Per sapere il motivo di queste integrazioni, oltre la mia
esperienza,
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Per sapere cosa è il PRIMO FLAGELLO umano che si chiama
CAFFE'
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MEDICHE "area medica" della
CAFFEINA Clicca
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inoltre è un
INSETTICIDA Clicca
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ZUCCHERO: dannoso e
tossico come il
CAFFE', l'ALCOOL
ed il TABACCO Clicca
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Per tutta la documentazione in nostro possesso
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Per la definizione degli "ALIMENTI ESSENZIALI"
http://acidoascorbico.altervista.org/prova1/Immagini/alimentiessenziali.htm
Tutto sul MAGNESIO
http://acidoascorbico.altervista.org/prova2/Immagini/magnesiobase.htm
Tutto sulla vitamina D
http://acidoascorbico.altervista.org/prova1/Immagini/vitaminadbase.htm
Tutta la documentazione in nostro possesso
inerente i dottori
http://acidoascorbico.altervista.org/prova1/Immagini/dottoribase.htm
La falsità dei CALCOLI RENALI causati dall'ACIDO ASCORBICO
http://acidoascorbico.altervista.org/prova04/Immagini/acidoascorbicocalcolirenali.htm
Il CAFFE' DROGA-INSETTICIDA. Questo il titolo del loro video di informazione
come è fatto per il bugiardino e le scritte sulle sigarette:
"Una droga legale: il caffé (VIDEO)"
che è TUTTO UN PROGRAMMA, vero?
https://youtu.be/OTVE5iPMKLg
da questa pagina:
http://acidoascorbico.altervista.org/Immagini/caffevideoa.htm
ed ora il video intitolato:
LA TRAPPOLA DEL CAFFE'
https://youtu.be/JS8IXyr6cww
Per concludere
Vi siete mai chiesti come mai quando andiamo dal medico e gli esponiamo i nostri
problemi di salute una delle prime domande che il medico ci fa è: quanti caffè
bevi in un giorno? E secondo di come gli risponderemo lui ci dirà:
hai problemi di stomaco? Non bere caffè
hai problemi alla vescica? E' meglio se rinunci al caffè
hai problemi alla prostata? Fai a meno del caffè
hai problemi al cuore? Non bere caffè
ecc. ecc.
Ma perché il "nostro" medico di famiglia non ci dice chiaramente che solo un
organismo perfettamente sano tollera, e ripeto tollera, uno o due caffè al
giorno? E che comunque sarebbe meglio farne a meno?
In verità quando beviamo un caffè, introduciamo nel nostro corpo una quantità di
tossine per varietà e quantità molte volte superiore a quelle che introdurremmo
mangiando un fungo tossico, anche se non letale.
Allora mi chiedo, mangereste tutti i giorni un fungo sapendo prima che il fungo
è TOSSICO (ma con un buon sapore) o ne fareste a meno?...
http://acidoascorbico.altervista.org/Immagini/caffepericoli.htm
A conferma questo breve articolo è un frammento del materiale di
discussione di un Corso di Formazione e Aggiornamento per docenti di un Liceo.
Si è preferito proporre per la pubblicazione questa parte prima dell'intero
materiale che farà parte di una successiva più ampia trattazione dell'intero
corso per esporre qui alcuni argomenti che di solito sono sottaciuti o dati per
scontati nella esposizione di programmi di prevenzione.
Pochi interventi di prevenzione, spesso condotti da operatori "fumatori" (di
tabacco) considerano le potenzialità negative dell'habitus "addicted to", anche
per sostanze "apparentemente innocue" (come il tabacco).
Molto spesso è il "fattore umano", "la storia" della persona che curiamo, che
rende pesante la tossicodipendenza.
Le forze politiche ed il governo paiono però non considerare questo elemento
dell'individuo, corroborato dai dati della ricerca scientifica, sovvenzionata a
volte dallo stesso governo.
Anzi "le droghe leggere" racchiudono bacini elettorali facilmente coinvolgibili,
... ma la Clinica non può scendere a compromessi. Il materiale che propongo al
lettore è un fedele adattamento della discussione all'interno del Corso.
G: "Ma allora ciò che si dice della distinzione tra droghe leggere o pesanti?"
C: "Questa distinzione non è di tipo clinico ma ha un valore solo in termini
politici o ideologici. Sono nomi che non hanno nessun valore in campo clinico.
Vogliamo scoprire insieme perché? ... Perché una droga si definisce pesante?"
G: "Perché da assuefazione, dipendenza, etc., perché determina l'overdose,...e
quindi alta pericolosità, ...
C: "L'eroina si definiva e si definisce pesante anche perché questa sostanza
interagisce con dei recettori specifici sulla superficie dei neuroni, che si
uniscono, nel soggetto sano, alle endorfine che sono sostanze che noi produciamo
autonomamente e che determinano il sonno, l'aumento della soglia del dolore,
alcune funzioni connesse con le sensazioni di piacere.
La "pesantezza" sta non solo negli effetti, ma anche, (e questo è un attributo
sottile, poco appariscente) nella alterazione del metabolismo precedente.
Potremo considerare l'esperimento che ogni tossicodipendente fa (dal fumatore di
sigaretta all'eroinomane) come al sovvertimento di un "ecosistema
neurorecettoriale". Come l'ecosistema naturale può essere irrimediabilmente
alterato da elementi esterni "non biodegradabili", così il delicato equilibrio
neurorecettoriale può essere completamente sovvertito dall'introduzione di
sostanze che sono identiche a quelle sintetizzate dal S.N.C..
Se noi facciamo l'elenco delle sostanze di cui ci si rende dipendenti troveremo
nel liquido cefalorachidiano del feto, il corrispettivo biologico endogeno
dell'elenco delle sostanze in esame. Anche della marijuana possiamo affermarne
la sua "pesantezza" clinica: potevamo considerarla droga leggera in passato
poiché non si conosceva il corrispettivo endogeno. Avendo scoperto la sostanza "anandamide",
sostanza endogena che è identica al THC, siamo in grado di affermare uno
squilibrio del metabolismo della sostanza e del recettore corrispondente, ma
mentre in passato il THC era una sostanza "aspecifica", ora no può più essere
definita tale. Allora se ne deduce che tutte le sostanze sono "pesanti" perché
incidono pesantemente sul metabolismo e sull'equilibrio della sostanza endogena
corrispondente.
1) Blocco reuptake
G: Però possiamo considerare alcune sostanze che determinano una
tossicodipendenza più grave o sostanze che determinano una tossicodipendenza più
leggera?
C: Non esistono droghe leggere e pesanti ma tossicodipendenti leggeri o
tossicodipendenti pesanti. All'interno della storia del singolo individuo non
può entrare una classificazione, una tipologia che prescinde "la sostanza" e non
"lo stato mentale", ma è lo stato mentale che si situa ad un livello più pesante
o più leggero, non la sostanza.
http://acidoascorbico.altervista.org/Immagini/caffedipendenza.htm
LA STORIA
La caffeina è usata principalmente per i suoi effetti stimolanti. La caffeina
viene assunta per via orale in forma liquida nel caffè, nel thè e in altre
bevande, come ad esempio la Coca Cola. E’ utilizzata terapeuticamente come
analgesico nel trattamento dell’emicrania e come additivo in alcuni farmaci. La
caffeina, una metilxantina naturale, si può trovare in più di 60 varietà di
piante. Coltivato dapprima in Arabia, il caffè ha conqustato l'Europa nel 17
secolo, mentre il thè ed il cacao sono arrivati nel nostro continente solo 100
anni prima.
La nicotina è il principale alcaloide della Nicotiana ( tabacum: rustica); essa
è presente anche in altre piante (Equiseto, Licopodio, Composita). La nicotina è
una sostanza che deriva dalla combustione del tabacco e dei suoi derivati, è uno
stimolante potente e rapido. Viene assunta per inalazione del fumo di sigaretta
o ingerita oralmente in forma di chewing gum. La nicotina non ha usi
terapeutici.
ASPETTI CLINICI (CAFFEINA)
Gli effetti fisici e psicologici della caffeina
Come stimolante la caffeina ha effetti cardiovascolari e sul SNC:
aumento della frequenza e gittata cardiaca e ipertensione
costrizione vascolare cerebrale
aumento del metabolismo basale
rilasciamento della muscolatura liscia viscerale e contrazione della muscolatura
scheletrica
ansietà, insonnia, depressione
affaticamento
L'INTOSSICAZIONE ACUTA DA CAFFEINA
I caffeinomani accaniti presentano fini tremori delle estremità in particolare
alle mani, riportano storie di ulcera, bruciori di stomaco, gastriti, diarrea. A
costoro è necessario dare alcuni consigli: il riposo, l'astensione da ulteriori
ingestioni di sostanza, il limitarsi a massimo 3 tazze di caffè al giorno.
L’assunzione di almeno 250 mg di caffeina è accompagnata da:
irrequietezza, nervosismo, insonnia
diuresi
eloquio incoerente
A dosaggi maggiori abbiamo:
agitazione psicomotoria, eccitamento e instancabilità
flusso disordinato del pensiero e del linguaggio
tremori, contrazioni muscolari
nausea
ipervigilanza
tachicardia ed extrasistole
turbe gastrointestinali
ronzii nelle orecchie
l'ASTINENZA DA CAFFEINA
sonno aumentato
depressione e riduzione dell’energia
stitichezza
stato mentale confuso, agitazione
mal di testa
Non sembra che l'astinenza da caffeina richieda attenzione medica, è comunque
sconsigliato interrompere bruscamente l'assunzione della sostanza. L’ideale
sarebbe una graduale riduzione dell'uso accompagnata da alcuni consigli:
individuare il numero di tazze consumate al giorno
ridurre di una tazza al giorno se necessario sostituire con :
thè leggeri o deteinati
caffè decaffeinati
succhi di frutta o vegetali
Aspetti clinici (nicotina)
Gli effetti fisiologici della nicotina
La nicotina viene assorbita attraverso l'epitelio alveolare. Attraverso la via
digerente la nicotina viene principalmente metabolizzata dal fegato in cotinina.
Quando fumata la nicotina passa nel sangue in alta concentrazione. Alcuni degli
effetti fisiologici specifici della nicotina sono:
aumento dell'attività del colon
aumento del tempo di eliminazione da parte del colon
aumento dei livelli di vasopressina
aumento dei livelli di adrenalina
ipertensione arteriosa
I SEGNI E I RISCHI CLINICI CARATTERISTICI DEI FUMATORI
Chi usa regolarmente prodotti a base di tabacco presenta:
ridotto senso del gusto
disturbi gengivali e dentali
enfisema polmonare
ridotto trasporto di ossigeno e aumento dell'anidride carbonica nel sangue
irritazione dei bronchi e tosse
ulcera gastrica
è inoltre esposto a:
tumori all’apparato respiratorio e della mucosa nasale: faringe, laringe, bocca
tumori all'esofago e al pancreas
tumori al rene e alla vescica
L'ASTINENZA DA FUMO
In fumatori pesanti i sintomi dell’astinenza insorgono 2 ore dopo che è stata
fumata l’ultima sigaretta:
desiderio di fumare
mal di testa irritabilità, irrequietezza, ansia
dolori muscolari
difficoltà di concentrazione
frustrazione o rabbia
ipotensione, ridotta frequenza cardiaca
aumento dell' appetito e o del peso
In 3-4 giorni i sintomi fisiologici d’astinenza raggiungono il loro massimo. Per
più tempo persistono i sintomi psicologici quali comportamenti e abitudini
correlate al fumo, come la ricerca di una sigaretta dopo i pasti o al telefono.
IL TRATTAMENTO DELLA DIPENDENZA DA NICOTINA
1. fase prima
In questa prima fase è importante aiutare il fumatore a convincersi dei gravi
danni che l'uso del tabacco comporta. La cessazione del fumo è un beneficio per:
la salute personalizzare (malattie e mortalità legata all’uso di tabacco)
il proprio bilancio economico
per la società e per gli altri
2. fase seconda
In questa seconda fase è importante rendere consapevole il paziente dei disagi e
delle difficoltà che dovrà sopportare in astinenza.
3. fase terza
Qui si deve trattare dei metodi di gestione dei disturbi dovuti all'astinenza,
sottolineando la transitorietà dei sintomi d'astinenza. Il chewin gum e i
cerotti alla nicotina sono efficaci nel ridurre il desiderio per la nicotina e
la sintomatologia astinenziale.
chewingum alla nicotina
cerotti alla nicotina
rilassamento
ipnosi
4. fase quarta
In quest'ultima fase si passa a delineare un piano di trattamento:
decidere quale cessazione fare (immediata e completa oppure gradulale)
stabilire una data precisa per iniziare l’astinenza
ridurre ogni giorno un numero di sigarette per arrivare al giorno prefissato
Le complicanze in fase di astinenza da nicotina
aumento di peso per maggiore acuità del gusto e cambiamenti nel metabolismo
basale, che si può prevenire con consigli sulla nutrizione
tosse e aumento del catarro per rilascio bronchiale di nicotina catrame, tali
sintomi favoriscono la pulizia dei polmoni
maggiore nervosismo e irritabilità che può essere gestita dal coinvolgimento in
gruppi di supporto per fumatori o ex fumatori.
http://acidoascorbico.altervista.org/prova2/Immagini/caffesintomi.htm
Questa pagina è la CONFERMA che il CAFFE' è "UNA DROGA" e si chiama
CAFFEINA, come è "DROGA" la NICOTINA, DROGHE LEGALIZZATE ma considerate leggere,
che causano DIPENDENZA come la COCAINA e le altre DROGHE considerate pesanti,
alla faccia delle persone.
QUANDO LA CAFFEINA E' TROPPO ELETTRIZZANTE
di Eric C. Strain e Roland R. Griffiths
La CAFFEINA è la sostanza psicoattiva più usata al mondo. Negli Stati Uniti si
stima che oltre l80% degli adulti ne faccia un uso regolare. Il suo consumo si
verifica di frequente in una varietà di contesti sociali culturalmente ben
integrati, come il coffee break negli Stati Uniti, il tea time nel Regno Unito o
la masticazione della kol nut in Nigeria. Negli stati Uniti, per esempio, il
consumo di CAFFE' o bibite caffeinate durante i pasti è estremamente comune.
Questa integrazione culturale dell'uso della sostanza può rendere
particolarmente difficile il riconoscimenti dei disturbi psichiatrici associati.
Tuttavia, per il clinico è importante conoscere la capacità della CAFFEINA di
produrre una varietà di sindromi psichiatriche. In questo articolo esamineremo
cinque disturbi associati con l'uso di CAFFEINA: intossicazione da CAFFEINA,
l'ASTINENZA da CAFFEINA, la dipendenza da CAFFEINA, il disturbo d'ansia indotto
da CAFFEINA ed il disturbo del sonno indotto da CAFFEINA.
INTOSSICAZIONE DA CAFFEINA
L'intossicazione da CAFFEINA è stata da lungo tempo riconosciuta come una
sindrome della ingestione di una quantità eccessiva della sostanza. Per esempio,
nel 1896 J.T.Rugh riportò il caso di un rappresentante di commercio che
lamentava nervosismo, contrazioni involontarie delle braccia e delle gambe,
sensazione di pericolo imminente e disturbi del sonno. Il paziente beveva
quantità eccessive di caffè per sostenere un ritmo lavorativo elevato. Simili
notizie sulla intossicazione si possono trovare in tutta la letteratura medica
dell'800 e dei primi del '900 con osservazioni su irrequietezza motoria,
insonnia, tachicardia, irritabilità, cefalea, labilità emotiva, ansia e disturbi
gastrointestinali associati all'eccessivo uso di CAFFEINA. L'intossicazione da
CAFFEINA rappresenta pertanto un disturbo psichiatrico noto da almeno cento
anni.
Il grado di tolleranza dipende dalla relazione tra la dose di CAFFEINA assunta
ed il livello di tolleranza raggiunto. Infatti, se l'assunzione è regolare
l'individuo tende a sviluppare tolleranza ai sui effetti, per cui col tempo la
stessa quantità di CAFFEINA produce effetti inferiori. Nella comparsa di una
sindrome da intossicazione da CAFFEINA vanno considerate anche le differenze
interindividuali nella sensibilità ai suoi effetti. Così una persona
particolarmente sensibile può presentare segni e sintomi di intossicazione in
risposta ad una dose relativamente bassa (ad esempio quella contenuta in una
tipica tazza di infuso di CAFFE', pari a 100 mg). mentre una persona che consuma
quotidianamente dosi elevate di CAFFEINA, e che quindi ha sviluppato tolleranza
ai suoi effetti, per una dose simile non presenterà segni di intossicazione. Il
meccanismo d'azione principale della CAFFEINA consiste nel suo antahonismo per
l'adenosina, L'adenosina produce una grande varietà di effetti fisiologici che
comprendono depressione del sistema nervoso centrale, vasodilatazione cerebrale,
inibizione del rilascio di renina ed effetto antidiuretico, inibizione della
secrezione gastrica e depressione respiratoria. In quanto antagonista dell'adenosina,
molti degli effetti della CAFFEINA rappresentano l'opposto degli effetti
prodotti dalla adenosina.
Le caratteristiche fondamentali della intossicazione da CAFFEINA sono quelle
riportate dal DSM-IV (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disordes,
fourth edition) (tabella 1). In aggiunta a questi sintomi, si possono osservare
febbre, irritabilità, tremori, disturbi sensoriali, tachicardia e cefalea. I
sintomi più comuni sono comunque l'ansia, l'insonnia, i disturbi
gastrointestinali, i tremori, la tachicardia e l'agitazione psicomotoria. In
casi di intossicazione estrema può comparire uno stato confusionale (delirium),
L'overdose da CAFFEINA può essere letale. Nel paziente non tollerante alla
CAFFEINA, data la sua breve emivita (3-6 ore), l'intossicazione si risolve
rapidamente con la cessazione dell'uso. In un paziente nel quale invece
l'intossicazione si sovrappone ad un uso cronico, l'improvvisa sospensione può
condurre ad una sindrome astinenziale. Poichè i sintomi della ASTINENZA possono
parzialmente sovrapporsi a quelli della intossicazione (es., ansia e
nervosismo), il tempo necessario per la risoluzione del quadro clinico sarà
maggiore, durando da pochi giorni ad oltre una settimana.
Il primo passo nella valutazione del paziente ai fini di una diagnosi di
intossicazione da CAFFEINA richiede la raccolta della storia recente di uso
della sostanza. A questo proposito bisogna ricordare che i pazienti possono non
essere a conoscenza del contenuto in CAFFEINA di numerose bevande e farmaci
(preparati dietetici da banco, pillole energizzanti o per il controllo del
sonno). La entità dell'assunzione di CAFFEINA può essere confermata con un
dosaggio del livello plasmatico. Se il paziente è incapace di fornire una storia
dettagliata (per esempio per la presenza di un delirium conseguente ad una
overdose di CAFFEINA), allora dovrebbe essere trasferito in un reparto di
terapia d'urgenza e monitorato attentamente.
Il primo approccio al trattamento della intossicazione consiste nell'educazione
del paziente circa gli effetti di un uso eccessivo. Nei pazienti che offrono
resistenza all'accettazione del ruolo della CAFFEINA nella loro sintomatologia,
può risultare utile suggerire una temporanea sospensione dell'uso a scopo sia
diagnostico che terapeutico. L'overdose da CAFFEINA richiede un monitoraggio
medico intensivo ed un trattamento sintomatico (per esempio per la tachicardia,
le aritmie, le convulsioni) lo svuotamento gastrico e la verifica del livello
sierico della sostanza (un livello di 100 microgrammi/ml viene generalmente
considerato tossico). L'overdose da CAFFEINA è stata trattata anche con l'emoperfusione.
ASTINENZA DA CAFFEINA
Come per la intossicazione da CAFFEINA, anche per la ASTINENZA esiste una lunga
storia sulla presenza di una specifica sintomatologia. Per esempio, nel 1893
Bridge riferì di una serie di pazienti che presentavano dei sintomi attribuite a
suo avviso all'uso di CAFFE' o tè. Egli concludeva che la sospensione dell'uso
di CAFFE' poteva essere di giovamento, sebbene ciò ponesse i pazienti a rischio
di sviluppare acutamente una forte cefalea. Raccomandava pertanto <<una
riduzione graduale delle dosi di CAFFE' nel tempo di una settimana o più>>. La
presenza di cefalea associata alla cessazione dell'uso di CAFFEINA è stata
riportata ripetutamente ed ora rappresenta una caratteristica ben accertata
della ASTINENZA da CAFFEINA. Si tratta di una tipica cefalea generalizzata,
pulsante, che piò essere accompagnata da sintomi simil-influenzali (come nausea
e vomito). Peggiora con l'esercizio fisico e con la manovra del Valsava e
migliora con l'assunzione di CAFFEINA. In genere compare 12-24 ore dopo l'ultima
dose di CAFFEINA, sebbene possa comparire anche dopo 40 ore. In genere
regredisce entro 2-4 giorni, ma alcuni soggetti continuano a riportare episodi
sporadici di cefalea fino ad 11 giorni dopo la cessazione dell'uso della
sostanza. Sebbene la cefalea sia tipicamente associata all'ASTINENZA, svariati
studi riportano che anche l'intossicazione può produrre cefalea. Altri sintomi
della ASTINENZA da CAFFEINA possono essere: sonnolenza, difficoltà lavorativa
(ridotta capacità di concentrazione, stanchezza , ridotta motivazione per il
lavoro), irritabilità, riduzione della loquacità e socievolezza, sintomi
simil-infuenzali (dolenze/dolori muscolari, sensazioni di caldo e freddo, nausea
o vomito) e visione indistinta. Inoltre si possono osservare ansia, depressione
ed alterazione della performance psicomotoria (nervosismo, tremore,
irrequietezza), confusione rinorrea, disforesi e craving per la CAFFEINA.
Nonostante questo ricco corteo sintomatologico, diverse ragioni hanno indotto il
gruppo di lavoro sui disturbi da uso di sostanze per il DSM-IV ad includere la
categoria diagnostica della ASTINENZA da CAFFEINA tra quelle che necessitano di
ulteriori studio (tabella 2).
In particolare si segnala l'insufficiente validazione della maggior parte dei
sintomi della sindrome, la loro grande prevalenza nella popolazione generalmente
e la loro potenziale attribuzione a cause diverse dall'uso di CAFFEINA. I
sintomi di ASTINENZA da CAFFEINA possono essere attribuiti all'aumento
funzionale nell'attività della adenosina che si verifica con l'interruzione del
consumo cronico di CAFFEINA. L'ASTINENZA può verificarsi con dosi
sorprendentemente basse di CAFFEINA, fino a 100 mg. Spesso non viene
riconosciuta come tale e la sintomatologia viene attribuita ad altri fattori
(influenza, "cattiva giornata", ect.). Essa può essere più facilmente osservata
in ambiente medico, quando ai pazienti viene richiesto di astenersi dal consumo
di cibi fluidi, come prima di interventi chirurgici e di certe procedure
diagnostiche, In aggiunta, la ASTINENZA può verificarsi in contesti nei quali
l'uso di prodotti contenenti CAFFEINA è bandito, come può accadere nei reparti
di psichiatria. La cefalea postoperatoria si è dimostrata essere associata ad
una storia di consumo di CAFFEINA. L'ASTINENZA da CAFFEINA generalmente comincia
entro 12-24 ore dalla interruzione dell'uso. Il picco solitamente si manifesta
entro 24-48 ore e la durata è in genere di 2-7 giorni. Pochi studi hanno
affrontato il problema del trattamento, anche se frequentemente si è osservato
che la sintomatologia può essere alleviata dall'assunzione di CAFFEINA, e questo
approccio è probabilmente il migliore.
DIPENDENZA DA CAFFEINA
Prima di discutere della definizione di dipendenza da CAFFEINA secondo i criteri
del DSM-IV, è opportuno discutere del concetto di dipendenza. In particolare è
utile distinguere la dipendenza fisica della diagnosi clinica di dipendenza. La
dipendenza fisica è generalmente indicata dalla comparsa di una sindrome di
ASTINENZA alla cessazione dell'uso di una sostanza. La diagnosi di dipendenza si
riferisce invece alla presenza di vari indicatori di uso patologico di una
sostanza. Tra questi indicatori può esserci (ma non necessariamente) la
dipendenza fisica. E' possibile avere una dipendenza fisica in assenza di una
sindrome clinica di dipendenza; l'uso degli oppiacei nel trattamento del dolore
da cancro può essere un esempio. E' anche possibile avere una sindrome clinica
di dipendenza ma non essere fisicamente dipendenti: l'uso compulsivo ed
episodico ci alcol potrebbe essere un esempio di tale condizione. Questa
distinzione fra dipendenza fisica e sindrome clinica di dipendenza ha spesso
oscurato le discussioni sulla dipendenza da CAFFEINA. Mentre vi sono ampie
evidenze sull'ASTINENZA di una sindrome di ASTINENZA da CAFFEINA che
suggeriscono la presenza di dipendenza fisica, le evidenze sulla capacità della
sostanza di produrre una sindrome clinica di dipendenza sono state scarse.
Attualmente il DSM-IV utilizza un set di criteri generici per definire la
sindrome clinica di dipendenza da sostanze (tabella 3), In particolare il DSM-IV
afferma; <<Una diagnosi di dipendenza da sostanze si può applicare ad ogni
classe di sostanze eccetto la CAFFEINA>>. In questa sezione ci occuperemo invece
delle evidenze attuali a sostegno dell'esistenza di una sindrome di dipendenza
da CAFFEINA proprio secondo i criteri del DSM-IV.
Il consumo medio di CAFFEINA nella popolazione adulta degli Stati Uniti è di
circa 211 mg al dì e tra i consumatori di CAFFEINA è di approssimativamente 280
mg. In altre nazioni il consumo medio giornaliero può essere considerevolmente
più elevato. Sorprendentemente esiste solo uno studio sulla prevalenza da
CAFFEINA condotto utilizzando dei criteri psichiatrici standardizzati. Si tratta
di un sondaggio telefonico effettuato nel Vermont, In questo studio, 166 su 202
intervistati, facevano uso corretto di CAFFEINA. Il 27% di queste 166 persone
soddisfaceva i criteri del DSM-IV per una diagnosi di dipendenza lieve, il 14%
per una dipendenza moderata ed il 3% per una dipendenza grave, nel corso
dell'anno precedente. Il sintomo di dipendenza più comunemente riportato secondo
questo studio era il persistente desiderio o uno o più tentativi infruttuosi di
ridurre o controllare l'uso della sostanza. Pochi studi hanno esaminato le
caratteristiche della dipendenza da CAFFEINA e non esistono studi che si siano
occupati della eziologia del disturbo nei soggetti che soddisfano i criteri per
questa diagnosi. Tuttavia, il consumo di CAFFEINA può essere influenzato da
parecchi fattori. Si tratta di fattori che possono essere correlati alla
dipendenza da CAFFEINA.
Effetti soggettivi e di rinforzo. Diversi studu hanno dimostrato che la CAFFEINA
a dosi basse o moderate (20-200 mg) produce dei modesti effetti soggettivi
piacevoli a dosi accresciute sensazioni di benessere, vigilanza, energia,
capacità di concentrazione, fiducia in se stessi, motivazione al lavoro,
loquacità e ridotte sensazioni di stanchezza e sonnolenza. Tuttavia, dosaggi
elevati (per esempio, 800 mg) producono effetti soggettivi negativi con ansia e
nervosismo. Si è anche dimostrato che la CAFFEINA nell'uomo funziona come un
incentivo. Infatti quando in condizioni sperimentali si dà l'opportunità di
scegliere, alcune persone scelgono di consumare la CAFFEINA piuttosto che il
placebo. Questo profilo di effetti piacevoli ed incentivanti può andare a
spiegare l'ampio e regalare consumo di sostanze contenenti CAFFEINA. Tuttavia
non tutti usano la CAFFEINA, anzi sembra che alcune persone tendono a preferirla
mentre altre no. Solitamente scelgono la CAFFEINA coloro che riferiscono di
provare effetti piacevoli.
Tolleranza e ASTINENZA. In uno studio sperimentale su persone mantenute ad un
dosaggio giornaliero costante di CAFFEINA, si è dimostrato la comparsa di
tolleranza agli effetti soggettivi dopo 18 giorni. La tolleranza agli effetti
sul sonno si verifica dopo 7 giorni di uso mentre dosi acute di CAFFEINA in
individui non dipendenti possono causare un modesto aumento della pressione
sanguigna, lo stesso effetto non viene riscontrato dopo 3 giorni di uso.
Tuttavia non è chiaro che ruolo possa avere la tolleranza nello sviluppo di una
dipendenza clinica da CAFFEINA. Lo stesso dicasi per l'ASTINENZA che almeno in
parte potrebbe contribuire a spingere l'individuo all'uso della sostanza.
Genetica. Parecchi studi su gemelli hanno dimostrato una maggiore concordanza
fra gemelli monozigoti, rispetto a dizigoti, per il consumo di CAFFE',
suggerendo una predisposizione genetica. Tuttavia si tratta di studi che hanno
indagato sull'uso di CAFFEINA e non sulla dipendenza.
Popolazioni speciali. In diversi gruppi si è osservato un consumo di CAFFEINA
maggiore rispetto alla popolazione generale: fumatori, nei quali può riflettere
l'aumento del metabolismo della CAFFEINA; detenuti, tra i quali si è stimato un
consumo medio giornaliero di 805 mg; pazienti psichiatrici, con consumi
giornalieri medi fino a 500/750 mg; alcolisti, per i quali il livello di uso di
CAFFEINA ha un valore predittivo sull'abuso di alcol e la prevalenza della
dipendenza da CAFFEINA cresce al crescere della gravità della dipendenza da
alcol. Altri gruppi a rischio sono i tossicodipendenti da sostanze diverse ed i
pazienti con anoressia nervosa.
Età, sesso e razza. Vi sono poche informazioni su questi fattori. Sembra che tra
gli adulti il consumo di CAFFE' sia maggiore che tra i giovani. Sembra anche che
il consumo di CAFFE' sia maggiore tra i bianchi rispetto agli afro-americani,
mentre non si segnalano differenze nel consumo di sessi.
In conclusione, la dipendenza di CAFFEINA, come le altre tossicodipendenze,
sembra rappresentare il risultato di fattori sociali, cultura, e di fattori
predisponenti individuali, che operano in un contesto di disponibilità di una
sostanza psicoattiva che produce effetti piacevoli e gratificanti. La presenza
di una dipendenza da CAFFEINA viene spesso misconosciuta. I clinici dovrebbero
invece sondare per verificare la presenza dei sintomi o comportamenti che ne
segnalano la presenza: tolleranza, ASTINENZA, continuazione nell'uso nonostante
le raccomandazioni sanitarie o la presenza di problemi aggravanti dalla
CAFFEINA, so di quantità maggiori o per periodi più prolungati rispetto a quelli
programmati, desiderio persistente o tentativi infruttuosi di ridurre o
controllare l'uso.
Nonostante l'interruzione dell'uso di CAFFEINA venga venga spesso raccomandata
dal medico per condizioni quali ansia, insonnia, aritmia, palpitazioni,
esofagite/ernia iatale, malattia fibrocistica, per molti pazienti risulta
particolarmente difficile riuscirci. I pochi studi esistenti sul trattamento
della dipendenza da CAFFEINA riportano dei successi ottenuti affiancando ad una
graduale riduzione delle dosi giornaliere delle strategie di rinforzo dei
comportamenti di controllo dell'uso. Anche il monitoraggio dei progressi
compiuti può essere utile. La interruzione brusca dovrebbe essere evitata.
DISTURBO D'ANSIA INDOTTO DA CAFFEINA
Oltre ai sintomi di ansia che accompagnano l'intossicazione e l'ASTINENZA, la
CAFFEINA può produrre anche un distinto disturbo d'ansia. Nel DSM-VI, il
disturbo d'ansi indotto da sostanze si caratterizza per la preminenza di sintomi
d'ansia che sono direttamente correlati all'uso di una sostanza psicoattiva.
Mentre la forma del disturbo può rassomigliare al disturbo ossessivo-compulsivo,
è importante notare che per porre la diagnosi di disturbo d'ansia indotto da
sostanze non è necessario che il paziente manifesti tutti i sintomi necessari
per soddisfare i criteri specifici di questi disturbi. Numerosi studi hanno
esaminato la relazione fra consumo di CAFFEINA e disturbi d'ansia. E'
interessante notare che i pazienti con disturbi d'ansia generalmente consumano
meno CAFFEINA degli altri pazienti e che dopo l'assunzione di CAFFEINA i loro
punteggi di autovalutazione del livello d'ansia sono più elevati rispetto a
quelli dei controlli. Queste osservazioni suggeriscono che certe categorie di
persone tendono ad evitare il consumo di CAFFEINA per evitare l'insorgenza di
una sintomatologia d'ansia. Si è anche dimostrato che pazienti che assumono
quantità elevate di CAFFEINA usano quantità di tranquillanti (benzodiazepine o
meprobamato) più elevate rispetto ai pazienti che ne fanno un uso modesto. La
diagnosi di disturbo d'ansia indotto da CAFFEINA è basata sull'evidenza di un
disturbo d'ansia eziologicamente correlato alla CAFFEINA. Uhde ha fatto notare
come l'uso acuto di CAFFEINA possa momare l'attacco di panico, mentre l'uso
cronico, l'ansia generalizzata. <il trattamento del disturbo d'ansia indotto da
CAFFEINA consiste nella graduale sospensione della sostanza. L'uso di agenti
farmacologici quali le benzodiazepine dovrebbe essere evitato fino a quando non
sia stata eliminata la CAFFEINA.
DISTURBO DEL SONNO INDOTTO DA CAFFEINA
Come nel caso del disturbo d'ansia indotto da CAFFEINA, le sostanze psicoattive
possono produrre dei disturbi del sonno distinti da quelli che accompagnano
l'intossicazione a l'ASTINENZA. E' noto da lungo tempo che i prodotti contenenti
CAFFEINA possono provocare disturbi del sonno, primariamente sotto forma di
insonnia. Per esempio, Chavanne nel 1911 scrisse che <<ad alcune persone il
CAFFE' nero le costringe a stare sveglie a letto a fissare il soffitto...>>. Ci
sono comunque anche delle segnalazioni di ipersonnia associata all'uso di
CAFFEINA. In effetti il disturbo può essere del tipo insonnia, ipersonnia,
parasonnia o misto, ma più spesso si tratta di insonnia. In generale, dosi acute
di CAFFEINA alla sera ritardano il sonno e ne alterano la qualità. La CAFFEINA
può produrre anche alterazioni della latenza del sonno REM, della durata totale
del sonno e delle caratteristiche del sonno non REM. Questi effetti dipendono
ovviamente dalla dose assunta, dalla tolleranza individuale nella sensibilità
alla CAFFEINA. Come già detto, il disturbo del sonno può verificarsi anche nel
contesto di una intossicazione ed ASTINENZA da CAFFEINA. Si parla però di
disturbo del sonno indotto da CAFFEINA quando i sintomi sono eccessivi rispetto
a quelli che si osservano nella intossicazione o nella ASTINENZA. Il trattamento
consiste in un graduale decremento del consumo di CAFFEINA. L'uso di altri
farmaci o di altri interventi tesi a migliorare il sonno dovrebbe essere
riservato ai casi cui la mancata risposta alla eliminazione della CAFFEINA
faccia propendere per un disturbo non indotto da essa.
http://acidoascorbico.altervista.org/prova2/Immagini/caffesintomia.htm
Secondo un recente studio, la caffeina non sarebbe diversa da altre forme
di droga. La dipendenza che ne deriva e i sintomi da astinenza che si provano
impedirebbero alle persone di smettere di assumerla anche se si fosse obbligati
a farlo
Secondo scienziati statunitensi la caffeina può causare vera e propria
dipendenza, un po' come una droga. Foto: ©Photoxpress/Ramon Grosso
Definirla “droga legalizzata” forse appare un po’ esagerato quando la si associa
a una semplice tazzina di caffè. Ma, secondo quanto dichiarato da alcuni
professori dell’American University di Washington, non lo è affatto.
Chi è solito bere caffè e introdurre dosi abbastanza elevate di caffeina, a
detta dei ricercatori, mostra una notevole dipendenza. Ma non è tutto: ridurne
il consumo, causerebbe in questi casi vere e proprie manifestazioni da
astinenza, a tal punto che neppure quando vi sono condizioni particolari (magari
di salute) che indurrebbero a evitarne il consumo si riesce a smettere. Si pensi
solo a chi soffre di serie problematiche cardiache o a chi ha problemi di
coagulazione, oppure a una semplice gravidanza. Tutte buoni motivazioni per dire
addio a una “dose” di caffeina, di cui però difficilmente si riesce a liberarsi.
A tutti questi problemi viene persino dato un nome preciso: “Caffeine Use
Disorder”.
E’ tuttavia bene anche tener presente che la caffeina non si trova soltanto nel
caffè, ma spesso la si assume anche attraverso altri alimenti o bevande come
quelle energetiche, quelle a base di Cola, il tè, il cioccolato, il guaranà, con
le foglie di Yerba Mate e persino in alcuni farmaci dalle proprietà analgesiche.
«Gli effetti negativi della caffeina non sono spesso riconosciuti come tali,
perché si tratta di una droga socialmente accettabile e ampiamente consumata,
ben integrata nelle nostre abitudini e routine – spiega Laura Juliano
dell’American University e coordinatrice dello studio – E mentre molte persone
possono consumare caffeina senza avere danni, per alcuni produce effetti
negativi, dipendenza fisica, interferisce con il funzionamento quotidiano e può
essere difficile rinunciarci: tutti segni di un uso problematico».
Lo studio, pubblicato sul Journal of Caffeine Research, è stato in grado di
riassumere molte delle ultime ricerche che hanno mostrato le prove biologiche
inerenti alla dipendenza da caffeina. E’ proprio attraverso tali dati che si è
potuto stabilire quanto sia diffusa la dipendenza da caffeina e quali sono i
sintomi sia fisici che psicologici che è in grado di innescare nei consumatori
abituali.
La Juliano mette in guardia anche dal consumo di tale sostanza in base all’età e
alla condizione attuale. Per esempio, ricorda che gli adulti – ovviamente sani –
dovrebbero limitare il consumo di caffeina a non più di 400 mg al giorno. In
soldoni, si traduce a circa due-tre tazzine di caffè. Però se si assume anche tè
(indicativamente un minimo di 60 mg per tazza) o energy drink (indicativamente
80 mg a lattina), ovviamente le tazzine di caffè dovrebbero essere ridotte.
Le donne in gravidanza dovrebbero ridurre di almeno la metà la dose massima
raccomandata, quindi dovrebbero far attenzione a non superare i 200 mg al
giorno. Chi invece dovrebbe astenersi quasi del tutto sono le persone che
soffrono di ipertensione, disturbi cardiocircolatori, insonnia, crisi d’ansia,
attacchi di panico e persino incontinenza urinaria.
Bisogna anche dire che la quantità di caffeina varia da caffè a caffè e non è
così semplice riconoscerne il contenuto.
«In questo momento, i produttori non sono tenuti a etichettare quantità di
caffeina e di altri prodotti come le bevande energetiche. Non vi è alcun
regolamento sui limiti della caffeina», continua la Juliano.
Sembra che solo adesso ci stiamo rendendo conto del fatto che l’uso costante e
massiccio di caffeina può diventare un grosso problema sociale. Recentemente,
infatti, anche l’American Psychiatric Association Caffeine ha ufficialmente
riconosciuto il “Caffeine Use Disorder” come vero e proprio problema di salute.
«Il malinteso che c’è tra i professionisti e non è uguale a quello che c’è
intorno al fatto che non è difficile rinunciare alla caffeina. Tuttavia, secondo
alcuni studi sulla popolazione, oltre il 50 per cento dei normali consumatori di
caffeina hanno mostrato di avere difficoltà nello smettere o ridurre il consumo
di caffeina. […]Inoltre, la ricerca genetica può aiutarci a comprendere meglio
gli effetti della caffeina sulla salute e sulla gravidanza, così come le
differenze individuali nel consumo di caffeina e sensibilità», conclude la
dott.ssa Juliano.
Insomma, la caffeina nonostante sia alla portata di tutti, non è proprio per
tutti.
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