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Canonistica, 'scienza sociale'?

1_ Introduzione.

La domanda se il Diritto sia, o possa essere, una `scienza sociale' potrebbe sembrare banalmente posta a chi é abituato ad avere col Diritto un rapporto `moderno', dove alla `Filosofia del Diritto' ed alla `Teoria generale' si affianchino anche altre discipline come la `Sociologia del Diritto' ed altre ancora, atte a collocare il fenomeno giuridico tra le espressioni tipiche dell'esperienza umana; esperienza caratterizzata prima di tutto dall'"essere-con" peculiare della persona umana.

Se questa angolatura di approccio al `giuridico' non trova contrarietà all'interno della riflessione attuale in ambito `civile'[1], la questione non appare, invece, altrettanto `tranquilla' per chi appartenga a quell'area del Diritto che va sotto il nome di `Canonistica': la scienza, cioé, del Diritto Canonico.

2_ Il Diritto come `fenomeno', oggetto delle scienze sociali.

In una prospettiva di immediatezza l'affermazione ciceroniana "ubi societas ibi jus" sarebbe sufficiente per fondare, almeno preliminarmente, la questione: il Diritto é l'espressione tipica della vita-sociale umana, tanto che <<dove non c'é comunità, almeno embrionalmente organizzata, non c'é Diritto, il che si può anche volgere in forma positiva, dicendo che, quando si emanano proposizioni giuridiche, in qualche modo si organizza una comunità>>[2].

Se la lettura ciceroniana del fenomeno giuridico ha certamente una consistenza propria, tipica del Diritto Romano e del mondo romano come tale, strutturato nella sua potenza anche socio-politica proprio dallo `Jus', una lettura del Diritto secondo i criteri `sociali' come quella delineatasi nell'`800 porta con molta minore sicurezza all'affermazione e consolidamento di qualunque struttura/sistema giuridico[3]; non dimentichiamo infatti che l'affermazione del `sociale' come categoria storica inizia a delinearsi proprio con le grandi Rivoluzioni del XVIII sec.[4]

Se le strade intraprese dalla ricerca giuridico-sociale, si tratti di `imperativismo' o `normativismo' o `realismo'[5], sembrano declinare l'interesse per la Filosofia del Diritto, che fino ad allora l'aveva fatta da padrona nel settore, aprendo così nuovi spazi di riflessione e `fondazione' del Diritto ed `estraendolo' dalle biblioteche e dalle Corti giudicanti, facendogli prendere coscienza della sua radice `fenomenica', lo stesso non può dirsi per la Canonistica così saldamente fondata sull'impianto deduttivistico-razionalista dei sec. XVI-XVII[6].

Di fatto, considerare il Diritto come `fenomeno' sociale, antropologico, culturale... tipicamente `umano', lo collocherebbe inevitabilmente fuori dell'ambito `tradizionale' in cui la Chiesa lo ha sempre affrontato: la razionalità deduttiva dello "scire per supremas causas"... dai principi dogmatico-razionali all'ordinamento conseguente della realtà.

La portata del problema é tutt'altro che teorica in quanto, specie nel nostro secolo, proprio con lo sviluppo delle `scienze sociali', il Diritto si é trovato `inquadrato' in una nuova prospettiva che non gli era mai stata `propria', rendendo ormai inservibili gli schemi teoretici utilizzati fino ad allora.

L'approccio sociale (o sociologico) al Diritto creatosi in questo secolo ne ha indubbiamente condizionato notevolmente l'autonomia come scienza-propria sovrapponendosi e reinterpretando un ambito che per nove secoli circa era stato `autonomo' in quanto a `sedi', `operatori', `metodologie' e sviluppi[7].

3_ La scienza Canonistica.

La questione del Diritto come `fenomeno sociale' si pone, per quanto riguarda il Diritto Canonico, proprio nella sua `fondazione'; diventa cioé necessario, in questo nuovo orizzonte epistemologico del Diritto, capire se e perché il Diritto Canonico sia `Diritto' al pari delle altre esperienze umane che vanno sotto la stessa denominazione o procedono dalla stessa `radice metodologica'... E' possibile, cioé, pensare al Diritto canonico all'interno di una `fenomenologia sociale'?

Quel Diritto Canonico che era nato come `scienza' a Bologna, in concomitanza della riscoperta del Diritto Civile romano e gli si era sviluppato parallelamente anche sotto il profilo metodologico, riconosce ora che proprio il cambiamento del metodo giuridico `civilistico', legato alla nuova concezione del Diritto come scienza-sociale, potrebbe essergli fatale!

Se in quell'"ortus conclusus" che la scienza del Diritto era stata fino al sec. XX, il Diritto Canonico aveva trovato una propria collocazione abbastanza `tranquilla'[8] e non aveva opposto sostanziali problemi neppure agli sviluppi ultimi della tecnica giuridica manifestatasi nella `codificazione'[9], nella nuova prospettiva `sociologica' invece lo stesso Diritto Canonico faticava notevolmente a collocarsi subendo anche i contraccolpi di altre neo-nate discipline quali la `Fenomenologia della religione', la `Sociologia della regione'... che non indulgevano proprio alla tutela di elementi `meta-fenomenici' quali la teologia o la filosofia.

4_ La questione epistemologica.

La questione dal punto di vista `canonistico' prese significativamente corpo con gli scritti di R. Sohm[10] intenzionati a `cercare', attraverso le origini storiche del Diritto Canonico, il `punto di sdoppiamento' della realtà ecclesiale nelle sue componenti `dottrinale-carismatica' (la Chiesa della fede) e `giuridico-istituzionale' (la Chiesa del Diritto); riproponendo in altri termini la domanda di Sohm potremmo dire: in questa `bivalenza' di profili quanto `pesa' la componente `sociale', `antropologica', nel Diritto Canonico?

A ben vedere, la riflessione di Sohm ha fondamentalmente ri-individuato e ri-proposto come problematica di fondo proprio la `radice' stessa del Diritto: la `societas'[11]! Il Diritto Canonico nella Chiesa non é opera dello Spirito ma dell'istituzione... carisma ed istituzione si contrappongono elidendosi reciprocamente!

La riproposizione, particolarmente critica, di Sohm provocò una risposta piuttosto `particolare' all'interno del mondo cattolico[12] tedesco che si affrettò a ricercare una fondazione punto differente del Diritto Canonico all'interno di quella realtà teologica che é la Chiesa.

Nell'ambito pre-conciliare del `confronto' tra luteranesimo e cattolicesimo tedesco, pensare ad una componente `sociale' del Diritto Canonico non era possibile... tantomeno era accettabile che il Diritto Canonico diventasse, per una parte almeno, `scienza sociale'! Meglio era riscoprirne le basi teologiche e `metagiuridiche'... lo "Jus Divinum", naturale e positivo, che tanta parte aveva avuto all'interno della Canonistica[13] e che rischiava di essere spazzato via d'un sol colpo con l'ingresso nella Canonistica delle categorie proprie delle scienze sociali!

Un `assaggio' di questi esiti deleteri poteva già essere fornito dai lavori della c.d. "Scuola canonistica laica Italiana"[14], di origine `civilistica', che applicava al Diritto Canonico le stesse categorie utilizzate per il Diritto Ecclesiastico senza curarsi di quanto era canonicamente fondato nella "volontà del Creatore".

In ambito canonistico la discussione si é protratta a lungo, e non può neppure oggi dirsi conclusa, soprattutto ad opera di autori quali Klaus Mörsdorf, Eugenio Corecco e Winfried Aymans[15] che all'insegna del `motto': "Sohm ci interroga ancora" hanno enfatizzato gli aspetti `comunionali' tipici dell'ecclesialità fino a scalzare ogni tipo di componente `societaria' dall'ambito del Diritto Canonico; arrivando perfino a rimproverare lo stesso Concilio Vaticano II di aver `mantenuto', seppur in altra prospettiva rispetto al passato, la categoria di `societas' come `immagine' per definire la Chiesa[16].

In questo modo tutto ciò che in ambito canonistico ha riferimenti o componenti di carattere `sociale' (o societario) viene escluso per principio, esaltando la sola componente `teologica' del Diritto canonico e non riconoscendo alle sue dimensioni più `umane' nessun rilievo, ricusando come `insufficiente' anche una fondazione del Diritto Canonico attraverso le categorie teologiche tipiche dell'Incarnazione[17].

Per questa `scuola' che nega risolutamente ogni pertinenza all'assioma <<del Diritto naturale "ubi societas, ibi jus">>[18], occorre ammettere che, non solo non é possibile riconoscere nessun legame tra il Diritto Canonico e le scienze sociali in quanto tali, ma non é neppure possibile fare `scienza del Diritto Canonico' secondo i moderni criteri delle scienze giuridiche a causa del loro legame troppo stretto con l'ambito e le concezioni sociologiche[19].

In questo modo la scienza del Diritto Canonico si avvicina precipitosamente a Dio allontanandosi inesorabilmente dall'uomo e dalla sua esperienza quotidiana!

5_ La via della `istituzionalizzazione'.

A questa lettura conflittuale della problematica circa il `metodo' (sociologico o teologico) della moderna scienza del Diritto Canonico, é possibile, non da oggi, affiancare una posizione più `serena' da parte della Canonistica: si tratta della posizione/teoria dell'istituzionalizzazione già proposta a suo tempo, in altra prospettiva, da Santi Romano all'interno della sua `teoria ordinamentale' ed accolta come provvidenziale anche in ambito ecclesiologico da autori post conciliari come il filosofo e teologo gesuita J. A. Estrada Diaz[20].

Prescindendo dall'impostazione originaria del Santi che voleva l'istituzione come `tertium' tra norme e precetti, pare possibile oggi vedere l'istituzione stessa come un carattere intrinseco ed un risultato necessario delle norme e dei precetti giuridici in modo tale da costituire il punto d'arrivo della combinazione di persone, cose ed attività che hanno raggiunto la stabilità e vincolatività necessarie perché sussista un'organizzazione giuridica[21]. L'istituzione diventa così il punto di raccordo tra Diritto e società poiché il Diritto non può avere come proprio spazio vitale, o condizione d'esistenza, che una `società'... ampia o ristretta che sia, e di non importa quale `natura'; al punto che anche qualsiasi comunità di fede rientra a pieno titolo in questo concetto di `societarietà' su cui il Diritto come tale si fonda non appena cominci a sussistere un `minimum' di organizzazione.

Un'impostazione di questo tipo porta ad affermare che <<se non c'é una societas (da organizzare e di cui, e/o dei cui membri, regolare la condotta), non c'é jus, e simmetricamente che, se c'é jus, c'é necessariamente una societas organizzata, poiché il risultato inevitabile dell'autentico jus é l'organizzazione di una societas e la disciplina dell'attività sua e/o dei suoi membri>>[22]. D'altra parte é pure necessario ammettere che se la comunità e la sua organizzazione non operano realmente come tali vengono a mancare sia la comunità organizzata, sia il Diritto[23]; ma questo nella Chiesa non é mai successo, poiché fin dagli inizi la comunità costituitasi intorno al Cristo ed erede del suo `mandato' era `organizzata'[24].

Il problema che viene a porsi nello scegliere tra un indirizzo `sociologico' della scienza del Diritto Cononico ed un indirizzo `teologico' non é di debole portata, in quanto uscire da una prospettiva in qualche modo/grado `societaria' negando la corrispondenza strutturale comunità-Diritto (societas-jus), potrebbe significare anche la vanificazione di ciò che mai un teologo del Diritto potrebbe abbandonare: l'esistenza, cioé, di uno jus divinum![25] Il teologo del Diritto Canonico, allora, per `salvarne' la ontologica e costitutiva fondazione `divina' arriverebbe all'assurdo di cancellare il Diritto stesso... assente dove manchi una qualsiasi forma di socialità; né basterebbe sottilizzare a questo punto sulle differenze tra `società', `comunità' ed altre tipologie di `aggregazione' inter-personale di cui la scienza antropologico-sociologica é ben esperta e che mai potrebbero, comunque, traslarsi nel concetto di `communio'.

Una matura visione istituzionalizzante si pone in questa prospettiva come una vera soluzione senza `sconti' nei confronti di nessuna delle istanze di base del problema:

a) corrispondenza strutturale comunità-Diritto (la Chiesa é Popolo di Dio non in senso puramente emotivo-comunionale);

b) fondazione `dall'alto' di un certo numero di precetti (lo jus divinum, soprattutto `positivo');

c) nascita `dal basso' di una buona parte delle norme concrete che integrano l'ordinamento (integrazione dell'esperienzialità umana storica e culturale);

d) non conflittualità sostanziale tra i diversi elementi che intervengono nel consolidare l'istituzione ecclesiale (non c'é conflitto tra `carisma' ed `istituzione' poiché l'unico modo per `conservarsi' del carisma é proprio la sua istituzionalizzazione);

e) possibilità concreta di `progresso' dell'ordinamento canonico stesso (senza dover `totemizzare' nessuna delle sue concrete espressioni fenomeniche)[26].

6_ L'istituzionalizzazione secondo il padre Estrada Diaz.

In questa linea di sviluppo l'apporto del padre J. A. Estrada Diaz si pone come emblematico nella sua sinteticità e trasparenza al riguardo.

<<E' giustificabile lo sviluppo istituzionalizzante [della Chiesa e del suo Diritto] partendo dalla prospettiva delle scienze sociologiche e della storia? E' realmente esistita la possibilità che la Chiesa non si istituzionalizzasse nella misura in cui lo fece e che mantenesse un modello molto più carismatico come quello proposto nelle comunità paoline? Penso che tanto la sociologia religiosa che quella delle istituzioni, come la antropologia culturale possano fornirci alcuni elementi che ci aiutino nella nostra valutazione del fenomeno.

In questo senso mi sembrano particolarmente chiarificatrici le riflessioni di Max Weber, sopra la costituzione carismatica e le sue possibili trasformazioni[27]. Nel suo studio sui diversi tipi di dominazione Weber studia la dominazione carismatica seguendo precisamente la descrizione che fece R. Sohm sulla struttura carismatica della cristianità primitiva[28]. Weber studia il processo di evoluzione da una costituzione carismatica verso le differenti forme di rutinizzazione o "quotidianizzazione" del carisma. La "struttura carismatica" é sempre qualcosa di singolare che risponde ad una situazione straordinaria. Tuttavia precisamente per la sua singolarità é instabile e tende a convertirsi in tradizione e associazione razionale.

L'individuale carismatico cede il passo al disciplinare collettivo

. Questo processo Weber lo qualifica "oggettivazione del carisma"[29], oggettivazione che fa che si passi da una grazia personale ed intrasferibile a carisma trasmissibile, acquistabile o vincolato ad un incarico. E' ciò che storicamente si é dato con la successione apostolica e con l'ordinazione che trasmette un carisma ed una capacità per svolgere una funzione o un ministero.

Questo processo di rutinizzazione del carisma é secondo Weber una costante attraverso la quale il gruppo tende alla sopravvivenza.

Nella misura in cui il gruppo carismatico cresca di numero, più necessaria si fa la organizzazione e la disciplina che per sua propria naturalezza é aliena alla "irrazionalità" propria del carismatico. La organizzazione o istituzionalizzazione del gruppo in questione tende ad integrare i fattori emotivi e razionali ed a subordinarli alla disciplina comune.

E' qui in gioco la stessa sopravvivenza del gruppo. E questo accade anche con il culto, che si oggettiva in orazioni, cerimonie e rituali comunitari, attraverso i quali la comunità esprime la propria identità collettiva. Senza queste oggettivazioni la preghiera permarrebbe in uno stato individuale e non sarebbe possibile un culto comunitario. L'azione comunitaria necessita di simboli comuni.

Sorgono così tradizioni, culto, organizzazione amministrativa e ministeri come risultato dell'evoluzione della comunità carismatica. La istituzionalizzazione non é altro che il risultato della oggettivazione ed abitudinarizzazione del carismatico. La morte del leader carismatico pone il problema di come determinare il suo successore o di come conservare il suo carisma, cioé, il problema dei ministeri e della tradizione. L'autorità personale del carismatico lascia il passo all'autorità della tradizione o di un ordine legale, ed il canone degli scritti fondamentali si delimita contro gli attacchi alla pratica tradizionale o originaria. Questa razionalizzazione e complessità del gruppo carismatico é incompatibile con la spontaneità, irrazionalità e libertà creativa dello stadio primitivo carismatico della comunità. Poiché inevitabilmente l'adesione personale al leader carismatico (il discepolato basato sulla conversione), lascia il passo alla congregazione dei credenti che non hanno accesso diretto al carismatico fondatore se non attraverso le mediazioni (tradizione, ministri, culto).

Riassumendo, per Max Weber il processo di istituzionalizzazione del gruppo carismatico é inevitabile, e senza di esso il gruppo finirebbe col disperdersi e sparire. Il medesimo esito di una comunità carismatica porta con sé la regolazione del carisma che si istituzionalizza. Questa progressiva istituzionalizzazione appartiene alla struttura di sopravvivenza del carisma.

Questa prospettiva sociologica di Max Weber é confermata da altre scienze umane che sottolineano l'importanza e la funzione delle istituzioni. Così per esempio la antropologia culturale di A. Gehlen[30] presenta le istituzioni come qualcosa di assolutamente necessario, risultato della tendenza umana alla distensione e dell'istinto di socialità che porta alla creazione di istituzioni per la distribuzione del lavoro, costume ed abitudini. L'attività razionale umana e la condotta rituale e rappresentativa dell'uomo é il fondamento antropologico delle istituzioni, che si vanno autonomizzando rispetto all'uomo. In questo senso Gehlen stabilisce una antitesi tra soggettività umana e oggettività delle istituzioni, in ciò esse sono un male necessario ed inevitabile[31].

Anche dalla prospettiva della sociologia e della conoscenza P. Berger e T. Luckmann sottolineano l'importanza e la funzione delle istituzioni[32]. L'uomo solitario ed isolato é un animale e solo la socializzazione fa che l'animale razionale diventi un essere umano. Berger e Luckmann ci mostrano il processo di crescita come una costante socializzazione dell'uomo, nel corso della quale le istituzioni si convertono in una realtà oggettiva che determina il nostro ambiente medio e la nostra coscienza. La realtà che percepiamo é istituzionalmente configurata, ed il potere si traduce in capacità di produrre realtà sociale. Le abitudini con cui l'uomo si difende dall'imprevedibile sono il fondamento della istituzionalizzazione, e nel passaggio dalla prima alla seconda generazione si produce il consolidamento delle istituzioni che appaiono come una realtà oggettiva, duratura ed autonoma rispetto alle proprie origini storiche. L'uomo crea istituzioni, che a loro volte ricreano l'uomo.

Queste riflessioni sopra l'istituzionalizzazione potrebbero estendersi in forma illimitata appoggiandosi in altri autori[33].L'importante é che la scienza dell'uomo e della società coincidono nell'affermare l'inevitabilità del processo di istituzionalizzazione inerente a qualunque gruppo umano. Esistono differenze di apprezzamento rispetto al valore positivo o negativo delle istituzioni, però c'é un consenso generale in ciò che riguarda la loro importanza e necessità nella vita umana, tanto a livello individuale come di gruppo>>[34].

Com'é possibile notare una lettura istituzionalizzante della realtà ecclesiale permette di comprendere anche il `suo' Diritto in una chiave sociologicamente `compatibile'... adeguata anche alle altre forme di `Diritto' che oggi concorrono ad integrare il sempre più vasto panorama giuridico, rendendo `agevole' il `ritorno' ad uno dei pilastri della stessa istituzionalizzazione: la teoria c.d. `inter-ordinamentale' di Santi Romano, ai cui primi passi era agganciata anche la nostra riflessione[35].

7_ Conclusione: per una nuova Canonistica.

In questa prospettiva occorre collocare anche il crescente interesse e `credito' attribuito dalla stessa Chiesa alla `socialità' a partire dal Concilio Vaticano II.

Come oggi nessuno più si ritiene scandalizzato dal vedere/sapere la Chiesa impegnata nei più diversi settori ed ambiti del `sociale'... come appare addirittura irrinunciabile la presenza ecclesiale all'interno del tessuto e della cultura `sociale' dei nostri giorni... come cresce l'impegno, anche magisteriale, a favore della socialità dell'esistere umano e cristiano... così non dovrebbe più far temere una Canonistica che, riconoscendo con maggior efficacia e precisione ciò che all'interno dell'ordinamento ecclesiastico é `sociale' e quindi storicamente collocabile ed interpretabile, sappia meglio sottolineare ciò che appartiene alla diretta volontà del suo Fondatore, distinguendolo dalle norme che sono solo "precetti di uomini"[36].

Si tratta indubbiamente di un nuovo cammino che impone soprattutto una riflessione accurata sul metodo d'indagine e di ricerca scientifica; ed é forse qui che si può collocare la `novità' del rapporto Diritto Canonico--scienze sociali: nella `ri-fondazione' della Canonistica come moderna scienza autonoma la quale, anche se attiene a norme rivelate (il Diritto Divino), non é riducibile a semplice filosofia o teologia ma <<é scienza autonoma, con propria specificità, non solo nel proprio oggetto materiale>>[37].

In fondo l'apporto principale delle moderne scienze sociali si colloca ben prima a livello di `metodo' che non di `dottrine'[38] offrendo così una valida e proficua opportunità di confronto `alla pari' proprio in questa specificità che le differenzia tanto dalle scienze `naturali' che da quelle `umanistiche': il legame imprescindibile col dato `umano' concreto e `verificabile'... quella `fenomenicità' cui nessuna disciplina giuridica potrà giustificatamente sottrarsi se non vuole negare la propria natura pratico-'deontica' o, peggio, confonderla con quella enunciativo-formale tipica della filosofia e teologia[39].


pubblicato in: IL DIRITTO ECCLESIASTICO, ed. Giuffre', CXI (2000), vol 4, p. 1093