7 aprile 1985

Giovanni (20, 1-9) Pasqua

[ antistoricismo · benedetto croce · civiltà · filosofo · futurismo · gerarchie · libertà · martiri · pace · passato · restaurazione · risurrezione · rivoluzionario · società · stato · storia · tradizione · uomo · verità ]

Nessun è soddisfatto di se stesso, nessuna cosa vive staticamente la propria condizione. Come singoli tentiamo di consumare il piccolo diaframma che divide il Bene dal Male, perché vogliamo assolutizzare la Libertà. Come gruppo, o come gruppi, siamo protesi alla conquista del potere economico e politico, perché vogliamo togliere la distinzione tra noi e la Verità, occupando tutto lo spazio storico esistente. Siamo insomma degli inguaribili antistoricisti. Pure non essendo Cristiani. Ebbene, il sostenitore dello storicismo assoluto, Benedetto Croce (dico il filosofo Benedetto Croce) cinquant'anni orsono prendeva a suo modo per il bavero due specie di antistoricisti: coloro che, in nome del futuro, voltavano le spalle al passato; e coloro che, in nome di un certo passato, volevano instaurare l'ordine nella Storia.

Ascoltiamo, in edizione ridotta, la sua lezione, la lezione di questo filosofo il quale spiegò, sia pure in maniera obliqua, come 'non possiamo non dirci Cristiani'. Ascoltiamo in edizione abbreviata la lezione di questo filosofo, e poi rapportiamola alla risurrezione. "L'antistoricismo" egli dice "si presenta sempre con due volti: il volto rivoluzionario e il volto autoritario". Il volto rivoluzionario si può individuare in quella corrente letteraria e artistica che in Italia e nell'Europa ebbe il nome di 'futurismo'. Questa corrente idoleggia un futuro senza passato, un andare innanzi che è un saltare; adora la forza per la forza, il fare per il fare, il nuovo per il nuovo, la vita per la vita alla quale non giova mantenere il legame col passato. Perché non le importa il legame col passato? Perché non le importa di essere una vita in astratto, una mera vitalità. Da qui l'impazienza, l'avversione, il dispregio, l'irrisione verso la tradizione storica. Anzi, le allegre richieste di abbattere i monumenti, di distruggere le pinacoteche, di abbattere i musei, di bruciare le biblioteche e gli archivi. Irriverenza o indifferenza non solo verso la memoria degli antenati remoti, ma anche di quelli prossimi: dei nonni, dei padri ancora in vita.

Ora, il fondatore di questo movimento aveva così fissato i valori fondamentali della nuova esistenza. Cito alcune affermazioni: l'amore del pericolo, l'abolizione della stasi, la vocazione all'energia e alla temerarietà, il moto aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Mancava soltanto il colpo veloce della pistola e il detonatore a distanza. Ma, accanto al volto rivoluzionario dell'antistoricismo vi è anche il volto autoritario e antirelativista. E' l'altra faccia della psiche umana: aspira all'assoluto, al fermo, all'uno, vuole tenersi fuori dalla Storia per acquistare sicurezza e pace. Vuole sciogliersi dal vincolo del moto frenetico per porre finalmente il punto fermo di una pace stabilita da noi. Rispetto alla vita sociale, pone il suo ideale in ordinamenti che sopprimano l'intervento individuale, la concorrenza, la gara, la lotta. E vuole la regola, e vuole l'ordine. 'Sia che la regola venga desunta da nuove escogitazioni" dice il filosofo, con felice linguaggio "sia che la si ritagli da taluna delle età o società della storia passata, questa corrente tende alla restaurazione". E la restaurazione è la più flagrante negazione della Storia, perché la Storia non accetta di lasciarsi portar via pezzi di se medesima, staccati dal proprio organismo totale. Come l'estremo attivismo nel futurismo estetico, questa concezione ha il suo riflesso in letteratura e in arte: nei conati di ritorno al classicismo dei generi fissi, e fino a fabbricare il capolavoro di poesia o di arte a servizio della società e dello Stato senza bisogno di ispirazione o di genio personale.

In entrambi i casi l'antistoricismo si presenta come impoverimento, come debolezza, come impoverimento -diciamo- mentale e come debolezza morale. Come disperazione, come nevrosi, come infermità da superare con pazienza e con costanza. Da qui la decadenza dell'ideale di Libertà. E infatti, nella Storia si vedono regìmi teocratici e regìmi autoritari, regìmi di violenza e di controriforme e di dittature e di tirannìe. "Ma quello che sempre è e solo risorge" dice il filosofo "è la Libertà". La storicità, che vuol dire civiltà e cultura, è il valore che ci è stato affidato e che dobbiamo tenere fermo e che dobbiamo difendere. Come l'umanità non può far di meno della poesia, così neppure della Storia delle sue tradizioni, e della Libertà che le anima e che accende gli animi. "E' questa" dice il filosofo Croce "l'ultima religione che resti all'uomo. Ultima, però, nel senso che è la più alta che si possa attingere. Ora, coloro che la ignorano o la sconfessano sono, nel mondo moderno, i veri atei, i veri irreligiosi, perché sono gli energumeni del nuovo ed i vacui restauratori dell'antico".

Croce si mette al riparo da queste due tempeste invocando la identificazione tra Storia e Verità. Ed ecco come. "Chi apre il cuore" egli dice "al sentimento storico, non è più solo, ma è unito alla vita dell'universo, ed è in compagnìa degli apostoli e dei martiri (badate, non sono quelli cristiani), dei geni creatori di Bellezza e di Verità, dell'umile gente buona che sparse il balsamo di bontà e serbò l'umana gentilezza".

Ebbene, no. Pure apprezzando queste nobili parole, non posso entrare nel flusso di questo discorso. Non chi apre il suo cuore al sentimento storico, è in compagnia della gente buona e dei martiri; ma chi si apre alla Verità. Chi si apre alla Verità è diffidente nei confronti della Storia, perché potrà finalmente scoprire chi erano i veri martiri e chi era la vera gente buona, e potrà finalmente costruire una nuova Storia senza essere 'gli energumeni del nuovo o i vacui restauratori dell'antico'. La Storia non può fare a meno delle sue tradizioni: lo sappiamo, purtroppo. Ma la tradizione non solo tramanda; ahimè, alle volte crea anche la Storia. Ma la posizione del Cristiano consiste nel vivere l'anèlito della Verità, l'anèlito alla Verità, che mi pare debba essere più forte che non l'anèlito alla Libertà. E l'assoluto allora, per il Cristiano, è la Verità; mai la Storia, mai la Libertà. Perché? Perché la Storia avrà il suo tramonto; perché la Libertà è un valore solo se è finalizzato alla ricerca e all'attuazione della Verità.

Cristo allora non sopporta neanche la tomba della civiltà cristiana. E' inutile consolarsi dicendo che andiamo verso il terzo millennio. Siamo ancora all'anno zero. E Cristo non sopporta di stare neanche nella tomba della civiltà cristiana, perché questa civiltà cristiana è esattamente una tomba, e in nome della Verità deve essere dichiarata tale. Con grande scandalo di Croce, lo so; ma questo scandalo è stato introdotto nel mondo per la prima volta da Gesù Cristo. Dunque non ci sono strutture di nostra costruzione che lo possan tenere prigioniero. Soprattutto non vi sono strutture gerarchiche che possano appellarsi alla sua risurrezione per giustificarsi così come sono. Non posso accettare questa affermazione: di fare derivare le strutture gerarchiche della Chiesa, così come sono, da un Cristo risorto. Altre sono, altra è la struttura che Gesù ha dato alla Chiesa.

Perché non si ripeta istituzionalmente la crocifissione di Cristo deve, sì, in ognuno di noi, riassorbirsi Giuda, deve riassorbirsi Barabba, deve riassorbirsi Caifa, deve riassorbirsi Pilato, deve riassorbirsi il Pietro del rinnegamento, e molti altri personaggi ancora. Ma deve altresì annullarsi il sinedrio, deve altresì annullarsi il sacerdozio, deve altresì annullarsi il governatore romano, deve altresì annullarsi l'impero romano; e poi ogni istituzione, vuoi religiosa, vuoi politica, che divide l'uomo dall'uomo.

La Chiesa, fondata da Gesù dopo la risurrezione, è un'apertura che non diventa mai corridoio, una casa che non diventa mai muro, una moneta che non diventa mai oro, una vetta che non diventa mai campanile, una legge che non diventa mai codice. La Chiesa, prevista da Cristo risorto, riporta tutte le escrescenze tumorali della convivenza al punto zero, laddove tra uomo e uomo non ci sono più mediazioni politiche, e tra uomo e Dio mediazioni rituali di invenzione umana.

Cristo si è cancellato come corpo fisico, per trasformarsi in una presenza coscienziale, in una energia spirituale. E i credenti in lui, noi, siamo chiamati a trasformarci in una unità priva di maschera istituzionale, per essere come la luce, la quale assorbe le tenebre senza mai fare uso della spada.