LE RETOUR D’AFRIQUE (1973) (t.l. Ritorno dall'Africa)
Regia, soggetto, sceneggiatura: Alain Tanner (poesie di Aimé Césaire); 
Fotografia: (16 mm./35 mm. B/n): Renato Berta e Carlo Varini; Scenografia: Yanko
Hodijs; Musica: Johann Sebastian Bach; Montaggio: Brigitte Sousselier, Marc Blavet; 
Interpreti: Francois Marthoret, Josèe Destoop; Juliet Berto, Anne Wiazemsky, André Schmidt, Severine Bujard, Dominique Cetton, Armen Godel, Philippe Gruffel, Jacqueline Guénod, Pierre Holdener, Roger Ibanez, Roger Jendly, Francis Reusser, Jacques Roman, Francois Rouiet;
Produzione: Alain Tanner, Groupe 5 SSR TV Ginevra/Filmanthrope-N.E.F Parigi; durata: 110’.

Siamo a Ginevra, a fine autunno. Francoise lavora in una galleria d’arte e Vincent è giardiniere in una piccola società di cui fa parte anche Emilio, lavoratore spagnolo immigrato. Francoise e Vincent abitano in una soffitta-mansarda della città vecchia e il loro rapporto è ormai alla paralisi. Tra cinefilia e libri sul terzo mondo, sognano, naturalmente, di “cambiare pelle”: potrebbe trattarsi di un figlio o del vecchio sogno di partire in Africa. Decidono per quest’ultima soluzione e scrivono ad un amico che vive in Algeria, chiedendogli quali sono le possibilità reali di raggiungerlo. A stretto giro di posta, Max risponde, invitandoli a partire. La vita, dunque, cambia: Francoise e Vincent vendono tutto e la sera prima della partenza, salutano gli amici con una festa d’addio. Ma, al mattino, un telegramma di Max consiglia di non partire, per il momento, e di attendere una sua lettera con ulteriori informazioni. Convinto che ormai sia questione di giorni, e volendo non rinunciare al sogno, Vincent decide che devono rimanere barricati nella stanza, in cui è rimasto solo il materasso, rifiutandosi di uscire in quella città che non fa più parte della loro vita. Tra una discesa e l’altra alla ricerca, furtiva, della lettera che deve arrivare, i due danno fondo ai risparmi, sperimentando un’assenza totale di comfort, ma anche godendo di molto tempo per riflettere e di uno spazio esclusivo per il loro rapporto. La lettera tarda e quando arriva, otto giorni dopo, è per avvertirli di non partire più: le condizioni sono cambiate, Max stesso sta tornando. Ma la lettera arriva quando già qualcosa è successo: poco alla volta i due hanno deciso di uscire, di avventurarsi in quel «pianeta Marte» che è Ginevra. In una di queste sortite, Vincent incontra Emilio, colpito da un provvedimento di espulsione: così, rinuncia alla clandestinità per escogitare un vano tentativo di salvare Emilio. Ritroviamo i due personaggi nove mesi dopo, in un appartamento della città satellite di Meyrin, vicino all’aeroporto: lui lavora in un enorme orto botanico e lei all’ufficio postale. La loro posizione sociale è peggiorata, ma Francoise ha trovato la solidarietà delle donne che lavorano con lei e Vincent si organizza con altri inquilini per lottare contro la società immobiliare. Decidono anche di avere un figlio, di metterlo al mondo per «farne un traditore della patria». Mentre sopra le loro teste rimbombano gli odiati aerei, lanciano in aria una monetina per decidere chi dei due rinuncerà al lavoro per accudire al bimbo. Sulla monetina in volo, l’immagine si blocca e la testa di Guglielmo Tell ammicca dallo schermo.