Sono carcerato,
perchè non vieni a trovarmi ?
(Mt.25,36)

(Appello di P. Giovanni, Cappellano della Casa Circondariale di Brindisi).

Sorelle e fratelli in Cristo, donne e uomini di buona volontà, giovani (maggiorenni), come cristiani, ognuno di noi ha il dovere di trovare il “suo spazio” per esercitare la carità, il comandamento dell’Amore.
Da quando Cristo ha detto: “Ero carcerato e sei venuto a visitarmi” (Mt.25,36),
chiedendo così di essere incontrato nei carcerati, come in tante altre persone
toccate dalle varie forme della sofferenza umana
”ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”(Mt.25,40)
(da notare che Gesù non mette in risalto né la colpa, né la condanna
perché la dignità del carcerato supera sempre la sua colpa),
spazio privilegiato per esercitare la carità e il comandamento dell’Amore è: il CARCERE.
E questo non perché i carcerati meritino più degli altri, siano migliori degli altri
(secondo una concezione romantica che ogni tanto ritorna), ma perché sono più bisognosi degli altri.
I carcerati sono una categoria di persone misconosciuta, incompresa, travolta dal proprio destino,
che non ha portavoce perché suscita più scandalo che compassione.
Eppure vuole riscattarsi e sporge le braccia dalle sbarre in richiesta di aiuto.
Le sbarre sono legali, il nostro compito non è quello di infrangere, fare uscire.
E’ quello di andare -gli altri- dietro le sbarre e manifestare una presenza di solidarietà.
Sono pecore che languono fra le spine, ed è lecito lasciare il resto del gregge, che non rischia allo stesso modo.
C’è un modo di sporgere le braccia da dietro le sbarre che è estraneo alla richiesta umile e consapevole, fa capo a una situazione oggettiva di miseria e abbrutimento. Essa è di per se sufficiente ad attrarre la simpatia e l’intervento degli altri, perché rappresenta una detrazione della dignità umana e reclama una compensazione. La consapevolezza del carcere,l’impegno per il carcere è più che mai una testimonianza cristiana e merita il suo spazio di carità.
Le parole del Signore “Ero carcerato e siete venuti a visitarmi” (Mt. 25, 36), possono sorprenderci,perfino colpirci, ma non possono lasciarci indifferenti: andare a trovare, aiutare un carcerato significa andare a trovare, aiutare Cristo! “Ricordatevi che dietro le sbarre c’è qualcuno che ci appartiene come ci appartiene Cristo. Il carcere è la chiesa, il tabernacolo dove posso vedere, incontrare, visitare Cristo!” (Don Mazzolari) Cristo, e solo Cristo, è il motivo che spiega la presenza di alcune figure che, sul suo esempio, si fanno prossimo al fratello detenuto e lo accompagnano per tutto il periodo della sua detenzione: il Cappellano e gli Assistenti Volontari. La legge prevede che in ogni istituto di pena sia garantita al detenuto l’assistenza religiosa e la libertà di professare la propria fede cattolica, di istruirsi in essa e di praticarne il culto attraverso la presenza quotidiana del sacerdote-cappellano. L’azione del cappellano del carcere in quanto azione di Chiesa, ha una radice e una meta ben precisa: la persona di Gesù Cristo.
Non da altri che da Gesù viene il motivo per cui andiamo verso gli uomini, e non a altri se non a Gesù, noi dobbiamo indirizzare le persone che incontriamo nella nostra attività pastorale. Il cappellano in carcere ci sta a causa di Gesù Cristo, e per essere testimone e annunciatore di Lui.
Questo va detto contro ogni rischio di riduzione umanitaria della missione.
Non si sta nel carcere per fare del bene alle persone che vi si trovano: ci si sta per il Signore, mandati dal Signore per essere testimoni della carità del Signore e annunciatori della speranza del Signore. Tutto il resto è conseguenza di questo che è il vero bene degli uomini che vivono nel pianeta-carcere. La legge, oltre al cappellano e come valido aiuto alla sua missione, prevede anche la partecipazione della comunità esterna all’azione rieducativa, che insieme ad altre finalità, riveste un’importanza sostanziale nell’interpretazione della pena detentiva.
La via privilegiata, attraverso cui la partecipazione-collaborazione tra la comunità carceraria
e la società libera diventa efficace e concreta è “ IL VOLONTARIATO ”.
Assistenti volontari, sono tutti coloro, uomini e donne, che in forza del loro battesimo, scelgono di prestare il loro servizio, in maniera disinteressata e gratuita, e che ispirati al comandamento della carità evangelica, cooperano nelle attività culturali, ricreative e di sostegno psicologico e morale ai detenuti e alle loro famiglie.
Gli assistenti volontari, negli istituti di pena, rappresentano la comunità ecclesiale che tradizionalmente è stata sempre sensibile ai problemi dei carcerati ed alle altre problematiche socio-assistenziali.
Gli assistenti volontari, sotto la guida del cappellano e in piena intesa con la Direzione del carcere, programmano e realizzano una serie di iniziative a sfondo spirituale, culturale, formativo, ricreativo e professionale per tutti i detenuti che lo desiderano. Con l’iniziativa “spirituale” si intende la formazione liturgica dei detenuti con la preparazione e l’animazione della liturgia domenicale. Con l’iniziativa “formativa” si intende la catechesi in preparazione ai sacramenti della comunione e della cresima o come approfondimento della propria fede e conoscenza della Sacra Scrittura. Con l’iniziativa “ricreativa” si intende la programmazione di tutte quelle attività ricreative (cineforum, scuola di musica, teatro, sport…) che riempiono il tempo libero dei detenuti. Con l’iniziativa “professionale” si intende l’avviamento e l’insegnamento al detenuto di quelle professioni che non richiedono particolari spazi e attrezzature. Queste iniziative servirebbero a riempire quel tempo, che è un eufemismo definire “libero”, che i detenuti trascorrono in cella nell’ozio più assoluto, che si trasforma in un tarlo che logora il detenuto, è il tedio che induce all’ignavia, all’infingardaggine ed è senz’altro deleterio e controproducente per tutti, rischiando che divenga un modo di essere, un vero e proprio stile di vita. Il passare del tempo all’interno del carcere, se non è utilizzato, non serve assolutamente a nulla, serve soltanto a rendere le persone più pericolose, più cattive di quelle che erano all’inizio. Nel carcere di Brindisi, mancando queste iniziative, il tempo (soprattutto quello alle ore 13 alle 17) lo si trascorre tra la cella (15-17) e l’aria (13-15, uno spazio molto ristretto dove si può soltanto andare avanti e dietro) a parlare dei propri problemi e delle proprie vicissitudini. Il tempo libero in carcere è una condanna.
L’ozio fa a cazzotti con la rieducazione.
Da qui l’importanza del lavoro, delle attività formative, ricreative, culturali che vengono svolte dagli assistenti volontari e che riempiono l’ozio dei detenuti.
Tu che leggi questo mio appello, scritto più col cuore che con la penna, non ti senti chiamato, interpellato in prima persona da Cristo che ti ripete: “Sono carcerato, perché non vieni a trovarmi… perché non metti a “Mia” disposizione e fai fruttificare quei talenti che io ti ho dato ? Io, in tanti uomini come te (della tua stessa età,che hanno una personalità come la tua,le tue stesse esigenze, giovani e adulti come quelli che ti vivono a fianco e che incontri quotidianamente nelle strade, che hanno un cuore come il tuo e che soffrono nel corpo e nello spirito)… da dietro le sbarre sporgo le braccia con la speranza di incontrare altre braccia... le tue !
Ti aspetto...vieni a trovarmi !
Non dire subito “no”… ti prego di riflettere… di pregarci su. .può essere il frutto più bello del tuo cammino quaresimale per poter celebrare insieme alla Pasqua del Signore, la tua Pasqua !
Se vuoi… io, P. Giovanni, e il gruppo volontari, siamo lieti di accoglierti… ti aspettiamo !

Un saluto e una preghiera alle persone consacrate che vivono nei monasteri,
alle persone ammalate che leggono questo mio appello.
Vorrei ricordare loro con carità e fraternità, che oltre al volontariato dell’“azione”, c’è il volontariato “spirituale”, quello della preghiera, capace di cambiare e convertire le persone ancor meglio delle attività solidali.

Nelle vostre preghiere, nell’offerta al Signore delle vostre sofferenze,
non dimenticate i fratelli carcerati e le loro famiglie.
Siamo ormai vicini alla celebrazione della Pasqua.
Cristo nostra via, nostra verità, nostra vita, nostra speranza è risorto !
Risorgiamo anche noi insieme a Lui !
Questo è l’augurio che vi giunge dal pianeta-carcere
(Direttore, Personale Civile, Polizia penitenziaria, detenuti, volontari, cappellano).


Per contatto e informazioni:

P. GIOVANNI FABIANO - CAPPELLANO
PARROCCHIA SANTA MARIA DELLA MERCEDE
VIA MERCEDE, 1 - S. VITO DEI NORMANNI
TEL. e FAX 0831/951281 - Cell. 338/9999273

Nadia
(inviato il 29 febbraio 2008)










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