Fonti di neutroni

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I reattori nucleari al momento sono l’unica fonte di neutroni adottata nelle prove cliniche. I neutroni prodotti dal processo di fissione nel core del reattore hanno diversa energia: possono essere termici (E = 0,025 eV), epitermici (E compresa tra 1 e 10 eV) o veloci (E superiore a 10 keV). Per innescare la reazione di cattura, i neutroni termici devono arrivare alle cellule tumorali e solo in presenza di una quantità sufficiente di 10B possono dar luogo ad una reazione letale (1, 3); questi neutroni sono però attenuati rapidamente nei tessuti e solo una minima frazione raggiunge i tumori situati in profondità mentre la maggior parte interagisce con la pelle.

I neutroni epitermici passano invece attraverso il cuoio capelluto ed il cranio con probabilità superiore e penetrano diversi cm prima di essere moderati dai tessuti e convertiti in neutroni termici in grado di innescare la reazione di cattura.

Per produrre un flusso epitermico, si devono porre degli opportuni filtri e moderatori tra la fonte primaria (il core del reattore) ed il paziente; i filtri assorbono o ridirezionano i neutroni indesiderati mentre i moderatori attenuano l’energia dei neutroni veloci. Un buon flusso epitermico dovrebbe avere la maggior parte dei neutroni con energia compresa fra 1 eV e 10 keV mentre dovrebbero essere  pochissimi quelli termici (E inferiore a 1 eV) e veloci (E superiore a 10 keV). I neutroni termici sono rimossi poiché sono poco penetranti ma danneggiano la pelle mentre i neutroni veloci sono nocivi a causa della produzione di protoni di rinculo in seguito all’interazione con l’idrogeno (3, 4).

Nelle prove cliniche condotte recentemente negli Stati Uniti, in Europa e in Giappone è stato introdotto l’utilizzo dei neutroni epitermici nelle strutture dotate di reattori nucleari (come il BMRR e il MITR), tuttavia la loro dislocazione nelle aree urbane e negli ospedali risulta problematica per ragioni dimensionali e di radioprotezione, quindi negli ultimi anni è iniziata la ricerca di fonti alternative in grado di fornire dei flussi neutronici con adeguate caratteristiche per l’impiego nella BNCT.

Il sistema che al momento appare più promettente è costituito da un acceleratore di protoni a bassa energia usando come bersaglio un elemento chimico con un numero atomico poco elevato. Le principali reazioni studiate sono due:  7Li (p, n) 7Be  ;  9Be (p, n) 9B. La reazione del litio è stata valutata più estensivamente dato che si ottiene un flusso maggiore e i neutroni prodotti hanno energie relativamente minori in modo da essere moderati e filtrati più agevolmente (3).

Questa applicazione è in via di sviluppo al Lawrence Berkeley National Laboratory (LBNL), dove Bleuel e colleghi hanno condotto uno studio per determinare i requisiti clinici dell’acceleratore e del materiale bersaglio al fine di progettare dei flussi neutronici epitermici per il trattamento di tumori cerebrali situati in profondità (33). E’ stata considerata solo la reazione 7Li (p, n) 7Be e sono stati impiegati tre diversi moderatori: acqua deuterata (D2O), una miscela con il 40% di alluminio metallico ed il 60% di alluminio fluoruro (Al/AlF3) e litio fluoruro (7LiF); questi materiali hanno prodotto degli spettri neutronici di forma caratteristica e le relative differenze si sono tradotte anche nella variazione delle proprietà cliniche. I moderatori e i filtri hanno il compito di limitare il contributo dei protoni di rinculo alla dose totale ma allo stesso tempo devono massimizzare il potere penetrante del fascio e il rateo di dose al tumore; usando una corrente protonica di  20 mA è stata stabilita una dose totale massima di 12,5 Gy-Eq per i tessuti sani (limite di tolleranza) ed una soglia inferiore per la dose superficiale, fissata a 10 Gy-Eq tenendo conto degli effetti dei protoni di rinculo sul cuoio capelluto. Questi limiti sono stati rispettati variando lo spessore dei moderatori.

 

Tabella 10 – Confronto tra flussi di neutroni epitermici prodotti da un acceleratore o da un reattore (il BMRR). Le dosi tumorali equivalenti e le fluenze neutroniche sono date agli spessori di massima fluenza termica, 5 e 8 cm.

 

Fonte di neutroni

 

7Li(p,n)7Be

7Li(p,n)7Be

7Li(p,n)7Be

BMRR

Moderatore, spessore

D2O, 17

7LiF, 22

Al/AlF3,34

(Al2O3)

Energia protonica (MeV)

2.2

2.3

2.4

/

Corrente protonica (mA)

20

20

20

(3MW)

Tempo di trattamento

(min)

44

40

54

39

Dose tumorale (5 cm) (Gy-Eq)

39.1

50.5

51.4

38.6

Dose tumorale(8cm)

16.1

21.4

22.3

14.5

Fluenza termica(5 cm) (n/cm2)

2.7 x 1012

3.5 x 1012

3.6 x 1012

2.6x1012

Fluenza termica(8 cm)

1.1 x 1012

1.4 x 1012

1.5 x 1012

9.3x1011

Profondità ottimale (cm)

8.7

9.5

9.5

8.4

 

In base a questi risultati, si è notato che per spessori superiori ai     3 cm usando un acceleratore e dei moderatori come 7LiF e Al/AlF3 è stata depositata una dose tumorale superiore rispetto a quella prodotta dal BMRR, con un aumento del 30% a 5 cm di profondità e del 50% a 8 cm. Con questa tecnica sembra quindi possibile massimizzare la dose a cellule tumorali situate in prossimità della porzione centrale del cervello senza però aumentare la dose ai tessuti sani.

Usando D2O come moderatore è stata impiegata la minima quantità di materiale con un tempo di trattamento più breve, tuttavia con 7LiF e Al/AlF3 sono stati ottenuti spettri neutronici superiori (E da 10 a 20 keV) con un maggior potere penetrante. Utilizzando dei fasci di protoni con energie fra 2,2 e 2,5 MeV, sono stati prodotti neutroni primari dalla reazione 7Li (p, n) 7Be con energie di 500-700 keV che sono molto inferiori rispetto a quelle dei neutroni fissili per cui richiedono una moderazione significativamente minore. In definitiva, tale studio ha mostrato che impiegando un acceleratore di protoni a bassa energia si ha un aumento della dose tumorale in profondità rispetto alle sperimentazioni effettuate al BMRR con lo stesso tempo di trattamento, si può così trarre un vantaggio clinico considerevole superando l’attuale difficoltà di conferire dosi sufficienti a tumori situati oltre i 6 cm dalla superficie con le concentrazioni di 10B ottenibili.

Nonostante questi esiti favorevoli, l’uso degli acceleratori può comportare dei problemi, in particolare è necessario un sistema di raffreddamento per dissipare il calore associato alle alte correnti del fascio protonico che deve essere tanto più sofisticato quanto più il punto di fusione del bersaglio è basso. Il litio, pur avendo delle caratteristiche favorevoli per questa applicazione, ha un punto di fusione di  180°C per cui il suo raffreddamento risulta complesso ma anche molto costoso (3).

Sono quindi allo studio delle reazioni alternative fra le quali hanno suscitato interesse quelle che hanno luogo con l’ausilio di fasci di deuteroni a bassa energia che si possono produrre con acceleratori relativamente piccoli e poco costosi. A questo proposito, Colonna e colleghi (34) hanno preso in esame tre reazioni:

9Be (d, n) 10B ;   12C (d, n) 13N ;   13C (d, n) 14N.

Nel primo caso, è stato osservato che la contaminazione con neutroni veloci dipende dallo spessore del bersaglio; i neutroni ad alta energia sono stati stimati come il 38% della resa totale per un bersaglio sottile mentre con bersagli più spessi la contaminazione è arrivata al 50%, quindi non sembra sia possibile raggiungere un livello sufficientemente basso per l’impiego nella BNCT. La seconda reazione sembra invece più favorevole in quanto il carbonio ha un punto di fusione molto alto e non si ha produzione di energia poiché si tratta di un processo endotermico; in questo caso sembra ottimale l’uso di deuteroni con energia di 1,5 MeV per minimizzare l’energia neutronica e massimizzare la sezione di cattura e la reazione può costituire una valida alternativa a quella del litio precedentemente esaminata. Nel caso del carbonio-13, si ottiene un prodotto stabile e la sezione di cattura è elevata, tuttavia si tratta di una reazione fortemente esotermica che produce neutroni con energia considerevole; è stato stimato un valore medio di 1 MeV che verrebbe superato solo nel 30-40% dei casi, in questo modo si otterrebbe un flusso di qualità superiore rispetto a quello ottenuto con un reattore nucleare ma inferiore rispetto alla reazione 7Li (p, n) 7Be.

 

Tabella 11 – Valori di energia media, resa totale e livello di contaminazione con neutroni veloci per le diverse reazioni indotte da deuteroni. Per confronto sono riportate anche le reazioni (p, n) del 7Li e del 9Be.

 

Reazione

Ein (MeV)

Resa totale (n/microC)

Frazione di neutroni con

E > 1 MeV

7Li (p, n) 7Be

2.5

9.8 x 108

0

9Be (p, n) 9B

2.5

3.9 x 107

0

9Be (d, n) 10B

1.5

3.3 x 108

50%

12C (d, n) 13N

1.5

6.0 x 107

0

13C (d, n) 14N

1.5

1.9 x 108

30%

Fra le diverse reazioni, solo la 12C (d, n) 13N e la 9Be (p, n) 9B (con Ep < 3 MeV) hanno presentato una purezza neutronica comparabile a quella ottenuta con il litio-7 ma la resa è stata troppo bassa. Le altre due reazioni hanno avuto invece delle rese piuttosto alte ma la contaminazione con neutroni veloci è  risultata considerevole.

Nel complesso le reazioni (d, n) hanno mostrato una resa inferiore rispetto alle (p, n), comunque è emersa l’esigenza di  ulteriori indagini per la scelta dell’energia dei deuteroni e la progettazione dei moderatori.

Accanto a queste opportunità, come fonte alternativa di neutroni è stato considerato anche il possibile impiego di una fonte isotopica come il californio-252 (35). Questo elemento radioattivo ha un’emivita di 2,65 anni ed è stato osservato esaminando due diverse sorgenti (negli Stati Uniti e in Tailandia) che può fornire un flusso neutronico di circa 2 x 107 n/cm2 s (con differenze in base alle modalità di incapsulazione e alle dimensioni totali), tuttavia si tratta di una potenzialità che non è stata approfondita in modo esteso e che risulta attualmente in secondo piano rispetto agli acceleratori.

Recentemente è stato anche proposto l’utilizzo di neutroni veloci nella BNCEFN (Boron Neutron Capture Enhancement of Fast Neutron), una tecnica che richiede un’elevata concentrazione di 10B intracellulare (100 microg/g) e la presenza di un collimatore addizionale costituito da un materiale pesante per realizzare l’irraggiamento. Non sono state ancora effettuate delle sperimentazioni cliniche in questo senso, inoltre al momento non si conosce interamente l’impatto biologico dei neutroni veloci. Con il metodo Monte Carlo è stata effettuata una simulazione da parte di Pignol e colleghi (36) che ha evidenziato un buon irraggiamento del letto tumorale con la produzione di neutroni termici in profondità che si possono distribuire anche nelle zone adiacenti al tumore, questa nuova metodica necessita comunque di una validazione sperimentale per realizzare un’accurata ottimizzazione di tutti i parametri.