Risposte ai RosaCroce

Gruppo Biblico di Evangelizzazione




Risposte ai nostri amici RosaCroce

 
 

In questo articolo abbiamo cercato di rispondere in maniera breve ed esauriente ad alcuni errori rosacrociani nell’interpretazione biblico-cristiana.

Pensiamo, che le domande siano comunque interessanti al di là del rapporto cristianesimo-rosacroce.
 

1-È possibile conciliare reincarnazione e Bibbia?

2-È possibile aggiungere dettagli riguardanti la Salvezza al di fuori della Parola di Dio?

3-Gesù e Budda sono la stessa cosa?

4-La Bibbia è un libro simbolico?

5-Lo gnosticismo è conciliabile con il cristianesimo rivelato?

6-Il Cristo è solo una forza?
 
 


1.È possibile conciliare reincarnazione e Bibbia?

 

La legge del Karma: i nostri atti ci seguono.
 
 

Un giovane brahmino si rivolge al maestro e gli chiede:
«perché amico Gautama, osserviamo negli uomini bassezza e nobiltà? Vediamo, infatti, uomini dall’esistenza breve e uomini che vivono a lungo, che hanno una buona o una cattiva salute, che sono brutti o beli, influenti o senza alcun potere, ricchi o poveri, stupidi o intelligenti. Per quale causa, per quale ragione, amico Gautama, osserviamo negli uomini questa bassezza e questa nobiltà?»
- A causa dei loro atti gli esseri hanno i loro atti per eredità, i loro atti per matrice, i loro atti per parentela, i loro atti per rifugio. Sono gli atti che dividono gli uomini secondo la loro bassezza o nobiltà […]. 
- Accade che un monaco che ha la fede tra sé e sé pensi: se dopo la morte potessi rinascere in una casa principesca! Vi fissa il suo pensiero, lo stabilisce solidamente. Le sue tendenze, associate alle sue abitudini così incoraggiate e sviluppate, lo portano a rinascere nell’esistenza alla quale aspira. Se un uomo coltiva intensamente e costantemente una condotta da cane, un comportamento da cane, al momento della dissoluzione del corpo, dopo la morte, andrà a raggiungere i cani. Per questo io dico: gli uomini sono eredi dei loro atti.

 
 
 
(Majjhimanikaya, in L. Silburn, Le Bouddhisme, Fayard, 1977, pp. 46-47)

 
 

ARGOMENTI INVOCATI

-Le disuguaglianze naturali: “Se Mozart a 5 anni componeva musiche così elaborate, evidentemente deve averle già abbozzate in precedenti vite”, pensano gli adepti della reincarnazione. Perché un bambino nasce mongoloide, mentre suo fratello gemello è superdotato? Evidentemente il primo deve purificarsi da colpe passate, mentre il secondo gode i benefici del suo impegno passato. Ogni azione produce prima o poi il suo effetto buono o cattivo: nell’induismo questa legge cosmica del rapporto causa-effetto e della retribuzione quasi meccanica dei nostri atti si chiama karma.

-Una possibilità di ricominciare: un essere umano che non ha avuto tutta la sua parte di vita o che l’ha sciupata deve avere la possibilità di recuperarla in un’altra esistenza. Pensiamo alla morte prematura di un bambino o alle vite buttate via nell’alcool. Devono avere la possibilità di completare la loro esistenza. Sarebbe impensabile che Dio condanni a pene eterne esseri così fragili come gli uomini. L’esistenza umana è così breve, l’uomo deve avere il diritto di sbagliare, deve beneficare di esami di riparazione.

-L’origine dell’anima dei neonati: secondo Platone, il numero delle anime è fisso e immutabile. Esse non possono essere create dal niente, ma preesistono da sempre alla nascita dei neonati. Così le anime dei viventi non possono venire che dai morti. In questo modo Platone spiega la presenza nell’intelligenza umana di idee eterne di giustizia, di bellezza e di verità: le anime le avrebbero contemplate in una precedente vita.

-L’esperienza del risveglio dal coma: dopo l’esperienza del coma alcuni dei risvegliati sono inclini a credere nella reincarnazione: <<Non concepisco più la morte come un annientamento, ma come una rinascita. Morire consente di rinascere per conoscere una nuova vita più serena>>.

-Alcuni passi biblici: molti sostenitori moderni della reincarnazione, come i rosacroce, il maestro della “Fraternità bianca universale” asseriscono di trovare giustificazioni nello stesso Vangelo. Quando per esempio gli apostoli rispondono al loro Maestro: <<Alcuni dicono che tu sia Giovanni Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti>>(Mt 16,14), questo proverebbe che alcuni giudei vedevano in Gesù una reincarnazione di uno dei quei personaggi. Lo stesso quando i giudei interrogano Giovanni Battista per sapere se fosse Elia (Gv 1,21) o quando Erode si chiede se Gesù non sia per caso Giovanni Battista resuscitato (Mt 14,1-2).

Ci si basa anche sulle riflessioni fatte dagli apostoli a proposito del cieco nato: <<Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori perché nascesse cieco?>> (Gv 9,2). Sembra che gli apostoli ammettessero per la cecità una colpa commessa prima della sua nascita. Secondo alcuni si tratterebbe di una dottrina segreta di Gesù che alcuni, quali i Rosacroce pretenderebbero di conoscere facendo riferimento ad alcune parole contenute nei vangeli apocrifi.

Vengono infine addotti alcuni passi delle lettere paoline: ciascuno dovrà ricevere <<la ricompensa delle opere compiute finchè era nel corpo, sia in bene che in male>>(2 Cor 5,10). <<Non vi fate illusioni. Non ci si può prendere gioco di Dio. Ciascuno raccoglierà quello che avrà seminato>> (Gal 6,7). L’apostolo Paolo qui affermerebbe la legge del karma, secondo la quale l’uomo raccoglie in un’altra vita ciò che ha seminato nell’esistenza precedente?
 
 

RISPOSTE

-Le disuguaglianze naturali: la prima risposta biblica alla visione karmica delle disuguaglianze naturali consiste in una sublimazione della razionalità umana: <<Le vie di Dio non sono le vostre vie>> (Is 55,8). Le persone handicappate, prive di salute, possono essere dotate di un cuore eccezionalmente capace di amore. Non si tratta necessariamente di persone inaridite dai peccati passati. Inoltre le disuguaglianze naturali sono il semplice risultato della varietà in natura. Come i fiori sono tutti diversi, così è per gli esseri umani: non è necessario scomodare la legge del karma per spiegare le disuguaglianze naturali.

-Una possibilità di ricominciare: la verità cristiana si articola in 2 affermazioni:

1. Essere sempre pronti. Questa vita non è uno scherzo. La nostra morte è l’incontro supremo con il Dio della Vita alla quale dobbiamo essere SEMPRE pronti. Gesù ci narra la parabola delle vergini sagge e delle vergini stolte che non si erano preparate al ritorno del Signore e che all’ultimo istante erano andate a comprare dell’olio per le lampade. Ma al loro ritorno trovarono la porta irrimediabilmente chiusa. Non avremo esami di riparazione.di fronte al Signore. Il Signore prende sul serio il nostro agire, il nostro cuore. Dobbiamo imparare a spendere bene i giorni che passiamo su questa terra, perché non avremo una seconda opportunità.

2. Il tempo è relativo: <<un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno>> (2 Pt 3,8). Il Dio della Bibbia ama talvolta prendersi gioco del tempo quando si tratta di guarire i suoi figli nel corpo o nell’anima. È la storia del “buon” ladrone che sulla croce riparò tutti gli errori della sua vita in pochi istanti prima di morire. Ma la vita non è uno scherzo e l’ultimo <<si>> o <<no>> alla Verità è preparato da tutti gli atti liberi della nostra vita e li riassume tutti. Del resto, se la nostra vita si esaurisse su questa terra, allora qualsiasi disuguaglianza nella nascita sarebbe un’ingiustizia, un inganno. Se da una parte i cristiani sono chiamati a combattere le forme di ingiustizia e questo come preparazione del Regno, dall’altro sono chiamati a superare ogni forma di materialismo: l’uomo non è fatto di sola carne, l’uomo non è fatto per esaurirsi nella materia, ma sente un indicibile desiderio di andare oltre, oltre ciò che si può misurare, toccare, vedere. <<Perché hai visto, hai creduto, Tommaso. Beati coloro che pur non vedendo crederanno>>. Il nostro essere aspira ad andare oltre. Non siamo nati per vivere su questa terra. Ma la nostra vita prosegue, trasformata. Quindi nessuna ingiustizia divina, se una persona vi trascorre 100 anni, mentre un’altra solo 10.

-L’origine dell’anima dei neonati: la visione cristiana dell’anima non si rifà propriamente a Platone. Dio è Creatore, sempre e non cessa di creare nuove anime, per i corpi appena concepiti dall’uomo e dalle altre creature. Tuttavia, il libro della Genesi ci mostra una enorme differenza tra l’anima umana, sede della razionalità, dei sentimenti, e quella animale: l’anima umana è immortale perché immagine del Dio vivente. Inoltre l’uomo primordiale, si legge, non è appagato dalla presenza degli animali intorno a sé: segno della differenza profonda che lo separa dal resto del creato. Ciò non toglie che l’uomo possa e debba vivere dal “fratello” con tutto il creato, non come padrone, ma come pro-creatore, che porta avanti cioè l’opera creatrice di Dio.

Se le anime attuali fossero sempre le stesse come si spiega l’aumento vertiginoso della popolazione mondiale? Dove si trovavano quelle anime?

- L’esperienza del risveglio dal coma:  il coma non è esperienza di morte, così, tale esperienza non è di per sé probante. Al contrario i cristiani hanno la prova storica della Resurrezione del Cristo. Molti testimoni lo videro, poterono testimoniare in presenza di persecuzioni corporali, poterono testimoniare anche quando tutto sembrava finito. E lo fecero. Perché avevano visto.

-Alcuni passi biblic: Nella Bibbia un personaggio può essere portato ad assumere il ruolo di qualcuno che l’ha preceduto. Per esempio, Eliseo è stato un altro Elia. Allo stesso modo, come precursore del Messia, si aspettava un secondo Elia. Di fatto l’angelo annuncia a Zaccaria che suo figlio <<gli camminerà innanzi con la forza e lo spirito di Elia>> (Lc 1,17). Questa continuità nella missione non comporta assolutamente identità tra i due esseri.

A maggior ragione Gesù non poteva essere una reincarnazione del Battista, poiché suo contemporaneo! Ma un uomo superstizioso come Erode poteva vedere nella potenza soprannaturale che Gesù di Nazareth sembrava possedere un prolungamento della potenza di cui già godeva il Battista. Mai Gesù o i suoi apostoli pronunciano una parola che si avvicini anche di poco alla credenza della reincarnazione.

Quando gli apostoli suggeriscono come spiegazione della cecità di un cieco dalla nascita un peccato che poteva essere imputato a lui, ciò non prova che pensassero necessariamente a una colpa commessa in un’esistenza anteriore. Potevano semplicemente pensare che questa infermità fosse dovuta, come insegnavano alcuni rabbini dell’epoca, a una colpa commessa dal bambino stesso durante la sua gestazione.

Gesù dal canto suo rifiuta ogni nesso tra la malattia e un qualsiasi peccato. Egli non accenna mai ad un possibile rapporto di causa-effetto tra le disgrazie degli uomini e una macchia contratta in una vita precedente. Gesù non indirizza i nostri passi verso il passato, ma verso il futuro. Ciò che davvero conta è farsi trovare pronti alla venuta di <<colui che viene come un ladro>> (Mt 24,43).
 
 

Ulteriori contrasti.

1. siamo una triunità

La reincarnazione sottende inoltre un concetto che sembra scontato, ma che non lo è affatto: il corpo sarebbe solo un involucro. Paolo afferma che <<Tutto ciò che è nostro è spirito, anima e corpo>> (1 Ts 5,23). Noi non siamo solo l’anima, ma siamo anche lo spirito e il corpo. Siamo una “tri-unità” (vedi articolo di Watchman Nee a proposito). Dunque non siamo semplicemente un’anima che trasmigra da un corpo all’altro. La nostra sessualità ad esempio fa parte del mio essere in profondità, non è accessoria. Il mio rapporto con il cibo non è di puro sostentamento, quasi che Dio ci chiami a sostenerci con cibi liofilizzati. Dobbiamo avere un giusto rapporto con il nostro corpo, rapporto di amore e di equilibrio.

Tutti sanno che san Francesco aveva vissuto l’intera sua vita tra molti digiuni. Pochi sanno che prima di morire ha desiderato una torta di fragole. Peccato di gola? No! Senso profondo della bellezza e della bontà del creato. Siamo chiamati a gustare il creato fino in fondo, a gustarlo con bontà, con occhio benevolo. Diventa peccato quando ce ne vogliamo appropriare, quando lo vogliamo carpire, quando accresce il nostro IO con un gusto deturpato, sfregiato. Ecco che la sessualità diventa lussuria, egoismo, avarizia, ira. Gustare il cibo diventa rabbia, gola, accidia, noia.
 

2. salvezza per fede e non per opere

La dottrina della reincarnazione fa ovviamente leva su quella del karma: il destino del nostro essere dipenderebbe dalle nostre azioni. Come se dovessimo mettere su un piatto della bilancia il bene e il male che abbiamo commesso. Al termine della vita avremo un destino migliore se la bilancia pende verso il bene, al contrario avremo un destino peggiore.

Per quanto questa dottrina della “meritocrazia” sia entrata nel sangue dei cristiani, non c’è niente di biblico in tutto ciò.

Nelle sue lettere Paolo afferma categoricamente e con forza che la salvezza dell’uomo è dono di Dio, dono gratuito. Cioè, in altre parole, l’uomo è salvo per grazia. In che modo l’uomo può appropriarsi di questa opera salvifica? Con i suoi meriti personali? No, cari amici. Con i meriti della morte e resurrezione del Cristo, cioè per fede. La fede in Cristo è il nostro mezzo di salvezza.
 
 

Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; né viene dalle opere, perché nessuno possa vantarsene.
(Ef 2, 8-9).
 
Noi riteniamo infatti che l'uomo è giustificato per la fede indipendentemente dalle opere della legge.
(Rm 3,28)
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Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna.
(Gv 3,16)
La salvezza avviene per fede in Cristo e non per le nostre opere. La Parola di Dio è chiara come il sole. A coloro che pensano di doversi meritare con le opere la salvezza e che pensano che la salvezza per fede escluda ogni valore alle opere, ricordiamo che le opere sono conseguenza dell’amore di un essere rinnovato, reso libero dalla schiavitù dell’IO e del peccato, libero dalla morte. Non sono le opere che ci fanno meritare la vita eterna, ma è la stessa nuova vita che produce in noi opere rinnovate.

 
Ti prendi gioco della ricchezza della sua bontà, della sua tolleranza e della sua pazienza, senza riconoscere che la bontà di Dio ti spinge alla conversione?
(Rm 2, 4).

Non è la nostra opera, la nostra conversione, che ci fa meritare l’amore di Dio, ma l’amore di Dio produce in noi conversione, sgretolando mattone dopo mattone.
 


2. È possibile aggiungere dettagli riguardanti la Salvezza che non siano già inclusi nella Parola di Dio?
Una cosa che colpisce molto quando si assiste agli incontri dei rosacroce è la presenza di manifesti che riportano schemi e immagini che servono a spiegare i misteri della salvezza e dello sviluppo spirituale dell’uomo. Ciò che stupisce non è tanto la presenza di manifesti, quanto la dovizia di particolari aggiunti e precisati con certezza assoluta e che sempre senza alcuna incertezza vengono presentati ai candidati “cercatori”.
Che cosa dice la Bibbia in proposito? Con l’Apocalisse la Chiesa ha ritenuto concluso l’insieme delle Verità rivelate all’uomo per la sua salvezza. Forse riteneva di poco conto le Confessioni di un grande padre della Chiesa, quale sant’Agostino, ispiratore della Riforma luterana e della Controriforma cattolica a distanza di oltre 1000 anni? Forse le Summae teologiche di Tommaso d’Aquino giudicato uno dei più grandi dottori della Chiesa non erano all’altezza di Paolo di Tarso? Oppure le ispirazioni e rivelazioni avute da santa Teresa d’Avila erano bazzecole?

Niente di tutto ciò. La Chiesa era consapevole della differenza tra ciò che è Parola di Dio e ciò che parola umana, tra una rivelazione data per tutti i tempi e per tutte le generazioni e una parola personale che si cala eccessivamente nel contesto storico. I primi cristiani hanno fortemente sentito che con l’Apocalisse il patrimonio di tutto ciò che era necessario per la Vita Eterna era al completo. Non che la Parola di Dio spieghi tutto nei dettagli, ma rivela quanto basta raggiungere la vita eterna.

Se è lecito aggiungere dettagli sulla forma organizzativa della Chiesa, anche dettagli teologici, se è lecito aggiungere dettagli e continuare approfondimenti filosofici e teologici riguardanti la spiritualità, allo stesso modo è lecito aggiungere conoscenze extra-bibliche riguardanti l’aspetto centrale della fede: la salvezza?

La Bibbia stessa dice:
 
 

Fin dall'infanzia conosci le sacre Scritture: queste possono istruirti per la salvezza, che si ottiene per mezzo della fede in Cristo Gesù. Tutta la Scrittura infatti è ispirata da Dio e utile per insegnare, convincere, correggere e formare alla giustizia, perché l'uomo di Dio sia completo e ben preparato per ogni opera buona.
(2 Tim 3,15-16)

 

Molti altri segni fece Gesù in presenza dei suoi discepoli, ma non sono stati scritti in questo libro. Questi sono stati scritti, perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

(Gv 20, 30-31)
Le Sacre Scritture dunque hanno il compito di istruirci e di condurci alla salvezza che si ottiene per mezzo della fede in Cristo. Le Scritture stesse attestano che non tutto quanto Gesù fece e disse è stato riportato. È lecito dunque presumere che solo gli apostoli avessero una piena conoscenza di tutto il mistero di Cristo, mistero che è stato tramandato evidentemente a voce nella cosiddetta Tradizione orale. Ma che cosa è stato scritto? Quale scelta è stata compiuta? Giovanni afferma con certezza che quanto è stato scritto era finalizzato alla fede salvifica. Evidentemente non manca niente e niente è stato nascosto di quanto è necessario per la nostra salvezza, altrimenti Giovanni avrebbe scritto ulteriori dettagli in nostro favore.
Non è necessario insistere molto: la Parola di Dio è chiara, rassicurante ed esauriente in proposito. Niente è trascurato che possa essere necessario alla Vita Eterna, Dio non lo avrebbe permesso.

Coloro che aggiungono parole proprie alla Parola di Dio e ne fanno una necessità per i credenti, non solo compiono una pura speculazione teologica, rendendo la Bibbia una barzelletta, ma compiono anche una infamia nei confronti dei credenti abusando della loro buona fede e addossando su di loro inutili fardelli e così facendo attirano su di sé la maledizione dell’Apocalisse:
 
 
 

Dichiaro a chiunque ascolta le parole profetiche di questo libro: a chi vi aggiungerà qualche cosa, Dio gli farà cadere addosso i flagelli descritti in questo libro; e chi toglierà qualche parola di questo libro profetico, Dio lo priverà dell'albero della vita e della città santa, descritti in questo libro.
(Ap 22, 18-19)
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3.Gesù e Budda sono la stessa cosa?
I rosacroce pretendono di trovare verità inconfutabili in tutte le religioni, anzi per essere più precisi: tutte sarebbero vere.

Per quanto riguarda il confronto tra buddismo e cristianesimo, invece di rispondere in prima persona abbiamo pensato di chiamare in causa direttamente il Santo Papa. Nel libro-intervista “Varcare le soglie della speranza”, Giovanni Paolo II affronta il mondo delle nostre ansie, delle nostre paure, confrontandosi con il pensiero laico e con quello di altre spiritualità. Avremo modo di approfondire il discorso del buddismo in altri articoli.

“[…] Il buddismo sotto un certo punto di vista è, come il cristianesimo, una religione di salvezza. Tuttavia occorre aggiungere subito che le soteriologie del buddismo e del cristianesimo sono, per così dire, contrarie. […] La soteriologia del buddismo costituisce il punto centrale, anzi, l’unico di questo sistema. Tuttavia, sia la tradizione buddista sia i metodi da essa derivanti conoscono quasi esclusivamente una soteriologia negativa.

L’<<illuminazione>> sperimentata da Budda si riduce alla convinzione che il mondo è cattivo, che è fonte di male e di sofferenza per l’uomo. Per liberarsi da questo male bisogna liberarsi dal mondo; bisogna spezzare i legami esistenti nella nostra costituzione umana, nella nostra psiche e nel nostro corpo. Più ci liberiamo da tali legami, più ci rendiamo indifferenti a quanto è nel mondo, e più ci liberiamo dalla sofferenza, cioè dal male che proviene dal mondo.

Ci avviciniamo a Dio in questo modo? Nell’<<illuminazione>> trasmessa da Budda non si parla di ciò. Il buddismo è in misura rilevante un sistema <<ateo>>. Non ci liberiamo dal male attraverso il bene, che proviene da Dio; ce ne liberiamo soltanto mediante il distacco dal mondo, che è cattivo. La pienezza di tale distacco non è l’unione con Dio, ma il cosiddetto Nirvana, ovvero uno stato di perfetta “indifferenza” nei riguardi del mondo. Salvarsi vuol dire prima di tutto liberarsi dal male, rendendosi indifferenti verso il mondo che è fonte del male. In ciò culmina il processo spirituale.

A volte si tenta di stabilire a questo proposito un collegamento con i mistici cristiani: sia con quelli di Nordeuropea (Eckert, Taulero, Suso, Ruysbroeck), sia con quelli successivi dell’area spagnola (santa Teresa d’Avila, san Giovanni della Croce). Ma quando san Giovanni della Croce, nella sua Salita del mondo Carmelo e nella Notte oscura, parla del bisogno di purificazione, di distacco dal mondo dei sensi, non concepisce tale distacco come fine a se stesso.
 
 

«Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi. Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai. Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai»

(Salita del monte Carmelo, I, 13, 11)
Questi testi classici di san Giovanni della Croce a volte, nellEst asiatico, vengono interpretati come una conferma dei metodi ascetici propri dell’Oriente. Ma il dottore della Chiesa non propone soltanto il distacco dal mondo. Propone il distacco dal mondo per unirsi a Ciò che è al di fuori del mondo: e non si tratta del Nirvana, ma di un Dio personale. L’unione con Lui non si realizza soltanto sulla via della purificazione, ma mediante l’amore.
La mistica carmelitana inizia nel punto in cui cessano le riflessioni di Budda e le sue indicazioni per la vita spirituale. Nella purificazione attiva e passiva dell’anima umana, in quelle specifiche notti dei sensi e dello spirito, san Giovanni della Croce vede prima di tutto la preparazione necessaria affinché l’anima umana possa essere pervasa dalla viva fiamma dell’amore.

La mistica cristiana non nasce da una illuminazione puramente negativa, che rende l’uomo consapevole del male che sta nell’attaccamento al mondo mediate i sensi, l’intelletto e lo spirito, ma dalla Rivelazione del Dio vivente. Questo Dio si apre all’unione con l’uomo e suscita nell’uomo la capacità di unirsi a Lui, specialmente per mezzo delle virtù teologali: la fede, la speranza e soprattutto l’amore.

Tra le religioni dell’Estremo Oriente, in particolare il buddismo e il cristianesimo c'è un’essenziale differenza nel modo di intendere il mondo. Esso, infatti, è per il cristiano creatura di Dio, redenta da Cristo. Nel mondo l’uomo incontra Dio: non ha perciò bisogno di pratica un così assoluto distacco per ritrovare se stesso nel profondo del Suo intimo mistero. Per il cristianesimo non ha senso parlare del mondo come di un male «radicale», poiché all’inizio del suo cammino si trova Dio Creatore che ama la Propria creatura, un Dio che ha dato «il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna»(Gv 3,16)

Una questione a parte è la rinascita delle antiche idee gnostiche nella forma del cosiddetto New Age. Non ci si può illudere che esso porti a un rinnovamento della religione. È soltanto un nuovo modo di praticare la gnosi, cioè quell’atteggiamento dello spirito, che in nome di una profonda conoscenza di Dio, finisce per stravolgere la Sua Parola sostituendovi parole che sono soltanto umane. La gnosi no si è mai ritirata dal terreno del cristianesimo, ma ha da sempre convissuto con esso, a volte sotto forma di corrente filosofica, più spesso con modalità religiose e parareligiose, in deciso anche se non dichiarato contrasto con ciò che è essenzialmente cristiano.
 


4. La Bibbia è un libro simbolico?
«Per queste cose i Giudei mi assalirono nel tempio e tentarono di uccidermi. Ma l'aiuto di Dio mi ha assistito fino a questo giorno, e posso ancora rendere testimonianza agli umili e ai grandi. Null'altro io affermo se non quello che i profeti e Mosè dichiararono che doveva accadere, che cioè il Cristo sarebbe morto, e che, primo tra i risorti da morte, avrebbe annunziato la luce al popolo e ai pagani».

 
 
Mentr'egli parlava così in sua difesa, Festo a gran voce disse: «Sei pazzo, Paolo; la troppa scienza ti ha dato al cervello!». E Paolo: 
«Non sono pazzo, disse, eccellentissimo Festo, ma sto dicendo parole vere e sagge.
(Atti 26, 22-25)
 
Dunque Paolo ha anche rischiato la vita per parlare della resurrezione. Paolo afferma addirittura: “null’altro io affermo se non che […] Cristo sarebbe morto e che, primo tra i risorti da morte […]”. Null’altro! Vi sembra un linguaggio simbolico? Paolo avrebbe potuto spiegarlo ai suoi persecutori e dire loro che era un semplice modo di dire che Gesù aveva in un certo senso vinto se stesso. Sarebbe stato un discorso più normale e i suoi persecutori avrebbero capito.

Ancora:
 
 

E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. Altrimenti, che cosa farebbero quelli che vengono battezzati per i morti? Se davvero i morti non risorgono, perché si fanno battezzare per loro?
(1 Cor 15, 29)

 

Se soltanto per ragioni umane io avessi combattuto a Efeso contro le belve, a che mi gioverebbe? Se i morti non risorgono, mangiamo e beviamo, perché domani moriremo.

(1 Cor 15, 32)

 

Altro è lo splendore del sole, altro lo splendore della luna e altro lo splendore delle stelle: ogni stella infatti differisce da un'altra nello splendore. Così anche la risurrezione dei morti: si semina corruttibile e risorge incorruttibile; si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza; si semina un corpo animale, risorge un corpo spirituale.

(1 Cor 15, 41-44)

 
 

Vi sembrano affermazioni simboliche? Tuttavia, è anche vero che Gesù Cristo ci ha parlato di una resurrezione interiore che avviene qui, su questa terra, che può avvenire ora, perché è proprio ora che siamo morti e la nostra morte è il peccato, è il senso di smarrimento, l’incapacità di andare oltre le illusioni, l’incapacità di andare oltre il proprio IO, l’incapacità di amare fino in fondo.
 

 
 
Se dunque siete risorti con Cristo, cercate le cose di lassù, dove si trova Cristo assiso alla destra di Dio;

(Colossesi 3,1)

 

Esistono quindi 2 resurrezioni: una resurrezione spirituale ed una corporale. La Bibbia spiega e mostra questo chiaramente e in definitiva afferma:
 
 
 

Perché il Signore stesso, a un ordine, alla voce dell'arcangelo e al suono della tromba di Dio, discenderà dal cielo. E prima risorgeranno i morti in Cristo;

(1 Tess 4, 16)

Paolo quindi parla di morti in Cristo e risorti in Cristo: in definitiva è la stessa cosa, chi è morto in Cristo è anche risorto in Cristo perché Cristo è storicamente morto e storicamente risorto. Risorgeranno i morti in Cristo: che cosa può significare se non che ci sarà in futuro un evento grandioso in cui coloro che hanno annullato il proprio IO e che hanno impostato la loro vita sulla roccia del Cristo, che cioè sono morti e risorti in Cristo, realmente e corporalmente risorgeranno?
 

Leggere la Bibbia è importante. Ancora più importante è leggerla bene e complessivamente.
 
 


5. La gnosi è conciliabile con il cristianesimo rivelato?

La gnosi può rappresentare una grande forza di rinnovamento se ricondotta nell’alveo della Rivelazione. La gnosi è il cammino di ricerca personale che non si ferma al “sentito dire”, ma vuole sperimentare in prima persona, vuole conoscere. Se per conoscenza si intende fare esperienza di Dio, del suo Amore, dell’amore che vuole attraversare il nostro essere per giungere a tutti i nostri fratelli, allora la gnosi può diventare davvero una opportunità.

Purtroppo, i movimenti gnostici nella storia si sono sempre proposti come vie alternative ed uniche al Padre, in contrapposizione alla Rivelazione. Sostituiscono i concetti chiave di ricerca alla rivelazione, di comprensione alla fede, di conoscenza all’impegno sociale. Così facendo, la gnosi diventa un campo che invece di liberare l’uomo lo imbriglia sempre più nel suo IO perché sostituisce concetti puramente umani a quanto ci è stato rivelato da Dio stesso.

I rosacroce, ad esempio, nelle loro conferenze richiedono una certa dose di fede che loro definiscono “apertura”. Avere fede significherebbe avere una certa dose di apertura, non essere troppo diffidenti. Di chi, di Dio? No, è sottinteso, diffidenti nei loro confronti e nelle loro dottrine. Ma è proprio questo il concetto di fede che ci richiede e ci propone la Bibbia?
 

 
La fede è fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono.

(Eb 11, 1)


 

La fede è un fondamento. È il fondamento della nostra speranza. Non si può sperare senza aver prima sperimentato l’amore di Dio, altrimenti cadiamo nel fideismo, nell’irrazionalismo e nell’ingenuità. La fede è prova. La fede rende presente ciò che non si vede, ciò che non può essere materialmente toccato, come il pensiero, ma che è ugualmente presente e reale. La fede costituisce quindi il famoso “terzo occhio” dei cristiani, cioè una nuova sensibilità, un sesto senso, oltre ai 5 che ci mettono in comunicazione con la realtà materiale, un sesto senso che ci mette in comunicazione con le realtà spirituali.
 

Ancora:
 
 

Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio; 
(Ef 2,8)

.

La fede è il mezzo che l’uomo ha a disposizione per la salvezza. Fidarsi di Dio, affidargli la propria vita operando un decentramento, spodestando il mio IO, è l’unico mezzo per raggiungere la Vita Eterna. Fede, dunque come mezzo salvifico.

 
 
 
Poiché in Cristo Gesù non è la circoncisione che conta o la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità.
(Gal 5,6)

.

Quando siamo esseri rinnovati in Cristo una sola cosa conta: la fede operante. La fede vera spinge verso l’amore, spinge verso il sociale. Non ti fa chiudere in te, nella tua stanzetta, ma ti apre verso il mondo, verso l’ignoto, con una forza mai sentita prima, ti rende operoso, attivo e non amorfo. Fede non è un insieme di conoscenze o un culto, ma un rapporto vitale e ravvivante con Dio fonte di amore, di vita e di giustizia. È in questo rapporto che cresciamo, ci sviluppiamo come cristiani e che camminiamo, camminiamo sempre.

 

Dunque la fede è solo un “po’ di apertura”? Nella gnosi rosacrociana non ha senso attribuirgli altro valore dal momento che l’unico agente operante sei tu, la forza dello Spirito tutt’al più viene in aiuto, ma un aiuto non è l’essenza.
 

La gnosi rifiuta il concetto di dogma. Dogma non significa verità imperscrutabile. Dogma è una semplice verità rivelata dalle Scritture sulla quale l’uomo può lavorare per approfondire e coglierne nei secoli ulteriori aspetti nascosti. Come verità rivelata e non dedotta, il dogma assume importanza particolare, ma ciò non significhi che venga estromessa la razionalità e l’impegno di ricerca personale e comunitario dell’uomo: significa piuttosto che deve essere posto particolare attenzione ad una tal verità che costituisce un fondamento per la nostra vita. Nel dogma si incontrano la rivelazione e la ricerca umana. Chi rifiuta il concetto stesso di dogma, rifiuta la possibilità che Dio stesso possa intervenire nella storia dell’uomo per indirizzarlo e guidarlo verso la Verità. Non è un uomo più libero, ma più schiavo dei propri preconcetti e delle proprie forze.
 


6. Gesù Cristo è solo una forza?
I rosacroce affermano che Cristo sarebbe una forza che si sarebbe manifestata nella storia in forma umana nella persona di Gesù di Nazaret.

 
 
«Si può dire che il Cristo fu inviato dalla Fraternità Universale nel nostro campo di vita non come un sublime maestro, ma come un essere sovraterrestre, un potenziale permanente di Forza e di Luce.
Per assolvere il suo compito discese sulla Terra come essere umano. Una volta trascorso nel grembo di Maria tutto il processo che precede la nascita terrestre, si risvegliò come Gesù di Nazareth nel mondo dello spazio e del tempo, unendosi così pienamente alla nostra umanità caduta e ricollegandola all’ordine divino. La sua opera si concluse con l’offerta della sua vita sul Golgota, che gli permise di diffondere nel nostro campo di vita tutta la sua inarrestabile forza. 
Questa forza, questo campo di forza cristico, che da allora avvolge il mondo intero, non è un’astrazione, ma una realtà concreta, percepibile e comprensibile. Con tale atto portentoso, con tale sacrificio, il Cristo offrì perciò a ogni essere umano la possibilità di essere suo imitatore, cioè di realizzare concretamente il processo della trasfigurazione nel proprio essere».

Che dire? Si rimane spiazzati. Dio è stato sostituito dalla “Fraternità Universale”. Gesù sarebbe una forza apparsa in forma umana. Gesù non ha vinto il peccato, ma ha “ricollegato la nostra umanità caduta all’ordine divino”. Non sono altri modi di dire la stessa cosa. Sono altri modi per dire altre cose, ossia falsità mascherate da teologia dotta. Gesù sarebbe diventato una specie di extra-terrestre, un sovraumano la cui umanità, il cui essere profondamente uomo viene svilito e annullato. Altra cosa la teologica cristiana rivelata, in cui Cristo è vero Dio e vero Uomo, non mezzo Dio, non mezzo uomo, non luce soltanto divina, non maestro soltanto umano, non solo Dio, non solo uomo, ma contemporaneamente e completamente Dio e contemporaneamente e completamente uomo con tutti gli attributi umani ad eccezione del peccato.
 
 

essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato.
(Eb 4,15)

Può essere messa alla prova una "forza"?
 
 

Gesù non fu mai soltanto una forza, ma un «qualcuno» con cui condividere il proprio cammino di rinnovamento interiore, come i discepoli sulla strada di Emmaus:
 
 

In quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio distante circa sette miglia da Gerusalemme, di nome Emmaus, e conversavano di tutto quello che era accaduto.
Mentre discorrevano e discutevano insieme, Gesù in persona si accostò e camminava con loro. 
Ma i loro occhi erano incapaci di riconoscerlo. Ed egli disse loro: «Che sono questi discorsi che state facendo fra voi durante il cammino?». Si fermarono, col volto triste; uno di loro, di nome Clèopa, gli disse: «Tu solo sei così forestiero in Gerusalemme da non sapere ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 

Domandò: «Che cosa?». Gli risposero: «Tutto ciò che riguarda Gesù Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; come i sommi sacerdoti e i nostri capi lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e poi l'hanno crocifisso. Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele; con tutto ciò son passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; recatesi al mattino al sepolcro e non avendo trovato il suo corpo, son venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto».
 

Ed egli disse loro: «Sciocchi e tardi di cuore nel credere alla parola dei profeti! Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 

Quando furon vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. Ma essi insistettero: «Resta con noi perché si fa sera e il giorno già volge al declino». Egli entrò per rimanere con loro. Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì dalla loro vista. Ed essi si dissero l'un l'altro: «Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre conversava con noi lungo il cammino, quando ci spiegava le Scritture?».

(Lc 24,13-32)

In questo bellissimo brano Gesù Cristo neanche dopo la resurrezione si presenta semplicemente come forza. Gesù appare con un corpo trasfigurato, un corpo che può essere riconosciuto solo con gli occhi della fede, ma pur sempre un corpo. Gesù torna sulla strada, cammina con i discepoli. Mangia con loro. La forza è qualcosa di passivo, è qualcosa che agisce nella misura in cui io me ne approprio. Al contrario, Dio-persona è un qualcuno, qualcuno che ha la capacità di rendermi auto-cosciente nella misura in cui ho una RELAZIONE con Lui, nella misura mi lascio appropriare.

Gesù come ci ha presentato Dio? Come una forza? Come luce? No come Padre. Padre non è niente se non un titolo di relazione. Non dice la sua essenza, dice che vuole essere in relazione con me, come un padre con il figlio. Quando i Vangeli ci parla di Gesù come “luce” Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.(Gv 1,9).
 
 
 

Di nuovo Gesù parlò loro: «Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della vita».
(Gv 8,12).

Quando Gesù parla di luce riferendola a se stesso non intende dire che egli sia una luce. È un modo di parlare figurato: Gesù intende quanto spiega subito dopo, vale a dire che chi fonda la sua vita sulla sua Parola, chi mette al centro il Cristo non camminerà nell’incertezza, nell’angoscia. Nel buio si sbatte, si rischia di farsi male. La luce rivela ogni pericolo, la luce mostra le cose come stanno. Nelle tenebre ogni illusione prende corpo. La luce è coscienza e consapevolezza. E tutto ciò è frutto del rapporto vitale che ci lega a Cristo, se noi lo seguiamo: ma occorre seguire Gesù, non la propria strada, occorre avere la pazienza e la fiducia di seguirlo senza anticiparlo. Con calma, con serenità. Ecco perché Gesù è la luce del mondo. Ma ciò non significa che l’essenza di Cristo sia la luce, che Cristo sia dunque solo una forza, per quanto divina.
 

Nella sua esistenza terrena Gesù Cristo ha pianto di fronte alla morte di Lazzaro. È arrivato a momenti di sofferenza intensissima, subendo forse anche un infarto nel Getsemani, prima di essere catturato. Ha vissuto con gli apostoli come maestro e come uomo, fino in fondo, eccetto che nel peccato. Ha vissuto quindi una vita limpida, cristallina, aperta.

Anche dopo la sua resurrezione Gesù Cristo si presenta come uomo, trasfigurato, ma uomo, che parla con gli apostoli, li incoraggia, sta loro vicino, mangia con loro. Perché? Perché non era una forza, ma un Qualcuno.
 

Se è vero che Dio è l’Inconoscibile, l’Indicibile, è vero a maggior ragione che possiamo dire di Lui solo quanto Lui stesso ci ha rivelato attraverso le Scritture e la Tradizione orale dei discepoli e degli apostoli. E la Chiesa da sempre lo ha riconosciuto vero Dio e vero Uomo con formule che non riescono ad esprimere pienamente e razionalmente il suo essere. Ma la Bibbia è chiara come sempre: non esiste alcuna forza cristica, esiste Gesù Cristo che è stato Gesù prima e dopo la sua vita terrena. Ed è stato Cristo prima e dopo, da sempre.


 



Gruppo Biblico di Evangelizzazione