La carezza del Nazareno....


Dal Corriere della Sera del 6 febbraio 2009.
Una intervista, su cui riflettere.


Caso Eluana, parla l’ateo Jannacci: allucinante fermare le cure
«La vita è importante anche quando è inerme e indifesa. Fosse mio figlio mi basterebbe un battito di ciglio»

« Ci vorrebbe una carezza del Nazareno» dice a un certo punto, e non è per niente una frase buttata lì, nella sua voce non c’è nemmeno un filo dell’ironia che da cinquant’anni rende inconfondibili le sue canzoni. Di fronte a Eluana e a chi è nelle sue condizioni — «persone vive solo in apparenza, ma vive » — Enzo Jannacci, «ateo laico molto imprudente», invoca il Cristo perché lui, come medico, si sente soltanto di alzare le braccia: «Non staccherei mai una spina e mai sospenderei l’alimentazione a un paziente: interrompere una vita è allucinante e bestiale».

È un discorso che vale anche nei confronti di chi ha trascorso diciassette anni in stato vegetativo?
«Sono tanti, lo so, ma valgono per noi, e non sappiamo nulla di come sono vissuti da una persona in coma vigile. Nessuno può entrare nel loro sonno misterioso e dirci cosa sia davvero, perciò non è giusto misurarlo con il tempo dei nostri orologi. Ecco perché vale sempre la pena di aspettare: quando e se sarà il momento, le cellule del paziente moriranno da sole. E poi non dobbiamo dimenticarci che la medicina è una cosa meravigliosa, in grado di fare progressi straordinari e inattesi».

Ma una volta che il cervello non reagisce più, l’attesa non rischia di essere inutile?
«Piano, piano... inutile ? Cervello morto ? Si usano queste espressioni troppo alla leggera. Se si trattasse di mio figlio basterebbe un solo battito delle ciglia a farmelo sentire vivo. Non sopporterei l’idea di non potergli più stare accanto».

Sono considerazioni di un genitore o di un medico?
«Io da medico ragiono esattamente così: la vita è sempre importante, non soltanto quando è attraente ed emozionante, ma anche se si presenta inerme e indifesa. L’esistenza è uno spazio che ci hanno regalato e che dobbiamo riempire di senso, sempre e comunque. Decidere di interromperla in un ospedale non è come fare una tracheotomia...».

Cosa si sentirebbe di dire a Beppino Englaro?
«Bisogna stare molto vicini a questo padre».

Non pensa che ci possano essere delle situazioni in cui una persona abbia il diritto di anticipare la propria morte ?
«Sì, quando il paziente soffre terribilmente e la medicina non riesce più ad alleviare il dolore. Ma anche in quel caso non vorrei mai essere io a dover “staccare una spina”: sono un vigliacco e confido nel fatto che ci siano medici più coraggiosi di me».

Come affronterebbe un paziente infermo che non ritiene più dignitosa la sua esistenza?
«Cercherei di convincerlo che la dignità non dipende dal proprio stato di salute ma sta nel coraggio con cui si affronta il destino. E poi direi alla sua famiglia e ai suoi amici che chi percepisce solitudine intorno a sé si arrende prima. Parlo per esperienza: conosco decide di ragazzi meravigliosi che riescono a vivere, ad amare e a farsi amare anche se devono invecchiare su un letto o una carrozzina».

Quarant’anni fa la pensava allo stesso modo?
«Alla fine degli anni Sessanta andai a specializzarmi in cardiochirurgia negli Stati Uniti. In reparto mi rimproveravano: “Lei si innamora dei pazienti, li va a trovare troppo di frequente e si interessa di cose che non c’entrano con la terapia: i dottori sono tecnici, per tutto il resto ci sono gli psicologi e i preti”. Decisero di mandarmi a lavorare in rianimazione, “così può attaccarsi a loro finché vuole”... ecco, stare dove la vita è ridotta a un filo sottile è traumatico ma può insegnare parecchie cose a un dottore. C’è anche dell’altro, però».

Che cosa ?
«In questi ultimi anni la figura del Cristo è diventata per me fondamentale: è il pensiero della sua fine in croce a rendermi impossibile anche solo l’idea di aiutare qualcuno a morire. Se il Nazareno tornasse ci prenderebbe a sberle tutti quanti. Ce lo meritiamo, eccome, però avremmo così tanto bisogno di una sua carezza».

Fabio Cutri


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Più buio attorno a noi. E la vita più insidiata

Da Avvenire del 7 febbraio 2009

- Card.Bagnasco: "Eluana ha cominciato il cammino forzato verso la morte, perché iniquamente privata del cibo e dell’acqua. Benché, ormai, molti riconoscano che per quanto in stato vegetativo persistente, la giovane donna non è attaccata ad alcuna macchina, respira cioè liberamente. Per cui non c’è nessuna 'spina da staccare' come si cerca di far credere, ma per vivere avrebbe bisogno ­ come tutti - solo di essere alimentata, non potendo farlo da sola. Resta però un’altra 'spina', una domanda che non può essere censurata: come è possibile far morire una persona in nome di una sentenza ?
Non dare più il cibo e l’acqua ad una persona, come si deve chiamare se non omicidio ?"

Come si può tollerare che passi nella mentalità comune una pretesa nuova necessità, e cioè il diritto di morire, invece di sostenere e garantire, anche nelle situazioni estreme, il diritto alla vita ? ........

In verità, una domanda si affaccia insistente alla coscienza: non dare più il cibo e l’acqua ad una persona, come si deve chiamare se non omicidio? Di fronte al dramma della vita debole o ferita, l’unica risposta ragionevole e umana che traduce lo struggimento interiore che tutti prende è quella delle Suore di Lecco.

Per quindici anni esse hanno accolto amorevolmente Eluana, vegliandola giorno e notte ed esprimendo fino alla fine il desiderio di generarla ancora ogni giorno con l’amore. Così hanno mostrato, non a parole, come si reagisce all’imprevedibilità del dolore e come si attesta l’indisponibilità della vita.
Una luce si sta spegnendo, la luce di una vita. E l’Italia è più buia.
Un grande vuoto aleggia, destinato ad accrescersi nei giorni che seguiranno.

E non solo perché Eluana non sarà più tra noi, ma perché la cultura egemone avrà ancora una volta negato la realtà, quella del limite, la realtà del dolore che la ragione – pur cercando di alleviarlo – ha sempre considerato parte stessa della vita. La realtà della sofferenza che la fede non esalta in sé, ma che nella croce di Cristo si illumina di significato e di valore. .....

Non perdiamo l’occasione per riaffermare in modo più convinto e corale il sì alla vita
Per questo non possiamo tacere.

Angelo Bagnasco


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DEDICATA A ELUANA

Eluana, piccolo fiore
Tu sei la prediletta
al cuore del Signore.

Tace la tua voce
mentre sei distesa
sul legno della croce.

La tua luce splende
nella notte oscura
di un mondo che non comprende.

Il tuo cuore è una sorgente
che emana amore
sul freddo della gente.

Tu sei un tesoro
molto più prezioso
di un forziere d'oro

Una mano che rapina
al tuo letto si è avvicinata
nella penombra della mattina.

Anche tu, come Gesù,
griderai "Ho sete!"
prima di volare lassù.

Ottienici in dono
quando entrerai in cielo
la grazia del perdono.

Padre Livio
da Radio Maria



" Ho Fame "
Video spagnolo dedicato ad Eluana




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La mentalità che ci vogliono imporre:
nessuno tocchi Caino, ma se un innocente
non parla più e non sa mangiare da solo,
allora lasciatelo morire.
Ma la ragione dice che alla sofferenza
di un familiare non autosufficiente
non si risponde con l'abbandono delle cure.
Per questo non possiamo tacere !

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by Anna
(7 febbraio 2009)








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