BRIGATE ROSSE

Indubbiamente il maggiore fra i gruppi terroristi italiani; nascono a Milano nel 1970-71 dalla trasformazione di "Sinistra Proletaria". Fra i fondatori ricordiamo Curcio, Gallinari, Franceschini, Cagol, Moretti, Semeria, Pelli, Ognibene, Paroli, Maraschi, Morlacchi, Azzolini. Le BR nascono dalla convinzione che il livello di scontro di classe in Italia stesse portando ad un conflitto sempre più cruento ed, in definitiva, ad un tentativo della borghesia di passare ad un regime autoritario. La formazione di un gruppo armato, che intervenisse essenzialmente come supporto alle lotte di fabbrica, avrebbe dovuto svolgere il ruolo di "disarticolare il comando capitalistico in fabbrica", alimentare, quindi, il conflitto di classe e porre le premesse per la formazione di una più vasta organizzazione politico-militare in grado di fronteggiare i pericoli di involuzione autoritaria. In questa fase le BR (qualche decina di persone essenzialmente concentrate fra Milano e Reggio Emilia) si limitano ad attentati a cose o ad azioni dimostrative (rapimenti o ferimenti) contro dirigenti aziendali; non si registrano omicidi. E’ da notare che, sempre in questa fase, le BR appaiono esterne al dibattito dell’estrema sinistra sulla costituzione del "partito rivoluzionario" né cercano contatti con altri gruppi orientati in questo senso o si proclamano nucleo del futuro partito rivoluzionario. Tale silenzio è da ricondurre anche ad un’ambiguità presente nella linea delle BR, che hanno inteso muoversi talvolta come gruppo di pressione nei confronti del PCI per indurne la base a partecipare al loro progetto di lotta armata. Tale atteggiamento è attestato sia dall’ossessiva imitazione dei rituali, del linguaggio e dei simboli della Terza internazionale (e in particolare di quanto si riferisca alla lotta di Liberazione) sia dall’assenza, per molto tempo, di attacchi nei confronti dello stesso PCI, a differenza di quanto accadeva per gli altri gruppi. Su questa strada le BR incrociano Feltrinelli ed i suoi GAP  che hanno sviluppato una strategia politica affine. Proprio il rapporto con Feltrinelli determina una prima trasformazione delle BR: in una prima fase le disponibilità dell’editore milanese contribuiscono a migliorare la capacità propagandistica delle BR (è di quel periodo il giornale congiunto di BR e GAP "Nuova Resistenza"), in una seconda fase, dopo la morte di Feltrinelli, le BR beneficiano della rete di contatti nazionali ed internazionali dei GAP.

Il "salto di qualità" viene nella primavera del ‘74 con il rapimento Sossi. Questi era particolarmente inviso in alcuni ambienti della sinistra (non solo genovese) sia per il suo passato miltante nelle file missine, sia per il suo ruolo in importanti processi, come quello alla banda del XXII ottobre; ciò non di meno la maggioranza delle organizzazioni dell’estrema sinistra (con l’eccezione, a quanto risulta, di Potop, peraltro in via di scioglimento) parlò di una provocazione orchestrata nel quadro della "strategia della tensione" per danneggiare le sinistre nella loro battaglia referendaria in difesa del divorzio. La conclusione positiva della vicenda - Sossi venne rilasciato - non valse a scrollare i dubbi di molti sulla reale appartenenza delle BR all’area dell’estrema sinistra. Poco dopo scattava la prima ondata repressiva contro le BR: verso la fine di maggio un ambiguo personaggio, frate Silvano Girotto (noto anche come Frate Mitra per una sua presunta e mai verificata partecipazione a movimenti guerriglieri latinoamericani), denunciava ai Carabinieri il gruppo dirigente delle BR:

Ferrari, Curcio, Franceschini venivano arrestati tra giugno e settembre, mentre poco più tardi toccherà a Gallinari e a Buonavita. L’inchiesta, peraltro, finì con il coinvolgere anche altre persone come i redattori della rivista "Controinformazione", che non nascondeva di certo la sua simpatia per le BR, l’avv. Lazagna, ed ex dirigenti di Potop come Negri e Vesce (che invece negheranno sempre ogni rapporto con le BR). Dopo qualche tempo, nel febbraio, un commando guidato da Mara Cagol faceva evadere, con relativa facilità, Curcio dal carcere di Casale, segnando una momentanea riscossa. Ma si trattò di un successo effimero: nel giugno dello stesso anno, i carabinieri intercettano il covo in cui ètenuto prigioniero l’industriale Gancia (che le BR avevano rapito a scopo di riscatto) e nel conflittoche ne segue viene uccisa Mara Cagol. In gennaio Curcio viene nuovamente arrestato, altri arresti seguiranno.

I colpi della repressione smantellano quasi del tutto l’organizzazione: alla fine del ‘75 le BR sono ridotte a non più di 15 persone in libertà. Anche perché, nel frattempo, si è verificata una scissione: Corrado Alunni, Fabrizio Pelli e Susanna Ronconi si allontanano dall’organizzazione per dare vita alle Formazioni Comuniste Combattenti (primi del ‘75).

Ma già a partire dal ‘76 le BR conoscono un’impetuosa ripresa, che pro-seguirà senza soste sino alla fine del ‘79. E’ ancora oggi poco chiaro il modo in cui tale ripresa si è determinata; è probabile che ad essa abbiano concorso vari fattori: alcuni osservatori la collegano a possibili appoggi forniti dai paesi dell’Est (che sarebbero stati interessati in quel periodo ad animare un’opposizione che ostacolasse il PCI nella realizzazione del "compromesso storico"), e alcuni indizi porterebbero in questa direzione; altri, come il noto politologo Giorgio Galli, parlano di un ruolo attivo della malavita organizzata nel consentire alle BR di riprendersi (in cambio di taluni "favori" ottenuti poi da esse) e una serie di episodi (il caso Varisco, il caso Cirillo, ed altri ancora) sembrano confermare questa ipotesi; altri ancora parlano della crisi di alcune organizzazioni dell’estrema sinistra (anzitutto Potop, poi LC) che avrebbe fornito il materiale umano di questa rapida crescita (ed il passaggio di un dirigente di Potop, come Morucci, che costituisce la colonna romana delle BR, lo proverebbe). E’ ragionevole supporre che più di una causa vi abbia comunque concorso, anche se non èpossibile, allo stato presente della documentazione, affermare nulla con certezza. Nel ‘76 le BR apparivano come rifondate: la Direzione Strategica appariva saldamente nelle mani di Mario Moretti, la confluenza di ex militanti di Potop contribuiva a spostarne a "sinistra" la linea politica introducendo consistenti elementi di polemica verso il PCI ed iniziando a prefigurare le BR come punto di riferimento dei vari gruppi armatisti nati o nascenti in funzione della costituzione di un nuovo partito (beninteso un partito sui generis, "il partito comunista combattente").

Soprattutto le BR dimostrarono subito di essere diventate disponibili a forme di lotta ben più cruente del passato: nel novembre del ‘77 con l’uccisione del giornalista Carlo Casalegno, inauguravano la loro lunga stagione di omicidi. Nella loro storia le BR hanno compiuto oltre 500 attentati con una sessantina di morti ed una settantina di feriti; di queste azioni oltre 400 appartengono al periodo successivo al ‘76, con oltre 50 morti ed altrettanti feriti. L’esplosione del movimento del ‘77 trova infatti le BR pronte a reclutare le frange più estreme del movimento per infitti~e le loro azioni. Un’altra modificazione importante delle BR in questo periodo attiene alla loro composizione sociale: inizialmente le BR tendevano a reclutare fra gli operai o, ancor più, nel ceto sociale medio alto (docenti universitari, quadri tecnici, intellettuali, professionisti), tenendosi ben lontane dal mondo dei marginali (preferito, invece, dai NAP), ed anche, in fin dei conti, dal movimento degli studenti. Con la svolta del ‘76 inizia invece un massiccio reclutamento fra gli studenti con qualche sconfinamento anche verso i marginali. Inoltre le BR erano state, nella prima fase, un gruppo esclusivamente concentrato nell’Italia nord-occidentale; a partire dal ‘76 il gruppo si estende sia verso il Veneto che verso Roma, Napoli e la Sardegna.

In questo quadro ha luogo l’azione più clamorosa della storia delle BR: il rapimento di Aldo Moro. La vicenda, durata quasi due mesi, vide un uso assai abile, da parte delle BR, dei mass media e riuscì anche a provocare profonde incrinature nella maggioranza di unità nazionale (i socialisti e parte della DC inclinavano infatti per la trattativa, mentre la maggioranza della DC, il PCI ed il PRI vi erano fermamente contrari). Ma la conclusione della vicenda, con l’assassinio del leader democristiano, rovesciò la situazione scaricando i motivi di contrasto all’interno delle BR e fra queste e l’Autonomia, mentre il quadro politico si ricompattava. Il caso Moro si concludeva infatti con un insuccesso politico delle BR che, pur avendo dimostrato una notevole efficienza militare, non ottenevano alcun riconoscimento politico, e dimostravano di non sapcr uscire dal vicolo cieco nel quale si trovavano. Iniziava così la serie di fratture interne che avrebbe contribuito a portare le BR alla dissoluzione. Innanzitutto la colonna romana, diretta da Morucci e Faranda, si mostrò più sensibile a riallacciare i rapporti con l’area dell’Autonomia. I romani, dopo poco tempo, uscirono per fondare il MCR. Poco dopo, un’altra frattura: questa volta era la colonna milanese, la Walter Alasia, a contestare l’autorità della direzione strategica per chiedere un corso ancor più marcatamente militarista e una maggiore attenzione verso i conflitti di fabbrica. Il gruppo storico, quasi tutto in carcere, nel frattempo faceva sapere di non approvare le scelte politiche della DS e di ritenere insufficiente l’impegno verso i militanti prigionieri dello stato.

Nel frattempo la reazione del sistema politico iniziava a segnare i suoi primi punti a favore: l’approvazione di una legislazione premiale per quanti si "pentano operosamente" (cioè collaborino con l’autorità giudiziaria) apre impreviste crepe nella compattezza del mondo terrorista. E così l’arresto di due dirigenti torinesi, Micaletto e Peci, e la confessione di quest’ultimo, portano all’annientamento della colonna genovese delle BR (sino ad allora ritenuta imprendibile) in un blitz dei carabinieri durante il quale quattro brigatisti rimangono uccisi. Alla repressione si alternano intanto altri clamorosi rapimenti ed attentati (casi Galvaligi, D’Urso, Bachelet).

Altri arresti seguono nell’81, mentre le divisioni si moltiplicano ed inizia una serrata polemica fra l’ala più "politica" ispirata da Moretti (di lì a poco arrestato) e l’ala "militarista" del "fronte carceri" guidata dal criminologo Senzani, che culmina in una scissione. L’ultimo rilancio le BR lo tentano proprio nell’81 con i rapimenti di G. Taliercio (che verrà ucciso), del fratello di Peci (che verrà ugualmente ucciso), di Sandrucci (che verrà liberato) e dell’assessore dc Ciro Cirillo (che verrà liberato dopo segrete trattative in cui interviene anche la Camorra). L’ultimo rapimento, quello del generale americano Dozier a Padova, si conclude con una pesante sconfitta delle BR che segna il loro definitivo tracollo. Vengono arrestati anche i dirigenti della colonna veneta delle BR Savasta ed Emilia Libera, quest’ultima si pente e rivela alla PS i nomi e le sedi di gran parte di quello che resta delle BR a Roma e in Sardegna. In breve tempo la grande maggioranza dei brigatisti ancora liberi vengono arrestati (fra gli altri lo stesso Senzani), mentre le continue scissioni polverizzano le BR in una serie di piccoli gruppi. Alcuni attentati scgnaleranno dei tentativi di ripresa (fra gli altri ricordiamo l’assassinio dell’economista della CISL Ezio Tarantelli nell’85, il ferimento di Gino Giugni nell’83 e quello di Da Empoli neIl’86), ma si tratta ormai di fenomeni residuali, come attesta anche il recente dibattito sull’amnistia agli ex terroristi che, nelle sue premesse (documento Moretti, Curcio, Balzarani), segna la conclusione del ciclo della lotta armata in Italia.

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