QUARTO STATO


È stato uno dei primi gruppi della Cooperativa L’Orchestra, l'etichetta musicale degli Stormy six. Il loro disco, che prendeva il nome Quarto Stato, uscito nel 1975, ha avuto un certo ruolo nel campo della nuova musica politica, grazie alle numerose esibizioni, sostenute anche all’estero, soprattutto in Germania. Il disco era firmato dai due componenti del Quarto Stato, Nadia Furlon e Mario Acquaviva, che provenivano  dalla Commissione Culturale del Movimento Studentesco, e si avvaleva del contributo di musicisti occasionalmente strappati al terreno jazzistico, Gaetano Liguori, Roberto Del Piano. C’erano alcuni pezzi che si elevavano sopra gli altri, Il brigante, Luca Marano (ripresi dalle tradizioni popolari del sud) e Non è tempo...  Per dissapori con L’Orchestra il Quarto Stato non incise poi più nulla, preferendo suonare in giro e preparare nel 1978 uno spettacolo (“Contrasto”) alquanto ambizioso ma che si tramutò in un disastro a tutti i livelli. Questo forse contribuì allo sfaldamento e alla disgregazione del duo e condusse poi Acquaviva a tentare la via solista, su contenuti e canzoni più agili e divertenti incidendo alla fine del ‘79 un album prodotto dall’etichetta Ascolto, curata da Caterina Caselli e distribuita dalla CGD. Nadia Furlon invece dopo l'importante collaborazione con Gino Negri con cui  presentò alcune trasmissioni RAI ("La musica usata", "Invito alla musica", "Viaggio sentimentale nell'Italia dei vini"), nel 1982 propose lo spettacolo "Un po' comico...un po' chanteuse", scritto da lei stessa e basato su di un accurato studio del Cafè chantant 1900/1930. Collaborò poi per alcuni anni con la "Compagnia Italiana Operette" di Corbucci nei ruoli da soubrette e nel 1995 decise di fondare la Compagnia "La Nuova Operetta", affiancando a sé il regista Romolo Siena. Oggi si occupa anche della regia degli spettacoli di operetta proposti dalla sua Compagnia.


... Lei suona un mandolino lui la chitarra, si danno il cambio alla prima voce alla seconda e alla terza... ogni tanto uno tace e l'altro o l'altra va da solo o sola. Io e con me tutta la platea, ci siamo entusiasmati, divertiti, e commossi ad ascoltarli e vederli. E' importante vederli oltre che ascoltarli. Nadia e Mario mentre suonano e cantano le canzoni che loro hanno inventato... Hanno gesti brevi del collo e delle spalle a tempo e in assonanza... lento girare, inconscio, del viso quasi all'unisono... e poi un arresto legato al gesto della mano sulle corde... e poi di nuovo lo scatto delle spalle a sollevarsi e a scendere in bilancia sul tempo e il controtempo. Insomma... la danza. Le parole di quelle canzoni sono scritte con la musica... sono dentro un ritmo e un'aria. E' quasi ovvio: una canzone come "Tonino e Carlo Magno" non puo' nascere in due tempi,... prima la pagina in scrittura e poi, sopra, la musica, o viceversa, prima la musica e poi dentro le parole... lo si vede benissimo che note e sillabe sono uscite masticate assieme ai respiri e raddoppi di suono e di consonanti...
(Dario Fo)


Il brigante
Sentivi l'odio dentro più duro del diamante
la sera di quei morti al passo del Brigante,
il vento che frustava con brividi d'acciaio
ogni cosa nelle valli imbrunite di gennaio.
Tra le mani una tazza di vino infuocato,
la luna scolpiva lo sguardo gelato,
un agguato improvviso, si sparò sulla vetta,
su quei monti sfiniti si alzò la vendetta.
Italia maledetta, Italia sconosciuta,
quanti figli hai ucciso, da quando sei venuta.
...E  noi contadini ci chiamano briganti
noi lottiamo per il pane e per tirare avanti,
ma non ci fermeranno ne' carcere ne' fame,
la terra, l'acqua, il sole sapremo liberare.
Chi e' morto quella sera stringendo fra le mani
pietre consumate che non gli davan pane,
e' vivo e' un brigante che va come il vento
spazzando nel mondo di chi soffre il lamento.
perchè ci hai messo il cuore, nel sangue e nelle ossa
la coscienza e la certezza di una vittoria rossa.

Non e' tempo...
E' sempre la solita storia
di gente sepolta in collina,
vecchi duri mi da' la memoria
che svaniscono in fondo a una via.
Cade la sera e una rondine
sfiora il tramonto, campane
cantano e un vecchio racconta
dei banditi le gesta lontane.
Fan cerchio i bimbi incantati
guardando battaglie per aria,
gli altri non vedono nulla:
non credono al vecchio che parla.
Ma le ombre al tramonto infinite
presero corpo nei sassi
e gli eroi di fandonie inaudite
sugli ori guidarono i passi.
Si portarono sopra ai castelli,
alle torri, alle regge e alle chiese,
affondaron nei roghi potenti
finchè la notte nel grembo li prese.
Per gente usata al dolore
che storia incredibile e' questa:
e' poco ai potenti il rancore
di chi tiene china la testa.
E un giorno che io camminavo
sulle colline per strade
bagnate, d'autunno, vedevo
uccelli inseguire l'estate...
Pensavo ai fratelli emigrati,
a sperar nella nuova stagione;
il lamento dei tristi ha il sorriso
dei bambini: senza ragione.
Altro Sangue ha colmato la mano
di un'angoscia priva d'età,
ma occhi nuovi hanno armato gli offesi,
il racconto del vecchio e' realtà.
Non e' tempo di avvolgere il viso
nel tuo scialle di lutti, madre.
Dalle nostre rocce digiune
scorse un'esile acqua impaurita,
ma oggi marcia anche lei col gran fiume
incontro al domani della nuova vita.