Marta

Marta era una mia amica.
Finiti i tempi dei fidanzamenti ci avvicinammo molto. Alla fine eravamo sempre insieme. Uscivamo con gli amici, bevevamo insieme, ridevamo insieme. Marta mi faceva molto ridere. Quando ci pensavo mi rendevo conto che per me Marta era una salvezza, una boa in mezzo a tutto quel declino che avevo intorno. Con le ragazze andava male, storie finite, storie inutili. Ma adesso avevo Marta, un'amica.
Mi divertivo molto con lei, era talmente espansiva che potevo rinchiudermi nella mia timidezza senza essere scoperto. Non avevo bisogno di sforzarmi di essere quel che non ero. Io non ero sfrontato. Ridevamo molto. Ed ero contento di essere con lei quando uscivo. Sapevo che era una presenza positiva per me nonostante i mille problemi che aveva. Gli stessi miei ma moltiplicati per un miliardo. Solo che non li dimostrava. Uscivamo e ridevamo. Di solito le persone tristi e piene di problemi sono proprio quelle che ridono e sembrano così allegre e stupide, vuote. Ma io la conoscevo, sempre meglio. Ed ero contento. Speravo di essere la stessa cosa per lei: una salvezza, anche piccola, sufficiente almeno a tenerla a galla. Magari a salvarla.
Spesso quando stavamo in qualche posto, in qualche locale le dicevo "guarda quella fica" e lei dava risposte tipo "eh si" oppure "no dai fa caa", da buona toscana.
Al contrario lei raramente faceva apprezzamenti sui ragazzi. Solo che ogni tanto veniva fuori col suo ex ragazzo e poi faceva finta di piangere e rideva nello stesso tempo. Allora io le dicevo pronto "ma daii bastaa", niente di più, niente di meno. Un amico.
Non avevo mai concepito la sua relazione col suo ex come una cosa seria, e in un modo o nell'altro glielo facevo presente, ma mai direttamente o in maniera stronza. Con delicatezza diciamo. 
Io ero egoista? Perché non credevo che una storia potesse finire, avere strascichi peggiori della mia? Eppure di tempo ne era passato, ma io non lo pensavo mai possibile.
Ed intanto ridevamo. Bevevamo. Ci annoiavamo. Tutto insieme ed ero contento di essere con la mia amica.
Un giorno si incontrò un suo amico che era con un altro amico. Eravamo ad una sagra a cena, una di quelle sagre frequenti nella primavera toscana. Io chiacchieravo con gli amici, ballavo il liscio e facevo lo scemo. Passavo il mio tempo. E Marta dov'era? Non la vedevo da dopo cena eppure era con me in macchina. Non me ne importava perché sapevo che avrebbe fatto le mie stesse cose, avrebbe ballato, bevuto, fumato.
Ma curioso volli controllare perché lei era la mia amica Marta.
Alla fine la trovai seduta davanti ad una fontana con l'amico dell'amico. Parlavano. Si erano conosciuti. Sembravano impegnati.
Tornai ai miei compiti.
Dopo qualche bicchierino di cognac venne il momento della partenza: destinazione tornare in città dato che eravamo un po' fuori.
Lei sale con me in macchina come sempre. Tutto normale.
Si parla di quel che è successo, di quanto eravamo bevuti, della bistecca di maiale che mi sono mangiato, di qualsiasi cazzata possibile. Poi lei mi dice "carino l'amico di …"
- cosa ma daii, ti piace quello? - le rispondo subito io - ti piace?
- non ho detto che mi piace, solo che è carino.
- se mi dici che è carino significa che ti piace, che ci usciresti, che ci faresti una storia
- io non voglio più storie
- mmm
Sembra nervosa, e guarda dritto. Non è lei. Non mi sembra lei. - Dai Marta che c'è adesso?
- Cosa vuoi che ci sia?
- Non so sembri incazzata. 
- No che non sono incazzata perché dovrei esserlo.
- Non so, che cazzo ne so. Mi sembrava.
- E ti sbagliavi
- Ok ok
Si torna in città, si va nel nostro solito localino, si beve un ultima birra poi stanchi decidiamo di andare a casa. Lei silenziosa come non mai. Lei non è silenziosa. Lei è Marta.
L'accompagno sotto casa:
- Che hai?
- Niente.
- Ma sei arrabbiata?
- Ma che domande del cazzo fai stasera?
- Non lo so, che domande faccio?
- Domande del cazzo.
- Ok scusa, dai ci sentiamo domani allora.
- Ok notte.
- Notte.
Riparto con la macchina. Mi avvio verso casa. Prendo il solito viale che sboccerà sulla via di casa mia. La mia mente è completamente vuota, di un vuoto irreale. Che mi succede? Sembro un corpo in coma vivente con cervello di zombie. La strada è vuota, nessuno sembra esser uscito e nessuno sembra intenzionato a tornare a casa. O forse sono io a non vedere niente - chi cazzo è quell'amico dell'amico!? che cazzo voleva? È carino? - ed io sto pensando a tutto ciò prima di andare a casa??
Mi fermo, accosto di fronte ad un giardino con le luci accese. Accendo la luce dell'abitacolo, mi struscio un po' gli occhi e mi guardo sullo specchietto retrovisore: a cosa cazzo stai pensando?

 

giaco