PENA DI MORTE
10 MOTIVI UMANITARI PER ABOLIRLA
10 MOTIVI BIBLICI PER PER LIBERARCI DA QUESTA SCHIAVITU'
(di Giampaolo Pancetti)








Il pensiero ufficiale della Chiesa Cattolica
Il caso Rocco Barnabei
10 MOTIVI UMANITARI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE
               1. La pena di morte non serve come deterrente per i crimini.
               2. L'applicazione delle norme giuridiche è spesso soggetta a errori umani dolosi o involontari.
               3. La pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati.
               4. L'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di sistemi preventivi.
               5. Il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società.
               6.Lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale stesso.
               7.La pena di morte è discriminatoria
               8.La pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio.
               9.Lo Stato è corresponsabile dei crimini commessi.
               10.Pena di morte = risparmio ?

10 MOTIVI BIBLICI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE
                1. Non uccidere!
                2. Solo Dio dona e toglie la vita.
                3. Dio ha tollerato la pena di morte solo nel Vecchio Testamento
                4. Chi è senza peccato scagli la prima pietra
                5. Gesù non fonda la sua dottrina sulla "meritocrazia"
                6. Nessuno tocchi Caino
                7. Dio si serve anche di assassini (pentiti)
                8. L'uomo, immagine di Dio.
                9. Il precetto di condanna a morte aveva maggior valore nel Medio Evo
                10. Legge dell'uomo o legge di dio? (Rm 13,1-4 e At 5,29)
Conclusioni


La pena di morte nel mondo


<<Mia figlia è stata stuprata, seviziata e poi uccisa... forse dovrei perdonare chi le ha fatto questo?? Potrei forse dimenticare  e passare sopra un crimine così grande?? Era ancora una bambina ...>>

Difronte a fatti e ad affermazioni di questo tipo non esiste che una risposta: rispettoso silenzio. Silenzio per comprendere la sofferenza di coloro ai quali è stata strappata la vita in modo tanto crudele e barbaro, quanto ingiusto. E' il silenzio di chi comprende, è il silenzio di chi non accetta questo sistema di cose, è silenzio che non giudica e non condanna, ma è vicino a chi è morto dentro.

No, non possiamo passare sotto silenzio certi crimini, certe atrocità, non possiamo fare finta di niente, non possiamo avallare atti così crudeli compiuti molto spesso per futili motivi.

No, non possiamo accettare un "perdonismo" e un "buonismo" che non sanno di cristianesimo, ma solo di superficialità.
 

E' da questo punto di vista e non da altri che dobbiamo far partire la nostra riflessione sull'istituzione della pena di morte se vogliamo comprendere i motivi per cui in ben 90 stati del mondo è ancora prevista.

Tuttavia,  è necessario e indispensabile, sia da un punto di vista umano che biblico-cristiano, eliminarla e abolirla.
 



Il pensiero ufficiale della Chiesa Cattolica.

La Chiesa Cattolica riconosce allo Stato il diritto di esercitare la pena di morte secondo il principio della "legittima difesa": se si riconosce il diritto di difesa al singolo essere umano, va riconosciuto anche allo Stato in quanto collettività, qualora
1. l'imputato sia riconosciuto colpevole di reato grave, senza ombra di dubbio alcuno;
2. l'imputato sia riconosciuto pericoloso per la collettività, senza ombra di dubbio alcuno;
3. lo Stato fruisca di carcerci non sicure.

Come la stessa Chiesa Cattolica ha affermato recentemente nell'enciclica Evangelium Vitae, oggi non sussitono più le condizioni di una ammissibilità per la pena di morte. Quindi, se in passato poteva essere ammessa, come "legittima difesa", oggi la pena di morte va combattuta radicalmente!

Dal Catechismo della Chiesa Cattolica:

[2266] Difendere il bene comune della società esige che si ponga l'aggressore in stato di non nuocere. A questo titolo, l'insegnamento tradizionale della Chiesa ha riconosciuto fondato il diritto e il dovere della legittima autorità pubblica di infliggere pene proporzionate alla gravità del delitto, senza escludere, in casi di estrema gravità, la pena di morte. Per analoghi motivi, i detentori dell'autorità hanno il diritto di usare le armi per respingere gli aggressori della comunità civile affidata alla loro responsabilità.
La pena ha come primo scopo di riparare al disordine introdotto dalla colpa. Quando è volontariamente accettata dal colpevole, la pena ha valore di espiazione. Inoltre, la pena ha lo scopo di difendere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone. Infine, la pena ha valore medicinale: nella misura del possibile, essa deve contribuire alla correzione del colpevole.

[2267] Se i mezzi incruenti sono sufficienti per difendere le vite umane dall'aggressore e per proteggere l'ordine pubblico e la sicurezza delle persone, l'autorità si limiterà a questi mezzi, poichè essi sono meglio rispondenti alle condizioni concrete del bene comune e sono più conformi alla dignità della persona umana.

Da Evangelium Vitae:

26. [...] Tra i segni di speranza va pure annoverata la crescita, in molti strati dell'opinione pubblica, di una nuova sensibilità sempre più contraria alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti tra i popoli e sempre più orientata alla ricerca di strumenti efficaci ma "non violenti" per bloccare l'aggressore armato. Nel medesimo orizzonte si pone altresì la sempre più diffusa avversione dell'opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di "legittima difesa" sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l'ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi.

40. Dalla sacralità della vita scaturisce la sua inviolabilità, inscritta fin dalle origini nel cuore dell'uomo, nella sua coscienza. La domanda "Che hai fatto?" (Gn 4, 10), con cui Dio si rivolge a Caino dopo che questi ha ucciso il fratello Abele, traduce l'esperienza di ogni uomo: nel profondo della sua coscienza, egli viene sempre richiamato alla inviolabilità della vita - della sua vita e di quella degli altri -, come realtà che non gli appartiene, perché proprietà e dono di Dio Creatore e Padre. Il comandamento relativo all'inviolabilità della vita umana risuona al centro delle "dieci parole" nell'Alleanza del Sinai (cf. Es 34, 28). Esso proibisce, anzitutto, l'omicidio: 
"Non uccidere" (Es 20, 13); "Non far morire l'innocente e il giusto" (Es 23, 7); ma proibisce anche - come viene esplicitato nell'ulteriore legislazione di Israele - ogni lesione inflitta all'altro (cf. Es 21, 12-27). 
Certo, bisogna riconoscere che nell'Antico Testamento questa sensibilità per il valore della vita, pur già così marcata, non raggiunge ancora la finezza del Discorso della Montagna, come emerge da alcuni aspetti della legislazione allora vigente, che prevedeva pene corporali non lievi e persino la pena di morte. Ma il messaggio complessivo, che spetterà al Nuovo Testamento di portare alla perfezione, è un forte appello al rispetto dell'inviolabilità della vita fisica e dell'integrità personale, ed ha il suo vertice nel comandamento positivo che obbliga a farsi
carico del prossimo come di se stessi: "Amerai il tuo prossimo come te stesso" (Lv 19, 18).


 



Tuttavia alcuni docenti in materia di dottrina sociale cristiana giustificano la pena di morte facendo esprimere alla Bibbia pensieri che secondo noi, pur non essendo biblisti, non le appartengono. Le motivazioni addotte da tali signori eludono il discorso della legittima difesa e cercano una vera e propria giustificazione della pena di morte su basi bibliche che la stessa Chiesa Cattolica rigetta e non riconosce. È possibile quindi affermare che chi approva la pena di morte è fuori della Chiesa Cattolica, è fuori dal pensiero biblico, quindi è fuori dal Cristianesimo. Inoltre, per le 10 motivazioni umanitarie che abbiamo portato, chi si dice freddamente favorevole alla pena di morte come strumento di giustizia, secondo il nostro punto di vista, è fuori anche dalla civiltà umana!

Ne "La dottrina sociale cristiana", il teologo Joseph Hoffner afferma: "L'insegnamento della Bibbia è chiaro <<Chiunque spargerà il sangue dell'uomo, avrà il proprio sangue sparso dall'uomo>> (Gn 9,6). L'autorità statale <<non per nulla porta la spada; è infatti ministra di Dio, esecutrice di giustizia contro chi fa il male>> (Rm 13,4). Il magistero ecclesiastico ha combattuto contro la vendetta del sangue, ma ha riconosciuto il diritto dello Stato di condannare a morte. Innocenzo III (1198-1216) prescrisse questa professione di fede ai valdesi: <<Quanto all'autorità secolare affermiamo ch'essa può esercitare senza commettere peccato grave il "giudizio del sangue" a patto che proceda a infliggere la vendetta non per odio, ma sulla base di un giudizio, non arbitrariamente, ma dopo aver riflettuto>>. Il 13 settembre 1952 Pio XII dichiarò che è cosa chiaramente riservata all'autorità pubblica privare del bene della vita il condannato in espiazione del suo crimine, dopo che egli ha già perso con quest'ultimo il diritto a vivere>>."
 



Il caso Rocco Barnabei

Prendiamo come spunto iniziale il caso di Rocco Barnabei.

L'inferno di Rocco comincia in una notte di settembre del 1993 quando, studente dell'università di Norfolk, lascia Sarah, che ha appena amato nella sua stanza per andare a controllare dormitori e ristoranti del college. Ma dopo averla baciata sulla porta di casa, Rocco vede due ragazzi scendere dalle scale. Uno di loro è <<Stu>>, quello che durante un toga party, poche sere prima aveva molestato Sarah pesantemente.

Quando Rocco torna la mattina dopo, la ragazza non c'è più. La troveranno morta con la testa fracassata dentro il lago vicino. E Rocco è subito il suo assassino, almeno per i giudici.

Che cosa non torna nel caso Barnabei:
1.     Rocco amava Sarah e non aveva alcun movente contro di lei.
2.     Nello stato della Virginia un condannato ha solo 21 giorni per presentare le prove della sua innocenza.
3.   Non sono state effettuate altre indagini, sul conto di nessun'altro indagato!
4.     Le parole della madre,  Jane:  <<Un colpevole non torna, non si mette fiducioso nelle mani della giustizia. A un certo punto gli hanno detto "Patteggia e ti salvi la vita. Basterà ammettere di essere colpevole di violenza aggravata". Ma lui non ha voluto. "Mamma non posso macchiarmi di una vergogna che non ho commesso", mi ha risposto. "Questo è un tribunale americano. Sta' tranquilla. Vedrai andrà tutto bene" >>.
5.     Le parole del fratello, Craig: <<Ma se questi [Alan Dershiwitz e Barry Shack] avvocati lavorano gratis, i laboratori associati ai tribunali non lo fanno. Per salvare Rocco bisogna trovare denaro. Gli esami del dna costano migliaia di dollari. In questi processi è sempre una questione di denaro. E Rocco, come me, è povero. E italiano. E' il colpevole ideale.>>
6.    Ancora le parole di Craig: <<Il giudice William Rutherford odiava gli italiani. Si era preso il processo a tutti i costi. Durante l'interrogatorio spiegavo le ragioni di Rocco, ma lui mi ha detto: "so che a voi italiani piace parlare, ma se continua così la sbatto in cella con suo fratello". Nostro padre ci diceva: "pronunciate il vostro cognome all'americana, dimenticate la vostra terra. Un italiano qui è sempre in pericolo">>.

La cavia di morte ha sempre un colore, una razza e un portafoglio su misura. Chi è ricco non muore mai. Chi è nero o messicano o italiano è già morto.
 
 



10 MOTIVI UMANITARI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE

1.La pena di morte non serve come deterrente per i crimini.

In Giappone, dove la pena di morte è prevista dalla legge, tra il novembre del 1989 ed il marzo del 1993 le esecuzioni vennero sospese perchè i ministri di giustizia dell'epoca erano contrari alla pena di morte: durante la moratoria, il tasso di criminalità non aumentò, anzi diminuì.

L'argomento della deterrenza è quello più frequentemente chiamato in causa: condannare a morte un trasgressore dissuaderebbe altre persone dal commettere lo stesso reato. L'argomento della deterrenza non è però così valido, per diversi motivi.

Nel caso, per esempio, del reato di omicidio, sarebbe difficile affermare che tutti o gran parte degli omicidi vengano commessi dai colpevoli dopo averne calcolato le conseguenze. Molto spesso gli omicidi avvengono in momenti di particolare ira oppure sotto l'effetto di droghe o di alcool oppure ancora in momenti di panico. In nessuno di questi casi si può pensare che il timore della pena di morte possa agire da deterrente.

Inoltre la tesi della deterrenza non è assolutamente confermata dai fatti. Se infatti la pena di morte fosse un deterrente si dovrebbe registrare nei paesi mantenitori un continuo calo dei reati punibili con la morte e i paesi che mantengono la pena di morte dovrebbero avere un tasso di criminalità minore rispetto ai paesi abolizionisti. Nessuno studio è però mai riuscito a dimostrare queste affermazioni e a mettere in relazione la pena di morte con il tasso di criminalità.

Un'analisi delle percentuali di omicidi in paesi abolizionisti e mantenitori ha dimostrato che i paesi mantenitori hanno in genere una percentuale maggiore. Tale analisi prendeva in considerazione i cinque paesi abolizionisti ed i cinque paesi mantenitori con il maggior numero di omicidi. Confrontando i dati, l'analisi conferma che nei cinque paesi abolizionisti il tasso più alto di omicidi era 11.6 per 100.000 persone, mentre nei paesi mantenitori il tasso più elevato era 41.6 per 100.000 persone.

Vi sono inoltre dati sulla criminalità di vari paesi che dimostrano come l'abolizione della pena di morte non comporti alcun aumento della criminalità.
In Giamaica, per esempio, durante una sospensione della pena di morte tra il 1976 ed il 1980, si verificarono poche variazioni nel tasso di omicidi. In Canada il tasso di omicidi per 100.000 persone scese da un massimo di 3.09 nel 1975, anno precedente l'abolizione, a 2.41 nel 1980 e da allora è rimasto relativamente stabile. Nel 1993, 17 anni dopo l'abolizione, il tasso di omicidi era 2.19 per 100.000 persone, vale a dire il 27% in meno rispetto al 1975. Un recente studio condotto in California ha dimostrato che nei 15 anni in cui la California eseguiva condanne a morte molto frequentemente (circa una ogni due mesi, dal 1952 al 1967) il numero di omicidi è aumentato di circa il 10% ogni anno.

Tra il 1967 ed il 1991, periodo in cui non hanno avuto luogo esecuzioni, l'aumento medio annuale era del 4.8%. Lo stesso studio dimostra anche l'esistenza di ciò che viene denominato effetto brutalizzante della pena di morte: nei 4 mesi precedenti l'esecuzione di Robert Harris in California, avvenuta nel 1992, la media mensile di omicidi nello stato era 306 mentre nei 4 mesi successivi la stessa esecuzione tale numero salì a 333, registrando un aumento del 9%. Uno studio simile ha dimostrato che nello stato di New York, nel periodo in cui venivano eseguite più condanne a morte che nel resto del paese, cioè tra il 1907 ed il 1963, si registravano in media due omicidi in più ogni mese immediatamente successivo ad un'esecuzione.

I molti studi effettuati sull'argomento hanno quindi dimostrato come sia impossibile affermare con chiarezza che la pena di morte abbia un potere deterrente.

Lo studio più recente sulla relazione tra la pena di morte ed il tasso di omicidi, condotto per le Nazioni Unite nel 1988, ha concluso che "questa ricerca non ha fornito alcuna prova scientifica del fatto che le esecuzioni abbiano un effetto deterrente maggiore rispetto all'ergastolo. è improbabile che si ottenga mai questa prova scientifica. Lo studio non fornisce alcun fondamento alla tesi della deterrenza".
 

2.L'applicazione delle norme giuridiche è spesso soggetta a errori umani dolosi o involontari.

La pena di morte non colpisce solo i colpevoli, ma anche, forse più spesso di quanto si immagini, persone innocenti.

Uno studio dello Stanford Law Review ha documentato in questo secolo 350 casi di condannati a morte negli Stati Uniti, in seguito riconosciuti innocenti. Di questi 25 erano già stati giustiziati, mentre altri avevano già trascorso decenni in prigione. 55 dei 350 casi risalgono agli anni '70, 20 risalgono agli anni compresi tra il 1980 ed il 1985.

In Giappone, Sakae Menda fu condannato a morte nel 1950 per un omicidio commesso nel 1948. 33 anni dopo egli fu riconosciuto innocente e rilasciato, dopo aver vissuto per oltre trent'anni nell'attesa dell'esecuzione.

A Taiwan nel febbraio 1982 fu riconosciuto innocente e rilasciato un uomo di 74 anni, condannato per un omicidio commesso nel 1972.

Numerosi sono anche i casi in cui incompetenza e corruzione hanno causato condanne a morte di innocenti. Tra questi il caso di Vladimir Toisev, abitante di un villaggio della Repubblica di Bielorussia, condannato a morte per omicidio nel 1970. Passò diciotto mesi prima di ricevere la commutazione della condanna, ma fu rilasciato solo nel 1987. Nel 1987 l'organo di stampa Znamya Yunosti affermò che gli investigatori avevano strappato una confessione a Toisev nel corso di interrogatori notturni e avevano picchiato suo fratello per poter ottenere prove false che avvalorassero la confessione. Quando fu scoperto il vero colpevole, gli investigatori tennero segrete le informazioni per nascondere l'errore commesso.
 

3.La pena di morte è un arma troppo potente in mano a governi sbagliati.

Può essere sfruttata dal governo per eliminare personaggi politicamente o religiosamente scomodi, alterando persino il concetto di gravità di certi atti. E' quello che sta attualmente accadendo in Cina dove si muore non solo per aver commesso crimini gravi, ma anche per il semplice fatto di opporsi al regime. Nel 1993 il 63% delle esecuzioni mondiali sono avvenute proprio in territorio cinese.

I reati capitali sono 68, tra cui omicidio, stupro, rapina, furto, traffico di droga, prostituzione, evasione delle tasse e, addirittura, stampa o esposizione di materiale pornografico. Particolarmente raccapricciante è il fatto che spesso le esecuzioni vengono fatte in luoghi pubblici e i condannati sono costretti a tenere al collo un cartello con il loro nome ed il reato per il quale vengono giustiziati.

Amnesty International, inoltre, denuncia il fatto che spesso ai condannati, una volta giustiziati, vengono espiantati gli organi senza il loro permesso; proprio per questo motivo, si ritiene che alcune condanne vengano eseguite in quanto sono richiesti organi per i trapianti.
 

4.L'applicazione della pena di morte non incentiva la ricerca di sistemi preventivi.

Quando viene applicata la pena di morte, la gente prova quasi un sentimento di soddisfazione, quasi che in questo modo il crimine commesso fosse ripagato, espiato, dimenticando in realtà che la vittima ha subito una ingiustizia che non potrà mai essere ripagata. Tuttavia la gente è come soddisfatta. Lo Stato si mostra così "giusto" ed efficiente contro il crimine. In questo modo si corre il rischio che lo Stato possa, in qualche modo sentirsi dispensato dal ricercare una soluzione che prevenga il crimine stesso.

    In primo luogo le strade sono troppo spesso troppo poco sorvegliate, la polizia non è mai sufficientemente presente sul territorio per mancanza di personale o per incapacità organizzativa.

    Inoltre, lo Stato non dovrebbe, forse, contribuire rimuovendo le situazioni di indigenza estrema, promuovendo la dignità umana, eliminando conflitti razziali troppo spesso causati da leggi poco democratiche? Lo Stato non dovrebbe promuovere una migliore umanizzazione della società, combattendo il diffondersi di una mentalità lassista e immorale? Come si comporta lo Stato nei confronti dello sfruttamento minorile, della pornografia, della facile vendita di armi?

Il fatto è che lo Stato è troppo spesso vittima della sua economia che gli impedisce di combattere la  battaglia della prevenzione fino in fondo. E in fondo sono proprio le multinazionali che producono e vendono armi, che producono pornografia, che diffondono una mentalità in cui il potere, il denaro e il libertinaggio (non la libertà)  sono il bene supremo. Lo Stato, quindi, legato dall'economia, può soddisfare la società solo ricorrendo ad un ulteriore crimine.
 

5.Il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società.
Come nessun uomo ha il diritto di uccidere un suo simile per qualsiasi motivo - il diritto alla vita è un principio fondamentale su cui si basa la nostra società - così lo Stato, che agisce razionalmente, non spinto dall'emozione del momento, e in quanto garante della giustizia, non deve mettersi sullo stesso piano di chi si macchia del più orribile dei crimini: l'omicidio.

Così facendo si fornirebbe a tutti un esempio di atrocità compiuto dalla legge stessa, mentre essa è stata creata proprio per la tutela dei diritti umani e quindi per quello della vita.
 

6.Lo stato si comporterebbe in modo criminale come il criminale stesso.

Le leggi, infatti, moderatrici della condotta degli uomini e espressioni della pubblica volontà, che detestano e puniscono l'omicidio, ne commetterebbero uno esse medesime e, per allontanare i cittàdini dall'assassinio, ordinerebbero un pubblico assassinio.
 

7.La pena di morte è discriminatoria
La pena di morte è spesso usata in maniera discriminatoria nei confronti di minoranze razziali, di persone povere e scarsamente istruite e in alcuni casi può venire usata come arma contro oppositori politici.

Un esempio di come la pena di morte sia usata in maniera iniqua nei confronti delle minoranze si ha negli Stati Uniti. Uno studio del 1987 sulle condanne a morte comminate dallo stato del New Jersey ha dimostrato che l'accusa ha chiesto la pena di morte nel 50% dei casi in cui l'accusato era nero e la vittima bianca e solo nel 28% dei casi in cui sia l'accusato che la vittima erano neri.

In Georgia, delle 20 esecuzioni registrate dal 1976 a oggi, 12 sono state compiute nei confronti di afro-americani che, nel 90% dei casi, avevano ucciso un bianco; tutti i 46 procuratori distrettuali della Georgia sono bianchi. Delle dodici condanne a morte eseguite, la metà sono state emesse da giurie composte da soli giurati bianchi. Secondo alcuni dati, la pubblica accusa chiede la pena di morte nel 40% dei processi per omicidio in cui l'imputato è un nero e la vittima un bianco, nel 32% dei casi in cui sia l'imputato che la vittima sono bianchi e nel 6% dei casi in cui sia l'imputato che la vittima sono neri. Non c'è mai stata una richiesta di condanna a morte nei confronti di un bianco che aveva ucciso un nero.

Gli Afro-Americani rappresentano il 12% della popolazione degli Stati Uniti ed il 50% delle persone giustiziate dal 1930.

E' inoltre dimostrato che la stragrande maggioranza di coloro che hanno subito la pena di morte, era gente povera. Il ricco non subirà mai la pena di morte. Il ricco può pagarsi qualsiasi avvocato, può pagare la propria libertà.
 
 

8.La pena di morte non ristabilisce alcun equilibrio.
Per quanto autori e filosofi illustri quali Kant ed Hegel giungano a giustificare, anzi ritengono necessaria la pena di morte su basi retributive, ci pare che agli effetti i parenti, gli amici e i conoscenti della/e vittime non si sentano sufficientemente ripagati dalla morte dell'assassino. Lo sarebbero se ciò servisse a riportare in vita la vittima, se la morte dell'assassino servisse veramente a ristabilire una situazione di equità.

In realtà se il ladro commette il furto, la restituzione del denaro può servire a ristabilire una situazione di equità e il carcere avrebbe la funzione sia come deterrente, sia per la riabilitazione stessa del ladro. Purtroppo l'omicidio, qualunque siano le motivazioni, è talmente grave proprio perchè innesca un meccanismo di non ritorno. Nessun atto potrà mai riportare indietro una persona morta, solo un miracolo.
 

9.Lo Stato è corresponsabile dei crimini commessi.
Consideriamo il fatto che la personalità di ogni individuo è profondamente segnata dall'ambiente circostante, dagli eventi che si trova costretto ad affrontare e dagli eventuali disturbi mentali che lo affliggono. Come può quindi la società ritenere la sua morte indispensabile pur essendo, in un certo senso, corresponsabile di ciò che egli ha compiuto? Si arriva davvero al paradosso.
 

10.Pena di morte = risparmio ?

Una delle argomentazioni a favore della pena di morte si basa sul fatto che è meno costoso uccidere i colpevoli piuttosto che tenerli in carcere. Tuttavia alcuni studi svolti in Canada e negli Stati Uniti dimostrano che l'applicazione della pena di morte è più costosa del carcere a vita.

Uno studio realizzato nel 1982 nello stato di New York ha rilevato che in media il giudizio capitale e gli appelli di primo grado costerebbero ai contribuenti circa 1.8 milioni di dollari, due volte di più di quanto costi mantenere una persona in carcere a vita.

Uno studio condotto in Florida nel 1988 sosteneva che i contribuenti pagano oltre 3.1 milioni di dollari per ogni esecuzione.
 
 



10 MOTIVI BIBLICI PER ABOLIRE LA PENA DI MORTE

1.Non uccidere
I 10 comandamenti sono la forma legislativa più alta e più "normale" che l'uomo abbia mai avuto. Più alta perchè proveniente da Dio stesso. Più normale, perchè se mettiamo a nudo la nostra coscienza, ci rendiamo conto che questa legge fa parte di noi, del nostro essere interiore. E' una legge positiva che è parte integrante dell'uomo, e quando dico uomo non mi riferisco solo al singolo individuo, ma anche all'umanità nel suo complesso, e quindi alla società. Quando Dio parla all'uomo, non parla solo al singolo individuo, ma all'uomo nelle sue forme politiche organizzate.

La scrittura "Non rubare" si riferisce tanto al singolo quanto al governo, che in quanto governo non è dispensato da questa legge. Anzi al contrario, proprio il governo, che dovrebbe far rispettare questa norma, dovrebbe essere il primo ad essere coerente con essa.
Perchè per la scrittura "Non uccidere", dovremmo fare diversamente ? Perchè il singolo non è autorizzato, ma lo può essere il governo ?

Gesù è venuto a portare la Verità. Egli ci ha detto di essere la Verità. Non ha parlato di relativismo, non ha detto che ognuno può avere la sua verità. Dunque, esiste una sola verità, ma l'uomo vuole stabilire da solo, con la propria razionalità, che cosa sia giusto e che cosa sia sbagliato. Forse le leggi di Dio sono troppo alte per noi? Sembra che sia così, dal momento che accanto ad ogni norma poniamo sempre dei "però" e dei "ma", come dire: "Si la legge di per sè sarebbe giusta però in questo caso ..."

In Es 20,13 leggiamo: " Non uccidere. ". La frase è lapidaria, non è giustificata. Dio non aggiunge alcun perchè, e nessuna condizione. Segno che la vita dovrebbe essere rispettata sotto ogni forma di esistenza, senza deroghe. Forse un criminale, un assassino, meriterebbe davvero la morte, forse chiunque di noi, trovandosi un'arma in mano e trovandosi difronte ad un criminale che sta usando violenza su un altro essere umano, forse su un nostro parente, chiunque di noi non esiterebbe a sparare.
Ma attenzione, nel caso di immediato e grave pericolo, è lecito fermare l'aggressore anche ricorrendo alle armi. Sempre in virtù del comandamento "Non uccidere", perchè se non intervenissimo, saremmo corresponsabili della morte della vittima, e quindi avremmo implicitamente scelto tra la sua vita e quella dell'aggressore, decidendo di lasciare in vita quest'ultimo.

Altra cosa invece, quando questo pericolo immediato non si presenta. E' il caso della pena di morte.

2.Solo Dio dona e toglie la vita.
In Gb 1,21 leggiamo "Nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi ritornerò. Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore."

Non ci interessa qui la disputa se Giobbe, l'autore di queste parole, fosse esistito veramente o fosse solo frutto della mente umana. Ma di Giobbe ne conosciamo a migliaia, di persone cioè che sono state messe dalla vita a dura prova, che hanno dovuto affrontare sofferenze anche disumane (pensiamo ai lager). Chi di noi non si sarebbe ribellato ? Chi di noi non avrebbe alzato il suo pugno verso il Cielo? Anche Giobbe lo ha fatto. Anche Giobbe, definito giusto, ad un certo punto non ha retto.

Ma la sofferenza ha scavato in Giobbe una profondità che prima non riusciva a raggiungere. "Il Signore ha dato, il Signore ha tolto", tutto proviene dal Signore. Ovviamente tutto ciò che è intorno a noi, ma non certamente le conseguenze dei nostri atti egoistici e vandalici. Il male non proviene dal Signore. Ma Giobbe ci insegna che la vita è dono, non è solo una reazione chimica. La vita è dono che proviene da Dio. Questa vita ci è stata data perchè possiamo imparare a conoscerLo, ad amarLo e a lodarLo. E tutto ciò non può non passare attraverso l'uomo. Non possiamo amare Dio che non vediamo se non amiamo il nostro "fratello" che vediamo.

Certo, questa vita non ci è stata data per compiere ogni sorta di nefandezze. Ma questa vita appartiene comunque a Dio, Lui solo ha il potere di dare e togliere la vita. Lui solo ha questo potere e questa autorità. Tuttavia sono secoli che l'uomo cerca, con ogni mezzo, di sostituirsi a Dio, cerca di fare di se stesso un dio. Ma Dio ci dice : "Io do, io tolgo". Non l'uomo.

Ancora in 1 Cor 6,19 : "O non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo che è in voi e che avete da Dio, e che non appartenete a voi stessi ?" Si, secondo il pensiero biblico, non siamo neanche padroni di noi stessi, perchè siamo stati comprati con il Sangue di Gesù Cristo, morto al posto nostro per annullare il peccato insito in noi, e permetterci di avere la Vita Eterna. Dio ci ha amato fino a questo punto, fino al punto di "comprarci" alla morte eterna, alla quale saremmo stati destinati. Non apparteniamo dunque a noi stessi, non abbiamo quindi alcun diritto, nè come singoli, nè come stato di decidere della vita altrui, fosse anche quella del peggior criminale della terra.
 

3.Dio ha tollerato la pena di morte solo nel Vecchio Testamento

In Mt 19,8  Gesù parla alla folla: "Gli obiettarono: «Perché allora Mosè ha ordinato di darle l'atto di ripudio e mandarla via?». Rispose loro Gesù: «Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così.".
Gesù non è venuto per annullare il Vecchio Testamento (Mt 5,17) ma per dare compimento. Che cosa significa "dare compimento" ?
Significa 2 cose:
1. Gesù, come Messia, realizza tutte le profezie annunciate nel V.T.
2. Gesù, come Maestro, ci spiega il vero senso delle scritture del V.T. ristabilendo un giusto equilibrio nell'interpretazione di certe affermazioni.

In Mt 19,8 Gesù parla del ripudio, ammesso da Mosè sotto determinate condizioni "per la durezza" del cuore degli Israeliti. Forse gli istraeliti avevano il cuore duro solo verso le loro mogli? E' possibile affermare con certezza che solo questo precetto fosse dato per la durezza del loro cuore?

La Bibbia è stata scritta da uomini sotto l'ispirazione dello Spirito Santo. Nelle Scritture si amalgamano, quindi, pensieri superiori con pensieri frutto della cultura dello scrittore, del luogo di provenienza e dell'epoca.

Riteniamo che anche nei casi in cui la Bibbia ammette la pena di morte vi sia più parte dell'uomo che non di Dio, il quale ha permesso, in certi casi, la pena di morte, affinchè fosse chiaro agli ebrei, e a tutto il mondo, che determinati crimini erano talmente gravi da richiedere la morte stessa del loro autore.

Durante l'Antico Testamento Dio ha agito in modo pedagogico: non ha rivelato la verità tutta insieme, ma ha fatto crescere il suo popolo poco a poco, fino ad arrivare a Gesù. Così Dio appare molto duro in alcuni precetti, mentre è molto "largo" in altre situazioni (ad esempio non condanna Giacobbe che aveva più mogli, e neanche Abramo, il padre dei giusti, che ha lasciato sua moglie tra le braccia del re Abimèlech, facendola passare per sua sorella - Gen 20).

Ma in Gesù la morale è definitiva. E la pena di morte non è più ammessa.

4.Chi è senza peccato scagli la prima pietra
Gv 8 "Gesù si avviò allora verso il monte degli Ulivi. Ma all'alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava. Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?». Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che
accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell'interrogarlo, alzò il capo e disse loro: «Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ed essa rispose: «Nessuno, Signore».
E Gesù le disse: «Neanch'io ti condanno; và e d'ora in poi non peccare più»."

Gesù non condivide il comportamento della donna; infatti le dice "non peccare più". Per i canoni dell'epoca il comportamento della donna era meritevole di morte. Gesù stronca in pieno le intenzioni di quegli uomini, pronti a lapidare la donna. Non dice loro di perdonare, perchè in fondo non aveva fatto cose gravi. Non dice loro che devono essere buoni e che quindi devono perdonare quella donna. Dice loro che sono ipocriti e malvagi.
Ipocriti in primo luogo, perchè se la donna era stata sorpresa in flagrante adulterio, dov'era l'uomo che stava con lei? Forse solo la donna meritava la morte? E l'uomo? Ancora discriminazione.
Malvagi, perchè non provavano alcun segno di terrore nel compiere un atto barbaro come quello della lapidazione. Malvagi perchè questo sembrava farli star bene, mettere in risalto il loro alto senso della giustizia, la loro giustizia. Abbassando quella donna loro si innalzavano.
Certo , Gesù con la frase : "Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra" non voleva appiattire la differenza tra i reati. Indubbiamente esistono reati più gravi e reati che lo sono meno. Ma ogni peccato, è una ferita contro se stessi e contro l'umanità, una ferita che se non viene curata può dare origine a qualcosa di più grave. Nessuno di noi è esente da colpa, quindi nessuno di noi può giudicare e condannare. Inoltre esistono persone che hanno ricevuto di più dalla vita e persone che hanno ricevuto meno (vedi la parabola dei talenti) quindi anche un peccato lieve può essere grave per chi ha ricevuto molto e un peccato grave esserlo meno per chi ha ricevuto poco.

Allora, si dirà, se non possiamo giudicare, dobbiamo abolire i tribunali ? Assolutamente no. L'istituzione del tribunale è di per sè cosa buona. Gesù non abolisce la Legge. Non ha mai affermato che possiamo fare a meno della legge, di qualunque legge si tratti. Perchè la legge regola e disciplina i rapporti umani, dipana le dispute, agisce come deterrente. Ma la legge umana non è sempre così vicina alla legge di Dio, è spesso imperfetta, è spesso maschilista e razzista (come nel caso riportato sopra). Ancora peggiore, spesso, ne è l'applicazione.

Gesù non afferma che quella donna (e l'uomo con il quale ha peccato) non fossero colpevoli. Gesù condanna qui, apertamente la pena di morte. Dobbiamo ricordarci infatti che nella mentalità dell'epoca l'atto compiuto dai due era gravissimo e quindi meritevole di morte. Ora ogni epoca e ogni cultura ha la sua scala di valori. Affermare il principio della legalità della pena di morte significa lasciare in balia della cultura e della scala di valori del governo vigente la possibilità di uccidere uomini e donne su basi molto discutibili (è ciò che sta accadendo nei paesi asiatici quali Cina e Giappone).

5.Gesù non fonda la sua dottrina sulla "meritocrazia"
Mc 10,46-52 "E giunsero a Gerico. E mentre partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timèo, Bartimèo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c'era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: «Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!». Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: «Figlio di Davide, abbi pietà di me!».
Allora Gesù si fermò e disse: «Chiamatelo!». E chiamarono il cieco dicendogli: «Coraggio! Alzati, ti chiama!». Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: «Che vuoi che io ti faccia?». E il cieco a lui: «Rabbunì, che io riabbia la vista!». E Gesù gli disse: «Và, la tua fede ti ha salvato». E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada."

Quando Gesù guarisce un essere umano, non chiede il certificato di buona condotta. Il cristianesimo è fondato su una giustificazione che non dipende dalle buone opere dell'uomo, ma sulla misericordia e sulla gratuità di Dio. La salvezza è sempre un dono, mai un merito. Un dono che si accetta per fede. E' la salvezza stessa, poi, che produce l'uomo nuovo, capace di amare e liberare.

Gesù agisce secondo una logica che non ci appartiene. Noi siamo nella logica della retribuzione. Siamo nella logica della legge del taglione. Ma il contrario di questa logica non è l'impunità. Il contrario non è il semplice "perdono".
L'abolizione della logica del taglione ci obbliga a riformulare la nostra società perchè ci sia una maggiore equità negli strati sociali, una società delle opportunità fondata su 3 principi: libertà, solidarietà, sussidiarietà.

La morte di ciascun condannato, non è vittoria della giustizia, ma sconfitta della società.

6.Nessuno tocchi Caino
Gn 14,15: "Ecco, tu mi scacci oggi da questo suolo e io mi dovrò nascondere lontano da te; io sarò ramingo e fuggiasco sulla terra e chiunque mi incontrerà mi potrà uccidere». Ma il Signore gli disse: «Però chiunque ucciderà Caino subirà la vendetta sette volte!». Il Signore impose a Caino un segno, perché non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato."

Si, Caino aveva inaugurato il primo omicidio della storia. La figura di Caino è certamente emblematica. La portata spirituale e teologica della sua storia vanno molto aldilà della semplice verità storiografica. Caino non è storicamente vissuto, ma è certamente esistito. Egli rappresenta gli inizi della società umana, quando presa coscienza della distinzione razziale, l'uomo si è riconosciuto diverso dal resto del creato. La storia di Caino ci dice che fin dagli inizi, dopo un periodo di pace "paradisiaca", l'uomo è stato un ribelle alla vita.

Perchè Dio non ha sterminato Caino ? Perchè ha permesso che Caino sopravvivesse ? Non avrebbe potuto fermare questa catena di male fin dall'inizio ?
Anzi, non solo risparmia Caino, ma pone in lui un segno perchè "non lo colpisse chiunque l'avesse incontrato". Dio quindi non ammette in alcun modo la vendetta dell'uomo, la legge del taglione.

Nessuno tocchi Caino. Non perchè Caino se lo meriti. Ma nessuno tocchi caino.
 

7.Dio si serve anche di assassini (pentiti)
La pena di morte pone fine ad ogni possibilità di pentimento. Appurato il crimine. Appurate le responsabilità del colpevole. Perchè condannarlo alla morte eterna ? Perchè non lasciargli questa possibilità di redenzione interiore ?
Può essere ammissibile da uno stato ateo e non confessionale. Ma che addirittura la Chiesa di Cristo possa ammettere (ufficialmente) la pena di morte è inammissibile.

Eppure la "storia della salvezza" è costellata da uomini e donne malvage scelti da Dio per portare avanti il suo piano.
Davide si comportò in maniera veramente aberrante. Invaghitosi di una donna sposata, essendo re di Israele, abusò del suo potere per far andare il marito della donna in guerra e là farlo morire. Dopo il funerale prese la donna con sè, mostrandosi oltretutto, nobile d'animo per la prodigalità con cui aiutava questa donna rimasta sola.
Dio non approvò il suo comportamento e gli inflisse una grave punizione prendendo con se suo figlio, appena nato.
Tuttavia, Dio non ripudiò Davide, che nel frattempo era entrato in una profonda crisi, una crisi che lo spaccava dentro, aprendo gli occhi sul male che aveva compiuto. Davide non riusciva a perdonare se stesso.
Davide era cambiato e Dio continuò a servirsi di Davide (2 Sam 11-12).

Che dire poi di Paolo (At 7,55-60; At 8,1; At 9,1-2), che un tempo era Saulo e che si propugnava come obiettivo lo sterminio di tutti i cristiani ? Proprio lui costituirebbe la giustificazione per la pena di morte ? Lui, che di morti sulla coscienza ne deve aver avuti probabilmente, tanti. E' mai possibile che Paolo consideri davvero giusta la pena di morte quando parla ai romani (Rm 13) ?

Certo, Paolo non era un "mostro", uccideva solo per ideologia. E' ciò che è stato fatto nelle Fosse Ardeatine o peggio ancora nei Lager nazisti o quanto accadeva in Siberia. I suoi crimini sono forse più leggeri di altri? Al contrario, erano premeditati ed eseguiti a sangue freddo.

Eppure Dio ne fa uno dei suoi più grandi evangelizzatori e portatori della Sua Buona Novella.

Dio condanna il crimine, ma lascia spazio per la conversione. Vogliamo essere più giusti di Dio?
 

8.L'uomo, immagine di Dio.
Gen 1,26 :  E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra».

Secondo Pio XII certe criminose azioni possono portare alla perdita del diritto alla vita. Concordi con Pio XII nella condanna di tali atti e di coloro che le compiono non possiamo però contraddire la Bibbia secondo la quale "l'uomo è stato fatto a immagine di Dio". Certo, si dirà, certi delinquenti dimostrano tutto fuorchè di essere immagine di un Dio-Amore. Dimostrano anche di aver perso ogni senso di coscienza.

Nonostante ciò crediamo che in ogni uomo permanga una luce, seppure impercettibile, non tanto di bontà, quanto di quella immagine che Dio ha impresso nell'anima di ciascuno di noi. E' una realtà spirituale, non morale. L'anima umana non può essere toccata dall'uomo, perchè non è in suo potere. L'uomo può comportarsi da animale, ma non diventerà mai, fisicamente, un animale. Forse, proprio per questo è maggiormente condannabile.

Tuttavia il diritto alla vita non deriva dalle nostre azioni ma solo dal fatto di essere stati voluti da Dio. E' la sua immagine impressa nella nostra anima il marchio che ci legittima alla vita.

Relativizzare la sacralità della vita potrebbe essere molto pericoloso.
 

9.Il precetto di condanna a morte aveva maggior valore nel Medio Evo
La Chiesa ha compiuto la maggior parte dei suoi passi nella giustificazione della pena di morte durante il Medio Evo, anche se per fedeltà a se stessa continua ad ammetterla tutt'oggi. Tuttavia nelle parole di Giovanni Paolo II si trovano segni di speranza che la Chiesa possa, anche ufficialmente, rivedere le sue posizioni in materia.

Diciamo ufficialmente perchè nei fatti la Chiesa promuove la grazia per i condannati a morte. I vescovi del messico hanno redatto ultimamente, un documento con il quale intendono opporsi fermamente a questa barbarie :

"Since the reinstatement of the death penalty in the United States in 1976, the Catholic Bishops of the United States have repeatedly condemned its use as a violation of the sanctity of human life. Capital punishment, along with abortion and euthanasia, is inconsistent with the belief of millions of Texans that all life is sacred."

STATEMENT BY CATHOLIC BISHOPS OF TEXAS ON CAPITAL PUNISHMENT (October 20, 1997)


In tempi passati la maggior giustificazione alla pena di morte derivava dall'insicurezza delle carceri. C'era quindi la possibilità, concreta, che un criminale tornasse in breve in libertà, costituendo un pericolo per l'incolumità della società.

Oggi però abbiamo sufficiente tecnologia per combattere le evasioni e sufficienti mezzi per impedire che la sola corruzione possa consentire ad un condannato di tornare in libertà e nuocere nuovamente alla società.

Dipende solo dallo stato promulgare leggi dure e farle rispettare. Dipende dallo stato costruire carceri sicure.

Oggi la pena di morte non è più assolutamente ammissibile!

10.Legge dell'uomo o legge di dio? (Rm 13,1-4 e At 5,29)
I documenti ufficiali della Chiesa Cattolica giustificano la pena di morte rifancendosi, tra gli altri, a questo passo, Rm 13,1-4:
"Ciascuno stia sottomesso alle autorità costituite; poiché non c'è autorità se non da Dio e quelle che esistono sono stabilite da Dio. Quindi chi si oppone all'autorità, si oppone all'ordine stabilito da Dio. E quelli che si oppongono si attireranno addosso la condanna. I governanti infatti non sono da temere quando si fa il bene, ma quando si fa il male. Vuoi non aver da temere l'autorità? Fà il bene e ne avrai lode, poiché essa è al servizio di Dio per il tuo bene. Ma se fai il male, allora temi, perché non invano essa porta la spada; è infatti al servizio di Dio per la giusta condanna di chi opera il male."

Piuttosto che giustificare la pena di morte, questo passo sembra un insegnamento dato da un uomo accorto, un uomo di mondo, che che sa come funzionano certe cose. Paolo vuole prima di tutto mettere in guardia i cristiani dall'andare contro la legge negli stati in cui sono presenti. Al contrario del popolo ebreo, infatti, i cristiani non sono accumunati da una nazionalità che non sia quella celeste e per questo sono disseminati in ogni angolo della terra. Paolo invita i cristiani a non comportarsi da ribelli. I cristiani devono essere portatori di pace e di dialogo.
Il fatto poi che Paolo affermi che le autorità vigenti sono stabilite da Dio non implica automaticamente che ogni loro azione sia in sintonia con la volontà di Dio. Piuttosto il fatto di ribellarsi all'autorità in quanto autorità, questo si, sarebbe un ribellarsi a Dio, perchè il cristiano non è un "fuori-legge". Paolo cerca di riequilibrare altre sue affermazioni secondo le quali per il cristiano non esiste altra legge che quella dello Spirito e che potevano essere interpretate in maniera errata ("Ora però siamo stati liberati dalla legge, essendo morti a ciò che ci teneva prigionieri, per servire nel regime nuovo dello Spritio" - Rm 7,6).

Tuttavia, neanche Paolo soggiace ad adorare dèi propugnati dalle autorità "stabilite da Dio". Perchè ? Perchè distingue dall'autorità in quanto tale dalle sue azioni, seguendo lo stesso principio affermato da Pietro : At 5,29 "Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini", vale a dire che all'occorrenza i cristiani devono anche opporsi, devono obiettare.
 


Conclusioni

- Abbiamo presentato e sostenuto il decalogo in cui crediamo. Ecco perchè pur essendo cattolici "praticanti" e riconoscendoci nel magistero della Chiesa Cattolica, non possiamo tuttavia identificarci in alcune affermazioni.

- Anzi crediamo che la Chiesa,  e quindi tutti i cristiani, dovrebbero prendere maggiormente posizione contro gli stati affinchè venga abolita questa barbarie, questa schiavitù del 2000.

- Non crediamo tuttavia nell'impunità, nel perdono a buon mercato. Non si tratta di perdono, ma di umanizzazione. Non si tratta di "passarci sopra", ma di costituire Stati che conducano la società verso una nuova Morale complessiva che possa in massima parte prevenire l'attuazione dei crimini più efferati.

Concludiamo con 3 pensieri:
 
 

"La responsabilità penale è personale. L'imputato è considerato colpevole sino alla condanna definitiva . Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla medicazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte, se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra. "
Articolo27 della Costituzione Italiana

 
 
"La pena di morte non è altro che la guerra della nazione contro un cittadino, perchè giudica necessaria o utile la distruzione del suo essere " 
 
Cesare Beccaria - Dei delitti e delle pene, paragrafo sulla Pena di morte

 
 
"Ma mi conforta questa fantasia: che se tutto questo, il mondo, la vita, noi stessi, altro non e', come e' stato detto, che il sogno di qualcuno, questo dettaglio infinitesimo del suo sogno, questo caso di cui stiamo discutendo, l'agonia del condannato, la mia, la sua, puo' anche servire ad avvertirlo che sta sognando male, che si volti su un altro fianco, che cerchi di aver sogni migliori. E che almeno faccia sogni senza la pena di morte"
Leonardo Sciascia

 



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