Toccata da Schubert

per violoncello a quattro mani *
(anche due violoncelli)

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La toccata  è composta:
parte A) dai postumi di una fuga, o canone enigmatico, per due violoncelli;
parte B) da una sorta di recitativo peregrinus-errante, per un violoncello, quattro mani e due archi.

A) La distinzione dei due violoncelli deve essere significativa, e va ottenuta usando differenti posizioni (e quindi corde), opposizioni tasto-ponticello, come indicato, e anche una distanza spaziale enfatizzata, per quanto la difficoltà ritmica e agogica lo permette.
 Un’accrescimento della distanza spaziale potrebbe anche essere cercato con una amplificazione, se di qualità: nel caso di un impianto con più di due canali, si potrebbe addirittura progettare una composizione spaziale delle fasi del pezzo parallela agli altri processi musicali.
In ogni caso, la separazione timbrica e spaziale dei due violoncelli non deve comprometterne né la possibilità per l’orecchio di sentire le due parti come appunto parti di un’unico risultato, né la riuscita ritmica. Eppure questa non deve essere meramente meccanica e rigida: o meglio, bisogna affidarsi interamente al testo e alle sue suggestioni immaginifiche, come se fosse l’unico fine, ma sapendo con un sorriso ammettere che tale fine si scontrerà sempre con la nostra umanità, e forse anche da questi errori riceve significato; ad esempio, sarà forse difficile che le parti a crome alternate non zoppichino, ma una traccia di tale rischio di cadere deve far parte del gioco interpretativo. Interpretare con la bravura delle coppie di suonatori di flauto di Pan sudamericani. E’ importante cercare di rispettare non solo gli attacchi, ma anche tutti gli stacchi e le durate delle pause con estrema precisione: nota che le pause di una parte coincidono esattamente come durata con le note dell’altra, e quando queste si allineano, la chiave del curioso enigma acustico entra e ne esce improvvisamente (o gradualmente) ... la Fuga finale della Wanderer-Phantasie.

B) Stanco di questa distanza, il primo violoncello si alza, depone lo strumento e trova spazio presso l’altro, memore di duo pianistici schubertiani ricchi di intrecci e scontri. L’azione va recitata discretamente, quasi timidamente e senza interrompere il senso musicale- che pure è un cambiamento di rotta. Bisogna saper recitare una parte goffa, di chi non sa recitare e quasi esita- ma tutto questo deve essere interpretato, fatto proprio fino in fondo. Nel caso di due interpreti di sesso differente, facili ammiccamenti sono da evitare, forse avrebbe valore curativo- per i nostri tempi non meno di quelli di Schubert- che fosse la violoncellista ad accostarsi al violoncellista, senza più intralci. In ogni caso i due interpreti diventano l’uno per l’altro.
I due interpreti troveranno in stretta collaborazione la disposizione delle sedie, delle mani e degli archi, stabilendo le posizioni per i vari passi; quando in azione è la sola mano sinistra, le posizioni sono indicate da delle ’x’; se esse hanno un’intensità, battere le dita sulla tastiera, altrimenti lasciarle inudibili. Viceversa, l’indicazione ‘solo arco’ indica appunto l’utilizzo dell’arco nelle corde e posizioni da fissare e sincronizzare con l’altro violoncellista.
Dall’ultimo rigo di pagina 4, il primo violoncellista estrae da ciò che suona la mano sinistra dell’altro dei frammenti, gli estremi per riconoscere o occultare una melodia nelle sue pieghe più espressive. (L’interprete può propormi di estrarre qualcos’altro da quei celeberrimi canti, o cercare qualche tema più pertinente alle estrapolazioni: io ho messo insieme questi elementi, insieme a tutto il resto, il che non è irrilevante, quindi se possibile avvisatemi per futuri cambiamenti.)
Il passo finale, dopo quello degli armonici artificiali, richiede particolare cura, poiché ho cercato di realizzare un duo perfettamente incrociato, in cui cioè entrambi suonano con l’arco, ma sulle corde che l’altro ‘suona’ o prepara con la mano sinistra, come un’azione reciproca; per quanto riguarda la precisione ottenibile con tali tecniche, vale lo stesso identico principio della parte A); le arcate non saranno belle e sicure come nel gioco a uno, anzi il risultato potrebbe essere talvolta misero, ma saranno prodotte in modo umanamente nuovo e forse anche i suoni risulteranno significativi.

* Per facilitare il gioco interpretativo con due archi e quattro mani, nel caso di difficoltà eccessive di posizioni delle due mani per il primo violoncellista, si può forse pensare a un terzo violoncellista, un’aiutante che ‘dà una mano’: o la sinistra, o un arco supplementare. Soltanto, non coprire la vista e l’udito di chi assiste.