Natura delle Illusioni e della Schiavitú

Gruppo Biblico di Evangelizzazione



Natura delle Illusioni e della Schiavitú

Illusioni e peccato:
  • L'illusione dell'approvazione
  • L'illusione della delusione
  • L'illusione della caritá
  • L'illusione della fiducia nel prossimo 
  • L'illusione della morte 

  •  
     
     
     
     
     
     
     

    Schiavitú

    Conclusioni


    Illusioni e peccato

    Cerchiamo di vedere le cose da un altro punto di vista: siamo abituati a vedere il peccato come trasgressione. Ciò non e solo falso, ma anche estrmamente semplificativo.

    Parleremo del principio di peccato che ci portiamo dentro, che fa parte della nostra costituzione e produce in noi tutta la serie di catastrofi che Paolo enumera nella lettera ai Galati,  nel momento in cui veniamo a contato con la società e con tutti i meccanismi di cui è costituita la società. Non parlo dei sistemi politici in cui viviamo; la cosa è molto più sottile. Viviamo nell’illusione che la soluzione ai nostri mali sia il cambio di sistema politico, la modifica di una tale o tal’altra legge. Certo, nel corso dei secoli il diritto si è “evoluto” si è “perfezionato”. Ad esempio ufficialmente il razzismo non è più ammissibile e la condizione femminile è stata riconosciuta come paritaria a quella maschile: le cose stanno veramente così? O forse si sono trovati dei meccanismi più raffinati di nascondere le cose?

    Non sto parlando in maniera pessimista. Non voglio essere un disfattista. Chi mi conosce sa che sono fondamentalmente ottimista. Se in questo momento eviterete di giudicare e classificare le parole scritte in questo articolo, se vi disporrete in maniera recettiva, allora comincerete a svegliarvi e a prendere coscienza del problema dentro di voi e della vera realtà.

    Proviamo a rivedere quanto affermato precedentemente riguardo al peccato con altre categorie. La radice dei problemi di ogni uomo e di ogni donna non è in nessun aspetto esteriore e non riguarda alcuna situazione esteriore: il vero problema è dentro, sempre. Quando ci troviamo in una situazione di dolore e proviamo rabbia, solitudine, angoscia: inconsapevolmente cominciamo a cercare la colpa. È già questa ricerca della colpa, un sintomo che siete terribilmente malati e bisognosi di rinascita. Quando vi sarete risvegliati quando sarete nati vi renderete conto di quanto sto affermando. Cerchiamo sempre la colpa e immancabilmente la troviamo in qualcosa di esterno a noi: è colpa della società, è colpa del mio aspetto, è colpa di mio marito, di mia moglie, del mio capoufficio: sono LORO che devono cambiare.
    Poi ci sono coloro che reagiscono in maniera depressiva e vedono la colpa dentro di sé: ma la cercano sempre nel posto sbagliato, la cercano nella loro psiche.

    Ma il vero problema sta più a fondo: sta dove non andremmo mai a cercare, sta in un luogo che troppo spesso gli stessi cristiani con la loro vita negano di crederci: nello spirito. Lo spirito è morto. Siamo fondamentalmente morti. È per questo che siamo sempre alla ricerca di qualcosa che ci tenga in vita: un po’ come i vampiri: sono fondamentalmente morti, ma si aggrappano al sangue per continuare una pseudo-esistenza.
    Guardiamo la nostra vita: la possiamo chiamare vita? Alcuni rispondono: certo che no! Ho bisogno di più sballo, ho bisogno di una villa, ho bisogno di un lavoro che mi faccia guadagnare molti soldi, ho bisogno di un avanzamento di carriera, ho bisogno di trovare l’anima gemella, ho bisogno di fare del bene, ho bisogno di andare in chiesa…
    Non voglio discutere se queste cose siano moralmente accettabili: dico che prima di tutto sono illusorie, sono realtà virtuali, ma sono talmente radicate in noi che sono sicuro che in questo momento vi sembrerò un pazzo! O forse un blasfemo.
    Bertrand Russel disse che “Ogni grande idea al suo nascere non può che essere blasfema”. Ciò che è scritto vi potrà apparire assurdo, inaccettabile, ma provate per una volta a mettere da parte i vostri schemi mentali. Provate. Il problema sta nello spirito: lo spirito è morto e l’anima, la vostra psiche non ha potuto che identificarsi con il corpo, cioè con la vostra parte esteriore che include il vostro corpo vero e proprio, ma anche ogni suo prolungamento nelle sue attività: quindi il lavoro, i vari ruoli che assumiamo nella vita, il prestigio, l’onore…

    Un uomo vaga nel deserto. Ciò di cui ha bisogno è acqua, acqua e ancora acqua. Non gli frega niente del resto, cerca solo acqua. Per lui la vita è acqua. Poi vede da lontano un uomo con un cammello. In preda all'eccitazione lo rincorre, lo chiama:
    - "Amico, hai da darmi dell'acqua? Posso darti qualsiasi cosa!". Ma quell'uomo gli dice:
    - "Acqua non ne ho: ma posso venderti una cravatta..."
    - "Cosa? Tu devi essere pazzo! In pieno deserto vuoi vendermi una cravatta? Potrei ucciderti per questo, ma sono troppo stanco e assetato".

    Così quell'uomo se ne va, per il deserto in cerca di acqua. Il giorno dopo vede un'oasi e la scritta "Entrata". Corre a perdifiato. Poi sulla porta chiusa legge un cartello: "Riservato a chi porta la cravatta".

    Capite? So che nel vostro deserto, siete molto assetati e vi sembrerà una pazzia quanto vi leggerete. Ma un giorno capirete, se avrete il coraggio di andare fino in fondo e di fare i conti con voi.

    Proviamo adesso a riconoscere alcuni sintomi del male che ci portiamo dentro. Il male si presenta sempre come illusione. Non ne sto sminuendo la portata o la gravità, anzi dico che ci sono molte, troppe cose illusorie che però non classifichiamo come male, da cui discende la rabbia, la solitudine e l’indifferenza che sta attraversando l’intero nostro pianeta. Dobbiamo svegliarci!
    Un giorno un tizio bussa alla porta di suo figli:
    - "Jaime svegliati".
    - "Non voglio alzarmi, papà".
    Il padre urla:
    - “Alzati devi andare a scuola”.
    - “Non voglio andare a scuola”, risponde Jaime.
    - “E perché no?”, disse il padre.
    - “Ci sono 3 ragioni: prima di tutto è una noia; secondo i ragazzi mi prendono in giro; terzo, io odio la scuola”.
    - “Bene” rispose il padre. “Adesso ti dirò io 3 ragioni per cui devi andare a scuola. Primo perché è tuo dovere, secondo perché hai 45 anni e terzo, perché sei il preside!

    Svegliatevi! Svegliatevi! Siete adulti. Siete troppo grandi per dormire. Smettete di trastullarvi con i vostri giocattoli!!!


    L'illusione dell’approvazione
    Questa è la prima illusione che affrontiamo: quella in cui crediamo che gli altri abbiano il potere di aiutarci o di frustrarci. L’opinione degli altri su di noi talvolta è per noi una vera droga.
    In un corso di terapia una donna, responsabile di un istituto, disse: “Non mi sento sostenuta dalla mia direttrice”. Lo psicoterapeuta le chiese: <<Cosa intendi dire?>>.
    E lei rispose: <<Ecco, la mia direttrice, non si fa mai viva all’istituto, di cui sono responsabile. Non viene mai e non mi fa mai alcun apprezzamento>>.
    Lo psicoterapeuta le disse: <<Ok, facciamo un esercizio, facciamo finta che io sia la tua direttrice e che sappia esattamente ciò che pensa di te. Dunque io ti dico (facendo finta di essere la tua superiora) ‘Sai Mary, la ragione per cui non vengo mai da te è il fatto che il tuo è l’unico istituto di tutta la provincia che funzioni a dovere. Non ci sono problemi. So che ne sei responsabile tu e dunque va tutto bene!’
    Allora, adesso come ti senti?>>.
    Lei rispose <<Mi sento benissimo>>. <<Bene potresti uscire 5 minuti? Fa parte, dell’esercizio>>.
    Lei uscì. Mentre era fuori lo psicoterapeuta disse agli altri componenti del gruppo. <<OK, io sono sempre la direttrice. Il vero motivo per cui non vado a trovarla è che non sopporto di vedere che cosa combina. E’ una vera incompetente. È terribile ed io preferisco non vedere. Se le dico la verità, lei ne soffrirà tantissimo e la sua sofferenza si riverserà sugli alunni dell’istituto. In realtà stiamo pensando di sostituirla e nel frattempo ho pensato di dirle alcune cose carine per tirarla su di morale. Che ne pensate?>>.
    Tutti dissero che era stata la cosa migliore da fare. Poi Mary rientrò. <<Come ti senti Mary?>>. <<Sempre bene>> rispose.

    Capite l’illusione e la prigione che ci costruiamo? Mary pensava di essere apprezzata e non lo era affatto. Da tale apprezzamento faceva dipendere la sua depressione e il suo stato d’animo. È stato sufficiente riprodurre nella mente certi meccanismi perché si sentisse meglio, ma il suo problema è rimasto.
    In definitiva siete controllati! Pensate alla droga. Quando se ne assume a sufficienza si creano delle trasformazioni chimiche tali che il corpo non ne può più fare a meno. Questo è esattamente il trattamento che vi ha riservato la società dal momento in cui il peccato che è già in voi, la rottura, la morte in voi,  entra in contatto con essa. Non vi è stato concesso di godervi del cibo solido e nutriente della vita, cioè il lavoro, il gioco, il divertimento, le risate, la compagnia della gente, i piaceri dei sensi e della mente. Vi è stata somministrata una droga chiamata APPROVAZIONE, APPREZZAMENTO, ATTENZIONE e voi l’avete bevuta tutta. E dal momento che il vostro essere era predisposto, la droga ha fatto effetto fin dal primo momento.

    Secondo  A.S. Neill il segno distintivo del fatto che un bambino è “malato” è il fatto che stia sempre attaccato ai genitori: è interessato alle persone. Il bambino sano, invece sarebbe interessato alle cose. Quando un bambino è sicuro dell’amore dei genitori si stacca, li dimentica ed esce ad esplorare il mondo, è curioso. Magari cerca una rana o un lucertola. Quando un bambino sta attaccato alle gonne della madre, è un cattivo segno: è insicuro. Forse la madre ha tentato di succhiare amore da lui, invece di dargli tutta la libertà e la sicurezza di cui ha bisogno. Sua madre ha sempre minacciato, in molti modi sottili e forse inconsapevolmente, di abbandonarlo.
    Siamo assuefatti a droghe diverse: approvazione, attenzione, successo prestigio, potere, capacità di eccellere, di apparire sulle prime pagine dei giornali, di essere il capo. Siamo assuefatti a esperienze come essere il capitano della squadra, il capo della banda, il rappresentante di classe, il primo della classe… Essendo stati esposti a queste droghe, ne siamo diventati dipendenti. E abbiamo cominciato a temere di perderle.
    Ricordate la perdita di controllo che provavate, il terrore per la prospettiva di fallire o di commettere errori che potessero causare critiche e disapprovazione. Così si diventa vilmente dipendenti dagli altri e avete perso la vostra libertà. Schiavi, schiavi dell’approvazione degli altri, schiavi del vostro essere. San Paolo esprime tale concetto di schiavitù con queste parole:
     

    <<Rendiamo grazie a Dio perché voi eravate schiavi del peccato, […]. Quando infatti eravate sotto la schiavitù del peccato, eravate liberi nei riguardi della giustizia. Ma quale frutto raccoglievate allora da cose di cui ora vi vergognate? Infatti il loro destino è la morte>>.
    (Romani capitolo 6; versetti :17,20,21)

    Schiavi del peccato! Schiavi del proprio IO identificato con il “corpo”, identificato con l’approvazione degli altri, con l’attenzione, l’apprezzamento. E quali sono i frutti di tale identificazione, quali sono i frutti di tale principio di corruzione che ci portiamo impresso nelle nostre “membra”? La morte. Frutti di morte. Frutti che ci fanno morire a poco a poco. Proprio come una droga: ti illude, ti rende dipendente, poi schiavo… infine ti uccide.

    Sono altri ad avere il potere di rendervi felici o infelici. Avete bisogno delle vostre droghe, ma per quanto odiate la sofferenza che vi provocano, vi ritrovate a essere completamente impotenti.
    Ecco una bella definizione di una persona rinata:

    una persona che non marcia più al ritmo dei tamburi della società,
    una persona che danza seguendo la musica che sgorga dentro di lei.

    Quando venite ignorati o criticati, provate un senso di abbandono talmente insopportabile che tornate strisciando ai piedi delle persone implorando che vi venga data di nuovo quella droga confortante chiamata sostegno, incoraggiamento, rassicurazione. Vivere in questo stato comporta schiavitù, infelicità e una tensione nervosa infinita: quando si è dipendenti bisogna sempre comportarsi al meglio: non ci si può lasciar andare, perché bisogna corrispondere alle aspettative altrui. Si perde la capacità di vedere le persone esattamente per quello che sono e di rispondere loro con precisione, perché la percezione di esse è offuscata dall’esigenza di ricevere la droga.

    Consciamente o inconsciamente si vedono le persone solo nella misura in cui rappresentano un aiuto per ottenere la droga o una minaccia alla droga stessa.

    Avrò quello che voglio da loro? E se non possono né aiutarmi, né minacciarmi per quanto riguarda la droga, non sono più interessato! È una affermazione terribile. Ma mi chiedo di quante persone non si possa di questo…


    L'illusione della delusione
    Un’altra illusione è quella di credere di essere innamorati di Qualcuno. Non si è mai innamorati di qualcuno realmente, ma solo dell’idea che noi ci siamo fatti, un’idea preconcetta e spesso dettata dalla speranza che questa persona incarni la mia idea. Fermatevi a pensarci un minuto: non siete mai innamorati di qualcuno, siete innamorati della VOSTRA idea preconcetta riguardo a quella persona. Non è così che ci si disamora? È la VOSTRA idea che è cambiata, giusto?
    Prima del risveglio o rinascita l’IO è al centro dell’universo. Non significa vivere una vita necessariamente egocentrica o egoista. Forse anche questo. Ma le cose vanno oltre le categorie morali che ci siamo imposti e che spesso ci impediscono di "vedere” quanto questo IO imperi veramente su tutto! Tutto parte dall’IO, le idee, le decisioni, le considerazioni. Non si riesce mai a vedere le cose in maniera obiettiva. Così ci illudiamo di conoscere le persone, di comprenderne i meccanismi. Ci illudiamo che ciò che vediamo sia la realtà, che le persone, compresa quella di cui siamo innamorati, siano proprio come le vediamo.

    <<Come hai potuto deludermi dopo che avevo riposto tanta fiducia in te?>>, dite a qualcuno. Davvero avevate riposto tanta fiducia in quella persona? Non, lo l’avete mai fatto. Piantatela! Questa convinzione deriva semplicemente dal lavaggio del cervello che la società ha esercitato su di voi fin dalla nascita. Non si ripone mai fiducia nella gente. L’unica cosa di cui ci si fida è il PROPRIO giudizio riguardo a quella data persona. E dunque, di cosa vi lamentate? Il fatto è che a nessuno piace ammettere che il proprio giudizio era sbagliato. L’ammetterlo non è certo particolarmente lusinghiero, e allora si preferisce dire <<Come hai potuto deludermi?>>.
     
     

    <<Chi vorrà salvare la propria vita, la perderà>>
    (Matteo 16,25)

    Quando il nostro IO è l’essere supremo, quando tutto parte da ME, quando sono IO a voler decidere che cosa sia giusto o sbagliato, che cosa si debba o non si debba fare, quando guardo la vita a partire dall’IO, non posso illudermi di “vedere”. Siamo ciechi, completamente ciechi. Incapaci di fare qualcosa che abbia senso. Crediamo che abbia senso produrre denaro tutta la vita? Certo, mi direte, la povertà non piace a nessuno. Ma l’ultimo giorno della vita, continuerete a produrre denaro? E se sapeste che domani è l’ultimo giorno, il giorno della chiusura dei conti. Come assaporerete il vostro pranzo? Forse iniziereste a guardare gli alberi e a vedere le persone. Gesù dice che non possiamo esprimere un giudizio realistico su nessuno, perché siamo ciechi, abbiamo una grossa trave davanti ai nostri occhi: è il nostro IO. Pensiamo che i nostri schemi siano seguiti anche dagli altri, la nostra cultura il nostro modo di essere. Ma gli altri non seguono gli stessi schemi, non vedono le stesse cose.

    Così nell’innamoramento diciamo che <<l’amore è cieco>> credendo a questo punto che ciò costituisca una frase di grande effetto e saggezza: chi ama sarebbe troppo coinvolto per vedere correttamente, vedrebbe solo la proiezione della sua illusione. Invece le cose stanno esattamente all’opposto: nessuno vede meglio di colui che ama davvero. Non è l’amore che rende ciechi, ma il desiderio, il desiderio di possesso. L’amore libera, l’amore quello vero, non quello dei romanzi rosa, non quello sdolcinato. L’amore di chi sa perdere se stesso, di chi rinnega il suo IO come principio giudicante il mondo. Chi ama comincia ad essere parte dell'altro e quindi a “vedere” con i suoi occhi a provare lo stesso PATHOS, le stesse pulsioni, la SIM-PATIA (=stesso PATHOS, cioè stessi sentimenti, pulsioni, visioni della realtà).
    L’amore, se è amore, libera, libera dalle illusioni, non è mai deluso, perché “tutto copre, tutto spera, tutto sopporta”. Copre le ferite, le piaghe, non le scopre, non le mette alla berlina di tutti. Le conosce, le vede, le ama. Tutto spera. Chi non spera non vive e non può sperare se non va al di là della pura materialità. L’amore va oltre. Sopporta tutto, sopporta i pesi più estremi, come se fossero niente, perché il dolore dell’altro è il mio dolore, perché quando si ama, non si sa dove finisco IO e dove cominci TU.


    L'illusione della caritá
    Apriamo gli occhi sulla caritá. Ció che sgue potrá far soffrire qualcuno, ma non ci puó essere rinascita senza sofferenza, non ci puó essere risveglio senza prendere coscienza delle illusioni.
    La caritá é in realtá l'interesse personale mascherato da altruismo. Pensate che in genere siete genuini nei vostri tentativi di essere affettuosi, premurosi, nei confronti degli altri. Cerchiamo di semplificare al massimo questo concetto e potiamolo alle sue estreme conseguenze. Esistono 3 tipi di egoismo:

    1. Quando io mi concedo il piacere di compiacermi.
    2. Quando io mi concedo il piacere di compiacere gli altri.
    3. Quando ci concediamo il piacere di non sentirci in colpa.
    1. Il piacere di compiacermi
    É quello che comunemente chiamiamo egoismo. É quello piú evidente e piú combattuto: le prediche sono piene di inviti a riporre l'egoismo, ma nessuno si sente ferito, nessuno scalfito. Chi di noi ammetterà mai di essere egoista? L'egoismo è solo il primo gradino, quello piú basso, in realtà quello piú facile da debellare!

    2. Il piacere di compiacere gli altri
    Questo modo di vedere la carità é nascosto, a volte molto nascosto e proprio per questo motivo forse piú pericoloso del primo, perché finiamo per sentirci eccezionali, superiori.
    Qualcuno una volta disse: "Non farti così piccolo, non sei cosí grande!"

    Forse protestate dentro di voi, ma vi assicuro non siete niente di speciale. Certo, dopo la rinascita vi accorgerete non solo di essere speciali, ma anche unici e irripetibili. Ma la vostra felicitá non sará riposta nel vostro essere, ma in Colui che vi ha concesso di essere unici. Non si ha coscienza di PROPRIE capacitá, ma qualcos'altro si muove dentro di noi. Questo qualcosa ci rende davvero speciali. Noi non siamo speciali: é una illusione.

    Ma lei, signora mi cita il suo caso: vive sola e tutti i giorni va in parrocchia. Peró ammette di farlo per egoismo. Infatti dice che in questo modo si sente utile. Sa di essere utile in modo tale da "sentire" di dare un piccolo contributo al mondo. Ma afferma anche che, poiché gli altri hanno bisogno di lei, si tratta di uno scambio bidirezionale. Io do qualcosa, io ricevo qualcosa. É splendido. Prendere coscienza su questa realtá é meraviglioso. Vado per dare qualcosa e per ricevere qualcosa. Questa non é caritá, ma interesse illuminato.

    La caritá é inconsapevole. Non sappiamo mai di essere stati caritatevoli. Francesco d'Assisi considerava i suoi gesti pura giustizia e non caritá. Quando si pensa di aver fatto un gesto di caritá si pensa sempre di aver fatto qualcosa "in piú" qualcosa che non ci era strettamente richiesto, ma che noi lo abbiamo fatto. Ovviamente, non ci possiamo gloriare del nostro dovere, di ciò che era giusto fare, ma possiamo gloriarci del "di piú", solo il "di piú" ci fa "sentire" utili.

    Gesú disse:
     

    Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: 
    Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare.
    (Luca 17,10)

    "Abbiamo fatto quanto dovevamo fare". É bellissimo. É liberatorio. Nessun orgoglio, nessuna presunzione, nessun egoismo. Ho fatto solo quello che dovevo fare. Che merito ne ho? Ho aiutato qualcuno? Non potevo fare altrimenti, era mio dovere, sono solo un servo inutile. Non sono utile.
    So che le vostre viscere si stanno rivoltando!!! Affermare la propria inutilitá é terribile, ma é anche meraviglioso. Quando entra in gioco l'IO, si perde sempre di vista l'obiettivo finale. Ci si concentra piú sul "sentirsi" utili che sul "essere" utili. Alla fine il risultato sará di non essere stati veramente utili, di aver oggettizzato le persone che aiutiamo per succhiare da loro amore, attenzione, riconoscimento!

    La caritá é inconsapevole.
     
     

    <<Allora il re dirà a quelli che stanno alla sua destra: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi.
    Allora i giusti gli risponderanno: Signore, quando mai ti abbiamo veduto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando ti abbiamo visto forestiero e ti abbiamo ospitato, o nudo e ti abbiamo vestito? E quando ti abbiamo visto ammalato o in carcere e siamo venuti a visitarti?
    Rispondendo, il re dirà loro: In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me>>.
    (Matteo 25, 34-40)

    I giusti diranno: "quando mai?". Ecco la caritá. Nessuno fa la caritá. Nessuno sa di averla fatta. I giusti sono inconsapevoli della loro caritá. Qualche volta, fantasticando, mi capita di immaginare una scena nella quale il re dice: <<Avevo fame e mi avete dato da mangiare>> e la gente che si trova alla sua destra dice: <<Esatto Signorem, lo sappiamo>>.
    Ma il re risponde loro: <<Non stavo parlando con voi!>>.
    Non é interessante? Voi invece lo sapete. Voi conoscete quella sensazione di piacere che si prova compiendo atti di caritá. É esattamente il contrario di qualcuno che dica: <<Cosa c'é di tanto speciale in quel che ho fatto? Ho fatto qualcosa, ho ricevuto qualcosa. Non avevo idea di fare del bene. La mia mano sinistra ignorava quel che stava facendo la destra>>.

    Si racconta che al termine della vita di Francesco d'Assisi, mentre era moribondo a letto, parlava con alcuni frati che lo avevano seguito e disse loro:

    <<Fratelli, è ora che cominciamo a darci da fare. Fino ad ora non abbiamo fatto niente!
    Su, ricominciamo tutto da capo!>>.

    Sono parole magiche, divine. Non hanno dell'umano. Non possono non provenire che da un uomo impregnato di Spirito Santo. Capite? In fondo alla vita, accorgersi di non aver fatto niente e avere il coraggio di ricominciare!
    Ma come? Eppure Francesco aveva compiuto tanti miracoli, era stato in mezzo alla gente, in mezzo ai ricchi e ai poveri, ai vescovi e ai lebbrosi. A ciascuno aveva lasciato una parola di conforto, una regola di vita per raggiungere la "perfetta letizia". Con sensibilità aveva asciugato migliaia di lacrime, aveva rappacificato preti, vescovi e consoli. Oggi Francesco è noto per la sua povertà, veniva chiamato infatti il "poverello di Assisi". È noto per la sua sensibilità verso il creato e l'universo. Ma oggi, più che mai mi colpisce che ai suoi tempi fosse chiamato "il fratello". Il fratello di tutti. Riusciva a mettersi alla pari con tutti, con il ricco e con il povero, con il sano e con il malato. Non era padre, non era figlio, era fratello: alla pari.
    Questo "fratello" al termine della sua vita, ha avuto il coraggio di dire: "Ricominciamo! Non abbiamo fatto ancora niente!".

    Il bene assume il suo valore piú alto in quelle occasioni in cui non ci si rende conto che si sta facendo del bene. Non si é mai tanto buoni quanto nelle occasioni in cui non ci si rende conto di essere buoni.

    Un santo é tale finché non viene a saperlo!

    Proviamo a cercare e immaginare un'azione in cui l'IO non entra in gioco, in cui una persona é veramente rinata e quello che fa in realtá viene compiuto per mezzo di lei. In questo caso, l'azione si trasforma in evento! Ma quando lo fate voi, allora si ricerca l'interesse personale. Anche se si limitasse ad un pensiero come: <<Verró ricordato come un grande eroe>> o <<non riuscirei a vivere se non lo facessi>>.
    Molta gente fa determinate cose in modo da non doversi sentire male. E quella la definisce carità. Agisce per senso di colpa. Non è amore, questo.

    Non si vuole escludere in assoluto l'esistenza di azioni in cui il "sé", l'IO, non entra in azione. Ma occorre esaminare le cose con attenzione. Forse una madre che salva il suo bambino. Ma come mai non salva il bambino della sua vicina? Come mai non ci mette lo stesso impegno? É il SUO bambino. É il soldato che muore per il SUO paese. I martiri mi turbano. Ho sempre il timore che siano frutto del lavaggio di cervello, sia che muoiano uccidendo altri, sia che muoiano a causa di altri: la maggior parte dei martiri ha in testa l'idea di morire e che la morte per una causa sia una grande cosa! Anche nel cristianesimo. Ma nel vero cristianesimo questo non dovrebbe accadere, non dovrebbe esserci il mito del martirio! Nessuno é chiamato ad essere martire. Nessuno é nato per essere martire. Nessuno ha la vocazione al martirio. Nessuno! In certe situazioni si diventa martiri e basta. Si agisce, non pensando di diventare martire! Si agisce e basta. Come se "qualcosa" o "qualcuno" muovesse dentro di noi. Come se non fossimo noi ad agire, ma fossimo "agiti".

    Se siete giunti a questa consapevolezza, avrete capito chi agisce in voi nella vera caritá, nel vero amore! Non inorgoglitevi delle "vostre" azioni. non pensate di essere grandi. Siete persone normali. Grazie a Dio siete persone normali. In fondo se leggiamo bene il Vangelo, non si tratta di un inno alla santità, ma alla normalità, che poi è la vera santità!!! Normalità capite? Gesù parlava di contadini, operai, uccelli, volpi, deserto, vigne... Tutte cose che facevano parte della quotidianità. Siamo frustrati perchè vogliamo vivere nello stra-ordinario e per questo fuggiamo dalla realtà.
    Il segreto in fondo, è proprio questo:

    Vivere in modo straordinario ciò che è ordinario

    Capite? Non ricercate lo stra-ordinario, la notizia, la "buona azione" che non è mai segreta. L'ordinario ci fa schifo, lo fuggiamo come la peste. La nostra santità è proprio lì: nell'ordinario, nella normalità. Vivi le piccole cose, le cose normali, quotidiane, semplici; gustale, ascoltale come se fosse l'ultima volta, allora ti appariranno straordinarie, allora vivrai una vita stra-ordinaria.

    Siete persone normali, normali con le vostre qualità e le vostre bassezze. Perchè stupirsi? Siete persone normali, forse con un gusto raffinato. É questo che vi porta ad amare. Quando eravate bambini vi piaceva la coca-cola. Ora siete cresciuti e preferite una giornata calda, una birra fresca. I vostri gusti sono "migliorati". Quando eravate bambini adoravate i cioccolatini. Ora apprezzate una sinfonia o una poesia. Avete gusti migliori, ma aspirate allo stesso piacere. Prima era il piacere di compiacervi. Ora è il piacere di compiacere gli altri. Non chiamiamolo carità.

    3. Il piacere di non sentirci in colpa
    É il peggiore egoismo di tutti. Fare del bene non vi fa sentire bene; anzi, vi fa sentire male. È una cosa che odiate. Compite dei sacrifici in nome dell'amore, ma vi lamentate. Se credete davvero che ciò non vi capiti mai, vi conoscete davvero poco!
    Una persona vuole parlarmi, ha dei problemi.
    Non ho voglia di parlarle. Questa sera avevo previsto di vedere un certo programma in televisione, ma come faccio a dirgli di no? Non ho il coraggio. Scelgo il male minore. Così gli dico: <<Certo vieni pure!>>.
    Intanto sto pensando: <<Oddio, mi tocca sorbirmi questo rompiscatole!>>. Cerco di tenere il sorriso sulla faccia. Il colloquio inizia.
    <<Come stai?>>
    <<Bene>>. Risponde. E parla, parla... ma quando arriva al dunque?
    Alla fine ci arriva. Io la liquido in quattro e quattro otto e gli dico: <<chiunque potrebbe risolvere un problema tanto banale, è questione da niente>> e lo mando via.
    La mattina dopo, mi sento in colpa. Così richiamo questa persona.
    <<Coma va?>>
    <<Meglio, lo sai che quelle parole mi sono state di grande aiuto??? Possiamo vederci dopo pranzo?>>.
    Oh no!

    Quando si fanno le cose per non sentirci in colpa si compie il peggior tipo di carità. Non si ha il coraggio di dire che si vuole essere lasciati in pace, vogliamo fare bella figura e non passare per scontrosi o egoisti, ciò che veramente siamo!!! Il punto è proprio questo: se siamo NOI a fare del male, gli altri avranno di noi una cattiva opinione. Non ci apprezzeranno, parleranno contro di noi, e questo non ci piace! Ci piace meno del bene che siamo "costretti" a fare.

    Qualcuno dirà: comunque fai del bene! Ma è vero bene? Se gli altri sapranno "sfruttare" e avere dei vantaggi da tali azioni, non sarà che merito loro e non nostro.Nostra intenzione era solo quella di passare bene, con gli altri e con se stessi. Non volevamo sentirci in colpa.


    L'illusione della fiducia nel prossimo
    Se ci fermiamo un attimo a pensare ci accorgeremmo di non avere poi molto di cui essere orgogliosi. Ci portiamo dentro una malattia terribile. In un modo o in un altro siamo tutti egoisti, o meglio, l'IO è il padrone di tutto. Questo è il primo passo da compiere verso la liberazione: prendere consapevolezza che siamo malati, corrotti, egoisti, egocentrici, chi in un modo chi in un altro; chi con un egoismo evidente, chi con un egoismo mascherato da carità. San Paolo ha espresso questo concetto con queste parole:
     
     

    Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio
    (Romani 3,23)

    Tutti! Tutti! Tutti!

    Lo so. Fa paura capire e aprire gli occhi su questa realtà. Fa paura pensare di ESSERE peccatori, di ESSERE corrotti, di ESSERE egoisti. Riusciamo in qualche modo ad accettare di commettere qualche errore, qualche atto egoistico. Ma nel profondo... siamo buoni. No?? In fondo, in fondo, ci consideriamo sempre buoni!

    Aprite gli occhi. Si, è vero: c'è chi commette delitti e cattiverie di varia intensità e gravità, ma tutti affondano la propria cattiveria nello stesso pozzo, tutti beviamo da quel pozzo. C'è chi ha avuto la fortuna di nascere in una famiglia con più morale e chi no. Chi è nato nell'agiatezza e ha saputo sfruttarla intelligentemente e chi no. Chi è nato nella povertà e ha saputo rimboccarsi le maniche e chi ha reagito con la violenza. Chi ha incontrato buoni amici e chi è stato trascinato nella strada. Chi, in definitiva, ha avuto delle chance e chi no!

    Guardiamo il mondo dall'alto delle nostre possibilità e lo giudichiamo, pensando di essere migliori. Migliori degli extra-comunitari, migliori di quelli appartenenti ad altri partiti, migliori di quelli della regione accanto, migliori di quelli della città accanto, migliori del vicino... Migliori della moglie, del marito, della findanzata, del fidanzato, dei genitori... Sono tutte illusioni: in modi diversi, siamo tutti impregnati di peccato.

    Quindi di cosa vi lamentate?

    Un giovane si lamenta di essere stato deluso dalla sua ragazza, che si era comportata in modo falso. Di cosa si lamentava? Si aspettava di meglio? Poteva aspettarsi qualcosa di meglio? Aspettatevi il peggio. Perchè gli altri sono egoisti nè più nè meno di quanto lo siete voi. Avete a che fare con persone egoiste. Era lui idiota che l'aveva messa sul piedistallo! L'aveva idealizzata. Forse pensava che fosse una principessa, pensava che la gente fosse buona. Gli altri sono cattivi! Lo sono tanto quanto me e voi.

    Non vi sto dicendo di non fidarvi degli altri, ma questa volta deve essere una fiducia illuminata, fiducia non perchè gli altri siano di per sè degni di fiducia, ma perchè li amate. Fiducia! Ma nella consapevolezza della natura spirituale corrotta degli esseri umani.

    A volte si sente dire: "Ma come! Nel 2000 ancora ci sono guerre! Ancora ci sono lager!". Ma cosa vi aspettavate? Che, con il progresso tecnologico, l'uomo diventasse più buono? Non esiste progresso in questo senso. Ciascuno riparte da 0, ciascuno riparte dal proprio peccato, percorre il suo cammino di consapevolezza fino a giungere alla liberazione, liberazione che è possibile solo grazie ad un uomo, al Figlio di Dio: Gesù Cristo. Non parlo di religione. Non parlo di Chiesa. Ho il massimo rispetto per la chiesa, per qualunque chiesa. Ma non si otterrà mai la salvezza per la chiesa, ma solo grazie a Gesù. La Chiesa può e deve essere solo un tramite, può essere solo "voce di uno che grida nel deserto". Cioè un indicazione, una strada. Ma abbiamo bisogno di trasformazione. La salvezza non appartiene ad una questione legale da risolvere, ma ad una sostanza reale da modificare. Solo Gesù, può trasformarvi radicalmente, può consentire la vostra rinascita. E la vostra rinascita è già a portata di mano. È già adesso!

    Dunque non lasciatevi ingannare! Gli altri cercano il loro interesse personale, proprio come voi. Non c'è nessuna differenza.
    Se sarete aperti a tutto ciò, lo Spirito vi darà una nuova consapevolezza e capirete quanto tutto ciò sia liberatorio: non soffrirete più perchè scoprite dentro di voi della melma... non l'accetterete, nè la rifiuterete. La comprenderete.  E con la comprensione la supererete! Non soffrirete più perchè scoprite melma nelle persone vicino a voi. Le comprenderete, le amerete, finalmente, per quello che sono, e non per come vorreste che fossero nella vostra mente.
    Non vi sentirete più abbandonati, respinti, ingannati! Volete svegliarvi? Volete la rinascita? Il primo passo è proprio qui:abbandonate le vostre false idee. Non lasciatevi ingannare. Se foste sempre in armonia con la realtà capireste quanto sia impossibile rimanere delusi. Si preferisce dipingere le persone in colori brillanti. Si preferisce non vedere il vero volto degli esseri umani, perchè si preferisce NON VEDERE IL PROPRIO VOLTO. Poi se ne paga il prezzo!


    L'illusione della morte
    Qual è la domanda più importante alla quale cercate di rispondere? Nasciamo e iniziamo ad esistere. È inevitabile che ci poniamo a livello conscio o inconscio delle domande, la cui risposta guida l'intera nostra vita. Quindi, ovviamente, prima di cercare delle risposte, ci poniamo delle domande. Qual è la domanda più importante? Molti pensano: "Come posso fare soldi?". Oppure: "Dio esiste?". Oppure: "Esiste una vita dopo la morte? Che fine faremo?".

    Qual è il minimo comune denominatore, che accomuna tutte queste domande? È questo: "Quale sarà il mio futuro? Sarò felice?".

    Sbagliato! Sembra che nessuno si preoccupi di questo problema: "esiste una vita prima della morte?" Eppure, guardiamoci attorno; sono proprio coloro che non sanno cosa farsene di questa vita a essere tanto preoccupati di sapere cosa se ne faranno di un'altra vita. Non sanno che farsene di questa vita! Anche se sono estremamente indaffarati: non fanno altro che riempirla. La riempiono di cose che in realtà per loro non hanno altro significato che di riempimento. La riempiono di droga. Oppure la riempiono di amici. Oppure la riempiono con un compagno o una compagna. La riempiono con i figli. La riempiono con il lavoro, con il divertimento, con le vacanze... Oppure la riempiono con il volontariato, con una attività in parrocchia...

    Ma in realtà non vivono. Esiste una vita prima della morte?

    Un sintomo che siete rinati davvero è che non ve ne frega niente della morte, di quello che accadrà nella prossima vita. Il pensiero non vi turba, non vi importa. Non vi interessa, punto e basta.

    A volte ho incontrato persone preoccupate della loro morte, talmente preoccupate da rimanere quasi paralizzate, da non intraprendere azioni, da non lanciarsi mai, talmente preoccupate della morte da essere già morte.

    Altre volte ho incontrato anche persone religiose preoccupate della morte. La morte è solo una spia: ci spinge a vivere bene questa vita, a vivere la vita gustandola, non violentandola, nè succhiandola, ma semplicemente gustandola.

    Gesù è venuto per darci vita in abbondanza, a darci la possibilità di vivere in pienezza QUESTA vita, pienezza che sarà completa nel progredire e quindi pienezza di vita che, sembra paradossale, progredisce anche dopo la nostra morte. La morte è solo il distacco dell'anima dal corpo. La pienezza si acquista cominciando a gustare le cose come se fosse l'ultima volta, come se dovessi morire domani.

    Se vivessimo nell'ottica di avere consapevolezza semplicemente della nostra mortalità, non preoccupandoci di ciò che sarà dopo, ma semplicemente che sarà, pensate che le guerre continuerebbero a sussistere? Quale soldato sapendo che domani morirà, andrà a combattere? O piuttosto si godrà una bella giornata in compagnia degli amici o della famiglia? Se tu dovessi morire domani, se tu lo sapessi, quanto ti importerebbe di iniziare un litigio con tua moglie o tuo marito? Lo sentiresti come tempo perso, cercheresti la rappacificazione in tutti i modi: non hai tempo da perdere!!! Se tu sapessi di morire domani, quanto sarebbe buono questo pasto... in altri momenti non lo avresti apprezzato così!

    Ma siamo convinti di essere eterni, che la MORTE si dimentichi di noi.

    Il segreto sta nel vivere tra queste 2 realtà:
     

    1. - consapevolezza della nostra mortalità
    2. - disinteresse verso la morte


    Come è possibile restare in equilibrio tra questi 2 opposti? Don Bosco riassunse questo concetto con queste parole:
     

    Vivi come se tu dovessi morire domani!
    Lavora come se tu dovessi essere eterno!

    Questa è spiritualità! Gusta la vita. Ma non rinunciare a costruire. Assapora il piacere delle cose, ma non inebriarti con esse.

    L'Ultimo Pastore: click per ingrandire

    Manuel Moschini


    La Schiavitú

    Quando si parla di schiavitù, schiavitù del peccato, si intende che siamo "schiavi" spiritualmente e quindi anche moralmente di un principio, al quale è dato nome di "peccato". Non si vuole affermare, con questo, che sempre eseguiamo i comandi del nostro “padrone”, non si vuole affermare che si pecchi in continuazione e senza responsabilità. Quando Paolo parla di peccato si riferisce sempre ad una “legge del peccato”, legge non intesa in senso giuridico, ma comportamentale. Ad esempio, la legge di gravità non esprime un dovere morale/giuridico, ma una tensione comportamentale: esiste attrazione tra 2 oggetti che è tanto più forte quanto maggiori sono le masse dei 2 oggetti, ma che diminuisce aumentando la distanza fra di essi. Di conseguenza, nel suo stato naturale, se lascio andare un oggetto, la sua tendenza sarà di attrazione verso la terra. Il suo comportamento seguirà la tendenza? In molti casi si. Ma se appoggio l'oggetto su un tavolo, esso starà in equilibrio sul tavolo e non cadrà più verso il basso, perchè il tavolo glielo impedisce. Ma la sua tendenza non è cambiata: è cambiato il comportamento.

    Quando un aereo vola, la sua tendenza non è cambiata: continua ad essere attratto dal suolo, ma i motori, che imprimono velocità all'aereo, gli impediscono di cadere. In questo caso la tendenza rimane, ma il comportamento non segue la tendenza. Se improvvisamente i motori cessassero di funzionare, purtroppo, l'aereo avrebbe un comportamento che seguirebbe la sua tendenza di attrazione dal suolo e quindi, in altre parole, cadrebbe.

    Quindi, dobbiamo distinguere la tendenza, dal comportamento effettivo.

    Allo stesso modo, la legge di peccato esprime una tendenza, non il comportamento effettivo. Siamo tutti peccatori, cioè portatori "sani" di una malattia, la cui tendenza è verso l'auto-distruzione e verso la distruzione della creazione, con conseguenza disarmonia e mancanza di amore, di libertà e di gioia, paura del futuro, senso di solitudine, attaccamento alla materia...

    Alla nascita, non siamo "neutri", ma ci portiamo dentro questo principio di peccato. È un principio che fa parte della nostra essenza. Siamo peccato. E in quanto fa parte della nostra essenza, costituisce per noi una schiavitù. Schiavitù, perchè in realtà non siamo liberi di amare. Facciamo fatica a volere bene, non ci viene spontaneo. Nell'umanità c'è tanto dolore, guerra e cattiveria perchè l'uomo porta dentro di se questo principio! Un principio che ci fa tendere verso l'auto-distruzione, verso l'odio e l'indifferenza, verso la propria e altrui infelicità.

    San Paolo esprime questo concetto, con queste parole:
     

    <<Io sono di carne, venduto come schiavo del peccato. Io non riesco a capire neppure ciò che faccio: infatti non quello che voglio io faccio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, io riconosco che la legge è buona: quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
    Nelle mie membra vedo un’altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge peccato che è nelle mie membra>>.
    (Rm 7,14-16 e 23)

    State pensando: "non sempre è così!" Certo! Infatti, sto parlando di "tendenza" non di reale comportamento, il quale dipende anche dalla cultura, dalla famiglia, e dalle condizioni psicologiche proprie di ciascuno, che lo fanno reagire in un modo oppure in un altro, di fronte ad una medesima situazione. Ci sono persone buone: ma portano dentro di se lo stesso principio di peccato di un omicida. Sono buone per cultura, per volontà psicologia, ma hanno bisogno di rigenerazione: la rigenerazione modifica la tendenza, non lavora sul comportamento, ma sulle cause, cioè sulla tendenza.

    Dunque in noi esiste un principio, una legge, che “muove guerra” alla nostra mente e che ci rende schiavi di se stessa, della legge del peccato. Dove si trova questa legge? Secondo le Scritture si trova nelle nostre membra, nelle nostre profondità. Non investighiamo per il momento le cause secondo le quali esiste nella nostra costituzione tale legge del peccato: prendiamone atto, esiste, esiste fin dalla nostra nascita. E che esiste è più che evidente. Aprite gli occhi, acquisite consapevolezza: il problema non è fuori di noi, è in noi! Troppo spesso ci buttiamo per modificare la realtà, la detestiamo, vorremmo fosse diversa… quante cose dovrebbero cambiare! È come se guardassimo fuori dal finestrino di un treno e vedessimo una realtà deturpata, sconvolta. Il nostro istinto ci porta al rifiuto. E pensiamo: "No, nessuno ci può chiedere di accettare questa realtà... Neanche Dio!".

    Ma prova ad asciugare il finestrino dall’acqua e vedrai che la realtà va bene così come è: sei tu che devi cambiare!

    Prendiamone atto: abbiamo questa legge. La legge di peccato non sempre si tramuta in peccato, non sempre distrugge la nostra naturale gioia. Esiste una fase, dopo la nascita, in cui, nonostante questo principio vediamo i bambini spensierati, allegri felici, come vorremmo essere noi. Felici di cosa? Di niente. Sono felici di niente. Non felici di poco. Ma di assolutamente niente. Li mettiamo a contato con la società e sviluppano la malattia. Si “rendono conto” che "NON POSSONO essere felici SE". Se, cosa? Non so, mettetecelo voi: ognuno ha le sue cause di felicità, ognuno pone le sue condizioni. Ci rifiutiamo di essere felici se non possediamo il tale oggetto, o la tale persona. Ci rifiutiamo di essere felici se non abbiamo continua approvazione.
    Non riusciamo ad essere felici a priori, ma siamo convinti che il nostro stato naturale sia l'infelicità e che la felicità debba essere una conquista, quindi poniamo delle condizioni: "Non potrò mai essere felice se lui... se lei..., se la mia carriera..., se la mia salute.., se Dio...,  se i miei genitori..., se la società..., se non avrò denaro..., se non avrò potere..., se non avrò rispetto..., se il mio nome..., se! se! se!"
    Lo stesso vale per l'amore: "Non potrò amare mio marito se lui..., non potrò amare mia moglie se..., non potrò amare il mio capoufficio se..., non potrò amare il mio lavoro se...". Stessa trafila, stesso elenco!

    È una malattia che si sviluppa quando la legge di peccato che abita in noi entra a contatto con la società.

    È come l’HIV: quando le condizioni sono “favorevoli” il virus si scatena e produce la malattia: l’AIDS. Fin quando ciò non avviene possiamo condurre una vita esattamente come se il virus non ci fosse. È per questo che un bambino può essere felice di niente e noi no. È per questo che un bambino può regalarti tutto, può amarti perché sei, e non perché gli dai.  Ma, mettetelo per qualche mese davanti alla televisione. Ad un certo punto penserà che non potrà mai essere felice senza i giocattoli reclamizzati. Comincerà a pretendere. Cominceranno i conflitti. Comincerà a desiderare l’oggetto solo perché lo ha visto in televisione: lui non lo conosce, ma ormai è entrato nel meccanismo, ormai è drogato. Da piccolo la sua droga saranno i giocattoli. Poi i giocattoli crescono insieme a lui e diventano la carriera, l’approvazione, il potere, il sesso, il denaro. Sono solo giocattoli!!!

    Non saprà mai cosa sia il vero successo!

    Tuttavia, anche nella malattia esistono “sprazzi” di luce, momenti di vero amore: sono brevi periodi di “disintossicazione”. Non abbiamo superato la malattia, diciamo che la teniamo sotto controllo, con qualche “farmaco”. Ne esistono tanti di farmaci.  Primo fra tutti la nostra razionalità: portiamo dentro il principio di peccato, ma con la razionalità posso tenerlo sotto controllo. La legge del peccato non è simile ad una legge propriamente detta, come se fosse il Codice Civile o il Codice Stradale. Il principio di peccato non ha quasi niente a che vedere con la morale. Ha piuttosto a che vedere con l’essere. è simile alla legge gravitazionale. Non si trasgredisce la legge gravitazionale, perché è sempre presente. Semplicemente, conoscendola, la si può controllare. Così, nonostante la legge gravitazionale l’uomo è riuscito con l’ingegno a far volare un aereo. Ma cosa succede se durante il viaggio l’aereo termina il carburante? Inevitabilmente l’aereo precipiterà. Di chi sarà dunque la colpa? Della compagnia di volo? Del pilota? No. Si potrà sorridere, ma il vero responsabile, in ultima analisi è proprio la legge di gravità. Ovviamente non la consideriamo mai come una delle cause, perché nessuno si è mai sognato di poterla eliminare. L’uomo quindi si concentra su altre cause sulle quali sarebbe potuto intervenire.

    La legge del peccato non ci costringe necessariamente a peccare, come le legge di gravità non costringe necessariamente l’aereo a precipitare. Ma è sufficiente una minima svista e… le conseguenze sono inevitabili! Così, cerchiamo di agire al meglio e concentriamo i nostri sforzi sulla nostra razionalità, aiutata magari da qualche espediente, da qualche frase della Bibbia, dalla frequentazione di un gruppo di chiesa, da una filosofia… ma non c’è niente da fare: alla minima svista… il peccato prende il sopravvento e siamo schiavi, schiavi, schiavi!


    SCHIAVITU’ dell'anima (o IO)

    Quante volte diciamo: essere se stessi, ricercare se stessi, trovare il proprio IO, mortificare i sensi... si tratta di pagliativi creati dall'uomo al fine di superare le sue illusioni. Sono pagliativi che possono farti stare bene per un breve periodo di tempo, ma non risolvono. Finchè non apriremo i nostri occhi sulla nostra reale situazione interiore, non andremo proprio da nessuna parte, nessuna felicità ci sarà concessa. All'inizio può apparire pazzia, ma ogni verità all'inizio è una bestemmia! Liberatevi dalle false illusioni, considerate il vostro stato di morte. Certo, direte, io mi sento vivo più che mai. No, guardate bene: siete morti: morti nelle vostre sensazioni, morti nella vostra stanchezza, morti nei vostri sentimenti che ora vanno e ora vengono, morti nel vostro orgoglio, morti nel vostro senso di solitudine, morti nella paura... Siete schiavi della morte. Il peccato vi ha dato la morte. Non si tratta di un peccato che avete commesso, si tratta di un peccato che avete "ereditato" nel vostro spirito al momento stesso della vostra nascita, peccato che ha cominciato a prendere vita in voi non appena siete stati a contatto con la società.

    Abbiamo un concetto molto errato di peccato: pensiamo che peccato sia trasgredire una qualche legge morale... peccato è prima di tutto uno stato e va distinto dai "peccati", al plurale che ne sono una semplice conseguenza. I peccatI sono generati dal peccatO. I peccati riguardano le mie azioni, ciò che faccio o che non faccio. Il peccatO riguarda il mio essere. Per quanto io cerchi di porre rimedio ai miei errori, e utilizzi 1000 espedienti per non cadere nuovamente in quello stato di colpa che mi fa soffrire non ho via di scampo perchè sono schiavo del peccato e niente imporrà al peccato di poter agire in me e di comandarmi.

    Quante volte agiamo per "reazione"? Quasi sempre. Pensateci bene: non agiamo. Reagiamo. La reazione è l'azione che viene scatenata in noi in conseguenza di un'altra azione subita. Partiamo con un grado di libertà già deteriorato, perchè nella nostra "re-azione" mettiamo il nostro orgoglio toccato, la nostra rabbia, a volte addirittura il nostro odio: così partendo da una situazione giusta, una situazione da difendere, con la nostra reazione perdiamo capacità di reale controllo, non agiamo, ma una reazione si impadronisce del nostro corpo e ci fa fare cose che a volte non faremmo, o ci fa dire cose che in realtà non vorremmo dire...

    Perchè capita tutto questo? Perchè la nostra anima, il centro delle nostre facoltà psichiche è schiavo del peccato. Si è sovrasviluppata. È diventata la sorgente e il fine delle nostre azioni. Proviamo a fare un esempio:

    IL FINE: la nostra anima o IO.
    Nella nostra vita esiste un trono: il trono è il centro di comando. Chi siede sul vostro trono? In base a che cosa prendete le vostre decisioni, fate le vostre scelte, in base a che cosa impostate la vostra vita? È il vostro IO. Tutto parte per tornare al vostro IO.

    È una spaccatura interiore! Vediamo la cosa dal punto di vista strutturale: il nostro spirito interiore è morto, è incapace di farci comunicare con il mondo spirituale. Vediamola così: siamo fatti di spirito, anima e corpo. L'anima è frapposta tra spirito e corpo, il corpo ci permette di relazionarci con il mondo fisico, lo spirito ci permete di relazionarci con il mondo spirituale, con l'intuito, la poesia, la vita nascosta in ogni cosa. Il nostro spirito è diventato succube dell'anima, è morto. Così siamo incapaci di provare emozione difronte ad un filo d'erba. I saggi e i bambini sono in grado di vedere Dio in un filo d'erba: noi abbiamo bisogno di miracoli. Siamo incapaci di provare vera com-passione con i nostri fratelli: possiamo aiutarli, ma non riusciamo ad avere in noi i loro stessi sentimenti. Preghiamo e le nostre preghiere sembrano un soliloquio!

    Così, l'anima si è sovrasviluppata e ha egemonizzato l'esistenza dell'essere umano: ogni sensazione, ogni attenzione, ogni desiderio, ogni energia, ogni azione è incentrata sull'anima, sull'IO. E l'illusione è che secondo alcuni, dobbiamo rafforzare il nostro IO, la nostra personalità, ritrovare se stessi... Se dovete decidere di un lavoro in base a che cosa lo fate? Guardate dentro di voi, dentro i vostri desideri, dentro la vostra razionalità. Se dovete credere a qualcuno, in base a che cosa lo fate? Leggete i vostri sentimenti. Se volete darvi da fare, essere attivi, fare del volontariato: chi prende la decisione, in base a che cosa vi sentite spinti?

    Guardate bene, superate le illusioni, perchè di mezzo c'è sempre il vostro IO. Non dico semplicemente che siamo egoisti o egocentrici (anche questo), ma queste parole appartengono a categorie morali. Dico invece che questa è una realtà di fatto. Anche il bene parte dalla nostra mente.
    Ma nella vigna del Signore non c'è posto per volontari, c'è posto solo per i chiamati. Lasciatevi agire, lasciate che il vostro IO sia spodestato. Ficnhè l'IO è al centro di tutto, ed è il fine di tutto, nella vostra vita c'è disordine, dis-armonia. Quando lo Spirito di Dio agisce in voi, allora siete al pieno delle vostre potenzialità, allora amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sè, saranno il frutto del vostro "essere agiti".
     
     

    Il frutto dello Spirito invece è amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé;
    contro queste cose non c'è legge.
    (Galati 5,22-23)

    Contro queste cose non c'è legge! Niente e nessuno potrà portarvele via: la legge del peccato progressivamente, non avrà più alcun effetto su di voi, perchè siete morti e rinati e non siete più nel regime di schiavitù!

    LA SORGENTE: l'energia naturale dell'anima
    Non solo il fine di tutto è l'IO, ma quando l'IO si è sovrasviluppato e lo spirito è morto, anche la fonte delle vostre energie, che sarebbe dovuta essere lo spirito, proviene dall'anima: è l'energia naturale dell'anima.
    L'energia naturale dell'anima è una facoltà che si è sviluppata nell'uomo in conseguenza al principio di peccato, in conseguenza cioè della rottura dell'armonia con il creato e con Dio. Quando cerchiamo la forza, o la capacità di fare qualcosa, non la cerchiamo nello Spirito, non ne abbiamo la capacità, perchè il nostro spirito non può comunicare con lo Spirito di Dio. L'uomo quindi cerca le proprie energie unicamente in se stesso: in tal modo continua il processo di sviluppo dell'anima, che lo porta sempre piú lontano dal creato, sempre piú alienato! Anche le persone religiose molto spesso, cercano le proprie capacità unicamente in se stesse, nell'energia naturale dell'anima: si fidano e si appoggiano solo a se stesse, pregano, ma la loro preghiera è vuota di fede, è un soliloquio in cui lo Spirito non ha la facoltà di entrare! Pensiamo di fare molte cose, ma Dio ha dichiarato che tutto ciò che facciamo, in realtà, è nulla.

    Facciamo un esempio: prendiamo 2 persone. L'una ha una naturale capacità di parola, un uomo "carismatico", mentre l'altro ha notevoli capacità organizzative. Supponiamo che si convertano e vengano rigenerate. Voi direte: un grande acquisto per la Chiesa! Allora, supponiamo che venga chiesto loro di fare un discorso di evangelizzazione in un'assemblea. Che comportamente avranno? Come si prepareranno? Il primo uomo ha ua naturale propensione alla parola, quindi pensa di non avere grandi problemi. Il secondo invece sa di non avere in sè alcuna capacità e quindi passerà molte ore in preghiera per ricercare nello Spirito l'ispirazione e la forza necessaria.

    Se adesso, chiedessimo loro di organizzare un ritiro chi dei due passerà piú ore in preghiera? La situazione si è ribaltata, il primo sa di essere incapace e di combinare un sacco di pasticci quando si tratta di organizzare, così si inginocchierà e pregherà. Il secondo invece è più sicuro di sè, usa la sua energia naturale.

    Ricordate il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci? Perchè è potuto avvenire? Molti pensano che il miracolo sia stato compiuto da Gesú, ma in quella scena era presente un altro attore: un ragazzo che possedeva 5 pani e 2 pesci. Fu con quiei 5 pani e quei 2 pesci che furono sfamate oltre 5000 persone. Il miracolo fu possibile perchè il ragazzo li donò a Gesù! Quando non confidiamo nelle proprie capacità, ma ci lasciamo agire dallo Spirito e crediamo che le nostre forze non si esauriscono in noi, ma nello Spirito, allora veramente facciamo, veramente abbiamo potere!

    L'energia naturale non è di per sè negativa, ma è energia che non ci porta alla vera felicità, è acqua che non ci disseta perchè ci fa vivere la vita come una conquista, una continua battaglia contro tutto e tutti. La vita così vissuta è fonte di schizofrenia: non è possibile viverla in pienezza, al massimo si sopravvive.

    Ogni cosa ha un'anima, ma solo chi è stato rigenerato può percepirne l'esistenza. Si, sul trono della nostra vita c'è il nostro IO, tutto parte da lui, le azioni buone e cattive. Questo Io deve essere spodestato, deve morire, avete bisogno non di riforma, non di ritocchi qua e la, ma di RIVOLUZIONE e solo un uomo può permettere in voi questa rivoluzione: Gesù di Nazareth, l'unico rivoluzionario vivente, oggi e sempre. Avete bisogno di rigenerazione, ma la rigenerazione, la rinascita passa attraverso la morte. Come si può rinascere senza prima morire? Dunque dobiamo morire.

    Ma aprite gli occhi: non dovete mortificarvi. Non dovete cioè procurarvi la vostra morte in nessuna maniera, nè fisicamente, nè nei vostri sensi. Nessuna mortificazione, nessuna rinuncia: non si è mai attaccati a qualcosa tanto quanto vi si è rinunciato. Un prete una volta disse: quando viene un prete in confessionale mi parla di sesso, ma quando viene una prostituta mi parla di Dio. Capite? Non dovete rinunciare a niente. Dove comprendere e ricomprendere: aprire gli occhi. E se aprite gli occhi vi accorgerete di essere già morti.
     

    Così anche voi consideratevi morti al peccato
    (Romani 6,11)

    Siete già morti non per colpa vostra, lasciamoci alle spalle tutte le colpe e pensiamo alla realtà: siete morti perchè incapaci di comunicare con semplicità, andando al di là di schemi, dove per andare al di là intendo sia il seguirli formalmente, sia il rifiutarli a tutti i costi; sono entrambe illusioni. Morti perchè cercate la felicità e non sapete di possederla già.

    Sul vostro trono adesso ci siete voi. La vostra vita sarà veramente meravigliosa, nonostante tutto, quando vi siederà lo Spirito di Dio: allora sarete veramente rigenerati, cadranno le vostre illusioni, avrete la forza e la gioia di amare veramente, vedrete ogni cosa con occhi diversi, percepirete la vita in ogni cosa e l'anima di ogni cosa e sarete felici, semplicemente felici di niente, perchè niente potrà rendervi felici e niente potrà rendervi infelici. Anche la sofferenza non sarà negazione della gioia, ma partecipazione al dolore degli altri esseri umani: allora potrete dire, con s. Paolo, "Non sono più IO che vivo, ma Cristo vive in me".
     
     

    Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.
    (Galati 5,20)

    Questo è il programma che Dio ha in riserbo per voi. Ma prima di tutto dobbiamo credere! Credere significa, prima di tutto "rendersi conto", "aprire gli occhi" sulle illusioni, sul fatto che viviamo nel peccato e nella illusione, che siamo peccato, che siamo morti, che non c'è niente da fare. Arrendetevi e consideratevi morti. Questa è la vostra via di liberazione. Siete schiavi del peccato. In che modo uno schiavo può cessare di obbedire al suo padrone ed essere sicuro che in futuro non cadrà nuovamente in schiavitù? Morendo.

    Della via che ci porta alla liberazione avremo modo di parlarne in un altro articolo. Per ora aprite gli occhi su voi stessi: siete schiavi del vostro IO e dell'energia naturale dell'anima.


    SCHIAVITU’ del corpo (o ME)

    Che significato ha l'IO? Chi sono IO? Pensiamo che le domande importanti siano sapere se c'è vita dopo la morte, se Dio esiste... ma chi sono IO? Siamo capaci di andare sulla luna, ma non di sapere chi siamo. Proviamo a rifletterci, forse scopriremo la fonte di molte sofferenze, illusioni e peccati.

    Chi sono io? Io sono i miei pensieri, i pensieri che sto pensando? No. I pensieri vanno e vengono: io non sono i miei pensieri. Sono forse il mio corpo? Si dice che ogni minuto che passa milioni di cellule muoiono e altrettante nascono. Così, nel giro di 7 anni non possediamo più alcuna vecchia cellula, ma sono tutte nuove. Le cellule vanno e vengono: così il nostro corpo va e viene. Ma l'IO permane. Dunque io non sono il mio corpo.
    L'"io" è qualcosa di più e di diverso, rispetto al corpo. Forse si potrebbe dire che il corpo fa parte dell'IO, ma è una parte in continua evoluzione. Usiamo lo stesso nome per definirlo, ma cambia continuamente. Allo stesso modo parliamo di Cascate del Niagara, pur essendo queste costituite da acqua che cambia continuamente. Usiamo lo stesso nome per una realtà in continua evoluzione.

    Forse, l'"io" è il mio nome? Evidentemente no, perchè posso cambiare nome, senza cambiare l'"io". È la mia carriera? È le mie convinzioni? Dico di essere un cattolico, un ebreo, ma è questa la parte "ESSENZIALE" dell'IO, la parte cioè costitutiva? Quando ci si converte ad un'altra religione, forse cambia l'io? Ho un diverso io, oppure è lo stesso io che è cambiato?

    Guardate non si tratta di un gioco di parole, nè di filosofia. Comprendere certi meccanismi è andare all'essenzialità delle cose, significa spogliarci del superfluo, spogliarci da ciò che ci appesantisce e che rende la nostra vita così difficile e faticosa... tanto che qualcuno arriva a credere che non ne valga proprio la pena!

    Dunque, neanche la religione, per quanto importante è una parte essenziale dell'"io".

    Un tizio andò da un prete e gli chiese: <<Padre, goglio che celebri una messa per il mio cane!>>.
    Il prete si indignò: <<Cosa intendi dire con questo?>>.
    <<Si tratta del mio cagnolino, amavo quel cane e vorrei che lei celebrasse una messa in suo ricordo>>.
    Il prete rispose: <<Qui non celebriamo messe per i cani. Forse può provare alla congregazione più avanti. Chieda a loro>>.
    Uscendo l'uomo disse al prete: <<Peccato. Amavo molto il mio cane e pensavo di offrire un miliardo per la messa!>>.
    E il prete: <<Aspetti! Non mi aveva detto che il suo cane era cattolico...>>.

    C'è una storia che parla di un certo Paddy. Paddy sta camminando lungo le strade di Belfast, quando sente spuntare una pistola dietro la nuca e una voce gli chiede: "Sei cattolico o protestante?". Paddy è costretto a pensare in fretta. Risponde: "sono ebreo".
    E sente una voce che dice: "Deve essere la mia giornata fortunata, sono l'arabo piú fortunato di tutta Belfast"!!!

    Forse possiamo dire di "essere" italiani? Che la nazionalità modifica o costiuisce il nostro IO?
    Il mio bis-nonno raccontava come durante la seconda prima guerra mondiale, la guerra cessasse per Natale e i 2 fronti festeggiassero insieme, italiani e austriaci, gli uni da una parte, gli altri dall'altra parte della trincea. Festeggiavano, capite? Lanciavano in aria "fuochi di artificio" e gridavano al brindisi! È pazzesco tutto ciò, non trovate? Il giorno dopo avrebbero ricominciato a sparare! Dunque, l'essere italiani, austriaci, marocchini, albanesi, americani... fa parte del nostro io? Che significato hanno le etichette di nazionalità?

    Etichette, solo etichette L'io non è niente di tutto questo. Le etichette appartengono al "me". L'io non è niente di tutto questo. Il "me" è la parte esteriore dell'uomo, quella che abbiamo definito "corpo" e che comprende non solo il corpo fisico, fatto di cellule, ma tutto ciò che è esterno: quindi comprende il "nome", la carriera, l'appartenenza religiosa...

    La sofferenza esiste nel "me". Se riusciste ad uscire da voi stessi e ad osservare il "me", non vi identifichereste più con il "me", cioè con il corpo. Quando l'"io" si identifica con il denaro o il nome o la nazionalità o le persone, o gli amici, un'attività, o qualsisi qualità, l'io è continuamente minacciato.

    Supponiamo che lavoriate presso un ristorante e che siate il cuoco. Si siede una persona, magari un vostro conoscente e dopo aver mangiato esclama: <<Il cibo fa schifo, qui!>>. È facile perdere le staffe. Ve la prendete e vi innervosite. Vi siete identificati con il cibo: è come se vi avessero detto: <<Voi fate schifo>>. È come se si pensasse: <<Chiunque attacca il mio cibo attacca me, mi sento minacciato>>. Ma l'io, l'essenza, l'anima, non è mai minacciato: solo il "me", il "corpo" è minacciato.

    L'identificazione dell'"io"con il "me", l'identificazione dell'anima con il corpo impedisce di vedere le cose in modo oggettivo, con distacco: siamo schiavi della realtà, in balia degli eventi e delle altre persone, costantemente minacciati da ciò che può accadere a quella "cosa" o "persona" nella quale ci si è identificati.

    Quando dite: <<Sono una persona di successo!>>. È follia! È illusione: il successo non è parte dell'io. Quindi voi non SIETE una persona di successo, nè una persona fallita. Il successo è qualcosa che va e viene; oggi c'è, domani potrebbe essere tutto finito. Non è l'"io". Quando si dice "sono uno di successo" si è capitati nelle tenebre. Ci si è identificati con il successo. Lo stesso vale per chi ha detto: "Sono un fallimento, sono un avvocato, sono un uomo d'affari". Sapete cosa vi accadrà, se vi identificherete con queste cose? Vi abbarbicherete ad esse, avrete paura che svaniscono, ed è da qui che deriva la vostra sofferenza. Chi decide cosa sia il successo?

    Essere rinati. Ecco il successo!


    Conclusioni
    La nostra completa natura fatta di spirito, anima e corpo è completamente dominata dalle illusioni e dalla schiavitù.
    A causa del principio di peccato lo spirito è morto: da ciò deriva l'incapacità di "vedere" la realtà, di comunicare profondamente e semplicemente con il cuore!
    L'IO, l'anima, si è sovrasviluppato: da ciò deriva l'accentramento di ogni sorgente e finalità su se stessi, quindi illusione della carità, egoismo mascherato da amore, sforzo e fatica continua perchè si agisce con l'energia naturale dell'anima.
    L'IO nel suo sovrasviluppo e a causa della morte dello spirito si è spostato verso il "corpo", il "me", identificandosi con esso: da ciò deriva ogni illusione, sofferenza e peccato.

    Da questa condizione non può che derivare insofferenza, sofferenza, infelicità, ingiustizia, incapacità di comunicazione, incapacità di amare in profondità, incapacità di provare gioia e pace, e ogni altro genere di male che si compie quando si perde ogni punto di riferimento, quando viviamo nell'illusione e siamo schiavi di noi stessi.

    Togli la trave dal tuo occhio, svegliati, rinasci!!

    Allora scoprirai il sapore della vita, scoprirai che si puó essere felici anche nella depressione, scoprirai cosa significhi Vita nello Spirito e scoprirai che cosa significhi amare davvero e iniziare a costruire un mondo unito:

    questa è la Vita Eterna.


    Indice Articoli

    Gruppo Biblico di Evangelizzazione