LA SALAMANDRE (1971) (t.l. La salamandra)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Alain Tanner: 
Cosceneggiatura: John Berger; Fotografia (16 mm. gonfiato a 35, b/n.): Renato Berta, Sandro Bernardoni; Musica: Patrick Moraz e Main Horse Airline; Montaggio: Brigitte Sousselier, Marc Blavet; 
Interpreti: Bulle Ogier, Jean-Luc Bideau, Jacques Denis, Veronique Alain, Marblum Jéquier, Nathalie, Marcel Vidal, Mista Prechac, Dominique Catton, Janine Christoffe, Marcel Robert, Claudine Berthet, Daniel Stuffel, Violette Fleury, Pierre Walker, Antoine Bordier, Guillame Chanevière, Michel Viaia, Pedro Penas, Jean-Christophe Malan, Francois Simon, André Schmidt, Denise Chollet, Dellya Saviane; 
Produzione: Svociné Ginevra, Alain Tanner, Gabriel Auer; 
durata: 129'

Un colpo di fucile e qualche sfocata immagine al rallentatore aprono, in maniera enigmatica, il film. Rosemonde ha sparato lei allo zio o questi si è ferito da solo? Il processo si conclude con un non-luogo a procedere. Appena tornato dal Brasile, due anni dopo il fattaccio, Pierre, giornalista free-lance e squattrinato, accetta l’incarico di scrivere un soggetto televisivo muovendo dall’irrisolto fatto di cronaca e chiama l’amico Paul, imbianchino e scrittore part-time, ad aiutarlo nell’inchiesta. Il 24 ottobre Paul parte sul suo motorino alla volta di Ginevra, nel freddo, e tutta la storia si concluderà qualche giorno prima di Natale, quando «le feste si fanno vedere minacciose all’orizzonte». Paul, dopo aver parlato con Pierre, comincia subito a immaginare la storia di Rosemonde, ma Pierre vuole i fatti, la verità dell’inchiesta. Uno inventa, l’altro indaga. Il dibattito sul metodo è aperto. Pierre, inseguendone le tracce, trova Rosemonde in una fabbrica: insacca salsicce. Comincia a pedinarla ossessionandola con domande e problemi. Lei, che sembra assente e sbandata, asociale indifferente alla morale comune e a quella del lavoro, se lo porta a letto. Paul non vuole conoscerla, per non danneggiare la sua storia inventata, ma alla fine sarà costretto a “vederla” e tutto cambierà. Tutti e tre partono insieme verso la valle del Jura in cui vivono i genitori di Rosemonde e il bambino che ha avuto a 17 anni. Al ritorno, la ragazza, che nel frattempo ha abbandonato la fabbrica, trova lavoro come commessa in un negozio di scarpe, ma viene accusata di furto e decide di non tornarvi più. Paul e Pierre, intanto, sono arrivati per strade diverse alla stessa verità: Rosemonde ha sparato allo zio, vecchio cittadino «rispettoso dell’ordine stabilito». Ma Paul e Pierre sono anche stati superati dalla vita nel corso del loro lavoro e devono ammettere la sconfitta della loro posizione intellettuale, anche se diversa per ciascuno. È comunque Paul che convince Rosemonde a tornare al negozio e a non lasciarsi ogni volta “annientare” dai suoi nemici. Le insegna anche a distinguere i nemici e a «non spaccare più i vetri da sola». Non saremo mai certi che Rosemonde abbia sparato allo zio, sebbene lei stessa confermi le ipotesi di Paul e Pierre, ma ciò di cui siamo certi è che «la salamandra» (così Paul ha soprannominato Rosemonde perché «la salamandra è un grazioso animale della famiglia delle lucertole. E velenosa. Non teme il fuoco e può attraversare le fiamme senza bruciarsi») s’accorge che la passività e la ribellione sono un’arma a doppio taglio. Così, quando si ribella, lo fa ora con premeditata freddezza. Nel finale del film riesce a farsi scacciare dal negozio di scarpe, mettendo in atto una strategia precisa di provocazione: accarezza sensualmente, con lascivia, i piedi dei clienti cui sta provando le scarpe. Scacciata, se ne va in mezzo alla folla, mentre ogni suono tace e rimane solo il rumore della cinepresa che accompagna la sua passeggiata in ralenti.