compagnosembraieri.jpg (18852 byte)

PINO MASI - COMPAGNO SEMBRA IERI

INTRODUZIONE

Con questo disco ho cercato di raccontare con estrema sincerità la storia di un viaggio. In questo viaggio ci sono tre dimensioni che si incrociano di continuo e che necessitano forse di un minimo di spiegazione. C’è innanzitutto la dimensione del viaggio all’interno di me stesso e della mia crisi, dalle barricate della Bussola ai ripensamenti di Compagno sembra ieri, col coraggio di fare critica e autocritica fino a voler trasformare il senso della mia, ma vorrei dire nostra, militanza politica. C’è poi la dimensione del viaggio nel tempo con le canzoni che parlano dei fatti di ieri fino a quelle sui fatti più recenti: l’amico che si "buca", l’assassinio del compagno Varalli. C’è infine la dimensione del viaggio vero, tra paesaggi diversi, esperienze musicali e umane diverse: la "fuga" di qualche mese, l’incontro con Fatima e Fawzia a Tangeri e quello con Yanì sulla strada di Ibiza, e il rientro nella "realtà", questa realtà quotidiana e le nostre difficoltà di rapporto con essa. Forse questo disco, come tutte le cose che hanno bisogno di tempo per essere stampate e distribuite, arriverà un po’ in ritardo rispetto al momento della crisi che racconto e dalla quale mi sembra di cominciare a uscire; ma spero vi si possano riconoscere quei compagni che, come me, non credono che il Socialismo sia una cosa tutta da rimandare a dopo la "presa del potere".

Concludo ringraziando nell’ordine: Andrea e quei pochi compagni che non mi hanno trattato da stronzo e che mi hanno invece aiutato mentre toccavo il fondo; Fatima e Fawzia che mi hanno insegnato che spesso un amore "strano" è più dolce della media degli amori "normali"; Yanì che in poche ore di viaggio insieme, parlandomi delle sue "utopie" realizzate, mi ha dato più fiducia nelle possibilità di costruire il Socialismo di quanto altri abbiano saputo fare; Vera che mi ama senza tentennamenti — come farà? — da ormai più di cinque anni; Luigi Manconi e Ivan Della Mea che mi hanno convinto a rientrare nel Nuovo Canzoniere Italiano; Anita, Marco e Nicola senza i quali questo disco sarebbe ancora più brutto; Mara Lazzarino che a malincuore mi ha ospitato a Milano a casa sua mentre provavo gli arrangiamenti tra le proteste del vicinato; Nico il tecnico e Franco Coggiola che hanno sopportato le mie nevrosi in sala di registrazione.

Milano, 29 ottobre 1976

PINO MASI

 

FACCIATA  A

1. POVERO MARIO (1967)

Povero Mario l’hanno licenziato
era il più bono di tutto il capannone
ma il tempo è tempo e venti pezzi all’ora
per quel merda che controlla ‘un sono tanti

Trenta è la regola e un po’ di più non guasta
ha detto Piaggio all’ultima riunione
chi fa di meno si cambia e mi dispiace
ma la catena ‘un si ferma ‘un c’è ragione

Povero Mario s’era fatto male
quando allo sciopero di due giorni prima
quel celerino colla ghigna a cane
gli calò la mazzata sulla spalla

Andava piano colla spalla gonfia
a montà i pezzi’ndietro alla catena
e il caporeparto ruffiano del padrone
col cronometro in mano stava a ride

Povero Mario l’hanno licenziato
era il più bono di tutto il capannone
ma il tempo è tempo e venti pezzi all’ora
per quel merda che controlla ‘un sono tanti

Ma un giorno Mario vedrai quella catena
resterà ferma perchè nella turbina
ci si butta il padrone e il caporale
che stanno bene insieme insieme morti.

Ma un giorno Mario vedrai quella catena
resterà ferma perchè nella turbina
ci si butta il padrone e il caporale
che stanno bene insieme insieme morti.

2. BALLATA DELLA BUSSOLA (1969)

Quella notte davanti alla Bussola
nel freddo di San Silvestro
quella notte di Capodanno
non la scorderemo mai.

Arrivavano i signori
sulle macchine lucenti
e guardavano con disprezzo
gli operai e gli studenti

le signore con l’abito lungo
con le spalle impellicciate
i potenti col fiocchino
con le facce inamidate.

Eran gli stessi signori
che ci sfruttano tutto l’anno
quelli che ci fanno crepare
nelle fabbriche qui attorno

son venuti per brindare
dopo un anno di sfruttamento
a brindare per l’anno nuovo
che gli vada ancora meglio.

Non resistono quei compagni
che li han riconosciuti
ed arrivano i pomodori
ed arrivano gli sputi

per difendere gli sfruttatori
una tromba ha squillato
quando già i carabinieri
hanno corso ed han picchiato.

Come son belli i carabinieri
quando picchiano con le manette
i compagni studenti medi
dai quattordici ai diciassette

non la smettono di picchiare
se il colonnello non alza un dito
sono l’immagine più fedele
del nostro ordine costituito.

Già vediamo i carabinieri
che si stanno organizzando
per iniziare la caccia all’uomo
con pantere ed autoblindo;

non possiamo andare via
nè lasciare i dispersi
siamo ormai tagliati fuori
per raggiunger gli automezzi;

decidiamo di resistere
e si fan le barricate
sono per meglio difenderci
dalle successive ondate.

Dalla prima barricata
alla zona dei carabinieri
sono circa quaranta metri
tutti sgombri e tutti neri;

quando cominciano ad avanzare
uno di loro spara in aria
i compagni tirano sassi
per cercare di fermarli.

Loro si fermano un momento
poi continuano ad avanzare
non è più uno soltanto
sono in molti ora a sparare.

Dalla prima barricata
vediamo bene le pistole
ma dalla seconda tutti pensano
che sian colpi di castagnole.

Ci riuniamo tutti insieme
alla seconda barricata
e gli sbirri tornano indietro
vista la brutta parata.
Ancora un’ora di avanti-indietro,
noi con i sassi loro sparando,
e tutti crediamo che sparano a salve
anche da dentro un autoblindo.

Ma ad un tratto vedo cadere
un compagno alla mia destra
in ginocchio con un buco
ed il sangue sui calzoni.

Mi volto e grido "sparan davvero"
e corro indietro di qualche passo
due compagni portano a spalle
il ferito nella gamba.

Correndo forte sulla strada
con alle spalle i carabinieri
vedo Ceccanti colpito a morte
trasportato sul marciapiede.

Malgrado gli sforzi per aiutarlo
è difficile trovar soccorso
mentre gli sbirri ti corrono dietro
e non ti danno un po’ di riposo.

Trovata un’auto utilitaria
e portato via Ceccanti
non ci resta altro da fare
che scappare tutti quanti

Forse alla Bussola per questa notte
i padroni si sono offesi
loro che offendono e ci uccidono
per tutti gli altri dodici mesi.

Sarebbe meglio offenderli spesso
e non dare mai loro respiro
tutte le volte che lor signori
capitan sotto il nostro tiro.

E a questo punto mi sembra opportuno
fare qualche considerazione
sulle diverse e brutte facce
che ci mostra oggi il padrone

Lui ha i soldi per comprarci,
il lavoro per sfruttare
i suoi armati per ucciderci,
la TV per imbrogliare.

A noi non resta che ribellarci
e non accettare il gioco
di questa loro libertà
che per noi vale ben poco.

Non ci resta che ribellarci
e non accettare il gioco
di questa loro libertà
che per noi vale ben poco

3. IL SOLDATO BRUNA (1973)

C’era un tale Riccardo Bruna
contadino in gran povertà
che per colmo diciamo (per ora) di sfortuna
militare dovette andar

Arrivato che fu al reggimento (degli alpini)
e trascorsi i mesi del CAR(Centro Addestramento Reclute)
gli fu dato un bel mulo e l’armamento (pensate, un mulo)
per poter sulla patria vegliar

Venne il giorno dell’esercitazione
i generali in elicottero e jeep
ma tu hai voglia di dar pedate al mulo
sembra sordo e non vuole partir

Scusi tanto signor caporale
ma il mio mulo non vuole marciar
è colpa tua che sei un animale
e che non ti sai far rispettar

Eh no lei si sbaglia signor caporale
io se voglio mi faccio rispettar
lei per esempio mi ha chiamato animale
ed allora si prenda questo qua

Con un pugno sulla testa quadrata
il caporale nella merda finì (era la merda delmulo)
favorisca che è fresca di giornata
così almeno avrò poco da pulir

Si sospende l’esercitazione
e il tribunale militare dirà
nove mesi a Riccardo Bruna
che a Gaeta li deve scontar

Quattro mesi per il pugno al caporale (quattro mesi)
cinque mesi perchè il mulo colpì
parve chiaro anche al tribunale militare
quel che vale un superiore oggidì

Il servizio militare è una prigione
e Gaeta una prigione militare
quel che ha sofferto il soldato Bruna
lo possiam facilmente immaginar

Nove mesi di questa sporca vita
che a dire il vero più vita non è
o cara mamma vorrei farla finita
se non lo faccio è perchè penso a te

E tornato che fu da Gaeta
il comandante (degli alpini) lo manda a chiamar
in fanteria ti faccio trasferire
cosi gli alpini non puoi più disonorar

Prima mi mandi quattro giorni a casa
che è quasi un anno che non ci vado più
niente licenze e niente permessi
il disonore nostro sei tu

O comandante lei non mi dà permessi
perchè non sono stato un bravo alpin
ma chi va a casa qui son sempre gli stessi
quelli che hanno il padre coi quattrin

Sei contadino tu cosa vuoi capire
ho già sprecato troppo fiato con te
se ho deciso di farti trasferire
non mi fa cambiare idea neppure il re

Capua Vetere Reparto Punizione:
il nostro fante— (adesso) —contadino è là
e di licenze neppure l’illusione
tanto sa che nessuno gliene dà

Dopo un mese di questa quasi vita
Riccardo Bruna non ce la fa più
se legalmente qui non c’è via d’uscita (dice)
illegalmente me ne torno su

E gettato per terra il fucile
e la divisa ‘che più non servirà
coi vestiti prestati da un civile
sulla strada di casa se ne va

Son passate otto ore o forse meno
della tanto attesa libertà
ma non aveva neanche i soldi per il treno
alla stazione lo hanno arrestà

Questa volta il tribunale è più severo
un ribelle un recidivo eccolo qua
L’altra volta nove mesi non è vero
questa volta così non finirà

Dieci mesi per la diserzione
quattro mesi abbandono del fucil
tre mesi ancora per la munizione
e la divisa che hai lasciato lì

E mentre stiamo qui a cantare tutti insieme
lui diciassette mesi ancora si farà
ce lo portan via con ai polsi le catene
per otto ore (otto ore) di libertà

Riccardo Bruna da Pordenone,
contadino in gran povertà
se la tua vita è tutta una prigione
questa prigione un giorno salterà

Sarà la forza del proletariato
che sta in prigione ogni giorno con te
a smascherare questo sporco stato
che crede ancora nel duce e nel re

Sarà la forza del proletariato
che sta in prigione ogni giorno con te
a smascherare questo sporco stato
che crede ancora nel duce e nel re.

4. PER CLAUDIO VARALLI (1975)

Ti ho visto la foto è sul "Giorno"
la faccia schiacciata per terra
sembrava una foto di guerra
eppure era solo Milano

Ti ho visto la foto è sul "Giorno"
la faccia schiacciata per terra
sembrava una foto di guerra
eppure era solo Milano

E c’è c’è chi non sa che la lotta
diventa ogni giorno più dura
e c’è c’è chi lo sa ma ha paura
e canta sempre più piano

Ma c’è pure chi non si lascia piegare
dai neri e dai democristiani
c’è chi non aspetta domani
per dire la sua verità

E c’è chi ci lascia la vita
come hai fatto tu a diciott’anni
ucciso dagli stessi tiranni
che ci rubano la libertà

Ti ho visto la foto è sul "Giorno"
la faccia schiacciata per terra
sembrava una foto gi guerra
eppure era solo Milano

Ti ho visto la foto è sul "Giorno"
la faccia schiacciata per terra
sembrava una foto di guerra
eppure era solo Milano

Ti ho visto la foto è sul "Giorno"
la faccia schiacciata per terra
sembrava una foto di guerra
eppure era solo Milano.

FACCIATA B

1. ECCOTI LI’ A PENSARLA (1976)

Eccoti lì a pensarla
e gli ulivi perdono i fiori.
forse è stata la nebbia
che stempera i colori

ad addolcirti dentro
più di quanto sia fuori
anche se hai già creduto
in così tanti amori

Ed è rimasto un attimo
sospeso tra gli ulivi
quel suo sorriso pallido
ma adesso mentre scrivi
non ti senti sicuro
nel dire che tu vivi
aspettando che ancora
quel suo sorriso arrivi

E se questo è l’amore no,
tu non lo devi sapere
lo devi solo vivere
senza capire

Senza contarci come cosa sicura
che poi quando ti manca hai paura

Ed è rimasto un attimo
sospeso tra gli ulivi
quel suo sorriso pallido
ma adesso mentre scrivi
non ti senti sicuro
nel dire che tu vivi
aspettando che ancora
quel suo sorriso arrivi

E se questo è l’amore no,
tu non lo devi sapere
lo devi solo vivere
senza capire

Senza contarci come cosa sicura
che poi quando ti manca hai paura

2. FATIMA E FAWZIA

Fatima e Fawzia due donne
legate da un vincolo "strano"
non solo amicizia ma amore
e il destino che le lascia lontano

Non è Casablanca nè Tangeri
nè il sole di Tiaret che ci serve
ma il senso che muove la gente
diverso da Pisa o Milano

Fatima e Fawzia due donne
legate da un vincolo "strano"
non solo amicizia ma il loro amore
e il destino che le lascia lontano

L’oceano si frange e la grotta
d’un tratto si riempie di suono
di sprazzi di azzurro e di bianco
del mare l’odore buono

La mano che stringe improvvisa
e la voglia di quel corpo acerbo
poi fuori nel vento tra gente
e un ricordo da tenere in serbo

Fatima e Fawzia due donne
legate da un vincolo "strano"
non solo amicizia ma il loro grande amore
e il destino che le lascia lontano

e non è Casablanca nè Tangeri, ho detto
nè il sole di Tiaret che ci serve
ma il senso che muove la gente
così diverso da Pisa o Milano

Qualcosa che abbiamo perduto
insieme all’adolescenza
qualcosa che ci hanno rubato
il lavoro i soldi e la scienza.

3. SULLA STRADA DI IBIZA

Jazmin nella notte profumo
respiro, respiro, respiro di fiori d’arancio
e poi quelle rane, milioni,
quel loro stupendo concerto
di suoni e di silenzio

Seduti sul letto a cercare nel muro
l’inafferrabile senso del nostro presente
capire capire capire
capire capire capire
capire capire e poi niente

Ma una risposta è Yani che va a Ibiza
a fare ricami d’argento per la sua comune
e nella sua voce ancora bambina
la verità che cercavo diventava fiume

Yani, sulla strada di Ibiza
cantava il martello e piegava
il tuo filo d’argento
le pietre di agata al sole
squillavano come parole
lanciate nel vento

Guardavo conchiglie imbiancate dal tempo
posate su cumuli d’oro di sabbia marina
e poi la tua voce che mi raccontava
di una utopia mai trovata eppure vicina

Yani, sulla strada di Ibiza
cantava il martello e piegava
il tuo filo d’argento
le pietre di agata al sole
squillavano come parole
lanciate nel vento.

4. PERCHE’ LO FAI AMICO (1976)

Perchè lo fai amico?
Tu pensi che sulla Terra
tutti ti vogliono morto
ma tu non gli dai torto

Forse ancora il tempo no,
non ti sembra venuto
per portare un saluto
alla nuova poesia?

La vita è troppo grande
per volerla iniettare in una sola vena
e non temere di farmi pena
puoi parlare con me non mi fai pena

Mi fa solo incazzare
di vederti ogni giorno morire
ogni giorno un po’ morire
mentre cerchiamo di vivere

E son lì che guardano gli avvoltoi
quegli sporchi avvoltoi
quasi aspettando che poi
ci si lasci ingoiare

Scegli la vita amico e io sarò con te
nel silenzio dell’alba e nel coro della lotta
nel verde di questa primavera
nella tua risata sincera
ogni giorno fino al tramonto
io sarò sempre pronto
sempre pronto.

5. STAI MORENDO COMPAGNO (1975)

Stai morendo compagno e mi fai rabbia
a vederti in quel letto d’impotenza
lì dove nè l’amore nè la scienza
possono farti più uscire dalla gabbia.
Ma forse mentre noi siam qui
increduli impietriti dal dolore
tu pensi alla tua vita ed al calore
delle tue lotte e dentro te sorridi
e pensi ai giorni del primo dopoguerra
ai vecchi canti al rosso di bandiere
e giù dal colle scendono le schiere
dei braccianti che vogliono la terra

Stai morendo compagno e guardi noi
impauriti qui attorno al letto bianco
e forse vuoi dirci col tuo sguardo stanco
che tu non hai paura di morire
e pensi a quel mattino che
parlavi sulla piazza già gremita
e dei compagni ti rubò la vita
la mano nera armata di tritolo
era il ‘21 e la provocazione
aprì la strada alla gendarmeria
e di trecento rossa fu la via
sotto gli spari fitti del plotone

Stai morendo compagno e mi fai pena
abbandonato ora che sei finito
dai neo compagni di quel tuo partito
che doveva—doveva spezzare la catena.
Ma forse mentre noi siam qui
increduli, impietriti dal dolore
tu pensi alla tua vita ed al calore
delle tue lotte e dentro te sorridi

Perchè sogni la giustizia proletaria
che insorge contro il feudo della fame
portando finalmente un tetto e un pane
attesi con pazienza millenaria.

6. COMPAGNO SEMBRA IERI (1974)

Compagno sembra ieri
eppure ne è passato di tempo
da quando si stava insieme
a ridere cantare bere ed era bello
vivere insieme in piazza e all’osteria
avere un cuore solo una sola allegria
un unico ideale piazzato lì davanti
giorno e notte convinti di far cose importanti
amici da star male l’un verso l’altro attenti
forti, comprensivi fiduciosi e contenti

Cos’è successo poi della nostra allegria
forse il grigio del tempo ce l’ha portata via
o forse è la ragione che ha preso il sopravvento
schiantandoci la testa col senso di sgomento
che vien dall’affrontare le beghe quotidiane
e la lotta personale per un pezzo di pane
lasciandoci sperduti in questo mare di merda
aggrappati a un’ideale che non vuoi che si perda

Sì, compagno ne è passato di tempo e sembra ieri
eravamo uno solo persino nei pensieri
la riunione a sera la notte al ciclostile
il volantino all’alba tutti a distribuire
e insieme nella piazza contro la polizia
portavamo la nostra rabbia, sì ma anche la nostra allegria
e lavolontà di vivere diversi dai borghesi
e passavano i giorni e passavano i mesi

E son passati gli anni e quella nostra rabbia
siamo riusciti quasi a rimetterla in gabbia
ci son riuscito quasi anch’io e non so il perchè
spiegatemelo voi, voi più bravi di me
che avete letto Marx tra i libri di famiglia
mentre io non so—non so cosa mi piglia
quando vedo mia madre che si trascina appena
fare i conti con niente per preparar la cena

"Non è più il ‘68, Masi, c’è l’organizzazione
bisogna che ti entri dentro a questo testone".
Ma dico io se non tieni conto del cuore della gente
partito o non partito non me ne frega niente.
Compagni tutti e subito e guai a chi lo nega
io del processo storico forse non capisco una sega
ma sento il ‘68 che ritorna attuale
compagni tutti e subito se no finisce male

Qui finisce che siccome la strada è tortuosa
c'è chi si perde subito e c’è anche chi riposa
dicendo compagni, il socialismo si farà dopo il potere
e ci nasconde una rinunzia che non vuol far sapere

Non è più il ‘68, lo so, ma a maggior ragione
vivere da compagni almeno a noi si impone
o quando arriveremo forse un giorno al potere
io non so se il socialismo lo sapremo vedere.

prev.gif (150 byte) next.gif (151 byte)