Presentazione
de
Le canssôn dla piòla
Se c’è un’istituzione torinese dura a
morire, nonostante la civiltà delle macchine trasformi l’individuo in uomo-massa (e
Torino sia una delle punte avanzate di questa trasformazione) è la «piola ». Se
traducessimo il termine vernacolo di «piola» semplicemente con quello italiano
di «osteria», questa sua sopravvivenza non desterebbe invero meraviglia alcuna:
anche l’uomo-massa mangia, beve, brinda e s’ubriaca. Ma in «piola», oltre che
svolgere le succitate azioni, l’uomo canta, vive, discute, s’umanizza; e
«cantare» in un certo modo, senza adeguarsi a facili versi e a scontati moduli musicali,
è un azione squisitamente individualistica. Quasi una reazione al livellamento dei costumi, quasi
una rivolta al sovvertimento delle tradizioni: un sistema per salvarsi
dall’intruppamento e per sfuggire ai tentacoli dell’alienazione.
Qui, a mo’ di documento, abbiamo raccolto alcune delle vecchie canzoni di
«piola» che chiunque può ascoltare nelle sere d’inverno nelle spoglie osterie della
riva «non nobile» del Po, oppure nei borghi, dove esistono ancora locali che
differiscono dai caffè grondanti di neon e riecheggianti di ju-boxistiche voci. Ed
abbiamo altresì inserito alcuni testi originali (ma «piolisticamente» impegnati) nati per
il «cabaret» «Le canssòn dia piola» rappresentato nel febbraio del ‘65 al «
Gobetti» per il Teatro Stabile della Città di Torino, con Silvana Lombardo, il «chansonnier» Roberto Balocco e a cura di Dino
Tedesco. Più che un disco «divertente» o meramente nostalgico, abbiamo voluto
offrire ai piemontesi e agli altri, un documento del nostro costume. Così va inteso
questo LP: e così si giustificano talune sue «grosseries», certe espressioni
colorite, certi suoi personaggi che sono tuttavia autentici, e perciò culturalmente
accettabili, così come lo è ogni documento di folklore. Roberto Balocco, dunque,
presenta una «sua» Torino, che non è quella di tutti. E’ la città degli «individui» che
bevendo, cantando, ubriacandosi talvolta riescono a sfuggire al «deserto rosso».
O perlomeno ci provano. (1965)
PIERO NOVELLI
Nato nel febbraio scorso come uno spettacolo senza grandi ambizioni, a mezza strada tra il cabaret
dialettale e il documento d’anima regionale, meglio ancora cittadina e
torinese, le Canssôn dla piola, le canzoni d’osteria raccolte da Piero
Novelli e da Roberto Balocco, hanno subito trovato un insolito
successo, sia sui palcoscenici torinesi, sia su quelli della provincia. E il
successo, indubbiamente, ma soprattutto un gusto radicato e affettuoso per le
cose della loro città, Torino, quelle più intime, delle quali la «piola»
è certo un esempio, hanno convinto Novelli e Balocco a dare un
seguito a quella rappresentazione. Ecco, dunque, una nuova raccolta di motivi
cresciuti nella particolare atmosfera dell’osteria subalpina, la «piola» appunto, che un certo
spirito di periferia torinese, gelosissimo delle sue tradizioni, mantiene
superstite isola di originalità nella livellata civiltà dei
costumi. E’ quasi un circolo chiuso, rapido a respingere lo
sprovveduto che lo avvicini in cerca di colore locale, senza un
gusto e un atteggiamento ben precisi, consoni a una compagnia
sboccata, pronta allo scherzo e, spesso anche alla provocazione. Mentre
smentisce i luoghi comuni sul piemontese soltanto gran lavoratore, privo di fantasia e immobile, conferma
contemporaneamente certi aspetti aristocratici del suo carattere, con un fondo di individualismo
anarchicheggiante, in parte istintivo, in parte rispettoso della mitologia della riva non nobile del Po.
C’è un po’ l’anima del «bistrot» nella «piola» e la nostalgia dei bei tempi della «piccola Parigi»
nelle sue zone più anticonformiste. E chi la frequenta non è un anonimo e
spersonalizzato cliente di asettici caffè lucidi di neon e cromo, ma un
tipo che ha saputo conservare la sua carica umana e va cercando negli amici e nel vino — la
solida e buona barbera — degno conforto alle sue pene e celebrazione alle sue gioie. Poi, dopo la
bevuta, salta su uno con la chitarra e nascono le canzoni, senza preoccupazioni di linguaggio e di
temi. Capita che si tocchi la poesia del quotidiano e del popolare, magari tagliata con l’accetta,
bisogna riuscire a capirla dietro strofe che non portano gli abiti della domenica. Sempre c’è
grinta e umore, un tangibile piacere di divertirsi. Novelli e Balocco, oltre a raccogliere questi
motivi, ne hanno scritti dei nuovi e in loro si sente il «piolista»
allegro ed ironico. Li interpreta Roberto Balocco che si è rivelato chansonnier di talento, per
le doti musicali e per quella sua voce che incrocia timidezza, rabbia e beffa con risultati singolarmente
efficaci. (1966)
GUIDO BOURSIER |