3 maggio 1988

 

Dal Vangelo secondo Giovanni:

In quel tempo Gesù disse: "Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno mai perdute e nessuno le rapirà dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date è il più grande di tutti e nessuno può rapirle dalla mano del Padre mio. Io e il Padre siamo una sola cosa"

 

Non avrei mai voluto spiegare questo Vangelo a Roma dove la concezione dell'Autorità è arrivata oramai ad un punto molto lontano da quanto appunto dice san Giovanni. Avrete visto in San Pietro le scritte diciamo gloriose. Lì si afferma il famoso passo di Matteo dove appunto Gesù dà le chiavi e poi dice a Pietro: "Tu ricevi il regno dei cieli e per entrare nel regno dei cieli bisogna passare attraverso questa porta". La donazione delle chiavi sarebbe lievemente in contrasto con quanto ha scritto Giovanni. Poi vi farò vedere ... ho portato con me una lettera... quattro righe, non di più.

San Pietro scrive due lettere e nella prima ci sarà una concezione dell'autorità definita da lui stesso. Sì, ammette di avere ricevuto un mandato, ma quel mandato è raccontato da san Giovanni dove appunto si dice.... Tra l'altro ho visto in san Pietro la formula di san Giovanni citata in Greco ... dovrò verificare .... ma anziché riportare la formula precisa di san Giovanni dove si dice "pascola le mie pecore" ... sottolineo, le mie pecore, non le tue, quindi vi rendete conto ... la situazione non è così metallica come nella consegna delle chiavi.

Allora la funzione del pastore qui quale sarebbe? Sarebbe questa: che il vero pastore è Gesù Cristo e loro, Pietro, Paolo e tutti gli altri sono, rispetto a lui, come dei pastorelli... Vogliamo fare un paragone storico? Sono pastorelli che ricevono in consegna le pecore dal padrone, sto parlando del padrone storico, il quale naturalmente dice: "ecco qui, tenete dietro le mie pecore, e stasera, quando tornano a casa, le voglio vedere tutte belle grasse". Per cui non c'è nessuna padronanza di questo pastorello nei confronti appunto di queste pecore. Questa dovrebbe essere la posizione del pastore, di quelli che noi chiamiamo pastori. Non guardate me, perché io sono francescano, e il fatto che abbia il sacerdozio è del tutto secondario relativamente al fatto che ho scelto la vita francescana: Francesco non era né sacerdote e neanche diacono. No, era nulla, era un semplice fedele. Poi san Bonaventura si vergogna di non avere avuto un fondatore appartenente a un ordine sacro, ma la realtà è questa: che la fraternità di Francesco è quella apostolica. Chi entra lì, prete o non prete, fosse anche un vescovo, è come tutti gli altri quando entra lì, e quando andiamo a tavola, se c'è un pezzo di pane ce lo dividiamo in parti eguali. Non è che se uno è un vescovo debba avere la minestra, un primo e un secondo, e gli altri si devono accontentare.

E adesso per questa questione della consegna, diciamo, di questa piramide cui siamo abituati in questa civiltà occidentale: bisogna vedere se il Vangelo ha portato qui una rottura. E ricorro al mio amato autore Platone su cui dobbiamo discutere, perché quell'uomo ha impostato i problemi con la pura sua mente che ha esercitata nella maniera più sublime, ed e riuscito, a mio modo di vedere, ad avvicinarsi al Cristianesimo. Tant'è che tutti i convertiti arrivano al Cristianesimo tramite l'analisi platonica. Platone ha delle curiose allusioni: dice, per esempio "Io non ho mai visto un bue che guida una mandria di buoi, io non ho visto un branco di capre guidate da una capra; ho visto sempre un pastore, cioè un uomo che guida gli animali". E tutta la civiltà per gli animali è vero che i Greci e i Romani hanno il mito di Orfeo, il quale ammansiva le belve, ma in realtà noi abbiamo gli animali domestici, e vedete che gli animali domestici ci danno tutto quello che ci devono dare. Solo perché sono guidati dagli uomini. Per parlare filosoficamente, attuano tutte le loro possibilità solo perché sono guidati dall'uomo; e voi vedete che le mucche, poverine, ci danno il latte e la carne e così via. Immaginate che questi animali ritornino nella foresta: le mucche diventerebbero pervertite, non ci darebbero quei quaranta litri di latte, diventerebbero più o meno selvatiche... Ci sarebbe un capo branco, ma come quello dei leoni, i documentari li abbiamo visti, così come con i leoni, dove si instaura la legge del più forte: prima mangia lui, poi la leonessa, e poi i piccoli se ne avanza. Poi il dominio del territorio ... vedete? il sesso, il danaro e il potere si verificano nel mondo animale.

Ecco l'intuizione di Platone! Adesso lasciamo perdere la concezione del rapporto originario degli animali con l'uomo (ancora nel secolo scorso alcuni teologi sostenevano che le vipere non avevano il veleno prima del peccato originale, tesi che non voglio discutere)... Platone aveva già discusso di questo cattivo rapporto fra noi e gli animali dovuto al movimento circolare di tutta la realtà. Ecco come Platone vede Dio, decide di fare andare in un certo modo le cose. Tornando a noi, Platone dice: "gli animali hanno bisogno di essere guidati dall'uomo per ottenere tutto quello cui loro aspirano, cui tendono soltanto virtualmente". E per 1'uomo? La domanda resta ... eh, la storia è come per gli animali, ecco la grande intuizione. E il filosofo dice: perché gli uomini possano mettere giudizio per diventare domestici come gli animali, per produrre tutto il bene possibile tenuto in nuce dalla natura umana, hanno bisogno a loro volta di un pastore. E qui è il punto: a guidare gli uomini ci dovrebbero essere dei demoni. Questa parola non deve fare paura. Socrate aveva un demone che gli suggeriva quello che doveva fare. Traduciamo bene: un angelo per intenderci, una entità superiore.

Allora se questi demoni dovessero guidare gli uomini, li dividerebbero in gruppi e li porterebbero alla loro maturazione totale. Ecco l'intuizione di Platone, ecco perché Platone dice che a capo di una polis ci deve essere un filosofo. Combatte la concezione storica dell'autorità: il re, o diventa filosofo o diversamente è un capo branco. Adesso, io sono solito dire che se Platone avesse incontrato Gesù Cristo si sarebbe messo in ginocchio perché gli avrebbe dato la soluzione, sarebbe il pastore sognato da Platone.

Soltanto per farvi riflettere, Manzoni, per esempio, fa la critica a tutta una situazione: immaginate don Abbondio, il pastore, e l'Azzeccagarbugli; e poi due poveri tapini i quali non riescono a sposarsi. E qui la rottura: chi guida il branco? Don Abbondio è un pagliaccio che ha il segno, sì, è il pastore... Vi ho fatto riflettere su questo per non affrontare in maniera rigorosa tutta la critica all'autorità. Qui siamo a Roma: avete visto, da quel poco che abbiamo sentito, quale situazione si è venuta a creare e bisogna prendere contatto con quei passi. Lasciatemi leggere cinque righe... prendo la prima lettera di san Pietro, capitolo quinto: "Esorto dunque gli anziani (qui dice Tertulliano) e le vostre assemblee come si svolgono le assemblee dei presbiteri, cioè delle persone anziane di provata virtù". Quindi chi guidava 1'assemblea doveva avere almeno il carisma dell'onestà. "Io anziano sono stato testimone delle sofferenze di Cristo e partecipe della sua gloria (fa riferimento alla trasfigurazione) che deve manifestarsi (è l'idea fissa dei primi Cristiani che Gesù si sarebbe manifestato ancora, nel giro di alcuni decenni). Pascete il gregge di Dio (dunque lo dice anche lui: il gregge di Dio) a voi affidato (anche lui ha la coscienza di essere il pastorello) non come costretti a forza, ma spontaneamente secondo lo spirito di Dio". E poi ecco qui l'allusione probabilmente già ad una degradazione incombente: "Non per un vile interesse, non fate pesare la vostra autorità sui partecipi all'eredità del Signore, come se foste dei dominatori, ma come veri modelli del gregge". Il pastorello non potrà mai permettersi di tosare la lana o di mungere il latte; deve assolutamente curare le pecore, perché non sono sue, le pecore sono di Gesù.

E termino come se avessi qui davanti tutti cristiani, cioè i fratelli protestanti con i quali ho discusso molto su questo concetto di autorità, e così gli ortodossi e tutti i rami che si sono staccati. E' ovvio che la prima riflessione è il domandarci perché tutto ciò sia avvenuto. Lo concedo: è avvenuto per una travalicazione, per un abuso del potere. E il motivo è questo: che abbiamo perduto tutti di vista il fatto di essere tutti pecore del Signore. Allora, per coloro che si occupano di ecumenismo, signori io faccio la mia parte e dico a quelli che sono cattolici come me e ai fratelli protestanti e ortodossi: fate il medesimo percorso. E' ovvio che il discorso doveva essere non a voi, ecco perché ho cercato di tenere un po' smussata la dottrina, senza lasciarmi andate a critiche che qui sarebbero state inutili agli effetti della costruzione del nostro discorso ... certo il clero non mi guarda molto bene proprio per questa motivazione... guardate che qui dobbiamo rimangiarci cinque secoli di storia, dobbiamo ritornare al punto in cui eravamo uniti. Perché anche protestanti e ortodossi sono nelle medesime condizioni, anche loro non hanno capito bene quale è il senso delle consegna data da Gesù agli apostoli. Anche loro hanno comunità che in salute non stanno molto meglio della nostra. per cui solo in quelle condizioni ci ritroveremo a capire che siamo tutti agnelli o pecore e tutti dipendiamo dal medesimo pastore Gesù Cristo.