18 maggio 1986

Giovanni (14, 15-16; 23-26) Pentecoste

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Alcuni avvisi da darvi. Oggi è la giornata della stampa cattolica -sarebbe da dire- e, in maniera più specifica, la giornata dell''Avvenire', 'il quotidiano dei Cattolici'. Che sia quotidiano dei Cattolici... quotidiano di alcuni Cattolici. Per cui le offerte che raccoglieremo oggi andranno per questa intenzione (per questa impresa, dovrei dire). Secondo: giovedì 22, festa di santa Rita, le sante Messe si svolgeranno a tutte le ore {...}.

E affrontiamo questa festa. Dopo tutte le mie sconsacrazioni, qualcuno dirà: "Non ci vorrà far credere che anche questa festa sia costruita a tavolino?" Se non proprio così, poco ci manca. Vi dirò anzi che sono stato in una grande tentazione fino a ieri sera, per parlarvi di questa Cresima dei bambini che in genere facciamo in questo periodo. Poi ho detto: "Rimandiamo i dispiaceri all'anno prossimo, se camperemo". E oggi continuiamo a occuparci della festa in sé. Già vedete, il termine 'Pentecoste' crea un qualche sospetto. Perchè, che cosa vuol dire? Vuol dire così, tradotto alla lettera (sarebbe sottintesa una parolina): cinquantesimo. Cinquantesimo che cosa? Sottinteso: heméra. Heméra vuol dire 'giorno'. Quindi si dovrebbe dire 'Pentecosté heméra', cinquantesimo giorno, cinquantesimo giorno dalla risurrezione. Ma tutto ciò ricorda feste ebraiche, naturalmente. E anche questa dizione sarebbe molto tardiva. E mi pare di avervi fatto notare (credo l'anno passato) già la piccola o grossa contraddizione esistente in san Giovanni e negli Atti degli Apostoli. Luca deve essere fedele al suo schema: Gesù è un cadavere rianimato (riassumo brevemente), che cosa fa? Sta qui quaranta giorni, poi si allontana fisicamente. Dove va? In cielo. Poi che cosa farà? Ritornerà. E così via. Nell'attesa che cosa succede? Manda lo Spirito Santo, e così via. Invece in Giovanni tutto questo non esiste. Il passo che abbiamo letto... con la morte di Gesù abbiamo l'invio dello Spirito, il ritorno di Gesù al Padre. Questi quaranta giorni, questi cinquanta giorni sono probabilmente il frutto di una elaborazione, di una elaborazione -diciamo così- rituale.

Poi vediamo adesso, entriamo nel vivo del discorso, così come Luca lo snoda all'inizio degli Atti. Cito: "Cominciarono a parlare in altre lingue". Ma, cosa vuol dire 'Cominciarono a parlare in altre lingue'? Vuol dir questo, a mio giudizio: che erano diventati tutti dei poliglotti. Il nostro Ministro dell'Istruzione dice che adesso i bambini delle elementari cominceranno a imparare almeno un'altra lingua; il meglio sarebbe tre, quattro, cinque.. ma già, per potere parlare soltanto con gli Europei bisognerebbe impararne dodici, delle lingue. Cosa inaudita, dal punto di vista pedagogico. Che, se ritornasse il nostro amico Rousseau, si rivolterebbe nella tomba e, con i capelli diritti, verrebbe a dirvi: "Signori, qui voi contravvenite a tutti i principî della pedagogia. Ma tant'è: oramai questo uomo dobbiamo imbottirlo di civiltà... ma se fosse civiltà, lo capisco; è invece il segno della inciviltà, come avrò modo di dirvi. Ma procediamo. Dunque, cominciarono a parlare in altre lingue. Da qui si deduce che eran diventati tutti poliglotti. Poi, poco dopo, si dice che ciascuno sente parlare la propria lingua natìa, mentre i parlanti sono tutti Galilei. Allora non è vero che siano dei poliglotti; sono tutti dei rozzi Galilei i quali articolano la loro lingua in un certo modo. E lo Spirito Santo, in questo caso, mi verrebbe la voglia di pensarlo come una specie di apparecchio elettronico per la traduzione simultanea. Cosa naturalmente che non posso accettare. Perchè, se voi mi dite che la lezione sarebbe questa: noi dovremmo ricercare una lingua unica; allora questo sarebbe l'ideale della traduzione simultanea. Ma vedrete che noi inventeremo l'apparecchio per la traduzione simultanea, ma non ci decideremo mai a cercare una lingua unica. E questo è il segno, ecco, del nostro non-Cristianesimo, cioè il segno della nostra miseria umana. Dunque, tutti i presenti (Arabi, Cretesi, ci sono anche dei Libici, dunque il dialogo è possibile anche con loro, e degli Alamìti, e dei Romani, e degli Ebrei, dei Greci, tutti quelli conosciuti; all'epoca noi eravamo ancora nelle foreste, non parliamo di quelli del Nord) odono annunziare nelle proprie lingue le grandi opere di Dio.

Allora, lasciamo cadere tutto ciò che è miracolistico e portiamo l'attenzione sul Messaggio. San Luca descrive un fatto, o esprime un'idea mediante un racconto costruito? Ecco, ecco la domanda intelligente. Chi vi parla è del parere che non si tratta della descrizione di un fatto, ma sarebbe un modo per esprimere un'idea, mediante cioè un racconto costruito. E costruito con quali materiali? Costruito con materiali già noti al Giudaismo, quando per esempio viene descritto il dono dell'Atorà. L'Atorà sarebbe la Legge. E come avviene questo dono da parte di Dio? In mezzo ai tuoni, in mezzo alle lingue di fuoco, questo scilinguagnolo per cui si parlano anche delle lingue straniere; a meno che non si chiamasse 'lingua straniera' una lingua che non si conosceva, cioè un'articolazione senza senso di qualche sprovveduto che si metteva a dire: "Bla bla blo...", e per gli altri questo sarebbe una lingua straniera. Badate che san Paolo ha avuto a che fare con questa glossolalìa: nelle assemblee c'eran dei tipi che magari non avevano alcun dono e volevano far credere di avere il dono delle lingue, e si mettevano a parlare in una maniera strana. Per cui san Paolo diceva: "Piano, piano, calma, calma, qui andiamo nell'irrazionale; guardate che il parlare poi molte lingue -adesso ve lo dirò- questo non conta assolutamente nulla, se manca la Carità". Dunque -dicevo- costruito, questo racconto, con materiali già noti al Giudaismo: lingue di fuoco, e poi tuoni, terremoti, vento gagliardo, e così via. Questo che cosa esprime? Esprime un desiderio universalistico, che è dentro alla coscienza di ogni uomo. Ma, dal punto di vista cristiano, la rivelazione è questa: "Signori, siamo tutti fratelli, dobbiamo unirci anche nella parola". Questo sarebbe il messaggio.

Ora, la Pentecoste sarebbe l'affermazione che la Chiesa (vado cauto... attenzione a quel che dico) è un risultato, e mai un progetto, e mai un comando. Nel foglietto, vedete all'inizio: "Pentecoste... oggi, con la discesa dello Spirito Santo, è portata a compimento la Pasqua...". Tutti dizioni ambigue. "Oggi è nata la Chiesa...", già, come se la si potesse costituire con un colpo di bacchetta magica, così come si costituisce un partito. "Oggi Cristo effonde il suo spirito sul nuovo popolo di Dio". Ohi, ohi, ecco qui le forme dell'etnocentrismo. No, no, signori miei! Coloro che fanno questi foglietti... scrivete, scrivete: "Abbiamo sentito un predicatore, il quale ci ha detto che qui ci sono le vere eresie". Non quelle che dico io: queste sono le vere eresie, sono quelle affermazioni che ritardano la Pentecoste, che distruggono la Pentecoste. Continuo: si fa Chiesa solo se unico è lo Spirito che si rivela in noi. Niente bacchetta magica, perchè questa è la prima corruzione che operiamo nella testa dei bambini quando diamo loro la Cresima. E non ve ne parlo in maniera esplicita, perchè ve ne parlerò la prossima volta.

Allora, in che cosa dovrebbe consistere il miracolo? Qui, un gruppo di uomini crede, e crede la stessa cosa, e presenta al mondo una qualche novità. La Chiesa è questo, o diversamente è un'accolita di uomini a parità di condizione con tutte le altre accolite di uomini. Perchè anche le stesse religioni, è vero che sono riunite attorno a un'idea, ma un'idea che viene dal basso. Voi direte: "Ma come si fa a distinguere quella che viene dal basso da quella che viene dall'alto?" Lì, dai frutti. Quando costoro, che dicono di credere le stesse cose, poi avranno anche le stesse opere (adesso qui vi farò anche delle opportune esemplificazioni).

Ora, storicamente, che cosa abbiamo? Abbiamo delle aggregazioni attorno a una idea, ma ciò porta al dominio, non alla testimonianza di qualche novità. L'unica aggregazione (anche se è dovuta, dal punto di vista del singolo, a egoismo) che porta una qualche novità è l'aggregazione culturale. I progressi della Scienza attorno a una idea: ecco, queste sono le uniche aggregazioni valide, anche se -ripeto-, dal punto di vista del singolo, ci potrebbero essere delle correnti di etnocentrismo, forme di prevaricazione (le motivazioni che portano un individuo ad essere più bravo dell'altro nello scoprire una qualche verità scientifica, è ovvio che possono anche essere colpe di egoismo). Ma qui, per quanto riguarda il messaggio cristiano, è la unità del genere umano, è la soluzione dei problemi che ci riguardano in quanto uomini, non la soluzione di problemi che ci riguardano in quanto esseri pensanti. E allora -vi dicevo- tutte queste aggregazioni diventano pericolose, perchè poi trapassano in forme di etnocentrismo.

E adesso, vogliamo fare una piccola analisi psicologica? Questa: noi siamo, via via, difensori della unità e del pluralismo. Abbiamo in tasca tutt'e due -diciamo così- le versioni. Esempio: se io ascolto un Cattolico medio (soprattutto nel mondo ecclesiale; o ecclesiastico, per dire le cose con maggiore crudezza), voi vedete che, se si tratta del mondo comunista, diciamo: "Oh, pensarla tutti allo stesso modo! oh, quale orrore!" E' vero che noi diciamo così? "Cervello all'ammasso, cervello massificato" noi diciamo. Ma se invece si tratta della nostra fede: "Uh, che bello recitare tutti lo stesso Credo!" Allora lì no, allora lì non è massificazione, allora lì andiamo bene. Ecco che cosa significa avere un'anima sola e un cuore solo! Un giorno io mi trovavo alla televisione con un mio confratello; non so più quale documentario ci fosse. A un certo momento si vedevano i Cinesi. voi li conoscete i Cinesi: vestiti tutti allo stesso modo, con quella loro certa compostezza (questo, badate bene, anche prima che ci fosse il cosiddetto socialismo). Ora, avevo vicino a me un confratello piuttosto irritato di fronte a questa ideologia. Poi mi tocca e mi dice: "Ma guarda lì che orrore, ma son tutti vestiti allo stesso modo, ma ti pare che questa sia libertà?" E allora dentro di me ho detto: "Attenzione padre, guardi che anche noi siamo tutti vestiti col medesimo abito; le suore, anche loro, hanno tutte il medesimo abito... E' vero che adesso i preti, e anche i frati, buttano via l'abito e poi vogliono vestirsi in borghese... d'accordo, vedete anche qui? una forma di anticomunismo che è all'interno loro, all'interno del loro corpo. Ma poi, poco dopo, la stessa televisione presentava, non so come, una cerimonia in Vaticano dove si vedevano dei chierichetti, tutti con le cotte uguali, colletti, eccetera. Allora il padre dice: "Oh, che bello! Questa no..." Ma come? questa non è massificazione? Allora: se qui tutti i chierichetti sono vestiti allo stesso modo, è la celebrazione dell'unità; se vedi i Cinesi che sono vestiti (magari perché, per serietà, hanno scelto -diciamo così- di vestirsi allo stesso modo), allora tu dici che è massificazione. Mettiamoci allora d'accordo: se tutto questo è frutto -diciamo- di massificazione e di imposizione, allora è da rifiutare da tutte e due le parti. Se invece è un tentativo per trovare una unione fra gli uomini, allora, certo, è da lodare e dall'una, e dall'altra parte.

Il male allora non è pensare tutti le stesse cose; il male è pensare delle cose sbagliate, e qui sunt lacrimae rerum . Chi è Comunista -ecco la mia critica- lo è per rivoluzione e per imposizione, non per convinzione. Chi è Cristiano, lo è per battesimo, dunque per imposizione e non per convinzione. Chi è Musulmano, lo è esattamente per conquista, e non per convinzione. Purtroppo siamo tutti dentro a una gabbia; ed ecco il motivo per cui continuiamo a farci la guerra. Da qui la nulla diversità dei comportamenti morali di fondo.

Adesso vi porterò un esempio. Senza fare nomi, perchè il mondo è piccolo, ma riuscirete forse a individuare l'area di cui sto parlando. Giorni fa parlavo con un padre missionario che veniva dall'Africa. Dico: "Ma allora, come sono queste faccende? Questi capi, quelli della guerriglia, quelli della non-guerriglia, come sono dal punto di vista religioso?" Allora ecco qui: il tale è presidente del tal Paese (non vi dico il nome, ma farete presto a capirlo, dopo; segreti di Pulcinella), è stato battezzato (presidente, badate bene, è presidente del Paese) da uno dei nostri padri. Senonché poi, sa com'è, lui viene a studiare in Europa... e poi si sposa con una, con due, con tre, con quattro donne. Avete capito? Dico: "Ma qui, come... non so... c'è anche un Cristianesimo africano? per cui si possono fare... Ma sì, certo, qualcuno sarebbe anche di questa idea, naturalmente: un Cristianesimo africano, accomodando l'universalismo alle regioni, ai costumi, e così via. Se non che, ecco che cosa accade. Accade che in quel Paese arriva la rivoluzione comunista, e questo signore ha quattro donne. Dunque: quattro donne, battezzato, nessun vescovo si muove per denunciare il fatto... vedete? vedete? Se fosse un nemico, oh quello evidentemente sentirebbe i fulmini, oppure contro l'aborto eccetera eccetera, dove c'è almeno la distinzione fra chi la penso in un modo e chi nell'altro. Ora, intanto tu metti a posto le cose a casa tua. Come va a finire? (ecco il momento comico della situazione): che questo presidente resta presidente con l'occupazione di tipo comunista. Senonché i gerarchi comunisti lo avvicinano e gli dicono: "Caro signore, il partito, l'ideologia comunista non accetta che tu abbia quattro mogli; devi decidere quale di queste quattro resterà tua moglie". Voi capite la cosa orribile: la morale insegnata dai nemici della Chiesa, guardate che situazione drammatica. E allora che cosa succede? Succede che questo uomo, tra le donne, ne sceglie una... ma tra quelle quattro, la più carina, la più giovane... (non diciamo queste cose, per non affliggere il discorso di qualche parzialità). Tra queste c'è anche una donna che appartiene al Paese della rivoluzione comunista, la quale pianta la grana giuridica. "No, mi dispiace, sono io tua moglie". Breve: quest'uomo, a un certo momento, per salvare capra e cavoli, che cosa fa? Le manda tutte a spasso e vive solo. Ma voi vi rendete conto che cosa vuol dire vivere solo, no? Con questo tipo di mentalità non c'è bisogno di dirlo. Allora, formalmente egli è un ordine con il partito, formalmente è in ordine con la sua religione. No, no, non è in ordine con nulla. Senza giudicare le persone, giudichiamo i fatti. Questi, signori miei, sono i fatti, relativamente a quel concetto di Chiesa di cui vi parlavo.

E allora, ecco qui: uno può essere ortodosso finché volete nelle enunciazioni, ma eterodosso nei suoi costumi, per il motivo che vi ho detto. Questo sembrerà un'offesa, sembrerà una cosa grave dirvelo, ma probabilmente la prima violenza che noi facciamo nei confronti dell'uomo è quello di dargli il battesimo da piccolo. Certo lo so, questa è una cosa brutta... andate a riferirlo al vescovo. Ma se volete il dibattito lo facciamo in piena città di Reggio Emilia, e allora io, ecco, dimostrerò che questo è un atto di violenza e non una liberazione. E questo dà origine a tutti quei compromessi, a tutte quelle distorte mentalità con le quali siamo costretti a vivere e che siamo costretti anche a benedire, nolenti o volenti.

Oramai ho finito. Che cosa volevo aggiungere? Questo: che quando andiamo a scuola impariamo tutti le stesse verità. Vi dà fastidio che vostro figlio, quando viene a casa, vi dica: "Mamma, mi hanno insegnato che due più due fa quattro". "Oh" voi dire "finalmente! hai fatto un salto di qualità, figliolo". Ma se per ipotesi venisse a casa, vostro figlio, e dicesse: "Mamma, mi hanno insegnato che due più due fa cinque" oppure "due più due fa tre", voi che cosa fareste? Direste: "Oh, finalmente celebriamo il pluralismo! non è più vero che due più due fa quattro!" Si può convivere anche con chi pensa che due più due fa cinque... Ma tutto questo -voi vi rendete conto- non è fatto per imposizione, questa unità deriva dalla realtà delle cose. Ecco allora: o lo Spirito Santo opera una trasmutazione in tutte le menti, per cui tutte le menti acquisiscono la stessa verità, e dopo averla acquisita fanno il salto di qualità, relativamente all'ambito delle azioni, allora tutto questo è una celebrazione della natura umana e non è monotono egualitarismo, e non è massificazione.

Termino. San Paolo: "Se io parlassi le lingue degli uomini e non avessi la Carità, sarei nulla". Il comunicare con molti è strategia, non è ancora fratellanza. Se ci fossero solo i giovani qui, li prenderei per il colletto: piccole canaglie, voi gradire girare l'Europa e il mondo, voi gradite ingollare tutti i prodotti delle multinazionali, voi volete andare qui, a destra... adesso vedo che le vacanze non sono belle se non si va a finire là, in capo al mondo, le Bahamas -tanto per dire-, o si è dei miseri palmipedi se almeno non si travalica l'Atlantico. Ora voi volete tutto questo a livello universale; però, disgraziati e piccoli delinquenti, non vi ho mai visto con un cartello in mano per andare i giro a dire: "Fratelli, impariamo una lingua unica per potere comunicare con tutti gli uomini". Voi volete godervi la realtà senza fare un minimo passo per fare sì che questa realtà sia goduta in maniera fraterna. Questa è la colpa di voi giovani, ed è la colpa degli operatori della scuola.

Termino. Dunque, non è ancora fratellanza, è strategia questa. La fratellanza consiste piuttosto nel trovare una lingua unica per intenderci tutti, per comunicare direttamente con tutti senza mediazione alcuna. Ecco la Carità: non darsi da fare per conoscere lingue allo scopo di essere qualcuno, ma decidere di trovare una lingua uguale per tutti, perchè tutti possano accedere al dialogo universale. Il resto è spirito di egemonia e di ulteriore divisione tra gli uomini.

In questi giorni, ad Assisi, finalmente i padri francescani sono riusciti a portare lì -se avete udito dalla radio o dalla televisione- i rappresentanti dell'Unione Sovietica e i rappresentanti dell'America. Bene, che cosa avrebbe fatto san Francesco? "Ma no, fratelli, voi vi illudete che ci si possa mettere d'accordo sulla questione delle armi, vi illudete". Le cose bisogna prenderle alla lontana, ed è questa la mia proposta: se ho di fronte un lupo che ulula e un bufalo o un bisonte che soffia, ecco, io non posso sperare di unirli lasciandoli come sono. Io debbo cominciare con loro con l'alfabetizzazione. Dovrò dire: "Signori Americani, siete disposti a rinunciare alla vostra lingua egemone, nella speranza di poterla imporre con la forza e con la potenza agli altri? E voi, signori Russi, siete disposti a rinunciare a questa egemonia segreta di volere imporre la vostra ideologia e la vostra lingua?" "Per cui tutti e due venite qui da frate Francesco il quale vi insegnerà un linguaggio che sia neutro, per cui se cominciate voi due, tutti gli altri verranno dietro, e finalmente potremo dialogare direttamente senza il diaframma dello Stato nazionale?" Se sì, bene, sarete diventati Francescani e Cristiani. Del resto no: uno resterà lupo e l'altro resterà bisonte.