Il non voto: tra miti e leggenda


Premessa. Il fenomeno per cui una certa percentuale di cittadini non vota prende il nome di astensionismo. Fin dalla nascita della Repubblica il diritto di voto in Italia è stato esercitato da una percentuali di cittadini significativamente alta fino agli anni ’70 per poi scendere sensibilmente, in particolare nelle regioni meridionali, fino al 57% delle ultime elezioni europee (2014), che ha portato così alla instaurazione di un parlamento europeo eletto con un misero 43% di votanti, evidente segnale di malcontento -generalizzato a livello europeo- nei confronti della attuale situazione economico-sociale e della casse dirigente in genere. Forse la classe politica dovrebbe prendere più seriamente questo fenomeno che esprime una forte insoddisfazione dell'offerta politica istituzionale non meno consapevole di un "voto di protesta" o di un "voto nullo", piuttosto che un indifferenza qualunquista.

Iniziamo dai miti. Non è vero che le schede bianche - né tantomeno le nulle – vadano alla maggioranza, esse non vengono assegnate a nessuno. Ai fini della ripartizione dei seggi e dell’eventuale premio di maggioranza infatti concorrono i soli voti validi che sono per definizione i voti validi espressi mentre le schede bianche e quelle nulle concorrono esclusivamente alla formazione della percentuale votanti nonché al quorum nei casi di referendum.

Leggenda. E’ opinione diffusa credere sia in qualche modo sanzionata l'astensione dalle elezioni per una o più tornate elettorali, questo perché in altri tempi era in parte così, ma procediamo con ordine. L’art. 48 della Costituzione definisce il voto “dovere civico” pertanto non legato ad alcuna sanzione giuridica. Tale nozione viene ribadita nemmeno dieci anno dopo nel DPR n.361 del 20 marzo 1957 all’art. 4 c.1 dove però il voto diventa anche un “diritto”, ma c’è di più. Nello stesso decreto l’art. 115 recita:

“L'elettore, che non abbia esercitato il diritto di voto, deve darne giustificazione al Sindaco del Comune nelle cui liste elettorali è iscritto […]
Il Sindaco, valutati i motivi che abbiano impedito l'esercizio del voto, procede alla compilazione dell'elenco degli astenuti […]
L'elenco di coloro che si astengono dal voto nelle elezioni per la Camera dei deputati, senza giustificato motivo, è esposto per la durata di un mese nell'albo comunale.
Il Sindaco notifica per iscritto agli elettori che si sono astenuti dal voto l'avvenuta inclusione nell'elenco di cui al comma precedente entro dieci giorni dalla affissione di esso nell'albo comunale.
Contro l'inclusione nell'elenco degli astenuti gli interessati possono ricorrere, entro quindici giorni dalla scadenza del termine di pubblicazione, al Prefetto che decide con proprio decreto. Il provvedimento del Prefetto ha carattere definitivo.
Per il periodo di cinque anni la menzione «non ha votato» è iscritta nei certificati di buona condotta che vengano rilasciati a chi si è astenuto dal voto senza giustificato motivo." Legge integrale

Tale comma è stato però abrogato dal D.Lgs. 20 dicembre 1993, n. 534, art. 3, c.1, lett. s., pertanto la pubblicazione della lista degli elettori che si sono astenuti senza giustificato motivo e la menzione di ciò nel certificato di buona condotta (tra l’altro anch’esso abrogato nei termini di competenza del Sindaco, quindi non più rilasciato dai Comuni) è stata in vigore esclusivamente dal 1957 al 1993 e per le sole nove elezioni della camera dei deputati svoltesi in quegli anni.
Non risultano in vigore, ad oggi in Italia, leggi o regolamenti che penalizzino in qualsiasi modo l'astensione dal voto degli aventi diritto.

Agg. 05/06/2014

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