La Cuffia Verde


Colloquio di lavoro: due ore passate chiusa
in uno studio lussuoso e molto professionale,
in cui mi presento nei miei migliori vestiti
perché così vuole il copione imposto oggi:
abito di seta bianco e lilla, giacca di lino lilla,
le ametiste di mamma al collo,
ventiquattrore piena di papiri in mano.
Due ore passate a sentir leggere ad alta voce pagine e pagine di cose per me
scritte in un italiano che ora mi suona come una lingua straniera,
una lingua che non mi appartiene.
Due ore di processo e domande
Esperienze lavorative precedenti, lingue straniere,viaggi,
hobby, passatempi (e qui il tempo non passa mai), ambizioni lavorative.
Due ore a pensare che vorrei essere da un'altra parte,
con ben altre facce davanti agli occhi.
E poi firme, moduli, domande e sorrisi di circostanza.
Una volta uscita, mi sembra all'improvviso di ritornare a respirare.
E' stata dura, ma è andata..
Ora non ho fretta non c'è più fretta di fare niente,
m'incammino lentamente verso il parcheggio della macchina,
attraversando una città che oggi non riconosco.
Attraverso la bella piazza del Duomo, su cui il Torrazzo domina maestoso;
mi infilo in una via zeppa di vetrine e
mi ritrovo nei giardini di piazza Roma, semi deserti.
Il chiosco di un baretto vende gelati
e una panchina con su cui sta seduta
una barbona con una cuffia di lana verde, nonostante il caldo:
signora d'età indefinita, sporca come mille donne sporche..
E' un personaggio conosciuto della città,
da anni bazzica sempre le stesse strade
spingendo un carrello da supermercato pieno di tutto il suo mondo,
sacchetti borse sporte retine vecchie riviste e un sacco di libri
dalla copertina fasciata nei fogli di giornale.
Fa caldo, caldissimo.
Mi avvicino al baretto e ordino un cono pesca e melone, i miei gusti preferiti.
Dalla panchina una voce: "A me piace la fragola".
Un gesto alla gelataia, due coni in mano.
Non una parola, anche se vorrei chiederle quali libri ha nel carrello.
La barista sorride guardando noi due,
sedute sulla panchina, che lappiamo i nostri gelati.
Serissime, distinte, silenziose.
Finiamo quasi in contemporanea...
Poi mi alzo, la guardo sorridendo facendo ciao con la mano;
lei mi saluta con due dita portate unite alla cuffia, come un militare.
Mi fa l'occhiolino, ride mostrandomi due denti due
e mi dice: "Ciao,stai serena..".
Salgo sulla macchina infuocata dal caldo e
mi volto a guardarla prima di mettere in moto.
Sotto la cuffia verde lo sguardo è assorto, concentrato: chissà a cosa pensa.
Io a nulla, tranne che vorrei essere senza tacchi,
senza seta, senzaventiquattrore,
senza pensieri, seduta sulla panchina con la sua stessa serenità..
"Stai serena!"

@nn@
(inviato il 5 marzo 2007)




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