12 maggio 1985 VI^ dopo Pasqua

Giovanni (15, 9-17) "Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi"

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E così siamo arrivati al punto centrale di tutto l'insegnamento evangelico. Amatemi gli uni gli altri come io ho amato voi. Ecco, si potrebbe racchiudere tutto il Vangelo in questo insegnamento. Ma c'è un problema, c'è un problema mentale da cui dobbiamo liberarci. Queste parole di Gesù, sono un comando? Lo escludo, lo debbo escludere. E perché? Perché grandi pensatori, come per esempio Emanuele Kant, hanno drizzato le orecchie di fronte a queste affermazioni, e hanno riportato le parole di Gesù all'interno di una logica che è assolutamente inaccettabile, perché toglie a queste parole la loro novità assoluta.

Oggi sarà una predica difficile, me ne rendo conto. Vi chiedo un minimo di attenzione, perché la fatica di capire il significato di queste parole vale anche la pena di essere sopportata. Prima osservazione: non esistono amori conosciuti a cui Cristo possa riferirsi. Gesù non dice ma, nel Vangelo: "Amatevi come marito e moglie". Gli sposi non se ne offendano. Perché? Perché anche per loro resta vero il cosiddetto 'comando' di Gesù. E poi, anche quell'amore -diciamolo- non è un amore redento. Non parliamo, per non dovere arrossire, di ciò che è il matrimonio oggi. Dove, questa parola 'amore' è assai equivoca, utilizzata per stabilire quel rapporto fra un uomo e una donna (o fra una donna e un uomo). E neanche Gesù risulta che nel Vangelo abbia mai detto: "Amatevi come la madre ama il figlio". Questo è il primo amore, perché il figlio se ne accorgerà più tardi di essere tale; un bambino che nasce è solo amato, non può amare, naturalmente. Mai Gesù dice: "Amatevi come la madre ama il figlio". Perché? Perché anche in questo amore, che ritengo, sotto un certo profilo, superiore e ancora più autentico di quell'altro (di un amore fra un uomo e una donna), anche in questo amore c'è qualche scoria di interesse. Ed ecco allora perché Gesù dice: "Amatemi come io ho amato voi". Ne ho già parlato da questo pulpito; riassumo soltanto in una parola il significato di questa affermazione: vale a dire Gesù ha amato noi senza profitto. Ecco la parola magica che mi dà la misura dell'amore. Questo è il vero amore, laddove non esiste ombra di profitto alcuno.

E adesso cominciamo a vedere la posizione di un altro grande pensatore, Rousseau, il quale, parlando di educazione, propone un principio nuovo. Dobbiamo partire dal principio che l'uomo è naturalmente buono. Vi dico subito: principio nefasto, antievangelico anche se cela il buon proposito di correggere ciò che storicamente i Cristiani avevavo combinato nel campo dell'educazione. E la cosa assurda è questa: che appunto ci debba essere un campanello di allarme da parte di qualcuno che, dal di fuori del Vangelo, riscopra qualche principio evangelico anche se contaminato da qualche oscurità. Ora, quest'uomo si pone il problema dell'educazione. Primo principio: l'uomo è buono. Sentite? Invece l'insegnamento cristiano dice che l'uomo è cattivo (peccato originale). Poi, il metodo. Quale metodo dobbiamo usare per l'educazione? "Questo metodo" egli dice "lo chiamerò 'negativo'". Il maestro sorveglia perché Emilio non incontri fattori sociali corruttori e degradanti, ma la sua individualità deve svilupparsi secondo le tendenze naturali, poiché la natura è buona. Poi, se guardiamo il precettore di Rousseau all'opera, vediamo che proprio nulla non fa, come è enunciato nel principio 'educazione negativa'. Ci accorgiamo che fa qualche cosa, ma per favorire l'autodeterminazione di Emilio. E allora, noi studiosi diciamo che Rousseau forse ha sbagliato la parola, o con quella parola voleva dire 'educazione indiretta'. Ed ecco l'esempio. Dobbiamo insegnare a leggere e a scrivere a Pierino? (universalizziamo il discorso) Già, ma che cosa vuol dire 'dobbiamo'? Impòrgli per legge di andare a scuola? Dunque dobbiamo imporre per legge ai nostri figli di andare a scuola? E' purtroppo quanto facciamo., contravvenendo.... Voi direte: "Ma lei contesta le conquiste della civiltà moderna". Ma certo, le contesto tutte, per le motivazioni che ci hanno portati... perché anche per legge ci sono tante altre cose, ma queste purtroppo denotano che allora, se fossimo lasciati a noi stessi, faremmo il rovescio di quello che ci è comandato di fare. Dunque, impòrgli per legge di andare a scuola? Oppure, se ___ in lui il desiderio, la richiesta di uscire dall'ignoranza (giacché, questo dovrà ammetterlo anche Rousseau, ignoranti nasciamo), dobbiamo prendere Pierino per le orecchie, metterlo in un banco e dirgli 'ascolta e impara; leggi, scrivi, canta, fai opere manuali', eccetera? Oppure dovrà essere lui a dirci: "Maestro, inségnami, voglio, desidero, amo uscire dall'ignoranza"? Ecco il problema. Purtroppo noi andiamo a scuola per comando. Noi paghiamo le tasse per legge; vedete le discussioni in Parlamento... Noi non rubiamo per paura; appena la paura si rallenta, voi vedete ciò che accade, abbiamo paura delle sanzioni. Lavoriamo per costrizione. Produciamo per profitto; ancora ieri sera avete visto il dibattito in televisione: c'era il teologo presente, ma quando poi parla il padrone del vapore, dice: "Eh no, mi dispiace signori, voi dite che l'uomo è prima della produzione e dell'economia. Attenzione! chi lavora, lavora solo per profitto". L'ha detto chiaro e tondo. Come un Cristiano può liberarsi da questo incastro, spero, con la mia predicazione, di avere dato qualche indicazione. Ma mi accorgo che siamo sordi oramai, troppo condizionati. Mettiamo al mondo i figli per istinto (non andiamo oltre...). Facciamo politica per comandare; perché per servire non c'è proprio bisogno di far politica; invece per comandare c'è bisogno di ricevere dei voti. Voi capite che la parola opposta a quelle che sto dicendo è la parola 'amore', amore nel senso stabilito da Gesù.

Rousseau dice: "Basta con l'idea di un maestro che impone un bene per comando. Non debbo essere io il padrone di Pierino, ma il suo liberatore. E per essere tale debbo essere invocato come tale". Allora, ecco come viene schematizzato il mutamento di prospettiva. Ve lo riassumo. Un giorno arriva un biglietto per Emilio. Che cosa c'è scritto? "Per il giovinetto Emilio tale dei tali..." Il precettore lo guarda... c'è scritto....guarda un po' tu. Pierino deve dire a se stesso 'Ahi, ahi, non so leggere'. Bene, allora il precettore non dirà: "Mèttiti lì dunque, chè adesso io ti insegno a leggere". Dirà: "Vediamo un po' che cosa c'è scritto in questo biglietto. Il giovinetto Emilio... è invitato questa sera ad una festicciola, dove ci saranno delle merendine {...} e poi si farà un piccolo ballo... per ricordare l'anniversario...". Emilio intanto dirizza le orecchie e dice: "Ma guarda! Se io non so leggere, non potrò mai capire il significato di taluni inviti". E allora dirà al maestro: "Subito, per favore, vieni qui e inségnami a leggere". Il maestro dice (riassumiamo i tempi): "Bene, ti ho insegnato a leggere. Bisognerà pure rispondere a questi signori che cortesemente ti hanno invitato a quella festicciola". "Già" dice lui "ma io non so scrivere...". "Allora, vediamo" dice il maestro. E prende la penna, e comincia lui a scrivere: 'Egregi signori vi ringrazio di questo invito così cortese, delizioso....'. Emilio intanto dirizza le orecchie, anzi sgrana gli occhi, e dice: "Maestro, per favore, vieni qua, inségnami a scrivere, perché io debbo rispondere a questi signori che mi hanno invitato alla festa". Ecco, allora, la prospettiva kantiana: non sono più io che, per forza o per legge, costringo Emilio a mettersi in un banco; è lui che mi costituisce maestro e dice "Inségnami a leggere e a scrivere". Ecco allora il rapporto basato su di un atto di amore, e non più su di un atto di legge, su di un decreto legale.

Adesso, dopo Rousseau, affrontiamo la diagnosi di Kant, che è piuttosto preoccupante. Vediamo come dobbiamo liberarcene. Vediamo cioè il rapporto amore-legge, fede-amore. Gesù dice: "Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri, amatevi come io ho amato voi". Vi faccio osservare che in realtà, nelle prime battute, Gesù non pone il principio come comando: "Come il Padre ha amato me... se osserverete (vedete? c'è un 'se') i miei comandamenti rimarrete nel mio amore..." Ma poi c'è questa frase, che è la più cruda: "Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri". Questa frase ha sconvolto il pensatore-filosofo Kant. Per Kant una proposizione di questa specie esige rispetto per una legge che comanda l'amore e sopprime la libertà di scelta. Ecco l'obiezione: una legge che comanda l'amore sopprime la libertà di scelta. In altre parole: l'amore non si può comandare. Questo lo sappiamo, e lo sappiamo soprattutto nell'àmbito del matrimonio: è il principio che ha portato il mondo laico (o, se volete, il laicismo) a introdurre il divorzio. Questa è l'argomentazione di base: l'amore non si può comandare. Certo che, dal punto di vista cristiano, è da domandarsi come è nato il primo amore; è questo il punto che dobbiamo discutere relativamente al matrimonio. Ma io non contesto il fatto che quell'affermazione sia vera; ed è vera. Quindi l'atto d'amore che innalza l'uomo verso Gesù è al di sopra di ogni legge imperativa, in quanto chi si comporta secondo l'amore non solo realizza, anche tutti i valori che esige la legge, ma un valore che sta alla base di tutte le leggi e di quanto esse possono comandare o proibire. In questo caso Kant viene di nuovo a subordinare l'amore alla legge. Gesù avrebbe semplicemente dato un nuovo contenuto alla legge che si trova nel Decalogo. Esempio: i comandamenti sono dieci {...}. Ecco in che cosa consisterebbe, per Kant, la novità: il nuovo comandamento sarebbe un'aggiunta ai dieci: in fondo mettiamoci questo 'amatevi come io ho amato...'. No, no. Allora non abbiamo capito nulla di quella che è la rivoluzione di Gesù. E invece noi (e con me altri pensatori... intendiamoci, per la verità pochi, perché purtroppo i teologi continuano a dire... mi pare che anche nel vostro foglietto si dica che questo è il comandamento dato da Gesù) vediamo, in quella proposizione, l'affacciarsi per la prima volta di un nuovo fondamentale rapporto dell'uomo a Dio, vale a dire quello della paternità divina in cui l'amore fa cadere il comandamento e l'obbedienza. Richiamo solo un passo: ricordate che cosa dice il padre al prodigo? "Figliolo, tutto ciò che è mio è tuo". Lo dice al maggiore, il quale voleva anche lui riprendersi la sua parte (vedete? l'istinto della proprietà privata). E allora il padre dice: "Figliolo, che cosa sono queste lamentele? Tutto ciò che è mio è tuo". Dunque l'amore fa cadere il comandamento e anche l'obbedienza. Invece per Kant l'atto di amore andrebbe inteso come fondato in un atto di rispetto per la legge, il cui contenuto sarebbe l'amore. Per cui l'atto di rispetto sarebbe più ricco di valore dell'atto di amore. Ecco da quale punto di vista parte il grande pensatore. Ma la proposizione di Gesù non è una norma che comanda, e infatti è assurdo volere comandare l'amore. Essa dice che chi si comporta così (vedete? chi si comporta così; e dunque alla base vi è, sovrana, la libertà e la scelta libera) realizza il più alto valore morale, e che tale comportamento è un 'dover essere' ideale. E' cioè le vera definizione dell'amore che l'uomo, sul piano naturale, purtroppo non conosce. Ma, in quanto si rivolge alla volontà soggettiva, non va intesa come norma imperativa, ma come invito alla imitazione. E questo lo ritroviamo in tutto il resto del passo evangelico, eccetto in questa enunciazione così cruda. Debbo confessarvi che non ho fatto ancora l'analisi a fondo. Bisognerebbe andare a vedere il testo greco.... sì, l'ho guardato, ma non ho approfondito i termini della questione, per vedere se la traduzione -per ipotesi- non sia un concetto zoppicante. Indubbiamente il concetto è zoppicante. Può darsi che l'evangelista sia stato un po' troppo veloce nel volere fare una deduzione e allora dice: "Io dico che il nuovo comandamento di Gesù è questo", invece di comandamento per fortuna non si tratta. Se quella proposizione fosse, come crede Kant, un ordine divino, tale ordine sarebbe eseguito solo per il timore di una sanzione (perché non v'è dubbio che ogni legge porta con sé una sanzione) e per la speranza di un premio (poniamo: la paura della sanzione, paura di andare all'inferno; e invece il desiderio del premio, speranza di andare in paradiso. "E allora non si richiederebbe" dice Kant "nè l'amore, nè la venerazione dell'altissimo Signore", atti cioè di gran lunga superiori in valore ad ogni rispetto di qualsiasi legge.

{...} A questo punto doveva entrare il discorso di Lutero. Lo rimanderemo ad altra data, perché è troppo importante. Voi ricordate? la salvezza della Fede... e poi e poi questa affermazione ha un fondo di verità, ma -ahimè- può diventare un'affermazione pazza, sciolta dalla sua radice. E dovrei dirvi poi come conclude Lutero. Conclude, purtroppo, come concludiamo noi, che riusciamo a mettere insieme il peccato e la Grazia. Uno uccide, poi andate a chiedere... "ma sì, ma sì, credo in Dio, credo in Dio". Ecco la nostra grande aspirazione a mettere insieme il Male e il Bene, a eliminare la distinzione tra il Male e il Bene.

Termino con questo tipo di meditazione: l'amore al prossimo deriva da un altro amore verso una persona. Già, perché noi non amiamo dei principî, e neanche delle idee; noi amiamo essenzialmente delle persone. Vi dirò di più: chi ama dei principî o delle idee, in genere, presto o tardi, uccide delle persone. Dunque la linea di continuità dell'amore è nell'ordine delle persone: si va da persona a persona, e non da principî (o da idee) a persone. Cristo ama il Padre. Noi amiamo Gesù Cristo. Noi ci amiamo fra di noi come Cristo ha amato noi. Allora voi vedete che siamo entrati in una nuova dimensione dove Dio pure è una persona (Dio Padre), e non è più un'idea, e non è più un principio.

Se qualcuno è venuto qualche volta al mio confessionale, avrà sentito come in genere io chiudo la mia confessione. Dopo avere ascoltato i peccati, dico: "Signore, signora, sorella, fratello, chiedi perdono al Signore di non averlo amato sufficientemente. Perché tutto quello che hai fatto, l'hai fatto per una mancanza di amore". Io non so che effetto facciano queste parole dall'altra parte della grata, non lo so. Ma io le ho presenti proprio per rispondere a Kant, proprio per dare un significato preciso a quella confessione. Fratello, sorella, chiedi perdono al Signore di non averlo amato sufficientemente, perché da qui deriva o meno la tua capacità di vincere le tentazioni e di fare tutto il bene possibile.