Pochi di Salorno, 22 settembre 1990

Omelìa al matrimonio di Rita e Stefano

 

Il matrimonio, dice un proverbio cinese, è una fortezza assediata: chi è dentro vorrebbe uscire, chi è fuori vorrebbe entrare. Perché ho citato il proverbio cinese? Perché voglio liberarmi della concezione del matrimonio quale l'abbiamo ricevuta noi in occidente. Voglio dire cioè che l'analisi del rapporto che porta un uomo e una donna ad unirsi è di matrice universale. E adesso dirò perché! Quale è infatti il presupposto di questa affermazione? Il presupposto è questo: che il matrimonio sia una istituzione naturale.

Ebbene il matrimonio (è ormai questa l'opinione cui sono pervenuto) non è un'istituzione naturale. E' un modello culturale . Badate: io stesso ho insegnato etica, e molte volte ho iniziato il mio discorso agli sposi dicendo: "Dio ha istituito il matrimonio". Adesso vado più cauto. Perché? Perché non me la sento di attribuire una tale responsabilità a Dio.

Vediamo di mettere ben in ordine i gradini del discorso. Dio non ha creato il matrimonio, Dio ha creato l'uomo e la donna. Dunque: tutto ciò che accade dopo, nel loro rapporto, è una responsabilità loro e loro soltanto. Questo che cosa vuol dire? Vuol dire che siamo chiamati alla creatività. Non esiste il matrimonio così come esiste una casa o, scusate, così come esiste una pianta, ché la casa è già un modello culturale di origine storica. Esistono invece questi due 'logos ', questi due pensieri (di cui faremo l'analisi psicologica) i quali hanno la responsabilità di dovere costruire ciò che non esiste.

Un secolo fa si discuteva ancora se Dio, creando Adamo ed Eva, li avesse fatti "parlanti" o se fossero dei bambini, o se avesse loro insegnato una lingua. Oggi, però, siamo d'avviso che il linguaggio ci riguardi. Non è vero che Dio abbia insegnato una lingua ad Adamo ed Eva. Il linguaggio è una responsabilità nostra. Se questa è la situazione, vediamo in poche battute come storicamente sono andate le cose.

Ecco dunque i due "esseri" creato da Dio: qui una donna, qui un uomo. E, per usare le parole della Bibbia, qui una femmina e qui un maschio. Tutto il resto è una loro responsabilità. Prendiamo, per la nostra analisi, l'ipotesi del pensiero laico, al di fuori del racconto biblico nella versione di Lucrezio. Lucrezio dice che, all'inizio, le prime donne e i primi uomini si rincorrevano nella foresta per il possesso sessuale. Sì, certo, il genere umano continuerà a moltiplicarsi, ma sul filo del rasoio tra la razionalità e l'animalità. Gli animali infatti non hanno bisogno di un matrimonio istituzionalizzato per moltiplicare la specie; come, da un punto di vista assoluto, resta vero che per la moltiplicazione della specie non c'è proprio bisogno del matrimonio così come l'abbiamo strutturato noi.

Lucrezio però, pur appartenendo alla categoria di coloro che hanno dei dubbi sull'esistenza di Dio - ma non sull'ambiguità della religione -, dice che fu un giorno fausto quello in cui finalmente i padri conobbero i figli. Questa affermazione ci dice che prima di quell'epoca i padri non conoscevano i figli. Lucrezio non sta a discutere se sia stata la donna o se sia stato l'uomo a sentire l'esigenza di dare una stabilità all'incontro. Lucrezio dice che la codificazione di quell'esigenza fu un gran giorno. E cioè un grande progresso civile per l'umanità.

Vi citerò Platone, uno dei più grandi filosofi dell'occidente. Egli dice che sul tema del sesso - inteso come rapporto uomo-donna - i nostri antenati debbono essersi rotta la testa più volte contro il muro. Che cosa si vuol dire? Si vuol dire che, per quanto riguarda l'organizzazione dei rapporti sessuali fra l'uomo e la donna, si sono tentate tutte le vie compresa, naturalmente, quella del libero amore ipotizzato da Lucrezio. Faccio notare che tra il libero amore e la monogamìa indissolubile ci sono varie posizioni, che non è qui il caso di esaminare. Ebbene Platone dice: "I nostri antenati - egli parlava ai Greci - debbono essersi rotta la testa contro il muro, più di una volta. E alla fine debbono essersi accorti, mediante l'uso del logos , che il minor male era proprio il matrimonio monogamico".

Lasciatemi fare un piccolo rilievo sul quadro etico cui siamo pervenuti oggi. Tutto è rimesso in dubbio sul tema del sesso, anche il "gran giorno" celebrato da Lucrezio. La tradizione non è fonte di certezze, né alcuna generazione crede all'esperienza della generazione che l'ha preceduta. Forse dovremo orientarci verso la divisione delle etiche; ma è discorso che vi risparmio.

Torniamo a noi. Il matrimonio monogamico è dunque il matrimonio dell'occidente cristiano. Badate: devo dire che purtroppo il concetto di monogamìa l'abbiamo mutuato dal mondo greco e non dalla Bibbia; mentre il concetto di indissolubilità appartiene alla lettura cristiana di alcuni paragrafi della Bibbia. E questa sarebbe, per così dire, la lunga odissea del rapporto dei sessi. O, se si vuole, il quadro tutt'altro che stabile entro cui Rita e Stefano ripercorrono la storia dell'umanità.

Adesso cercherò, brevemente, di dirvi qual'è, dal punto di vista razionale, la struttura dell'Amore, così come si va definendo fra un uomo e una donna. Cercherò di dimostrare come la concezione cristiana del matrimonio abbia una sua radice all'interno dell'analisi stessa dell'amore. Mi sforzerò di individuare nel messaggio biblico originario la struttura finalistica dell'Adam nella sua scansione di maschio e di femmina; vi dirò quale è il suggerimento definitivo del messaggio di Gesù; infine vi formulerò un augurio con il quale ci licenzieremo da questo paesino Pochi ("pochi ma buoni"!) che ha visto consacrare, con un rito, la vostra unione.

Vi chiedo ancora alcuni minuti di attenzione. Facciamo l'ipotesi che una persona venga da me e mi dica: "Ti amo". Mi riferisco, ovviamente, a una persona di sesso diverso dal mio e, quindi, a un tipo di amore cui tutte le culture attribuiscono un particolare significato esistenziale. Facciamo l'ipotesi che Stefano dica a Rita: "Rita ti amo". E facciamo l'ipotesi che Rita, udendo quelle tre parole, perda - come si suol dire - la testa. Ebbene, sostengo che, per quanto fuori di sé, Rita non può non fare a Stefano una domanda uguale o simile a questa: "Vuoi bene solo a me o a qualcun'altra?" E la domanda contiene un'esigenza abbastanza ovvia (la monogamìa). Facciamo ora l'ipotesi che Stefano risponda a Rita: "Sì, ti amo, ma il mio amore è un amore aperto". Rita, allora, ritraendosi, risponderebbe: "Mi dispiace, ma questo non è vero amore". Rita, insomma, vuole che l'amore - quel tipo di amore - sia esclusivo. Mi è facile osservare che l'incontro cristiano fra un uomo e una donna ha la sua radice naturale in questa concezione dell'amore. E tuttavia le richieste di Rita non sono finite. Facciamo l'ipotesi che Stefano dica chiaramente a Rita: "Sì, amo solo te". Rita non sarebbe ancora soddisfatta e domanderebbe: "Per quanto tempo?" Stefano potrebbe replicare: "Ti amo finché ti amo". Ma Rita continuerebbe ad essere insoddisfatta: "No, io voglio che tu mi dica 'Per sempre'". Soltanto con questa risposta il dichiarato amore sarebbe vero amore. E sarebbe vero amore perché soddisfa l'esigenza della indissolubilità.

Vediamo, ora, quale è la struttura finalizzata dell'Adam originario. In altre parole: vediamo quale è il motivo per cui Dio ha creato l'uomo e la donna. La ricerca di questo motivo è importante perché verrà un giorno in cui i vostri figli - se deciderete di chiamarli all'esistenza - vi domanderanno: "Papà, mamma, perché mi avete messo al mondo?" Beati voi se, senza arrossire, potrete subito rispondere, dichiarandogli il perché causale : "Ti abbiamo messo al mondo perché ti abbiamo amato". E beati voi se, in seconda battuta, sarete in grado di esplicitargli il perché finale : "Ti abbiamo messo al mondo perché tu possa entrare, con noi, nel bene supremo della vita, che è creazione incompiuta".

Ebbene, se stiamo al pensiero biblico originario, l'uomo (l'adam dicotomico) è portatore di due compiti (o fini) che lo trascendono: "dominate e coltivate l'universo, moltiplicatevi".

Per quanto riguarda la prima indicazione finalistica (il dominio e la coltivazione dell'universo), il diretto responsabile è l'Adam maschile (Stefano). Per illustrare bene il mio pensiero su questo tema sono solito dire che in un mondo di sole donne non sarebbe mai nata la macchina. Non si offenda l'Adam femminile se sto analizzando la sua natura senza aver la pretesa di definirla a priori. E' sufficiente vedervi quando vi si blocca il motore della macchina. Anzitutto vi guardate in giro nella speranza di trovare un uomo che corra al vostro soccorso. Se non lo trovate aprite timidamente il cofano nella speranza che il pezzo inefficiente alzi la manina per dirvi ciò che dovete fare. Alla fine abbandonate la macchina e raggiungete l'officina di un meccanico.

Il dominio dell'universo, e dunque il progresso scientifico in genere, è una responsabilità primaria di Stefano; ma poiché Stefano ha anche la tendenza a strumentalizzare la realtà fino a diventare schiavo del suo stesso progetto, ha bisogno che l'Adam femminile gli stia accanto , in perfetta parità, affinché la sua "vocazione" non diventi per tutti una "perdizione". In questa ottica dirò a Stefano: "Se prevedi di dover prolungare l'orario d'ufficio, telefona a Rita per scusarti con lei".

Per quanto riguarda la seconda indicazione finalistica (moltiplicatevi!), il diretto responsabile é l'Adam femminile (Rita). In un mondo di soli uomini non sarebbe mai nata una culla. Il progetto "vita" sarebbe paralizzato dal progetto "conquista". L'uomo, infatti, fa una fatica sovrumana nel portare in braccio un bambino, sia pure per pochi minuti. La donna invece - fisicamente più debole ma fisiologicamente più forte dell'uomo - tiene il bambino tra le sue braccia senza stancarsi.

Ecco perché, rispetto a questo finalismo, la responsabilità dell'Adam femminile è preminente e l'Adam maschile deve mettersi al suo fianco, in perfetta parità, come aiuto. Ma poiché anche la donna rischia di immergersi troppo nel ruolo materno, deve chiedere scusa a Stefano se qualche volta potrà dargli l'impressione di trascurarlo.

Se questa è la struttura dell'Adam secondo i testi biblici, vediamo ora che cosa aggiunge di nuovo il Vangelo. E' mia opinione che Gesù non abbia mai istituito il cosiddetto matrimonio-sacramento. Tant'è che tale matrimonio è una "proclamazione" di S. Paolo. E tuttavia Gesù ha fatto qualcosa di superiore alla istituzione di un sacramento. Ha detto che coloro che credono in Lui debbono amarsi in tutti i settori dell'esistenza - così come Lui li ha amati, e cioè senza profitto . Questa é la novità del suo "comandamento". Quando troverò un uomo e una donna che si ameranno sessualmente come Cristo ci ha amati (senza profitto), avrò la speranza di vedere la falsificazione del homo homini lupus su tutto l'arco dei rapporti sociali.

Rita e Stefano, avete intrapreso un viaggio che, per quanto programmato con i suggerimenti definitivi del Logos , sarà pur sempre una piccola odissea costellata di mille sorprese. Il mio augurio, allora, è uno solo: Prendetevi per mano perché il cammino si compie all'interno della vostra psiche, della società, della storia; guardatevi con frequenza negli occhi per non smarrire la vostra identità; ma più di tutto guardate insieme verso la stessa direzione per non smarrire il significato stesso della vostra unione.