Volando allievo i miei problemi.
I miei pensieri sembrano galleggiare dalla realtà, staccarsi per attimi infiniti da questa terra infame, capace solo di possedermi senza pietà, di tollerarmi senza giustizia senza un ordine ben preciso che mi faccia bilanciare.
Mi confondo perciò nelle idee, mi illudo di pensieri contorti e mi violento la memoria di inutili illusioni.
Io non esisto più ormai. Sono sparito ormai da tempo, sono fuggito dai miei mondi terreni per rifugiarmi in una ben più sicura terra.
La mia confusione è così decisa e precisa. Una struttura ben studiata da piccole parti intelligentissime del mio stesso cervello. Studiate così bene da auto confondersi, auto distruggersi, auto fregarsi. Io non saprò mai di tutto ciò, io non saprò mai di tutto ciò che sto scrivendo adesso. È come se il mio fosse solo un impulso meccanico dovuto ad un bisogno quasi fisico immediato, dove l'istinto mi spinge a scovare un vuoto, un punto buio dove magari costruirmi un perché, una motivazione valida… una scusa. 
Una scusa per tutto questo spreco, per tutta questa necessità di morire di scappare di rastrellare ogni mia singola parte anche la più penosa e catastrofica. Scoprire la mia scusa, dare un senso a tutto questo che mi sfugge che mi scioglie a poco a poco e mi logora da impazzire nel cuore, nell'anima, ovunque…
Posseggo centinaia di doti, di talenti nascosti. Incredibili facoltà che mai e poi mai oserò dissotterrare e scoprire. Io mi nego, denuncio il mio stesso corpo. 
Ho le dita delle mie mani avare di emozioni ormai dimenticate, avare di passioni mai avute, affamate di tentazioni da provare da asciugare da mangiare.
Io mi odio.
Io mi odio.
Solo questa può essere la mia scusa, il mio male. Il mio continuo essere in lotta. Io mi odio. Così come un giorno ho odiato altre persone importanti, così come ho desiderato morte per altre persone, desiderato vincere guerre già perse. 
Io sono cresciuto in quelle rovine. Le rovine delle guerre. Io sono cresciuto lì dove tutto era al suolo: la mia dignità, il mio stesso essere, la mia volontà. Tutto questo era a zero.
Calpestando quelle rovine, giocando tra quelle macerie, mangiando solo arida sabbia del passato io sono andato avanti, piano, lentamente, senza fretta. Ho vissuto chiuso in una società soltanto mia, la mia scusa, la mia diversità è tutta qui dentro, in questa città desolata, in questo posto di guerre e battaglie sanguinolente, dove interi pezzi della mia anima si sono frantumati nei ricordi, nel dolore di una vita vissuta, nelle emozioni di vivere…
Solo adesso lo accetto. Non possiedo più le chiavi di quella città devastata, anche se il mio desiderio mi porta spesso tra le sue mura distrutte, la mia paura gioca ancora tra quelle macerie. Sono ancora io in fondo, come mai potrei più cambiare senza conoscere una via, senza avere un equilibrio che mi porti nella giusta direzione.
Non vedo nessuna luce ancora che mi indichi la strada, ma dopotutto non mi resta che stare qui, ad aspettare…

 

giaco