i racconti di Manuel Agnelli (cantante degli Aftehours)

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RICCARDO
Quando vado da Riccardo aspetto sempre di vedermelo lì tale e quale a otto anni fa.
E, immancabilmente, è così.
Ho lasciato un pezzo di mondo nella mia memoria e posso ritrovarlo quando voglio.
Salgo le scale che mi portano alla sua camera, busso, bussare convenzionato...
Mi apre sempre allo stesso modo, con la siringa in bocca, anche se la siringa non c'era otto anni fa.
Ma è proprio la siringa che lo ha mantenuto identico e ha mantenuto così tutti gli altri.
Stesso modo di muoversi, stesso modo di parlare, stesse cose da dire, le stesse battute, gli stessi pensieri, gli stessi pantaloni, la stessa risata, lo stesso amore, che è così scontato che esista che ogni volta ce ne nutriamo come fosse l'unica cosa che ci rimane per cena.
Ed è così.
Come per magia, la siringa lo ha isolato così completamente e ha isolato gli altri così completamente da tutto il nostro conoscere e marcire, che quando voglio sapere quanto sono marcito vado da Riccardo e lui me lo dice.
Mi apre sempre allo stesso modo, con la siringa in bocca.
La tiene dalla parte dalla parte dello stantuffo e fa finta di infilzarmi buttando avanti la testa, ZAC...
E ride, e rido.


RICCARDO II
Ricca ha un pitone.
È lungo su x giù 2 metri.
Se lo tocchi sembra ferro, ma non è viscido come dicono, è solo freddo.
E trovo strano che una cosa così fredda si muova.
Il pitone mi fa schifo.
Ricca gli dà da mangiare dei pulcini.
Proprio come nelle fiabe i pulcini sono gialli gialli, teneri e caldi.
Caldi.
E vivi.
Il pitone li mangia solo vivi.
Ricca li guarda mentre il pitone li ingoia, piano, uno per uno.
Li guarda e sorride.
Per lui è l'orribile meraviglioso spettacolo della natura e della morte, che poi sono la stessa cosa.
Lui è padrone, lui sa, o più modestamente lui osserva, guarda, impara.
O forse lui è solo passivo e mi offre la sua passività come spettacolo.
I pulcini scivolano nello stomaco del pitone, che si allarga a dismisura.
Poi il serpente si arrampica sullo stereo e si accartoccia.
Forse lì è caldo o forse sono le vibrazioni della musica.
Una volta l'ho trovato lì all'improvviso, mentre alzavo il volume.
Odio quel pitone.



RICCARDO III
La settimana scorsa sono stato da Riccardo per la sua disintossicazione.
Da due giorni non toccava la siringa.
Gli ho fatto dei massaggi perchè aveva dolori lancinanti ai muscoli, dice che una volta mentre lo massaggiavo si è addormentato, così mi fa massaggiare sempre.
Però non si addormenta più anzi si lamenta che smetto troppo presto. Gli ho preparato litri di camomilla, perchè mia madre che segue la disintossicazione di decine di ragazzi, dice che non gliu prescriveranno nessun calmante, nessun antidolorifico, niente, che sono ancora più tossici e pericolosi dell'eroina.
Così gli faccio la camomilla.
Litri.
Ma dopo tre giorni non la vuole più, gli fa schifo.
Allora gli faccio dei bagni caldi e i massaggi con le creme.
Riccardo suda.
Suda e puzza.
La stanza puzza ma è buon segno.
Cinque giorni, ormai è fatta.
Vado a casa mia.
Quando ritorno, due giorni dopo, Ricca ha comprato un milione e mezzo di cocaina per disintossicarsi.
Non riesce a resistere ai dolori muscolari, dice.
La cocaina non crea dipendenza fisica, mi dice.
Sarà facile.
Ricca si fa una pera ogni mezzora.
La stanza è un acquitrino di sangue misto all'acqua che usa per lavare la siringa.
Si fa la pera e dopo dieci minuti lava la siringa, spruzzando l'acqua e il sangue per tutta la stanza.
Ridiamo mentre lui spruzza.
Per me è sempre il solito Riccardo.
Ridiamo, va tutto bene.
Però mi muovo con attenzione evitando le macchie di sangue, scanso le spruzzate e NON gli passo la siringa quando me la chiede.
Ogni mezzora.
Come un orologio.
E la stanza è un acquitrino.
E io non so più che cazzo fare.
Una pera ogni mezzora, così si disintossica.
Mentre ride e mi spruzza con la siringa.
È sempre lo stesso Riccardo, va tutto bene.
Ciao.




YVONNE E LE ALTRE
Passo tre giorni a Monaco, poi mi annoio e decido di partire per Amsterdam.
Ho vent'anni giusti.
Prima o poi bisognerà farlo di andare ad Amsterdam nella vita.
Prendo il treno, che è il mio mezzo preferito e cerco subito uno scompartimento dove ci sia una ragazza.
Una bella ragazza intendo.
Ne trovo uno con tre.
Tre ragazze intendo.
Olandesi.
Molto belle.
La vita è splendida, l'atmosfera è elettrica.
Sono entusiasta del mio viaggio, e non è ancora iniziato!
Dunque cosa mi invento adesso...?
Vediamo: Le tre olandesi sono molto annoiate dal lungo viaggio e vogliono fare l'amore con me.
Tutte e tre.
Assieme.
Nello scompartimento.
Le tre olandesi sono molto annoiate di fare l'amore nel solito modo e vogliono che io guardi due di loro mentre lo fanno.
La terza è timida ed è contraria.
Mette il muso.
Mi odia.
Le tre olandesi non me la danno ma sono molto simpatiche e mi vogliono ospitare a casa loro, lasciandomi intendere che tutto è solo rimandato...
Invece è tutto bello tutto magico, tutto divertente, ma le tre olandesi non me la danno, e quando scendiamo dal treno non ci scambiamo neanche gli indirizzi, che è roba da studenti...
Sorridiamo mentre loro si allontanano.
Sorridiamo tutti.
Io e le tre olandesi.
Sono contento, è un bel viaggio, l'atmosfera è magica, sono ad Amsterdam e mi sento un pò coglione.
Ad Amsterdam tutte le case hanno le scale ripide ripide.
E ogni volta che uno si arrampica su una di queste scale ha l'impressione di stare su una nave, su un veliero, sottocoperta.
Talvolta, arrampicandosi su codeste scale, viene anche il mal di mare.
Il mio albergo è così.
Ripido ripido.
E io stò all'ultimo piano.
La padrona avrà quarant'anni, ma ne dimostra molto meno.
Mi fa impazzire.
Tutto mi fa impazzire da quando sono arrivato ad Amsterdam.
L'atmosfera è pazzesca.
Tutto è tranquillo ma l'atmosfera è pazzesca.
La padrona sorride.
Dice che non sembro italiano, piuttosto francese.
Gli piaccio.
Anche lei mi piace.
Le cameriere, le bariste, le locandiere hanno un magnetismo particolare.
E' come se sapessero tutto della vita eppure sono ancora pure e allegre.
Però sotto gli leggi il perverso e l'estremo dati dalla conoscenza.
Poi arriva il marito.
Simpatico devo dire, ma non c'è dialogo.
Troppi "la vita è così, le donne sono cosà", così esco, "esco a farmi un giro".
Esco.
Amsterdam.
Un negro enorme, sarà due metri, mi chiede in inglese se voglio della coca, dell'eroina, dell'hashish...
sono in decine a fermare i passanti.
Chi spaccia fumo, che è legale, ti ferma con calma e discute, chi spaccia roba pesante ti passa di fianco, zzuuuuuuummm cocainheroin, e non aspetta nemmeno che tu gli risponda, se n'è già andato.
Pazzesco.
Sono fusi.
Sono fatti.
Non vesto come un italiano, così il negro, nervoso, parla in inglese.
Mi offre una quantità incredibile di roba che neanche conosco.
Spazientito gli rispondo in italiano "no grazie"...
E lui in perfetto napoletano "ma allura chi si vinuto affare acchì" Ha ragione.
Devo trovarmi una ragione della mia venuta ad Amsterdam.
Sò già cosa voglio, e mi dirigo nel quartiere a luci rosse.
Qui ci stanno tutte queste signorine dietro queste vetrine che leggono o ti guardano, a piacere.
Sono splendide.
Non ho mai visto donne così belle.
Faccio il giro del quartiere per tre volte ma non so decidermi.
Sono tutte troppo belle.
C'è una tipa vestita di pelle, bruna, con degli strani pantaloni spaccati sui fianchi, stivali fino sopra il ginocchio.
Tutto rigorosamente nero, come i capelli.
Sembra giovanissima, come la maggior parte, diciotto vent'anni.
Poi c'è un'altra tipa biondissima e altissima, con due occhi verdi incredibili...
Di una cosa sono sicuro: da qualche parte entrerò!
Ed entro.
Dalla bionda.
E' davvero alta, perfetta, con il seno piccolo ma splendido.
Si chiama Yvonne.
Ciao Yvonne, io sono Manuel.
Costa trentacinque goulden, venticinquemilalire, "pochissimo", penso.
Sono contento, sono felice, cosa mi fai Yvonne?
Trentacinque per una pompa e una scopata.
Bene.
Mi spoglio.
Lei si toglie la vestaglietta trasparente e il tanga, poi mi sdraia su un lettino che è tutto circondato di specchi.
E' simpatica.
Parla molto bene inglese perchè il suo uomo è inglese, mi dice.
Ha ventitre anni e una bambina di sei.
Presto smetterà perchè la bambina comincia a capire.
Non capisco come una donna così bella faccia questo mestiere.
E glielo dico.
Per fare soldi alla svelta, mi risponde, e mi fa notare che è contenta del complimento.
Non riesco a capire come faccia a fare soldi con delle tariffe così basse.
Me lo tengo per me.
Così non mi sono neppure accorto che mi ha infilato un preservativo.
Sul mio cazzetto moscio da impotente ventenne.
Ma è simpatica, e io le sono simpatico...
Così fa sul serio con la bocca.
E' brava.
E' bravissima.
Ed è bellissima.
Non ci vuole molto per farmelo tirare.
Vedi Sabine, bisogna saperlo fare, e così funziona a meraviglia.
Ci vuole passione.
Una passione che tu non mi hai dato e che questa puttana di Amsterdam, (ma chiamarla puttana è veramente improprio), che questa santa di Amsterdam mi sta dando.
Yvonne è brava e misurata.
Affascinante.
Mi chiede come voglio montarla.
Per me l'erezione è una novità, così non voglio correre rischi e le dico che voglio stare sopra e guidare io.
Me lo infila lei e incrocia le gambe sopra alla mia schiena, poi chiude gli occhi.
E' molto brava a prenderlo.
E' molto brava a fingere.
Con discrezione.
Non vuole farti accorgere che sta fingendo.
Non è grottesca.
Ha stile.
Questa donna ha classe.
E io monto e monto, non sono abituato al preservativo e non vengo più.
Mi struscio un po' ma non troppo perché mi mette in soggezione, non mi sento libero, non mi sento libero di fare quello che voglio, e mi sembra di sentire che lei intuisca quello che provo e lo apprezzi, così a modo suo mi dà di più.
Comincia a muoversi anche lei, sempre di più, e comincia a venire.
Comincia a FINGERE di venire.
È uno spettacolo.
Quanta dedizione, quanta passione per il proprio lavoro e per me!
Finge anche di venire per eccitarmi!
E io mi eccito.
La bacio sul collo, la accarezzo, le prendo i capelli...
No!
I capelli NO!
Mi toglie le mani, non devo spettinarla...
Mi blocco.
E' il primo segno che rivela tutta la farsa.
Lei lo capisce.
Chissà quante volte le è già capitato.
Mi accarezza.
Mi sorride.
Ricomincia a muoversi come se avesse voglia...
Ricomincio anch'io.
Sono contento, mi piace, mi piace questa donna.
Monto monto monto monto e lei viene o fa finta di venire, ma magnificamente.
Finalmente so che sto per venire.
Anch'io!
Le braccia mi tremano, sarà mezz'ora che sono nella stessa posizione...
E vengo.
Benissimo.
Tremo tutto.
Mi accascio su di lei sudato.
Sembra contenta.
Ride.
Dolce.
Non mi mette nessuna fretta, ma io mi rialzo subito.
È per non crearle troppo fastidio.
Abbiamo stabilito, io ed Yvonne, la perfetta intesa fra cliente e venditore: cortesia, rispetto, discrezione passionale, intesa, CAMERATISMO.
Perfetto.
E' meglio che l'amore.
E io sono un po' innamorato di Yvonne.




LO SPIRITO DI JIM
Stavo dormendo saporitamente, dovevano essere tra le tre e le quattro di mattina, quand'ecco che una musica fortissima e improvvisa mi sveglia di soprassalto: era "Riders On The Storm" dei Doors.
Ed ecco che davanti a me mi trovo questo personaggio luminescente...
Spirito: "Sono Jim Douglas Morrison, ignorante, non vedi"?
In effetti le sembianze erano piuttosto simili...
"Ok, provamelo"...
Spirito: "Provarti cosa? Non sono mica un santo che faccio i miracoli...
Sbrighiamoci invece che ho il tempo limitato...ti faccio paura?"
"Sì mi sto cagando addosso, sbrigati che ci ho sonno, Cristo"!
Spirito: "Ok, ok, è piuttosto semplice...Dicono che io abbia detto troppe parolacce in vita e per punirmi hanno escogitato qualcosa di non troppo forte ma fastidioso"...
"Ti fanno inculare da un iguana gay...Yahahahahahaha"
Spirito: "Perdo i capelli".
"Cristo"!
Spirito: "Già"...
"E io che ci posso..."?
Spirito: "Sono stato dai migliori specialisti ma mancano di quello che tu hai...
Tu hai la fede! Tu hai la fede nei capelli!!!
Tu mi puoi trasmettere la tua forza (Riders on the storm ricomincia a tutto volume).
Tu puoi farmi rivedere la luce della speranza, solo tu puoi...!
"Cristo..."!
Spirito: "Credimi, sei unico...".
Vediamo un po', voi cosa avreste chiesto in cambio?
"Ok, chiaro Douglas che da domani col mio gruppo, gli AFTERALL? siamo in testa a tutte le classifiche, e ispirazione a manetta...".
Spirito: "MI chiamo Jim".
"Era per non essere banale...".
Spirito: "Tutto quello che v...".
Lo interruppi assumendo un aspetto discretamente professionale: "Prendi queste pillole tre volte al dì dopo ogni birra, sono le Triascension , in due mesi sei a posto in barba ai santi"...
Lo vidi guardare la boccetta, alzarla lentamente in controluce, gettarmi uno sguardo interrogativo e affascinante...
Il rischio lo eccitava...
Poi 'Riders' ricominciò e lui sparì...
I dischi cominciarono a vendere a sproposito: interviste, servizi, soldi, donne, fama, etc., etc.
Una sera nella mia villa ricavata dalle rovine Maya di Tulum in Messico, sul mar dei Caraibi, stavo giusto togliendomi dalle unghie del fastidiosissimo e puzzolente caviale quando lo vedo: "Cristo che capelli"!!!
Spirito: "E già cazzo di Budda, porca puttana vacca di tua madre! Sono proprio migliorati un ciulo"!
Aveva una chioma fluentissima e dolce che gli scendeva fino ai calcagni.
Quando stava fermo era eroico e angelico, quando camminava però, spesso inciampava e si tirava i capelli bestemmiando per il dolore.
Spirito: "Porcatroia cazzoinculofiga tette Buddassassinoladroinculocazzo".
"Vedo che ti sei rilassato"...
Spirito: "Cristo ti devo tutto"!
Di niente baby, poi, sai, per il resto mi sta andando tutto discretamente, ho davvero un talento smisurato, credo...non trovi"?
Spirito: "Ebbe, ecco, ora ti devo salutare per sempre cazzo, devo tornare alla festa del cazzo dalla quale sono venuto, allora ciao he? rottinculo..."
"Heilà", gli dissi, mentre spariva attraverso il poster di Amber Lynn, esattamente attraverso la figa, che stava al solito posto, cioè in mezzo alle gambe, aperte e sinuose amen.
Invece andò così:
Riders on the storm a manetta!
Spirito: "Sono Jim Douglas Morrison"!
"Oh Cristo! Oh Cristo un fantasma!!! Chicazzosei? Chicazzosei? Vattene!".
Spirito: "Sono Jim Douglas Morrison"!
"Ohccazzo! Ohccazzo! Via! Via! Vade retro! Maccheccazzovuolequesto"?!!!
Spirito: "Che odore fetente! La mia generazione ha fatto il Vietnam e questi si cacano addosso per uno spirito...".
"Ohccazzo te ne vai o no, non vedi che mi sto cagando l'anima?"
Alchè queste parole dense di spiritualità lo convinsero: mi guardò, non senza storcere il naso, e mi salutò con un leggero gesto della mano, ondeggiandola di fronte alla faccia, ma non sono sicuro, ...forse si faceva aria...
E poi sparì e andò da qualcuno che non aveva caga dei fantasmi, qualcuno meno codardo di me, qualcuno che aveva fatto il Vietnam...chessò...
Forse andò da Michael Jackson.
Io credo però che sia andato dai Nirvana, tutti quei dischi senza neanche una batteria elettronica...MMAH! BHO!...Chissà
Stadifatto che pulire le lenzuola dalla merda fu un lavoro invero disdicevole.



IL MERAVIGLIOSO TUBETTO
Un bel dì presi a masturbarmi davanti allo specchio.
Mi chinavo in avanti sognando di essere penetrato da qualcuno.
Era una cosa forte.
Scopo spesso davanti allo specchio con le donne.
Mi piace guardare.
Loro ma anche me.
Mi piace cogliermi in atteggiamenti e espressioni che non vedrei mai altrimenti.
Ma questa volta volevo essere penetrato da qualcuno.
E più mi masturbavo e più era forte il desiderio.
E non venivo.
Ma certo! Non potevo venire se non soddisfacendo la mia voglia!
Il corpo me lo vietava.
Cominciai a pensare che sarebbe stato molto improbabile che un candidato si fosse presentato in quel momento alla porta.
E non avevo nessuna voglia di interrompere un bel niente per cercare qualcuno e soffocare la mia estasi.
Così se proprio non c'era qualcuno ci poteva forse essere qualcosa.
Cominciai a guardarmi in giro ansioso.
Oggetti di tutte le fogge, per lo più impossibili, mi si paravano dinnanzi
C'erano pettini, pinzette, spazzolini, spazzole, rasoi, tubetti di creme, ecc.
Notai subito che una foggia interessante l'avevano i tubetti dello sciampo e quelli dei balsami e delle lozioni.
Anche fra questi, però, bisognava scegliere con intelligenza.
Alcuni di loro presentavano insidie non del tutto intuibili ai profani.
Certi si aprivano a clic, cert'altri subivano un improvviso ed enorme allargamento subito dopo il tappo.
Infine i più micidiali erano confortevolmente stretti ma con i bordi del tappo rigati o taglienti o quadrati.
Bisognava scegliere bene ma bisognava scegliere in fretta, perché la voglia era ormai divenuta insopportabile e la libido poteva farmi commettere qualsiasi scemenza.
Finalmente la mia scelta cadde su un tubetto di lozione per capelli.
Era cilindrico e sufficientemente stretto per un principiante come me.
Le pareti erano liscissime.
Plastica - pensai, - infrangibile.
Cominciai a spalmarmi abbondantemente di crema intorno all'ano, affondando di tanto in tanto con le dita, lentamente.
Era una sensazione splendida.
Al bando i bacchettoni! Quanto è bello scoprire che non sappiamo tutto di noi!
Le dita riprendevano a scivolare, facile, sorprendentemente facile.
Prima una, poi due, poi tre...
La voglia di avere qualcosa di più grosso era devastante e cresceva proporzionalmente ai miei tentativi.
Pensai che era molto femminile, questo desiderio di essere riempiti, di avere qualcosa di grosso dentro, e mi rammaricai, ma solo per un attimo, delle miserande dimensioni del mio pene.
Quanto poco avrei potuto soddisfare lo stesso desiderio in qualcun'altro.
Finalmente tastando trovai il tubetto, e lo cosparsi di crema con una mano mentre con l'altra continuavo a masturbarmi lentamente, o a penetrarmi con le dita.
Ero in preda all'estasi, in balìa della mia voglia.
I movimenti erano frenetici e sconnessi; cominciavo una cosa e passavo subito ad un'altra!
Finalmente decisi di infilarmelo.
Incontrai qualche resistenza prima, che mi chiarì subito la differenza fra un oggetto rigido e uno di carne, ma poi, rilassando i muscoli e spingendo con l'ano verso l'esterno il tubetto entrò.
Meraviglioso!
Era Meraviglioso!
Quanto mi ero perso sino a questo momento.
Il mio uccello subì un inturgidimento improvviso che capivo essere meccanico.
Poi però notai che la concentrazione era sull'ano, dentro, e il pene si rilassò leggermente.
Il tubetto sarà stato largo tre-quattro centimetri, un vero cazzetto.
Lo muovevo lentamente, ma molto lentamente, avanti e indietro, perchè ero sul confine fra l'incredibile piacere e il dolore.
Strinsi i muscoli dell'ano tutt'attorno.
Anche questo era bello.
Poi li rilassai totalmente facendolo entrare ancora di più, sempre molto lentamente.
Mi accorsi solo allora che stavo gemendo di piacere.
Ristrinsi i muscoli dell'ano e di tutto il corpo, oggi così...
Ripresi a masturbarmi con insistenza, tutti i muscoli tesi a venire, tutto il mio corpo voleva venire.
E finalmente venni, e allora accadde il miracolo.
Sentii l'orgasmo partirmi da dentro, da un punto abbastanza preciso dentro, e contemporaneamente sommarsi anche fuori con l'uccello.
Tremavo terribilmente mentre venivo per tutta la stanza, un orgasmo devastante.
Mi ritrovai chino, appoggiato sul lavandino, col fiato ancora grosso e una mano che reggeva il tubetto ancora dentro.
L'ano premeva per espellerlo, così lo tirai fuori piano e abbastanza dolorosamente.
Ero esterrefatto.
Cercai di evitare di pensare a quanto male mi ero fatto a non provare prima questa cosa.
Non capivo più niente.
Mi sdraiai sul letto ancora ansimando.
Bisognava cercare qualcosa di più morbido e di più grosso.
Il giorno dopo al supermercato la mia attenzione non fu rivolta al padiglione delle economicissime insalate confezionate, ma a quello dei costosissimi balsami in tubetto.
Le signore passando notavano questo capellone magro e spettinato fissare per lunghissimi, interminabili minuti tutti i tubetti dello scaffale, prenderli, rigirarli, misurarli con la mano...
Poi trovai quel che cercavo.
Era lì in mezzo allo scomparto, dove uno non si aspetterebbe di trovare mai, così facilmente, quello che cerca.
Naturalmente era un balsamo economicissimo.
Scoprii subito che i balsami più costosi non hanno anima, con le loro forme contorte e pompose.
Questo era lì, semplicemente perfetto.
Era largo alla sommità più o meno come il tubetto che avevo già usato, ma poi si allargava con la giusta proporzione e misura sino alla base.
Il tappo era perfettamente integrato e proporzionato con il resto del corpo ed era eccezionalmente liscio e smussato.
Decisamente studiato per come fosse anatomico.
Anche la lunghezza utile era apprezzabile, e lasciava margine di manovra alla base.
Ma il miracolo, l'incredibile caratteristica che rendeva unico, assoluto questo tubetto, era la morbidezza.
Plastica morbida e sottile ripiena di balsamo.
Dovevo correre a casa!
Dovevo correre a casa a provarlo!
Subito!
Pagai l'incredibile cifra di tremilalire sotto lo sguardo compatente della commessa, che certo pensava che io non capissi niente di balsami.
VOI non capite niente! Stolti!
Avete un prodigio, un solo esempio di comunione di elementi unici e perfetti sullo scaffale, e lo disprezzate!
Guai a voi! Pensai.
E me ne andai con la faccia scura lasciando pensare alla commessa il motivo sbagliato per la mia arrabbiatura.
A casa mi precipitai in bagno, affrettando le operazioni a più non posso, e ripetendo il rituale dell'altra volta.
La crema, le dita.
Ero nudo davanti allo specchio.
Tutti i muscoli tesi.
La faccia persa, pazza, gli occhi semichiusi.
Stavo già ansimando.
E venne il suo momento.
Lo infilai piano sentendolo subito morbidissimo.
Spinsi.
Era grosso, molto grosso.
Mi dilatò, entrò, mi riempì totalmente.
Gemevo per l'enorme piacere di sentirlo tutto, dentro, morbido e grosso.
E venni.
Senza masturbarmi.
Una cosa ancora più devastante dell'altra.
Pensai - Nessuna donna mi ha mai fatto provare una cosa anche solo simile a questa, una cosa così intensa -.
Mi sdraiai sul letto ansimando, contento, felice, entusiasta.
Perchè è meraviglioso scoprire qualcosa di nuovo in noi stessi.
Qualcosa che ci stupisca e ci faccia rimanere senza fiato.
Perchè quando viene la sera, il putrido riassunto che ci faceva l'insegnante, fra i banchi, con la faccia spaventata e gli occhi sbarrati, su come siamo morti, quando siamo nati, e su come sarà oggi, e domani, e domani l'altro, così come è stato per lui, non ci divori il cuore, e poi l'anima, e poi il sonno...
Guardo il soffitto...Sono nuovo come un bambino. E mi addormento.



ROBERTO
Porto Roberto al mare, con la macchina di mio padre.
Lui è più saggio di Riccardo.
Non c'è un segno, non un segno dell'eroina nel suo volto.
Si farà solo due volte al giorno, mi ha promesso, mattina e sera.
Solo dei piccoli tiramisu, per non sentire l'astinenza.
Mattina e sera così non dovremo interrompere la giornata.
Roberto vuole andare da Camogli a San Fruttuoso con una barca a remi.
Saranno venti chilometri.
Il traghetto ci mette quaranta minuti...
Non c'è verso di dissuaderlo, così gli faccio promettere che faremo a metà.
Naturalmente inizio a remare.
Dopo venti minuti siamo poco lontani dalla costa, sono già stanco.
Dopo quaranta minuti Roberto è in crisi di astinenza.
Vuole tornare indietro.
Deve farsi.
Non può remare, deve farsi.
Non può tenere neanche uno dei remi.
Così remo io.
Tornando ci impiego un'ora e mezza.
Saltiamo in macchina, mi tolgo la maglietta, guardo le braccia.
I bicipiti stanno esplodendo.
Bello, penso.
Ci avviamo verso l'interno, sulle colline, prendo una strada sterrata che ci porta davanti ad un piccolo cimitero, uno spiazzo di terra battuta con dei cespugli qua e là.
Roberto si mette dietro, sui sedili posteriori.
E' esperto, si toglie la maglietta, nasconde l'occorrente sotto i bagagli al suo fianco, e, poco alla volta, un elemento per volta, comincia a preparare la siringa.
Scendo dalla macchina, non sopporto di vedere mentre si fa.
L'eroina è la normalità.
Tutti si fanno a Corbetta.
Sono talmente tanti, sono tutti.
Non se ne può più di parlarne.
Non se ne può più di sentire queste cose.
Non importa più a nessuno.
Scendo dalla macchina senza maglietta, mi avvicino ad un cespuglio, mi tiro giù i pantaloni e comincio a pisciare.
Roberto non è come Riccardo.
E' più drammatico quando si fa, è insopportabile.
E' un mio amico, cazzo... si sta facendo e te lo fa sentire.
Sono nudo vicino a un cespuglio, sto pisciando.
Roberto è seduto dietro, a torso nudo, si sta facendo.
Sento un rumore di moto.
Non so cosa sia, non mi importa, ma già sospetto.
Si fa più forte, lo so che è la polizia, l'ho sempre saputo quel pomeriggio, ma non mi muovo, non mi importa, o forse la paura è solo molto in ritardo.
Finalmente realizzo.
Roberto! Bastardo!
IO non mi sono mai fatto. Neanche uno spinello!
Il cuore mi batte forte.
Roberto bastardo!
IO ti porto in vacanza e tu mi metti in questo bordello.
Il cuore mi batte forte.
Lo dirò alla polizia. Eccome se lo dirò.
Io non mi sono mai fatto. Non mi sono mai fatto.
E' solo per il mio amico...
Il cuore mi batte forte, io ho l'uccello in mano, mi sembra mezz'ora.
Gli sbirri sono qui.
Io sono nudo vicino ad un cespuglio con l'uccello in mano.
La macchina di papà è bella, troppo bella.
Su c'è Roberto, nudo.
Si è calato i pantaloni, ha nascosto la roba sotto i bagagli, e fa finta di vergognarsi alla vista dei due poliziotti in moto.
Due culi, pensano.
Due culi figli di papà, che hanno appena finito di incularsi.
Due culi figli di papà con la macchina bella.
Girano la moto e se ne vanno.
Roberto ti maledico!
Io non mi sono mai fatto, e non sono nemmeno frocio.

 

PRIMO SENZA TITOLO (scatologia)

Insomma se scrivere suonare e cantare deve essere naturale come cagare, allora sto diventando veramente stitico. Sono due mesi che devo scrivere questi tre, dico tre, testi per altrettante canzoni. Le basi sono già registrate, ho addirittura cantato dei testi alla cazzo per le voci guida e ancora niente!!! Alle volte mi sforzo, prendo una biro, il sacro foglio di carta e spingo, spingo ... macché! Caghicchio solo qualche parola, che dopo due giorni puzza già di coglionata. Eppure ci sarà un modo. Ci sarà un modo per non buttare sempre al vento la propria energia. Per non regalarla sempre a mezze calzette complessate, a troiette insicure su chi glielo infila con più grazia. Ci sarà un modo per non illudersi che chi ci circonda sia meglio di quello che ci dimostra. Lo devo incidere questo disco, che probabilmente non venderà un cazzo come gli altri, che probabilmente mi mangerà un'altra piccola fettina d'anima e darà occasione ai miei "amici" di mangiarmi il resto. Però, Cristo, i pezzi che scrivo sono proprio belli e mi piace sentirli registrati che mi dicono: "Riesci ancora a cagarci fuori proprio bene! Ti adoriamo ! Sei bravo!". Ma le parole no. Loro mi odiano. E non perdono occasione per dimostrarmelo. Mi dicono: "Hai fatto il koglione eh!? Kredefi di poter fare a meno di noi? Kredefi di essere zuperiore eh!? E ora piangi e ti disperi, perché ti mankiamo. Il E ti senti fuoto e noioso e insighnificante. Ci considerafi kakka senza falore, Kredefi di aferci senza doferci koltifare ... e noi ti lasciamo e tu pianghi miseramente sul cesso, quartandoti il tuo pistolino pikolo." Insomma, morale: " LE PAROLE SONO COME LE DONNE. " 



MORIRESTE PER ME ?

Nelle notti di luna piena, quando c'era l'aria limpida, potevi vedere in lontananza al termine della pianura la raffineria di S.Martino. Tutta illuminata e cosi lontana sembrava una metropoli americana e le sue ciminiere altissime e fumanti la Los Angeles di Blade Runner. Avevamo questo maggiolone Volkswagen grigio e pesante che chiamavamo "la Bismarck" come la corazzata tedesca, e quando la notte era abbastanza luminosa prendevamo la statale da Magenta verso Novara larga, dritta, placida e leggermente in discesa, per poter vedere meglio l'orizzonte anche di notte. La pianura era immensa a destra e a sinistra e noi eravamo veramente dentro lo schermo di un cinema. All'inizio degli anni '80 c'erano solo dark e paninari. Esseri neri, malinconici, tristi e un po' patetici ed imbecilli ormonali, allampadati e vestiti da paracadutisti in borghese. Noi non eravamo né gli uni né gli altri. Avevamo un nostro codice morale, un nostro linguaggio e un nostro abbigliamento. Ci eravamo volutamente chiamati fuori da quella mediocrità e ci crogiolavamo nel nostro eroico e volontario isolamento dalle leggi della società. Troppo giovani e buoni per essere dei reietti. Troppo veri, naturali e coerenti per essere solo degli adolescenti che giocano. Eravamo felici di vivere quella che si sarebbe poi trasformata nella tragedia della nostra vita: l'ebbrezza di essere dei diversi. Ma allora stavamo bene. Una volta ad àrona un poliziotto ci aveva fermati e guardando incredulo il modo indefinibile con il quale ci vestivamo aveva chiesto: "Ma da dove venite?" e Riccardo con un sorriso dolce aveva risposto: "Bzzz Bzzz da Marte. Conosce?". E giù tutti a ridere, anche il poliziotto. Ma era una tragedia. Solo che non lo sapevamo ancora. Stefano era il più bello, aveva gli occhi azzurro trasparente, lo sguardo dolce e un'eleganza naturale. Poz era il più malinconico, ma qualsiasi cosa facesse gli riusciva bene. Riccardo era il più indipendente e furbo di tutti noi. E Roberto aveva un senso dello humour cosi sottile che ancora rimane la cosa che mi manca di più in assoluto. Poi c'ero io, il predicatore del gruppo, l'uomo che metteva sempre tutti alla prova per poterne rimanere deluso. Cinque giusti. Pigiati nel maggiolone con le bottiglie di birra vuote, "i cadaveri", nel baule che suonavano una danza balinese ad ogni curva. E cosi, in una di queste notti mentre andavamo verso la raffineria ascoltando per lo più "Los Angeles's stories" dei Gun Club o i Wall of woodoo, io ero solito domandare serio: "Morireste per me?". E tutti ridevano e mi pigliavano per il culo. Tutti tranne Roberto. Eravamo belli. Molto belli. Forse anche un po' nazi a crederci e a determinare! Razza superiore ed eletta. O forse eravamo solo un po' froci e non lo sapevamo. Comunque la raffineria di S. Martino di notte era uno spettacolo anche da vicino. C'erano le case degli ingegneri e degli operai tutt'attorno che la tacevano assomigliare ad un centro commerciale nella città del futuro. E noi percorrevamo lenti, in macchina, le stradine asfaltate e recintate che passavano attraverso i depositi e le ciminiere. Cosi, vivendo solo di quello, come quando uno rimane nell'abitacolo all'autolavaggio, sotto i rulli e gli spruzzi. Una giostra. Inebriante. Una sera d'inverno l'aria era particolarmente pulita e luminosa e decidemmo di andare dalla raffineria alla centrale idroelettrica di Bereguardo. Era appena nevicato e per il riflesso della luna sulla neve sembrava quasi giorno. Qualcuno doveva aver piazzato le luci di un set cinematografico lungo i cinquanta chilometri che stavamo percorrendo. Arrivammo alla centrale e rimanemmo senza fiato. Era ancora più bella della raffineria. La luce tendeva al blu, e la neve prendeva colori diversi a seconda di quello che le veniva proiettato sopra. Di fianco alla recinzione scorreva un canale coloratissimo e fumante. Sapevo che sarebbe successo ma rimasi zitto sino a che a qualcun altro non venne la stessa idea: " Facciamoci un bagno!". Naturalmente dissi subito: "Siete pazzi! Coglioni! L'acqua è gelata e forse è anche radioattiva! Sicuramente è inquinatissima! Ci lasciamo le penne!". E tutti risero e cominciarono e spogliarsi in mezzo alla neve. Ma io dovevo fare il guardiano del gregge e tentai di dissuaderli per dieci minuti buoni, poi finalmente Riccardo entrò per primo, seguito da tutti gli altri. Era un inferno dantesco e anch'io a tratti rimasi affascinato dalle luci, dall'atmosfera, dal silenzio e dal loro coraggio. Sguazzavano felici di quella coglionata, mentre io dalla sponda gridavo: " Siete degli imbecilli! Andiamocene prima che ci scoprano! Vi prenderete tutte le malattie di questo pianeta! E forse anche altre sconosciute! E forse morirete!". E fu allora che Riccardo mi disse piano, a bassa voce mentre nuotava nell'acqua radioattiva: "Tu non sei libero se hai paura di morire. Stiamo facendo l'unica cosa che ci è permesso fare. Tu non sai fare neanche questo. Io morirei per questa coglionata...". Poi si fermò aggrappandosi ai rami che sporgevano dalla sponda e aggiunse: "Ma non morirei per te". Continuai a inveire come se non avessi sentito le sue parole ma non pensavo più a quello che dicevo. Stavo male. Di un dolore rabbioso e grottesco. Come quando scopri che gli altri avevano ragione e tu non ci avevi neanche pensato. Riccardo mi aveva dimostrato che il suo amore per me era vero, non un'amicizia postadolescenziale idealizzata. Non la mediocrità che stavo sentendo io per loro. In "Rumble fish" di F.F. Coppola il padre di Mickey Rourke dice all'altro figlio, Matt Dillon: "Tu non sei come tuo fratello. Tu non hai lo stesso tipo di sofferenza. Lui ha il talento per fare tutto e non ha le possibilità per fare niente". Per anni mi sono domandato se il mio senso di colpa nei loro confronti fosse dovuto al fatto di non averli amati in modo disinteressato, come loro facevano con me, oppure era perché ho sempre saputo che loro avevano un talento più grande del mio, ma ero io, solo io, ad avere le possibilità. Poi ho deciso di smettere di chiedermelo. Ma la loro maledizione aveva delle ali enormi. Veloci. Nere. Ho sempre fatto finta di niente ma le sento abbracciarmi affettuose e calde da dietro. Sono qui e vigilano perché io non m'innamori più di nessuno cosi profondamente. 



ANCHE SE NON HO LE ALI NON SIGNIFICA CHE NON TI AMI

E' salita sulla linea rossa. Inganni. Il terzo vagone della metropolitana. Aveva un fiore tatuato sulla spalla e un anello nel labbro inferiore. la gente ha cominciato a urlare, qualcuno si è anche buttato a terra, ma io non ho mai smesso di pensare che era la più bella. Il tempo ha frenato bruscamente. Allora lei mi ha visto calmo e si è arrabbiata. Si è avvicinata e mi ha urlato: " Anche tu, coglione ! In fretta!". Ma ero rimasto abbagliato dalla sua immagine, quelle erano le prime parole che percepivo e non ho potuto far altro che pensare: "Anche tu cosa?". E' stato allora che ho notato la pistola, ma il mio sguardo si è subito spostato sulla sua mano. la mano lunga e convessa di una danzatrice orientale. Lei si è arrabbiata ancora di più, urlava e con quella mano mi ha tirato uno schiaffo. Non le importava più niente degli altri passeggeri, nulla dei soldi, non si ricordava neppure cosa era venuta a fare, le importava solo della mia calma: " Vuoi fare l'eroe ma sei un coglione. Sei un eroe o sei un coglione? " E prendendomi per i capelli mi ha sbattuto la testa più volte contro il finestrino. A quel punto mi è venuta in mente una cosa e gliel'ho detta: "Sono il tuo angelo custode " . Pausa. " Cosa? " Pausa. " Sono il tuo angelo custode, e tu dovresti nascondere la pistola e, alla prossima fermata, scappare, perchè sento che ti andrà male. " A questo punto ha perso definitivamente il controllo, la pazzia le ha illuminato gli occhi e io ho potuto vedere che era davvero la più bella. Ha cominciato a picchiarmi col calcio della pistola urlando: " Sei nato per portarmi sfiga, bastardo! Ma io ti ammazzo! Ti ammazzo! ". Finalmente il naso si è rotto e il sangue ha cominciato a sprizzare dappertutto, mi è salito dentro agli occhi e per un attimo non ho visto più niente. lei si è fermata e ha sussurrato: "coglione senza ali !" Poi più forte verso gli altri passeggeri: "Coglioni senza ali!". Allora l'azione ha rallentato ancora di più e l'audio è sparito. Ma io ho fatto in tempo a dire che anche se non avevo le ali non voleva dire che non fossi un angelo. " Anche se non ho le ali non vuol dire che non ti ami. " Poi davvero si è fatto tutto lento e ovattato. lei mi ha puntato la pistola nel mezzo della fronte, e si è messa a piangere dal nervoso. Voleva solo spaventarmi, questo lo so, ma noi non decidiamo mai niente. Siamo sempre troppo presuntuosi e il treno ha rallentato troppo improvvisamente. Ho sentito un calore enorme, profondo, bellissimo in mezzo agli occhi e poi è diventato tutto nero. MA NATURALMENTE IO HO CONTINUATO A VEDERE LO STESSO. Ti ho vista immobile, incredula, imbrattata di sangue. Ti ho vista guardare i passeggeri schizzare fuori come mosche da un barattolo, appena si sono aperte le porte del vagone. Ti ho vista capire la tua verità, voltarti, cercare di correre scivolare su un pezzettino del mio cervello e perdere la pistola proprio mentre le porte si richiudevano e il treno ripartiva e il tuo ragazzo-complice, che ti aspettava alla fermata, si voltava correndo e piangendo terrorizzato. Ha pensato che non ti conosceva affatto. Qualcuno ha messo la pausa, poi, per dare il tempo alla polizia di arrivare alla stazione successiva. Allora con la faccia schiacciata contro il vetro della porta sembrava che ci fossi solo tu, su quel treno. E mentre guardavi lui che si allontanava hai pensato che c'eri solo tu. Poi ti sei voltata e ti sei accorta che c'ero anch'io. Un cadavere e una donna finita. Chi è più morto fra noi due? Per un attimo l'hai creduto davvero che io potessi essere il tuo angelo custode. Poi hai pensato che gli angeli custodi non possono morire e la tua razionalità l'ha avuta vinta sulla realtà. Sei proprio una sfigata, Topino, a credere che noi possiamo condizionare la nostra vita. A pensare che gli angeli custodi non possano morire. In realtà siamo veramente liberi solo quando ne abbiamo la possibilità. E non lo decidiamo noi. E anche tu sei cosi. Sei proprio una sfigata, ma io ero orgoglioso di te. Ero orgoglioso di essere il tuo angelo custode. Ho sempre pensato che eri la più bella. Ora che mi hai ucciso però spero proprio che lassù decidano di sostituirmi con qualcun altro. 



FIORETTO

Annapia era un'ex campionessa di scherma. C'eravamo incontrati due anni prima, quando lei non era ancora un'ex campionessa, e quindi era una campionessa. Insomma, io mi ero innamorato dei suoi lunghi capelli neri dei suoi occhi taglienti, neri, delle sue sopracciglia foltissime, nere, del suo pelo. Nero. Lei no. Cosi, dopo quattro mesi mi aveva mollato, partendosene per la Sardegna con qualche amico tedesco. In quattro mesi avevamo tentato (o avevo tentato? devo ancora chiederglielo ... ) di fare all'amore si e no tre o quattro volte, con risultati disastrosi. Una volta mi aveva detto: ".Allora, vuoi levare la tua carcassa da qui sopra o no?" e io ridevo ... Ma la mamma non aveva mica fatto gli gnocchi; cosa ridevo a fare io? Insomma Annapia non mi amava, e il giorno in cui mi aveva lasciato mi aveva detto che non le piacevo proprio fisicamente. Una sera, dunque, vado a una festa per l'uscita del nuovo disco dei Ritmo Treballe, che sono miei amici e ci tengo a dirlo, ed eccola li che te la trovo. Ha tagliato i capelli, che ora sono cortissimi ma gli occhi sono ancora tutti e due dove me li ricordavo e le sopracciglia sembrano ancora più folte e nere. Io non sono più innamorato di Annapia, ex campionessa di scherma, cosi non ho nessuna difficoltà ad avvicinarmi simpatico e darle un bacetto sulla guancia. Lei me lo restituisce, ed è dolce. Sta li con un suo amico omosessuale e mi dice che stavano giusto parlando della nostra storia. Dopo due anni di incontri evitati, di sguardi di traverso, di tensione enorme e di enorme indifferenza, lei è qui e mi domanda: "Come definiresti la nostra storia?". Annapia che parla della nostra storia? Annapia che si sta mettendo fra le mani il coltello che fra poco la sgozzerà? Annapia che si scopre in pubblico e si "ricorda" che c'e' stata una storia? Tutto questo va premiato, cosi dico: "Tutto fuorché noiosa". Ed è vero. Lei sembra compiaciuta. Il suo amico omosessuale è interessato ... Poi la bomba: lei ad alta voce davanti a un testimone (anche se omosessuale) mi propone di tagliarci i capelli a zero e di rimetterci assieme. "Questa è Annapia!" penso io. "Questa pazza personcina cosi imprevedibile e affascinante, questa simpatica ragazza ha capito quanto valgo e come sono bello!" penso lo, e per un attimo due anni di sofferenze atroci, di sveglie forzate alle sei di mattina, di diarrea, di masturbazione depressiva, di scopate senza importanza, di rimorsi, di pentimenti, di parolacce, di violenza scompaiono. Ma per fortuna sembra una bella telenovela e io mi ricordo di tutto altrettanto improvvisamente. E fra le altre cose mi ricordo che io non sono più innamorato di lei e che sto con un'altra donna. Cosi dico. "Non mi piace che lo decida tu". La rido quando lo dico (casomai la mamma avesse fatto gli gnocchi), cosi l'effetto è devastante. O cosi almeno alle povere anime è dato credere. 1-0 per me, senza cattiveria e con stile. "Ora vado a vedere i Ritmo, ma per carità non mi seguire che mi distrai." Rido, (ma che c'avrò mai?). Lei ride. E' il raddoppio. Sto guardandomi i Treballe, quando mi sento palpare il culo, pesantemente. La Nique con le sue manine? La Puce con le sue tettone? Margy o Libby cosi simpatiche? E' ANNAPIA ! Annapia che mi palpa il culo e mi tira i pantaloni e tenta di togliermeli davanti a tutti? L'abbraccio per fermarla e le ricordo la mia imposizione. Cosi, quando dieci minuti dopo lei si allontana per prendere da bere, ecco la carovana di amici che si fa sotto. Uno dopo l'altro. "Complimenti..." "Eeeh uno come te dopo un po' manca." "E adesso cosa fai?" "Però Manu, eh?" "Bravo Manu!" "Vai Manu!" "Alé Manu!" Questa gente non aveva esitato un secondo a distruggere me, le mie opinioni sulla storia con Pia, le mie convinzioni, e la mia psiche. Adesso non esitavano a congratularsi. Gregari. Se fossi stato Merckx li avrei staccati senza neanche guardarli in faccia. Ma non ero Merckx. Cosi dico: "E adesso cosa faccio?". 



GDC Lui è GLICINE DEL COSMO

, signore del cielo e della terra e degli spazi siderali. Pittore, scultore, attore, giornalista, grafico, critico, musicista, musicologo, discografico, manager, perito chimico quasi filosofo, papà fidanzato e pessimo cuoco. E GLICINE DEL COSMO mi dice: "Lo capisci vero Manuel che non combinerai mai un cazzo?". Poi si siede sulla poltrona, apre la sua agendina, alza la cornetta e comincia a fare un numero ... Vorrei dirgliene tante, ma tante ma sono cosi tante ... E lo sono cosi stanco ... Cosi non gliele dico. E invece faccio: "A chi telefoni GLICINE?". Il Vedo se riesco a trovarti un paio di date, cosi tiri su qualche soldo e vendi un paio di dischi, meglio che un pugno in un occhio. Mi alzo e mi metto a contare gli scatoloni dei dischi, belli in pila, appoggiati al muro di. fronte. Nel mercato alternativo italiano, in media, quando il tuo disco ha venduto mille copie è andato bene ... Conto gli scatoloni: sono 4, ognuno da 125 copie. Penso: "Se ne compro una ventina io, apriamo lo scatolone più in alto, cosi è un altro scatolone aperto" GLICINE parla, parla e annuisce. Annuisce come se sapesse già tutto. Lui SA Tutto. Lui conosce tutte le regole del mercato e della musica e della creatività. E sa anche come mi sento di merda quando lui mi dice: "Lo capisci vero Manuel che non combinerai mai un cazzo?". Lui sa tutte queste cose e anche di più, e me lo dice, SEMPRE. Me lo dice prima di salutarmi, me lo dice quando sto per aprir bocca e se lo dice da solo, quando sta pisciando di là nel cesso. Però poi si accorge di parlare da solo e allora alza la voce, cosi che possa sentire anch'io. Riconto gli scatoloni: chissà che con il potere della vista non si consumino e diminuiscano ... Il pensiero mi ha distratto, cosi li riconto ancora ... Il Niente Non c'è niente!": è GLICINE ... "Nessuno vuole organizzare concerti di questa roba, cazzo, te ne devi andare da questo paese, senno'...'' e fa segno con le dita: "ciccia". Il Sei bravo, Manuel, ma di gruppi come il tuo ce ne sono a centinaia... Economicamente la PAX COCK non può andare avanti cosi, se fosse per questi gruppi avremmo già chiuso da un tot. Per ingranare ci vogliono un paio di pezzi con una buona base dance. Io conosco della gente che potrebbe lavorarci su... Ho questo tape di questi ragazzi, i Van Gogh Post Scriptum, questi si possono fare con un po' di lavoro ... E un tape carino, vieni stasera, suonano all'Incrocio." I Van Gogh Post Scriptum suonano all'Incrocio e fanno pure cagare. E' il medioevo: le classifiche pullulano di professionisti eccezionali, magnifici conoscitori dell'arte dell'arrangiamento e della produzione, orribili mestieranti che hanno ridotto finalmente e definitivamente la musica al ruolo di occupazione lavorativa con sindacati, tasse, percentuali, taglieggiamenti, raccomandazioni, il riverbero Dox sul rullante invece che il riverbero Fiss sulla voce, il servizio in terza pagina su "Rockesirizza" che quei figli di puttana non hanno messo perché non gli abbiamo comprato la pubblicità, ecc ... Ma nella musica ufficiale è sempre stato cosi. Ora pero' anche le indipendenti, da fucina di talenti musicali, sono diventate fucina di nuovi piccoli manager-produttori-musicologi. Mostri con la faccia intelligentissima 9 gli occhi intelligentissimi e sanno anche il karate. E non c'è SPAZIO per nessun altro!!! il medioevo. il medioevo e anch'io sto li a contare gli scatoloni, a domandarmi se l'arrangiamento e la produzione della base ritmica non siano troppo spinti, troppo vecchi, troppo nuovi, troppo banali, troppo originali ... E' il medioevo e i Van Gogh Post Scriptum fanno propio cagare.Cosi saluto GLICINE DEI COSMO e vado a casa dove mi spoglio, prendo un tubetto di crema dopobarba, un GROSSO flacone di shampoo e mi siedo sul letto. Metto un po' di crema dopobarba sul medio della mano sinistra e me lo passo intorno e nel buco del culo, poi spalmo anche il flacone. Me lo infilo sotto facendolo entrare piano e cer-cando di rilassare i muscoli dell'ano. Entra facilmente, con il mio compiacente stupore: GROSSO !!! Comincio ad andare su e giù, immaginandomi di esse-re una donna sopra un uomo: sensazione positiva. Poi immagino di essere un uomo sopra un uomo: la sensazione è comunque positiva. Sono completamente in tiro, cosi comincio a menar-melo veloce. E' Il MELDIOEVO. "E' il medioevo" è quello che penso. Continuo a menarmelo velocemente andando su e giù lentamente. Il medioevo. Il medioevo. Il medioevo e comincio a venire. Dura tanto, è dura, ma cerco di non contrarre i muscoli dell'ano. Ho smesso di andare su e già, ma continuo a menar-melo veloce. il medioevo e sto per venire. Sono vecchio, sono passato, sono irreale, sono fuori tempo, sono goffo, sono un fantasma, sono un illuso e sto per venire. 

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