UGOLINO

Un tipo strano, dalle movenze nervose, la voce graffiante, tagliata di gola,  le atmosfere scure che ricordavano il beat nero dei Corvi, una soluzione di canto e di canzoni in apparenza scriteriata, qualche accenno di nonsense, Ugolino, al secolo Guido Lamberti, calabrese di nascita ma genovese di adozione, venne alla ribalta verso la fine degli anni '60 con un paio di brani, in apparenza frivoli, in realtà dalla mira esatta. Ma che bella giornata e Meno male che tutto va bene spingevano al sorriso a denti stretti, ma fra le parole figuravano delle rughe di amarezza del tutto cosciente. Con quei brani fece anche breccia sul mercato, ma il personaggio di Ugolino non si impose, evitando di spingere la propria parabola oltre il singolo brano di successo e di curiosità immediata. Scomparso dalla circolazione per anni, senza che di lui si rammentasse nessuno, Ugolino riemerse con un disco di una piccola etichetta Siam rimasti fregati (Pierrot, distribuzione Phonogram, 1977) e alla fine del 1978 con l’album Liberi tutti, album tuttora freschissimi, tutti da riscoprire. Il tentativo non ebbe praticamente esito, e Ugolino, sull’orlo dei 40 anni, scomparse dall'industria musicale. Sembra, a detta di David Zard, che il progetto originario di "Burattino senza fili" di Edoardo Bennato, fosse firmato proprio da Ugolino, che nei primi anni '70 fu costretto a  rinchiuderlo nel cassetto, in attesa che arrivasse il suo momento. "Nel campo artistico nazionale, in generale, compagna di sventura è certo più la fame che il denaro. Le case discografiche parlano di multimiliardari, ma accennano sempre a quei dodici omettendo per galateo, gli altri dodicimila che invece....". Il suo titolo era "Pinocchiaccio". Peccato!!


DISCOGRAFIA


1972 UGOLINO (RCA MSL 10447)

MA CHE BELLA GIORNATA / LA DOMENICA / UN QUARTO DI ROSSO / ERAVAMO UNA BELLA COMPAGNIA / MENO MALE / CAPPUCCETTO ROSSO / SOGNARE / ADOLESCENZA / NEL SOLITO BAR / SONO UN BURLONE


1973 NUDO E CRUDO ( SAAR LPM 2007)

L'OMINO / SPINGI E SPUNGI / IL VITELLO D'ORO / POVERA LUCIA / LA PARTE BIANCA / KAPÒ / MA CHE FURBI CHE SIAMO / ALI DI CARTA / UN GRANDE PAESE


1977 SIAM RIMASTI FREGATI (PIERROT 8400 001)

IL MATTO / DONNE / IL FIGLIO DEL PAGLIACCIO / I PAGANI / LA SPINA BIANCA / L'AMORE SECONDO MATTEO / UOMO D'ALLEVAMENTO / VANGELO DI PERIFERIA / IL POPOLINO


1978 LIBERI TUTTI (PHILIPS 6323067)

LIBERI TUTTI / TI VACANZI TU, MI VACANZO ANCH'IO / COM'ERA BELLO / MATILDE NON LO SA / SIMPATICHE CANAGLIE / IL PIANETA SCONOSCIUTO



Con la collaborazione di Filippo.
Un grande grazie anche a Livio (lballarini@adhoc.net)

Ma che bella giornata (1968 - Rca)

Ugolino è uno di quegli artisti del rock italiano troppo avanti per il panorama musicale degli anni '60, e per questo il suo primo lp divenne un disco volante, ossia uno di quei dischi che sono presto scomparsi dai negozi, anche se a volte riappaiono. I miei nebbiosi ricordi di Ugolino risalgono al suo hit più famoso in versione porno-goliardica nelle scuole romane a metà dei ’70. Ritrovare quest'album in un negozio della capitale dopo così tanti anni è stata una folgorazione… e sì che i dischi del nostro, al secolo Guido Lamberti, sono fuori catalogo da un pezzo. Calabrese di nascita ma genovese di adozione, Ugolino venne alla ribalta verso la fine degli anni '60 con un paio di 45 che entrarono in hit parade, Ma che bella giornata e Meno male. Accompagnato dal complesso Gli Arcivescovi, Ugolino fece pure un'apparizione nel film I magnifici fresconi con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia, suonando tra titoli di testa proprio Ma che bella giornata: magro, dal volto scavato e i capelli scarmigliati neri, le movenze nervose che anticipavano di 30 anni il ballo tarantolato di Axl dei Guns & Roses. La sua voce graffiante, autarchica, tagliata di gola, e le atmosfere scure delle musiche, in apparenza sembravano eredi del beat nero dei Corvi, ma in realtà Ugolino era già proiettato nei '70. La stessa copertina dell’album si richiama infatti delle alle covers psichedeliche del ‘68, ma i testi e le musiche sono già calati oltre le belle utopie di quegli anni.

L’ellepì, intitolato come il mitico hit, è una sorta di concept-album. Le canzoni sono mixate sfumando una dietro l’altra senza soluzione di continuità ed è in pratica la cronaca di una giornata tipo di un baldo giovane di quei tardi anni '60. Mentre si sentono dei ragazzi che tornano a casa dopo una serata insieme, con l'augurio che il giorno dopo andrà meglio, in sottofondo c'è il leit motiv della canzone rifatto con una tastiera a rendere l'atmosfera sognante, brutalmente interrotta dall’attacco di Ma che bella giornata, cattivissima filastrocca rock, cantata con quell’ironia mista a sofferenza di chi lavori truci e giornate tutte uguali li ha vissuti veramente: “Ho fatto il garzone, poi il cameriere…poi il cantautore” si confesserà in un’intervista e nel lato B del 45 giri Ma che bella giornata con l’inedito Gianni il barista. E sia detto per inciso il tutto assume un piglio più vero e più nobile rispetto ai visi gonfi d’ozio e lampade solari di tanti cantanti e boy bands di oggi, che coi costi delle autoproduzioni odierne sono pure quasi tutti o ricchi di famiglia o belli raccomandati o a cinquant’anni suonati coi panfili e le ville fanno finta di essere ancora ribelli... e chi vuol capire capisca. Scusate la digressione. La Domenica è il brano seguente, con un bell'inizio marziale, e il basso in bell'evidenza: la domenica del villaggio dopo tante belle premesse “tutti lì davanti al video quando inizia Carosello”, un quadretto familiare che sembra di un secolo fa. Segue Un quarto di rosso, amara confessione di un alcolista, dall’incedere classicheggiante, per interrompersi improvvisamene in uno scherzoso girotondo. Eravamo una bella compagnia, ballatella malinconica, sembra di sentire qualcosa dei riferimenti al music-hall dei Kinks o degli stessi Beatles. Meno male è una marcetta apparentemente semplice con un violino da carosello napoletano, in cui il testo dolce-amaro fa già intravedere il futuro rimbambimento che ci daranno gli spot pubblicitari. Cappuccetto nero è una fiaba fantascientifica, con quartetto d'archi: una Eleanor Rigby più cupa e drammatica in cui la terra è diventata inabitabile per la guerra e l'uomo si è trasferito sulla luna. Sognare è al contrario una riflessione dolce-amara sull'utopia di un mondo migliore, che sfuma con dei coretti beatlesiani. Adolescenza, è una stupenda ballad sulla paura di crescere, l'amarezza per il tempo che passa, con continui cambi di tempo e un’atmosfera, ora goliardica, ora tristissima. Nel solito bar è un'altra ballata sulla solitudine, quasi catartica e purgatoriale. Sono un burlone, conclude l'album, ed è una marcetta spagnoleggiante in cui il toro-Ugolino viene ucciso nell'arena e poi risuscita cantando “sono un burlone, sono un tipo strano, la gente ride ed io le do una mano...”. Una vena teatrale macabra che insieme alla voce graffiante ricorda molto il primo Alice Cooper.


Con tarantelle, saltarelli e caroselli, Ugolino cercava una via italiana al rock, tanto che in un’intervista di molti anni più tardi arriverà ad affermare: “Guarda che il rock è nato dalla tarantella e non bisogna dar retta alla gente la quale dice, che noi il rock l'abbiamo importato”. Con quei brani fece anche breccia sul mercato, ma il personaggio di Ugolino risultò troppo scomodo e fu surgelato dai discografici. Scomparso dalla circolazione per anni, senza che di lui si rammentasse nessuno, Ugolino riemerse con un secondo disco capolavoro per una piccola etichetta Siam rimasti fregati (Pierrot, distribuzione Phonogram, 1977) e infine Liberi Tutti del 1978.

Valerio Simei