20                     21                    23

 

 

 

 

2. Yubi waza (tecniche con le dita)

 

Al posto del pugno vengono usate le dita che, unite assieme, fungono da lancia o

 

becco. Seguono alcune yubi waza e i kata in cui vengono usate:

 

1. NUKITE-ZUKI (colpo con la mano a lancia)

 

Questa tecnica viene eseguita stendendo le dita e unendole assieme: serve a colpire

 

gli occhi, il plesso solare o le costole. Viene usata nei kata Eian II, III, Gojushiho e

 

Kanku (figg. 19, 20).

 

2. MOROTE-NUKI-ZUKI(colpo con doppie mani a lancia)

 

In questa tecnica vengono usate entrambe le mani. Viene usata nel kata Gojushiho

 

(fig. 21).

 

3. SHI-ZUKI (colpo con la mano a becco)

 

Questa tecnica viene eseguita tenendo unite le dita e il pollice per formare una specie

 

di becco d'uccello, come mostrato nelle foto. Viene usata nel kata Gojushiho (figg.

 

22, 23).

 

 

 

 

30

 

3. SHUTO-UCHI (colpo con la mano a coltello) Viene eseguito estendendo le quattro

 

dita unite assieme e premendo il pollice, piegato alla prima falange, alla base del-

 

l'indice (fig. 30). Questa tecnica può essere usata in diversi modi, tre dei quali sono:

 

 

 

 

 

33                             32                       31

 

;);)

 

a) Kyobu shuto-uchl (Colpo al petto con la mano a Coltello): per colpire il collo dell'

 

avversario come nel kata Fukyugata II, e Gojushiho-sho  (fig. 3l).

 

h) Kyohu morote shuto-uchi (doppio colpo al petto con le mani a coltello): per colpire

 

entrambe le clavicole dell'avversario simultaneamente. Viene eseguita nel kata

 

Chinto e Gojushiho-sho (fig. 32).

 

c) Kyohu-soete shuto-uchi (colpo potenziato al petto con la mano a coltello): sono

 

usate entrambe le mani, coi palmi rivolti uno verso l'altro, per colpire le costole o il

 

lato dell'avversario. È un colpo eseguito nel kata Chinto, Gojushiho-dai (fig. 33).

 

          

 

                                  

   34                                                  35 

 

 

 

 

 

4. HAITO-UCHI (colpo con la mano a coltello inversa) In questa tecnica, la mano

 

assume la stessa posizione che in shuto-uchi (fig. 34). Tuttavia, è il lato opposto della

 

mano, ossia la zona davanti al pollice, che viene usato per bloccare e colpire

 

l'avambraccio, il collo o il pugno dell'avversario. Viene eseguita nel kata Naihanchi I,

 

Unsu (fig. 35).

 

Si può notare che le suddette tecniche con la mano a coltello possono anche essere

 

usate o interpretate come tecniche di blocco.

 

Ate waza (tecniche di rottura) Le tecniche di rottura impiegano i gomiti, le ginocchia

 

e le basi dei palmi per sferrare potenti colpi a parti del corpo come il petto, le costole,

 

il viso e le gambe.

 

l. HIJI-ATE (gomitata) Viene usata per sferrare un potente colpo al petto, alle

 

Costole, al mento o alla mascella, quando l'avversario ci è molto vicino o se ci ha

 

inaspettatamente afferrato. Hiji-ate viene generalmente eseguita con il pugno

 

chiuso, ma può essere sferrata anche con la mano aperta (fig. 36).

I quattro tipi di hiji-ate vengono eseguiti nei seguenti kata :

 

a) Tate hiji-ate (gomitata verso l'alto) nei kata Nijushiho e Gojushiho (fig. 37).

 

b) Yoko hiji-ate (gomitata in avanti) nei kata Pinan Heian IV, V, Naihanchi Tekki,

 

Passai Bassai-dai e Kusanku Kanku-dai (fig. 38).

 

c) Ushiro hiji-ate (gomitata all'indietro) nel kata Pinan Heian III (fig. 39). .

 

d) Sasae hiji-ate (gomitata sorretta) nel kata Naihanchi Tekki II (fig. 40).

 

36

 

 

                                                 

37                                                          38                                                                              39

 

 40

 

                                                 

        41                                               42                    

 

 

 

 

 

2. HIZA-ATE (ginocchiata) Viene usata per sferrare un potente colpo all' inguine, all'

 

addome o al petto dell' avversario quando questi ci è molto vicino o ci ha afferrati.

 

Questa tecnica è più efficace se praticata a fondo fino a diventare un movimento di

 

riflèsso spontaneo. Viene eseguita nel kata Pinan Heian IV, Tekki, Enpi (figg. 41,42).

 

3.. SHOTEI-ATE (colpo con la base del palmo) Si esegue aprendo la mano e

 

piegando il polso indietro finche la base del palmo non è tesa e indurita; è una tecnica

 

usata per colpire il mento, l'inguine, il petto o la gamba usata dall'avversario per

 

calciare (fig. 43).

 

I quattro tipi di shotei-ate sono:

 

a) Jodan shotei-ate (palmata verso l'alto). Questa tecnica è usata per colpire il mento

 

dell' avversario dal basso verso l' alto. Viene eseguita nel kata Passai Enpi (fig. 44).

 

h) Chudan shotei-ate (palmata mediana). Viene usata per bloccare e colpire il lato del

 

tronco. Viene eseguita nel kata Wanshu Jion (fig. 45).

 

c) Gedan shotei-ate (palmata bassa). Viene usata assieme a zenkutsu-dachi (posizione

 

con la gamba frontale piegata) per colpire l' inguine o la gamba usata dall' avversario

 

per calciare. Viene eseguita nei kataRohai e Wanshu, Heian V, Kanku-dai (figg. 46,

 

47).

 

d) Tomoe shotei-ate (palmata circolare). Viene usata per bloccare un pugno frontale e

 

simultaneamente colpire il plesso solare e 1'addome dell' avversario. Viene eseguita

 

nel kata Kusanku, Nijushiho, Unsu (fig. 48).

 

 

 

 

 

 

 

Leve articolari (Kansetsu-waza):

Sono particolari tecniche che si eseguono esercitando una pressione sulle articolazioni del corpo, facendo leva nel senso opposto al naturale movimento articolare e usando come fulcro l’articolazione stessa. Lo scopo è quello di bloccare i movimenti dell’avversario o addirittura di provocare gravi danni alle articolazioni.  Questo tipo di tecniche sono tipiche del jujutsu, judo e aikido.

Di seguito due tipi di leve articolari, che troviamo rispettivamente nell’bunkai dei kata Kanku-dai e Unsu:

1)Questa leva, eseguita nella parte finale del kata Kanku-dai, prima del ren mai tobi geri (doppio calcio frontale in volo), prevede il blocco di un attacco portato dall’alto parato in jodan juji-uke (parata alta con le mani a X), con conseguente leva al gomito dell’avversario, dopo aver eseguito una rotazione di 180°, usando come punto di appoggio della leva la spalla di chi esegue la tecnica (fig.1).

   figura 1

 

 

           

 

 

 

2) Questa seconda leva articolare è eseguita nella parte centrale del kata Unsu; dopo una parata con conseguente bloccaggio di uno tsuki chudan, si esegue una leva al gomito dell’avversario, contemporaneamente si attacca con un kakato geri o l’articolazione dell’anca oppure l’articolazione del ginocchio, in modo da applicare  due leve articolari contemporaneamente (fig.2).

           

            Fig.2

 

 

Tecniche di proiezione (Nage waza):

Lo scopo di tali tecniche è quello di sbilanciare l’avversario, facendo si che precipiti al suolo, di solito vengono usate quando si è a corta distanza o quando si è a diretto contatto fisico. Negli ultimi anni nelle competizioni sportive si è cercato con il nuovo regolamento di favorire l’uso di tali tecniche, per l’alto contributo tecnico, di spettacolarità e vivacità che esse impongono al combattimento. Tenendo comunque ben presente l’incolumità degli atleti, infatti sono proibite proiezioni dove non vi è la possibilità di controllare la caduta o si vengano a determinare situazioni di pericolo. Il regolamento cita testualmente:

 Per ragioni di sicurezza, le proiezioni in cui l’avversario viene proiettato senza essere trattenuto, le proiezioni pericolose, o quelle in cui il fulcro è sopra il livello dei fianchi, sono proibite e sanzionate con un richiamo o una penalità. Eccezioni sono rappresentante dalle tecniche convenzionali di Karate di spazzata dell’avversario tramite le gambe, che non richiedono il bloccaggio dell’avversario durante l’esecuzione, come il de ashi-barai, il ko uchi gari, il kani waza, ecc. Dopo  l'esecuzione di una proiezione, il Giudice di Gara lascia all’Atleta due o tre secondi per tentare di mettere a segno una tecnica valida per il punteggio.    

Le tre tecniche di proiezioni che andremo ad esaminare sono un classico esempio di proiezioni proibite, dato che mancano delle caratteristiche del citato regolamento.

 

1) Questa può essere un applicazione di una sequenza del kata Bassai-dai, in questo caso non c’è la possibilità di trattenere l’avversario e quindi si crea una situazione potenzialmente pericolosa per chi subisce la tecnica.

 

2) La seconda proiezione è una classica tecnica che trova facilmente applicazione nel combattimento da gara, ma anche in questo caso il non trattenere l’avversario costituisce fonte di pericolo.

 

3)La terza proiezione illustrata è classica del judo(Ippon-seoi-nage). In questo caso il fulcro della proiezione è al di sopra del livello dei fianchi.

                        

 

 

Conclusione.

In base a questi principi si delineano nettamente due modi differenti di praticare il karate, che possono sembrare in contrasto, ma che in realtà sono uno complementare dell’altro, e insieme contribuiscono al raggiungimento del comune obiettivo:              “ acquisire il controllo e la conoscenza di se stessi per divenire uomini migliori, in poche parole seguire la Via (DO) “. Partendo dalla stessa radice, la tradizione, lo sviluppo della pratica passa attraverso varie tappe ed evoluzioni, ed una di queste è la competizione, che indubbiamente apporta una crescita sia tecnica che caratteriale, ma non bisogna fossilizzarsi su nessuno dei singoli aspetti del karate, altrimenti esso diventa una cosa morta. Cosa faremo quando non avremo più l’età e la condizione fisica per calcare i tatami di gara? La caratteristica che rende il karate e le arti marziali una disciplina eccezionale è che ogni praticante ci trova quello che cerca come un vestito fatto su misura, che sia la competizione, l’autodifesa, una filosofia di vita. Quindi limitarsi alla pratica della pura competizione, con le sue limitazioni tecniche, tralasciando lo studio dei kata tradizionali e le sue applicazioni con il tempo può portare a snaturare il karate perdendo molto del suo bagaglio tecnico.

Bibliografia:

Kenji Tokitsu: Storia del Karate ed. Luni

 

Gichin Funakoshi: Karate-do Kyohan ed. Kodansha

 

Shoshin Nagamine: L’essenza del Karate-do di Okinawa ed. Mediterranee

 

M. Nakayama: Super Karate ed. Mediterranee

 

Isidoro Volpe: Karate: Il combattimento Tecniche di proiezione

 

Wikipedia Enciclopedia libera on line: Kata