La natura della felicitá

Gruppo Biblico di Evangelizzazione



La natura della Felicitá

PREMESSA
Quello che segue é frutto di riflessioni e di esperienza. Sono in cammino, molto ho imparato ma molto devo ancora imparare. Mi scuso pertanto, se per qualcuno tali riflessioni potranno apparire banali... per altri potrebbero risultare addirittura offensive o fuorvianti; il mio consiglio é questo: lasciatevi trasformare, lasciate che la Nuova Vita vi conquisti, aprite gli occhi e cominciate a vivere!

Ci si dovrebbe prima di tutto intendere sul termine "felicitá" per evitare di essere fuorviati e far diventare questa riflessione qualcosa di sterile e inutile.

Si dice sempre: "La felicitá non é di questo mondo!".

É sbagliato!

Troppo spesso consideriamo il mondo "una valle di lacrime" e la vita, una successione di prove da superare, al cui termine si potrá "eventualmente" ottenere il "premio" della Vita Eterna.

Ma le cose stanno veramente cosí?
Si tratta di pensieri veramente cristiani?

Al contrario, quando avremo capito il significato del termine felicitá e la sua natura, saremo convinti che la "felicitá" puó essere di questo mondo!

Tutto il messaggio e la vita stessa di Gesú di Nazareth erano impostati per insegnarci che cosa fosse la felicitá e per metterci in grado di raggiungerla efficacemente. La vita cristiana é una vita di vittoria (vedremo che cosa significhi tale affermazione...).

In realtá, chi ha letto il Vangelo lo sa, Gesú non ha mai parlato direttamente di felicitá: si tratta di un termine preso in prestito dal mondo pagano. Gesú parla di:
 

  1. Vita in abbondanza (Giovanni 10,10)
  2. Gioia Piena (Giovanni 15,11).
  3. Gioia Perfetta (1 Giovanni 1,4)
  4. Gioia Intoccabile (Giovanni 16,23)
Queste 4 parole saranno la nostra guida per questo viaggio.

Paesaggio/Meditazioni: click per ingrandire

Manuel Moschini




Superficialitá e profonditá

Parlando con le persone mi sono reso conto di quanto sia difficile far giungere il concetto di felicitá nel modo corretto. Voglio dire che difronte alla sola idea di felicitá ci si pone con 2 atteggiamenti:

  1. superficialitá
  2. profonditá
Nel primo caso la felicitá é vissuta come spensieratezza o meglio come assenza di coscienza. Perché preoccuparsi tanto delle cose? Perché intervenire? Lasciamo che tutto scorra...
Questo atteggiamento viene additato e giudicato dal secondo gruppo come superficiale, magari invidiabile, ma comunque condannabile. "Meglio infelici che superficiali" é il motto del secondo gruppo.
Questi ultimi non credono alla felicitá, se non all'esistenza di piccole parentesi di felicitá, che intervallano una vita sostanzialmente di sofferenza, di tristezza e dolore. La vita sarebbe una valle di lacrime, la felicitá non esiste, non é di questo mondo e chi non ci crede... é un superficiale.

In questo corso cercheremo di andare in profonditá, ma di andare davvero e molto in profonditá, ricercando le cause della mancanza di felicitá e cercando di prendere coscienza e consapevolezza su quale sia la natura della felicitá.


4 parole sulla felicitá...

Vita in Abbondanza (caffé al posto di orzo)
 

Io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza.
(Giovanni 10, 10)

Vi sentite mai morti dentro,come se qualcosa dentro di voi non funzionasse, non carburasse nel modo giusto, semplicemente una fatica a vivere???

Sentite mai come se vi mancasse qualcosa? Come se non riusciste mai a raggiungere qualcosa?

Ci si chiede a volte se la vita ha un senso, se vale la pena di viverla. Spesso cerchiamo di scacciare queste domande. Cerchiamo di pensare ad altro. La morte? Non ci pensiamo!

Non pensandoci forse pensiamo che tutto ció non accada.. facciamo come lo struzzo che nella paura mette la testa sotto la sabbia... ma il problema rimane!

Non vorrei che qualcuno si sentisse offeso o giudicato da queste parole. Questa é la realtá. Non si tratta di dare dello stupido a qualcuno. Voglio solo dire che spesso il nostro modo di affrontare i problemi é di non affrontarli affatto... di rimandarli o di deviarli su qualcun altro.

Li sostiuiamo con dei surrogati. Ad esempio, l'orzo é un surrogato del caffé... ma chi ha bevuto entrambi sa quanta differenza  passi!!! Se sento il vuoto corro ad accendere la televisione. Mai silenzio! Cosí si evita di pensare. Se mi sento morire, se mi sento debole, magari mi faccio uno spinello. Se sento che la mia vita non ha senso aspeto di incontrare qualcuno che glielo dia, aspetto un uomo o una donna con cui vivere e dimenticare questo problema.

Gesú é venuto a dirti: "Apri gli occhi, sei un illuso. Vivi nell'illusione. Il problema é dentro di te. Mi dispiace dirtelo ma, sei morto, morto, proprio morto, definitivamente morto! Ma io voglio darti una vita nuova, voglio darti vita in abbondanza" (Vangelo di Giovanni 10, 10).

Una volta chiesero a Madre Teresa di Calcutta come potesse vivere in posti in cui la gente moriva per strada come niente.
Lei rispose: "Come fate voi occidentali, piuttosto, dove i morti camminano per le strade?!".

Siamo morti, decisamente morti. La societá é morta, é corrotta nelle radici. Lasciamo stare se conosciamo persone eccellenti, uomini e donne di cuore. Nel profondo siamo tutti morti, tutti sentiamo il vuoto, tutti siamo indifferenti, tutti guardiamo solo noi stessi.

Quando ci affliggiamo perché "non siamo persone arrivate", che cosa dimostriamo? Che siamo morti dentro.
Quando non ci accorgiamo del vicino che soffre, che cosa dimostriamo? Che siamo morti dentro.
Quando abbiamo bisogno di riempire la nostra vita e non ci fermiamo mai... siamo morti dentro.

Prega che lo Spirito illumini la tua mente, la tua anima, affinché tu possa diventare consapevole di questa prima veritá:
 

Sei morto dentro, acquisisci consapevolezza! 
Ma Gesú vuole darti vita tanto abbondante da farla traboccare!


Gioia piena in voi (una nuova cisterna)
 
Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore.
Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena.
(Gv 15, 9-11)

Partiamo dal fondo. Secondo Gesú, quando la nostra gioia é piena? Se leggiamo bene la nostra gioia é piena quando la gioia stessa di Cristo é in noi! Perché la nostra gioia non é piena? Perché ci manca sempre qualcosa. Sentiamo che qualcosa ancora ci manca, non é riempita a sufficienza.

Alcuni cercano di riempirla con il denaro, altri con la carriera, altri ancora con le amicizie. Ma la nostra esperienza ci dice che non riusciamo mai a riempirla. Cerchiamo di riempirla, con la filosofia, anche con la religione, magari frequentando qualche gruppo o la parrocchia. Cerchiamo di riempirla facendo del bene al prossimo... ma tutto ció non la riempie.

Solo Gesú puó riempirla! É straordinario e sconvolgente allo stesso tempo. La tua gioia puó essere piena solo se possiedi la gioia di Cristo!!!

Allora non possiamo fare davvero niente con le nostre mani?! La gioia é qualcosa di soprannaturale. La gioia é qualcosa che ci supera... ma stiamo parlando sempre di gioia piena. Piccole gioie le possiamo avere... la gioia PIENA é un'altra cosa. Quando si ha fame si capisce la differenza dal mangiare qualche briciola all'essere sazi...

É come se la nostra anima fosse uno "scola pasta". Quando vi versiamo dell'acqua tutto passa attraverso... e se ne va!

Come ovviamo a questo "piccolo" inconveniente? Sentiamo, infatti, che le cose che ci danno gioia, dopo un po' di tempo é come se esaurissero la loro carica... se ne vanno dai "buchi" della nostra anima. Sentiamo che in certi momenti quella gioia non é sufficiente, che abbiamo bisogno di nuova carica.
Come ovviamo a questo inconveniente? Cercando di riempire nuovamente lo scola pasta. É un procedimento che non termina mai, ovviamente. Da una parte entra, ma dall'altra, piú o meno lentamente, esce.

É la veritá. La gioia piena é soprannaturale e la nostra esperienza ci dice che non potrebbe essere altrimenti.

Eppure Gesú ci promette gioia piena. Si tratta della sua gioia. La sua gioia non passa attraverso i  "fori" nella nostra anima. É come la pasta. L'acqua passa, ma la pasta rimane, perché é sostanziosa. La gioia di Gesú é sostanza. Non passa dai fori.

Come é possibile che ció accada?

Acquisite consapevolezza sulla difficoltá di "riempire" la vostra anima di gioia.
Acquisite consapevolezza sul fatto che puó trattarsi solo di un evento soprannaturale (ma ció non significa impossibile o improbabile!).

A questo punto siete pronti per il terzo passo.
Gesú ci da una indicazione: osservate i comandamenti del Padre mio. Osservare i comandi del Padre dovrebbe essere il nostro primo desiderio, se siamo cristiani rinati. Il cristiano rinato consapevolmente non sente i comandamenti come un qualcosa di esterno a lui, come un peso o una imposizione. Li sente come qualcosa di strettamente vitale. Facciamo un esempio: se affermo che

"Se vuoi vivere DEVI respirare".

nessuno di noi sentirá questo come un imperativo categorico, come un dovere morale, come una imposizione che ci "piomba" dall'alto. Respirare é condizione naturale per vivere.

Allo stesso modo. Gesú non ci dice che i comandamenti ci fanno ENTRARE nell'amore del Padre (che tradotto significa VITA NUOVA). Il cristiano rinato é giá nella VITA NUOVA. Gesú parla di rimanere.

Ma per rimanerci, per continuare a vivere in tale stato, e quindi per rimanere nel suo amore, "deve" respirare secondo la sua nuova natura: respirare, in questo senso, significa compiere la volontá del Padre, lasciarsi trasportare dallo Spirito che abita in lui, conformarsi a Cristo, <<diventare>> Cristo.
 

La gioia piena é soprannaturale, é la stessa gioia di Cristo! 
Se siete spiritualmente rinati iniziate a respirare i desideri del Padre vostro. 
Se non siete rinati, che cosa aspettate?



Gioia perfetta (un oceano calmo in profonditá)
 
Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l'abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunziamo la vita eterna, che era presso il Padre e si è resa visibile a noi), quello che abbiamo veduto e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunione con noi. 
La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo.
Queste cose vi scriviamo, perché la nostra gioia sia perfetta.
(1 Gv 1, 1-4)

Facciamo un passo ulteriore la gioia PERFETTA. Il fine della Sacra Scrittura stessa, leggendo queste righe, pare sia proprio questo: raggiungere la gioia perfetta.

Quando pensiamo allo scopo della vita, allo scopo di Gesú sulla terra... forse pensiamo che sia venuto per togliere i nostri peccati, per darci una nuova morale, per indicarci ció che é bene e ció che é male... beh anche questo. Ma se ci fermassimo qui saremmo ancora in superficie. Gesú é venuto perché avessimo VITA IN ABBONDANZA che tradotto in altro modo significa: felicitá, gioia perfetta.

Quando possiamo dire che qualcosa é perfetto? Se puó finire, é perfetta? Se é condizionata agli eventi, é perfetta? Se dipende da qualcosa o da qualcuno, é perfetta?

Su questi temi cercheremo di andare piú a fondo piú avanti. Perché dobbiamo renderci conto e acquisire molta consapevolezza su questo punto, su casi concreti della vita.

La gioia perfetta deve essere indipendente da tutto, staccata da tutto. Fin quando abbiamo alti e bassi non abbiamo raggiunto la gioia perfetta.

Mi si dirá subito: come si puó essere sempre con il sorriso sulle labbra??? Con tutti i problemi che abbiamo, continuamente?
Si dirá ancora: come posso essere felice, se mia figlia, mia moglie, mio marito... sta male, se soffre? Non é forse: raggiungere lo stato di perfetto menefreghismo, di apatia?

Niente di tutto questo.

Vorrei rappresentare la gioia perfetta con questa immagine: un oceano calmo in profonditá. Non importa se sulla cima, all'esterno piove e tira vento, se c'é burrasca: ció che conta é che ci sia calma in profonditá.

Potete essere attraversati da 1000 tempeste: il raggiungimento dello stato di gioia perfetta sará la PRIMA condizione che ti permetterá di affrontare qualsiasi tempesta, qualsiasi uragano... e di uragani nella vita se ne incontrano spesso... e i cristiani, che sia ben chiaro, non ne sono esenti: Dio non riserva loro un trattamento particolare, non cambia la realtá delle cose, semplicemente perché sono cristiani. Ricordate la parabola della casa costruita sulla roccia??

Ci sono 2 gruppi di uomini, che sulla riva di un fiume stanno costruendo una casa. I primi, spinti dalla fretta, dall'orgoglio di costruire una casa bellissima, sono convinti di "sapere" come si costruisce, sostengono di essere talmente bravi, talmente sapienti e intelligenti da costruirla anche sulla sabbia.

I secondi, forse pensano meno all'estetica della casa, ma con calma e fatica, la basano sulla roccia: ma la roccia sta molto in fondo, cosí devono  scavare molto, scavare e scavare, togliere, togliere, togliere.

Il fiume straripa. Straripa per i primi e i secondi. Ma la casa dei primi cade, mentre quella dei secondi, rimane in piedi.

La roccia é la Parola di Gesú, é Gesú stesso. Dobbiamo scavare in noi e togliere!

Avete capito bene. Fino ad ora pensavate che per raggiungere la felicitá dovevate AGGIUNGERE qualcosa: invece si deve prima di tutto TOGLIERE!!!

Il fiume straripa per tutti, ma se la nostra realtá interiore é diversa, per noi il fiume é come se non straripasse. Cambiando il nostro stato interiore cambia anche il nostro stato esteriore, perché cambia il nostro modo di rapportarci alla realtá.

Ma come mai Giovanni ci parla della gioia perfetta proprio quelle parole: "Ció che era fin da principio... noi abbiamo udito, veduto, toccato...".

Perché forse fino ad ora credevate che essere cristiani comportava avere degli ideali di vita, seguire la Chiesa, comportarsi bene, impegnarsi nel bene e non fare il male... Un po' pochino...

Essere cristiani significa prima di tutto fare ESPERIENZA DI CRISTO IN NOI. Dio non é una realtá eterea, non é un teorema, non é un insieme di comandamenti: é PERSONA. Non é certamente una persona come me e te, ma é persona nel senso che é in grado di ascoltare come me e te, di parlare, di intervenire. É persona perché é un LUI con cui possiamo interagire.

I cristiani sono tristi e affaticati perché non hanno mai fatto esperienza di Dio, della sua potenza, di come LUI possa trasformare la loro vita, di quanto li ami.

Se ancora non te l'ha detto nessuno voglio farti sapere che DIO TI AMA, ama proprio te, ti ama con tutti i tuoi difetti, con tutte le tue imperfezioni, persino con tutti i tuoi peccati. Hai poca fede? Ti ama lo stesso. Ti ama con tenerezza e forza. Ti ama come chi ti guarda soffrire e vorrebbe esserti vicino, condividere con te, risollevarti. Dio é discreto, ascoltalo nelle cose semplici, nella brezza del vento, nel pane fresco, nel sorriso di un incontro, in un filo d'erba che oggi é e domani sará secco.

Apri gli occhi: non sai da quanto tempo Dio cerca di incontrarti, di entrare nella tua vita, di comunicare con te! Proprio con te! Con te che forse lo hai invocato, ma non avevi occhi e orecchi per ascoltarlo, per vederlo. Forse oggi, leggendo questo articolo, puoi cambiare la tua vita... Lui puó cambiare la tua vita

Chi é diventato cristiano, voglio dire chi ha fatto esperienza della rinascita, sa che cosa voglio dire. Ma per te che ancora non sei rinato, inizia il cammino che abbiamo previsto nel Corso Biblico!!!
 
 

La gioia perfetta é come un oceano in tempesta, dove sotto c'é la calma. 
Solo facendo esperienza di Dio é possibile raggiungere tale calma e solo 
scavando, scavando, scavando, togliendo, togliendo, togliendo.



Gioia intoccabile (diventare immateriali)
 
Nessuno vi potrà togliere la vostra gioia. In quel giorno non mi domanderete più nulla.
(Giovanni 16, 23)

La gioia che ci propone Gesú di Nazaret non solo é piena, non solo é viva, é perfetta e in questa sua perfezione sta anche l'intangibilitá: nessuno vi potrá togliere la vostra gioia. Le persecuzioni non scalfiranno la vostra gioia. La sofferenza non scalfirá la vostra gioia. Nessuno avrá potere su di voi: la vostra libertá interiore supererá la vostra libertá esteriore. Che siate schiavi o padroni, che siate nell'allegria o nel dolore, la vostra libertá rimane, perché la vostra gioia rimane.

Come dicevamo all'inizio, sembra di diventare indifferenti a tutto, sembra che la vita ci scorra sopra... ma non é cosí, anzi, mai come ora si comincia ad assaporare la vita e come tutti i sapori si assaggia il dolce e l'amaro, il saporito e il salato. Ma si gusta. Siamo abituati a pensare e ce l'hanno fatto credere che sofferenza e gioia siano incompatibili, che depressione sia l'opposto della felicitá, che la felicitá sia uno stato di effervescienza, che sia la voglia di ballare e di saltare... ma la felicitá non ha niente a che fare con tutto questo!!!

La felicitá é uno stato interiore indipendente dagli eventi, belli e brutti, favorevoli o sfavorevoli. É indipendente dalle persone, non dipende da mia moglie o mio marito, il mio compagno o compagna o amico o collega o conoscente che sia. Se é questa la felicitá allora la felicitá é intangibile.

Non dite, "anche nella sofferenza rimane la mia gioia perché... perché comunque mi é rimasto questo o quest'altro". Ció dimostra che non siete affatto felici. Dimostra che la gioia che ci ha promesso Gesú ancora non abita in voi. Avete soltanto rimandato il problema, avete soltanto ridotto le vostre esigenze.

Ció puó essere anche positivo, ma é solo un pagliativo: riduce i casi di insofferenza. Proseguendo sulla stessa strada si puó davvero giungere alla completa indifferenza al tutto, pur di non soffrire ci si stacca da tutto. É come se si staccasse la spina dalla presa, non arriva piú corrente, quindi un elettrodomestico non potrá fare mai piú alcun danno. Si diventa indifferenti al freddo e al caldo, si diventa indifferenti alla vita.

Al contrario la vera gioia ci mette in comunicazione con tutto il creato perché ci fa sentire parte di tutto e di tutti. Quando si aprono i nostri occhi si inizia a comprendere il senso delle cose, si inizia a sentire l'unitá delle cose, si prova empatia e i sentimenti di chi amiamo diventano i nostri sentimenti, belli o brutti che siano. Ma dentro, nel profondo, rimane la gioia, che non é indifferenza, ma gioia.

Pensiamo di doverci difendere da questa realtá, di doverla combattere per raggiungere questo stato di gioia, per noi e per gli altri, per coloro che amiamo. Al contrario, é necessario raggiungere QUESTA gioia per essere liberi dalle logiche malsane, deturpanti e avvilenti del mondo, ricomprendere la vera realtá e in questo modo poter essere veramente vicini a coloro che ci amano, aiutandoli a vincere e superare la realtá.

Secondo alcuni non si puó essere felici finché non si esce dal labirinto.
In realtá, non si puó uscire dal labirinto se non si é felici.

Quando raggiungiamo la gioia perfetta, la felicitá vera, non abbiamo piú bisogno di niente, perché niente ci puó fare felici. Non chiederemo niente al Padre, perché abbiamo giá tutto.

Quando infatti non chiediamo piú niente? Quando abbiamo tutto!

Se aprite gli occhi vi rendete conte di avere veramente tutto. Cioé per la vostra felicitá non avete bisogno di niente. Ció di cui avete bisogno per il vostro corpo o la vostra psiche non serve al raggiungimento della felicitá.

Qualsiasi evento spiacevole colpisce la periferia, la superficie, ma non intacca il nostro IO, a meno che non gli diamo il potere di farlo. La rinascita ci mette in grado proprio di porre un filtro tra l'IO e il ME, tra lo spirito e il corpo, tra il mondo interno e il mondo esterno. Prima della rinascita la mia psiche, cioé l'anima,  é identifica con il me (il corpo o mondo esterno). Dopo la rinascita l'anima é identificata con lo spirito (il mondo interiore). SI DIVENTA COME... IMMATERIALI: ció che proviene dall'esterno, il male che puó provenire da altre persone o da eventi oggettivamente spiacevoli, oggettivamente ingiusti, non é in grado di intaccare il mio stato interno.

Ripeto: ció non significa diventare superficiali, ma andare maggiormente in profonditá. Non significa diventare apatici e insensibili, ma acquisire una nuova sensibilitá, una sensibilitá che ci consenta di vedere la realtá nella sua interezza, che significa includere la realtá spirituale. Significa vedere e dare il giusto peso alle cose. Significa essere in grado di andare oltre, di continuare sempre e comunque a sperare.

Certo, a volte gli eventi ci possono abbattere: ma chi ha operato in se stesso per raggiungere lo stato di gioia intoccabile, non sará distrutto. Gli eventi possono toccare chi amiamo, ma la gioia interiore e la sofferenza esteriore mi consentiranno la massima empatia con loro: la sofferenza mi mette in grado di comprendere il loro dolore, di stare nella stessa barca. La gioia mi mette in grado di dar loro la forza e la speranza necessaria per andare avanti, mi mette in grado di non soccombere.

La gioia intoccabile é la vera esperienza che ci mette in grado di poter rivoluzionare il mondo e la realtá, di non lasciare che tutto scorra come sempre, ma di combattere la realtá nel modo giusto, dopo una nuova ri-comprensione della realtá!
 
 

Non si puó uscire dal labirinto se non si é felici. 
Non si puó amare radicalmente il mondo se dipendiamo dal mondo.


Indipendenza della felicitá dagli eventi

Prendiamo coscienza che prima di tutto non vogliamo essere felici. O meglio: noi non vogliamo essere felici incondizionatamente. Sono pronto ad essere felice a condizione che abbia questo e questo e quest'altro. Ma ció equivale a dire all'oggetto, alla persona, all'idea, all'ideale in cui abbiamo riposto le nostre speranze, in cui ci vogliamo realizzare: se non ho te rifiuto di essere felice.

É importante capire questo meccanismo. Non riusciamo ad immaginare di essere felici a prescindere da tali condizioni. É esattamente cosí. Non possiamo e non riusciamo neanche lontanamente a concepire di poter essere felici senza di esse. Ci é stato insegnato cosí, ci é stato insegnato a situare in esse la nostra felicitá.

Nasciamo con una predisposizione naturale al peccato, diciamo che nasciamo peccatori. Ció non significa che nasciamo cattivi o semplicemente che commettiamo un peccato dietro l'altro. Nasciamo semplicemente con una inclinazione al male, con una frattura interiore che ci porta per via naturale all'infelicitá, che ci porta per via naturale verso l'illusione perché non riusciamo a vedere la realtá nel suo giusto valore, anzi spesso non la vediamo proprio (nonostante ci sembri sempre di essere le persone piú concrete di questa terra... é un'altra illusione!). Quando nasciamo, il peccato, o meglio questo principio di peccato, che non si trova radicato nella societá, o nei genitori o nelle amicizie o negli eventi, ma solo e unicamente nelle nostre profonditá dell'essere, dicevo questo principio di peccato si comporta esattamente come l'AIDS. Inizialmente si contrare il virus HIV. Ció non significa necessariamente che si sviluppi la malattia, ma il virus é sempre lí, latente, pronto a scatenarsi e a produrre la morte.
Nasciamo peccatori, con un virus interiore di morte. Il contatto con la societá, con i meccanismi di illusione e di morte  che la nostra societá ha prodotto nel corso della storia, si sviluppa la malattia. Uno dei sintomi di tale malattia é proprio quello di far derivare la felicitá da qualcosa e di qualsiasi cosa si tratti é SEMPRE ILLUSORIA.

Perché???

Semplicemente perché la felicitá non é solo un desiderio naturale, ma é anche il nostro stato naturale, é il nostro stato primordiale, prima che si verifichi lo sviluppo della malattia. Non ci credete? Prendete un bambino. Guardatelo mentre gioca... con il nulla, guardatelo quanto é contento e quanto ride. Giá, dite, il mio piange tanto. Le cause del pianto sono solo 2:

  1. richiama su di sé la vostra attenzione perché ha un problema (fame, sete, sonno, ...).
  2. risente del vostro peccato, che spesso si rivela sotto le spoglie del nervosismo, della rabbia, della possessivitá...
Al di fuori di queste situazioni il bambino é felice. Di che cosa? Di niente. É felice e basta. Non é come credono alcuni, che gli basta poco per essere contente. Non é questione di poco o tanto. Non ha proprio bisogno di niente, di niente, di niente. La felicitá é il suo stato interiore, é la sua vita, ha veramente vita in abbondanza.

Purtroppo, come tutti gli esseri umani, porta in sé l'impronta del peccato, ha in sé il virus. Provate a metterlo davanti alla televisione per un mese. Vedrete che comincerá a capire che non é possibile essere felici senza il tal giocattolo o l'altro giocattolo. I suoi non gli basteranno piú. Prima non sapeva che la felicitá dipendesse da ció. Si sviluppa in lui un nuovo meccanismo. Dice: "Ho capito, come facevo prima ad essere felice? Senza quella cosa mi sará impossibile!". La conoscenza produce in lui la malattia e di conseguenza l'infelicitá.

Crediamo di non essere influenzati dalla societá, dalla mentalitá del secolo. É un'altra illusione. Ma non é tale mentalitá la causa della nostra sofferenza! Il problema é dentro di noi. Il porre il problema e le cause nella societá é un'altra illusione, di cui ci hanno convinto gli psicologi i quali cercano di spiegare con i loro mezzi una realtá che va al di lá della psiche, perché risiede nello spirito. Non si tratta di un problema neurologico, né psichico, né psicologico: si tratta di un problema spirituale.

La spiritualitá, in questo senso, é la cosa piú concreta di questo mondo. Non mi sto riferendo alla religione. La religione, quando ci porta alla veritá, quando ci fa assaggiare e vivere la veritá, quando non é sopore, quando é risveglio, quando é forza di amore, quando é rinascita, quando ci unisce al vero Dio, allora é vera spiritualitá, allora é concreta. In caso opposto é puro ritualismo, é oppio dei popoli!
 



Come giunge la felicitá

Prendete coscienza di voi stessi. Osservatevi. L'autosservazione è una cosa meravigliosa. Dopo un po' non è più necessario alcuno sforzo, perchè man mano che lo Spirito vi illumina, se sarete aperti alla consapevolezza, tutte le illusioni si sbricioleranno e si iniziano a conoscere e a vedere cose che non possono essere descritte. Si chiama felicità. Tutto cambia e ci si abbandona alla consapevolezza.

Un discepolo andò dal suo maestro e gli domandò:

- "Mi puoi dire una parola di saggezza? Mi puoi suggerire qualcosa che mi guidi per tutta la vita?".
Era la giornata del silenzio di quel maestro e così egli prese un foglio e scrisse: <<Consapevolezza>>.

Quando il discepolo vide la parola disse:
- "E' troppo sintetico. Non puoi ampliarlo un po'?"
Il maestro riprese il foglio e scrisse: <<Consapevolezza, consapevolezza, consapevolezza>>.

Il discepolo replicò:
- "Va bene, ma cosa significa?".
Il maestro riprese ancora il foglio e scrisse: <<Consapevolezza, consapevolezza, consapevolezza significa... consapevolezza>>.

Ecco cosa vuol dire osservare se stessi: nessuno può mostrarvi COME fare, perchè vi darebbe una tecnica, vi programmerebbe, vi illuderebbe. Ma osservatevi.
Quando parlate con qualcuno, ne siete consapevoli o vi state semplicemente identificando con la discussione? Quando vi siete arrabbiati con quacuno, ne eravate consci o vi stavate semplicemente identificando con la vostra ira? Più tardi, quando ne avete avuto il tempo, avete studiato la vostra esperienza, tentando di capirla? Da dove è venuta?
Non esistono altre strade per giungere alla consapevolezza. Solo quello che si comprende può essere cambiato. Ciò che non si capisce, viene represso o assecondato. Non si cambia. Ma quando lo si capisce si cambia. Comprensione. Non ci si converte sulla base dell'odio di sè: ci si converte quando si comprende che questo "sè" è morto. Il "sè", l'identificazione dell'anima con il corpo.
Leggete l'articolo sulla natura morte. Non ci deve essere la mortificazione: mortificazione significa repressione. Al contrario siamo già morti. Dobbiamo solo prenderne atto, capire e diventarne consapevoli.

Un uomo dedito al fumo eccessivo, mi disse:<<Sai si raccontano un sacco di barzellette sul fumo. Ci dicono che il tabacco uccide, ma guarda gli antichi egizi, sono tutti morti e nemmeno uno di loro fumava...>>.
Un giorno cominciò ad avere problemi ai polmoni e così si recò a un istituto per la ricerca sul cancro. Il dottore gli disse: <<Lei ha due macchie sui polmoni. Potrebbe trattarsi di cancro e quindi dovrà tornare il mese prossimo>>.
Da quel giorno non toccò più una sigaretta. Prima SAPEVA che il fumo l'avrebbe ucciso; adesso era CONSAPEVOLE del fatto che poteva ucciderlo. Ecco la differenza.
Sant'Ignazio parlava di "assaggiare e sentire la Verità", non conoscerla, ma assaggiarla e sentirla, percepirla.
Quando si percepisce si cambia. Quando la si conosce solo nella propria testa non si cambia!
Quando vediamo la nostra morte allora cambiamo, quando cerchiamo di reprimerci, non cambiamo.
 
 

Il cammino per la felicitá inizia con la consapevolezza prosegue con la consapevolezza e termina con la consapevolezza: iniziate ad osservarvi.



Ostacoli alla felicitá
La felicitá non ha niente a che veder con l'assurditá di essere un pupazzo strattonato dagli eventi in tutte le direzioni. Quando uno si fa influenzare dall'opinione di altri esseri umani, ció viene definita vulnerabilitá. Dovrebbe essere definito essere dei pupazzi. Volete essere dei pupazzi? Uno preme un pulsante e voi andate su, ne preme un altro e andate giu. Vi piace? Ma se voi iniziate a vivere il nuovo stato di rinascita e vi rifiutate di identificarvi con tutto ció che il vostro corpo (ossia il mondo esteriore) comporta, come ad esempio le etichette, qualsiasi etichetta, buona o cattiva che sia, la maggior parte delle preoccupazioni e delle sofferenze da esse derivanti, si volatilizzeranno, semplicemente cesseranno e voi vivrete, avrete vita in abbondanza.

Occupiamoci della "carriera".
Un insignificante uomo d'affari, di 55 anni sorseggia un caffé in un bar e dice: "Guarda i miei compagni di scuola: loro sí che sono arrivati".
Idiota! Cosa intende con quel "sono arrivati"? Vedono il proprio nome sul giornale. E questo lo chiamano essere arrivati. Uno é presidente di una societá, l'altro é stato nominato giudice capo; qualcun altro é diventato questo o quello. Scimmie, scimmie tutti quanti.

Chi decide che cosa significa avere SUCCESSO? Questa stupida societá! La principale preoccupazione della societá é mantenere la societá stessa in uno stato di infermitá mentale. Prima lo si capisce meglio é! Siamo malati tutti quanti. Questa é la schiavitú, questa é la morte interiore. Essere presidente di una societá non ha niente a che vedere con il successo nella vita!!!

Si ha successo nella vita solo quando ci si sveglia! Quando rinasciamo e iniziamo a ricomprendere la realtá, a vederla con occhi diversi, con gli occhi del cuore. Non sto parlando di stupidi sentimentalismi. Parlo del cuore come parte profonda dell'essere, la parte vitale. Facciamo un esempio.

Era la festa di compleanno di Monica. Monica scende le scale sprizzante di gioia: sta per iniziare la sua festa!! Dice:
- "Mamma guarda che bel vestito".
- "Un attimo sto farcendo la torta PER TE".

- "Mamma, vieni in camera con me, stai un po' con me".
- "Ora non posso, sto addobbando la casa PER TE".

- "Mamma, ti prego guardami".
- "Non vedi che sto facendo PER TE???".
 

La mamma dice, "non vedi...". Ma chi é che non vede?

Rischiamo di andare avanti nella nostra vita e di non vedere. Rischiamo di guardare e non vedere, perché non sappiamo che cosa guardare, non sappiamo che cosa significa vedere, dormiamo, siamo infelici, siamo schiavi di noi stessi... e disperati perché non sappiamo affrontare la realtá, non sappiamo vivere, non viviamo.

Dunque, dicevamo della carriera. Ma quell'uomo di 55 anni (l'etá é solo un esempio...) che cosa pensa in realtá? É preoccupato di cosa pensano di lui i suoi figli, cosa pensano di lui i suoi vicini, cosa pensa di lui sua moglie. Avrebbe dovuto diventare famoso. La nostra societá e la nostra cultura ce lo trapanano in testa, giorno e notte.

Persone arrivate... Arrivate dove? Arrivate a rendersi ridicole. Perché hanno impiegato tutte le loro energie per ottenere qualcosa che non ha alcun valore. Sono spaventate e confuse, sono pupazzi come tutti gli altri. Guardateli, mentre passeggiano sul palcoscenico. Guardateli come si turbano nel notare una macchiolina sulla camicia, una imperfezione nella pettinatura. E questo lo chiamate successo?

Sono controllati, manipolati, schiavi. Non si godono la vita, costantemente tesi e ansiosi delle opinioni. Sono talmente identificati con il loro corpo, con il mondo esteriore, che anche senza che alcuno dica loro niente, anche se nessuno li vedesse, hanno imparato a vedersi dal di fuori e non dal di dentro.

Volete essere felici? La felicitá ininterrotta non ha cause. La vera felicitá non ha cause. Voi non potete rendermi felice, non siete la mia felicitá. Se chiedete alla persona rinata o risvegliata: "Perché sei felice?" Lei risponde: "Perché no?".

Capite? La felicitá é la nostra condizione naturale. La felicitá é la condizione naturale dei bambini a cui appartiene il Regno, finché non vengono inquinati dal contato del proprio IO corrotto con la societá corrotta.

Perché la felicitá non puó essere acquisita? Perché l'abbiamo giá. Come si fa ad acquisire qualcosa che si possiede giá??? E allora perché non la provate?

Perché dovete abbandonare qualcosa: dove abbandonare l'illusione di essere vivi. Non dovete aggiungere niente, dovete togliere. La vita é meravigliosa, diventa dura solo con le nostre illusioni, le nostre ambizioni, la nostra aviditá, le nostre etichette.

Leggete l'articolo sulla natura della morte e il corso biblico per imparare a rinascere davvero. Lo Spirito vi illumini su queste veritá.
 
 

Non si vede che col cuore. 
Abbandonate l'illusione di essere vivi, abbandonate le etichette.


La felicitá epicurea e felicitá cristiana
Perché tra tanti filosofi, tra tanti pensieri abbiamo deciso di confrontarci proprio con Epicuro? Che cosa ha da dirci un uomo vissuto 2400 anni fa?
Epicuro rappresenta, dal punto di vista del raggiungimento della felicitá, la piú alta manifestazione della saggezza mondana. Forse mai nessun altro filosofo non cristiano si é occupato cosí intensamente del problema della felicitá: nella filosofia epicurea tutto ruota intorno a questo tema, dal rapporto con le cose alla fisica, dall'amicizia alla costituzione dello stato...

Nella mentalitá comune felicitá = piacere. Ci hanno inculcato che essere felici significa portare alla massima estensione il piacere in ogni campo. Alcuni lo ricercano nel piacere corporeo e vengono disprezzati dagli altri, piú aristocratici, che lo cercano nel piacere della mente, ma entrambi identificano la felicitá con il piacere portato nella sua massima capacitá.

La saggezza mondana, invece, si identifica pari pari con la filosofia epicurea. Ecco perché vogliamo mettere a confronto la felicitá epicurea con la felicitá cristiana.

Epicuro
Epicuro nasce a Samo, in Grecia, nel 341 a.C. Ad Atene istituisce una scuola che determa una vera rivoluzione spirituale. Epicuro non scelse per la sua scuola una palestra, simbolo della Grecia classica, ma un edificio con un giardino nei sobborghi di Atene. Il Giardino era lontano dal tumulto della vita pubblica cittadina e vicino al silenzio della campagna, un silenzio insignificante per i filosofi classici.
Il pensiero di Epicuro si puó cosí riassumere:

  1. La realtá é perfettamente conoscibile attraverso i sensi e l'intelligenza dell'uomo.
  2. Nella dimensione del reale c'é spazio per la felicitá dell'uomo.
  3. La felicitá é assenza di dolore nel corpo e di turbamento nell'anima: questo é il piacere.
  4. Per raggiungere questa felicitá e questa pace, l'uomo ha bisogno solo di se stesso.
  5. Per tal fine all'uomo non servono le cittá, le istituzioni, la nobiltá, le ricchezze, le cose tutte e nemmeno gli déi: l'uomo é perfettamente autarchico.
  6. I sentimenti di piacere e sofferenza costituiscono il criterio per discriminare il bene dal male.
La felicitá epicurea
Secondo Epicuro l'essenza dell'uomo é la materia e quindi il suo bene non potrá che essere materiale. La felicitá é il piacere del corpo e dell'anima (si tratta anche in questo caso di piacere derivato dall materia) e il piacere é costituito da ssenza di dolore nel corpo e di turbamenti nell'anima.
 
"Quando diciamo che il piacere é un bene, non alludiamo affatto ai piaceri dissipati che consistono in crapule, come credono alcni che ignorano il nostro insegnamento o lo interpretano male; ma alludiamo all'assenza di dolore dal corpo, all'assenza di perturbazione nell'anima. Non dunque le libagioni e le feste ininterrotte, né il godersi fanciulli e donne, né il mangiare pesci e tutto il resto che una ricca mensa puó offrire é fonte di vita felice: ma quel sobrio ragionare che scruta a fondo le cause di ogni atto di scelta e di rifiuto e che scaccia le false opinioni per via delle quali grande turbamento s'impadronisce dell'anima".
(Epicuro)

Epicuro quindi, quando parla di piacere, non parla di qualsiasi piacere, ma distingue 3 livelli di piaceri:
 

Come si potrá osservare alcune conclusioni di Epicuro non  sembrano poi cosí dissimili da ció che viene proposto nella spiritualitá cristiana, da alcuni ordini monastici: pensare in modo sobrio, povertá, semplificare le proprie esigenze, demonizzazione dei piaceri vani... Eppure se andiamo a guardare le differenze sono ENORMI, non solo le premesse e le finalitá sono completamente diverse, ma la concezione stessa di realtá e di felicitá sono enormemente diverse.
 

Iº contrasto con la filosofia epicurea: negazione della realtá interiore
Secondo Epicuro ogni sensazione produce una veritá di per sé oggettiva in quanto passiva: la sensazione sarebbe un sintomo di qualcosa, senza questo qualcosa la sensazione non ci sarebbe stata.
L'errore di Epicuro fu quello di attribuire la veritá prodotta dalla sensazione direttamente all'oggetto stesso. Sappiamo invece che le sensazioni sono prodotte in noi dal nostro corpo. Supponiamo di essere ciechi: i nostri occhi non potranno rilevare i colori. Diremo quindi che é falso che un oggeto sia rosso o verde? É evidente che il colore é una proprietá dell'oggetto, ma il rilevatore (gli occhi) é guasto. In questo caso i nostri sensi rivelano il nulla, ma l'oggetto continua ad essere verde.
Lo stesso oggetto, quando entra nella realtá di un vedente o di un cieco producono effetti diversi. In un caso producono l'effetto del "non effetto".

Epicuro potrebbe replicare che la veritá é oggettiva solo se é prodotta da una sensazione avvenuta, ma se non é prodotta alcuna sensazione (come nel caso del cieco) non si puó parlare di veritá oggettiva.

Facciamo un passo in avanti. Abbiamo visto che possono esistere veritá che le nostre sensazioni non sono in grado di rilevare. Ció fa supporre che possono esistere miriadi di realtá che i nostri sensi non rilevano, perché non ne sono in grado. Ma che dire delle sensazioni prodotte? Le realtá che ci presentano sono veritá?

É vero che se il nostro essere ha una sensazione, per il fatto di essere passiva, qualcosa deve pur rappresentare. L'errore di Epicuro fu quello di attribuire la veritá all'oggetto piuttosto che al soggetto che subisce la sensazione stessa, una realtá interna piuttosto che una realtá esterna. L'errore di Epicuro fu quello di fermarsi al "corpo" e di non considerare lo spirito.

Quante persone soffrono di "crisi" di fame? La sensazione prodotta corrisponde ad una reale esigenza del corpo? No, é piuttosto il frutto di un malessere mentale o spirituale.
I miraggi che possono essere osservati da chi viaggia nel deserto sono frutto di un intenso desiderio. Le sensazioni prodotte sono quindi una spia sul NOSTRO ESSERE INTERIORE piuttosto che sulla realtá esteriore. La sensazione ci parla di noi e non dell'oggetto esterno.

Come é possibile quindi affidarci alle sensazioni per conoscere la realtá? La sofferenza e i turbamenti di cui parla Epicuro sono effettivamente sensazioni prodotte dal nostro essere. Secondo Epicuro, dal momento che tali sensazioni sono veritiere ed oggettive, dovremo intervenire sulla realtá.

Secondo il cristianesimo invece il problema sta dentro di noi, nel nostro essere, non nella realtá esterna. Se siamo gelosi nell'essenza ossia nel nostro spirito, i nostri sensi non potranno far altro che rilevare situazioni ed eventi ambigui. Non sono i rilevatori falsi, non é la realtá falsa, siamo falsi noi stessi.

Epicuro negando la realtá spirituale coglie solo la superficie delle cose, la loro corporeitá e non la loro vita "interiore".

Supponiamo che 2 uccelli siano su un albero. L'uccello piú in alto potrebbe affermare:
"Quanto siano belle queste foglie verdi..."
Ma l'uccello in basso potrebbe replicare, non sono affatto belle, queste foglie bianche!
Comincierebbero a litigare sul colore delle foglie, basandosi sulle loro sensazioni, per imporre la loro veritá. Ma le foglie erano bianche sotto e verdi sopra.

Dunque i sensi rivelano UNA realtá, ma questa realtá potrebbe essere falsa (come i miraggi) oppure parziale (come le foglie). Ma una veritá parziale é veritá?

Una persona una volt disse: "Quando ero giovane i miei genitori erano veramente insopportabili. Incredibilmente, da quando mi sono sposato, sono improvvisamente cambiati..."

Erano "davvero" cambiati i suoi genitori? Oppure era cambiato lui e aveva cominciato a vederli da una diversa ottica?

Una statistica condotta da alcuni psicologi e pedagoghi americani ha rilevato un fatto sorprendente: nella maggior parte degli istituti orfanotrofi ricchi la mortalitá era piú alta che negli istituti poveri. COME ERA POSSIBILE? L'unico fatto osservato che poteva dare una qualche spiegazione era che negli istituti piú poveri il personale teneva in braccio i bambini per piú tempo... Poteva esserci una spiegazione scientifica a tutto questo? Un abbraccio, un semplice abbraccio puó salvarti dalla morte?

Solo l'esistenza di una dimensione spirituale puó dare senso a ció che é stato osservato.

Posso camminare nel bosco e sentire quanto alberi secolari mi possano comunicare la loro vita oppure posso provare paura oppure posso non provare assolutamente niente. Non é la realtá che ci fa paura: noi abbiamo paura. Non sono gli alberi a darci gioia, ma noi abbiamo gioia. La realtá sta prima di tutto in noi, in noi, in noi.
 

IIº contrasto con la filosofia epicurea: il riduttismo
Dunque le premesse sull'affidabilitá dei sensi posta da Epicuro, il suo profondo materialismo, non sono realistiche. Le conclusioni non possono che essere errate. Secondo Epicuro la felicitá sarebbe "assenza di dolore e il dolore viene percepito nel corpo e nell'anima" (anche l'anima per Epicuro era una parte materiale dell'uomo...). Secondo la dottrina di Gesú la sofferenza o meglio l'infelicitá é prodotta da uno squilibrio interno: l'uomo é composto di spirito, anima e corpo. L'anima si sarebbe sovrasviluppata identificandosi con il corpo, ossia il mondo esterno, le etichette, ció che gli altri vedono dall'esterno, la propria carriera, il proprio nome, la reputazione, le proprie azioni di bene, la realizzazione... Se neghiamo la realtá spirituale in noi l'anima non puó che identificarsi con il "corpo". Logicamente, Epicuro, ignaro di questa realtá, non puó che proporre la riduzione di ogni desiderio, la semplificazione delle esigenze e talvolta l'eliminazione di alcune attivitá, quali il sesso o la politica, in quanto "turbano l'anima".

Nella visione cristiana NIENTE puó turbare la tua anima INDIPENDENTEMENTE da TE. La rinascita spirituale, che si realizza mediante l'inabitazione dello Spirito nel nostro spirito, consente all'anima (l'insieme delle facoltá mentali) di identificarsi con lo spirito. Attraverso lo spirito possiamo guardare al di lá delle ILLUSIONI. Le illusioni cadono una dopo l'altra, man mano che lo Spirito di Dio illumina il nostro spirito interiore.

Felicitá allora, é un nuovo stato interiore di pienezza e non di vuoto come pensava Epicuro. Tutto puoi fare, perché sei libero da tutto. Sei soprattutto libero di amare e libero dalle illusioni che provengono dall'identificazione con il corpo.

Epicuro in fondo propone solo dei pagliativi: riduci il contato con l'esterno. Supponiamo che un uomo possegga una cisterna forata in alto. Epicuro  gli proporrebbe di riempirla poco, in tal modo non perderebbe l'acqua. Gesú Cristo gli regalerebbe una nuova cisterna.

Attraverso lo Spirito riesco a sentire e a vedere ogni cosa per il suo giusto valore. Nessun giudizio, nessuna condanna ci puó toccare. Il male non puó piú toccarci, semplicemente perché siamo in grado di non dargli piú alcun potere di farlo. La nostra anima si é identificata con lo spirito, quindi si diventa come "immateriali": il male ci passa da parte a parte, come se fossimo un fantasma, e non é in grado di "perturbare" la nostra anima.

Nella dottrina epicurea sofferenza e felicitá sono mutuamente esclusivi. Chi é rinato, chi si é svegliato é consapevole come non é la sofferenza che in se stessa il problema, ma é solo una spia di un problema, di uno stato di morte interiore, di qualcosa che deve ancora crescere e svilupparsi in noi.

Quando la luce dello Spirito ci illumina e ci fa prendere consapevolezza di questa veritá, cambiamo, cambiamo. Non c'é repressione, c'é comprensione, e ricomprensione.

Si scopre che si puó soffrire e allo stesso tempo essere felici. La gioia é la presenza dello Spirito in noi, é il nuovo stato interiore, la gioia é al di lá della sofferenza, al di lá di ogni evento, non puó essere riposta in nessuno e quindi nessuno ve la puó togliere. Possiamo soffrire solo per EMPATIA, cioé par assimilazione dei sentimenti di sofferenza delle persone che amiamo! Soffriamo perché quando amiamo sentiamo l'amato come parte di noi, del nostro essere. La nuova identificazione con lo spirito, piuttosto che con il corpo ci pone in uno stato immateriale, cadono i confini posti dal nostro "corpo", il nostro sentirci individuali, e indipendenti dagli altri. Si percepisce una nuova unitá "cosmica", che ci lega ad altri esseri umani, ad altri esseri viventi, al mondo animato e inanimato.
San Paolo esprimeva questo concetto affermando che facciamo tutti parti di un solo corpo.
 

E in realtà noi tutti siamo stati battezzati in un solo Spirito per formare un solo corpo.
(1 Cor 12, 13)
Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. Non può l'occhio dire alla mano: «Non ho bisogno di te»; né la testa ai piedi: «Non ho bisogno di voi». Anzi quelle membra del corpo che sembrano più deboli sono più necessarie; e quelle parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggior rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggior decenza, mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha composto il corpo, conferendo maggior onore a ciò che ne mancava, perché non vi fosse disunione nel corpo, ma anzi le varie membra avessero cura le une delle altre.
Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
(1 Cor 12, 20-26)

Soffriamo e gioiamo. Questa é la nuova realtá, una realtá che Epicuro si é precluso perché sottoposto alla sua "materialitá" e alla schiavitú dei sensi e della loro affidabilitá.

Gesú ti propone una vita di vera libertá. Nessun moralismo, solo amore e libertá. Assaggiate la veritá, gustatela, assaporatela. I greci ci hanno insegnato che la veritá si conosce, Gesú ci ha insegnato che la veritá si gusta: é questa la felicitá.
 



Un programma non concreto
Volevo intitolare questo ultimo paragrafo "Un programma concreto". Volevo darvi alcuni consigli "pratici". Ma ad una ricomprensione della realtá mi sono reso conto che non esiste UNA strada per giungere alla felicitá. Quello che segue quindi é solo un programma non concreto, un programma che ciascuno di voi deve realizzare concretamente, secondo la propria intelligenza, secondo la propria esperienza, nella sua vita. Se vi dessi un programma concreto rischiereste di attaccarvi a quello, di attaccarvi alla forma, piuttosto che alla sostanza. Cercate la VOSTRA FORMA.

Esistono 5 veritá spirituali fondamentali per la rinascita:

  1. Dio ti ama.

  2. Dio desidera la tua felicitá, ti ha creato per questo scopo, ti ha voluto perché ti desidera, desidera condividere con te.
  3. Il peccato é la tua realtá interiore.

  4. Prima di essere un concetto morale, prima di essere un'azione, il peccato é uno stato, stato di corruzione, un principio di schiavitú: é l'identificazione dell'anima (la psiche, i sentimenti) con il tuo corpo (il mondo esteriore).
  5. Gesú é morto al tuo posto.

  6. Il principio di schiavitú che ci portiamo dentro é un principio di morte, siamo assetati di vita perché siamo morti dentro. É uno stato di morte, piú che un evento, stato che ci conduce all'eterna infelicitá. Ma Gesú é morto al tuo posto, Gesú si é identificato con il tuo male, lo ha assorbito, per te, e per te é diventato peccato. Morendo é morto il tuo peccato.
  7. Accetta Gesú come tuo personale Signore e Salvatore.

  8. Renditi conto di avere un problema insuperabile con le tue forze, insuperabile perché fá parte del tuo essere. Segui Gesú come tuo maestro, accettalo come tuo signore, come luce. Puoi pregare dentro di te per accettare Gesú, chiedilo con fede, credici fino in fondo, la Sua parola é garanzia che Gesú entrerá nella tua vita, comincerá a trasformati, fará definitivamente morire le parti di te che sono agonizzanti. Puoi crederci sulla sua parola!
  9. Cibati di Gesú.

  10. Dopo essere nati abbiamo bisogno di cibo sostanzioso per crescere. Dopo la rinascita il nostro cibo é uno solo: Gesú. Ci cibiamo di Gesú quando entriamo nella camera del nostro cuore, in preghiera per stare con Lui. Ci cibiamo di Gesú quando incontriamo nel profondo altri uomini o donne. Ci cibiamo di Gesú quando amiamo, quando iniziamo a volore bene. Ci cibiamo di Gesú nell'Eucaristia. Ci cibiamo di Gesú quando lo assaggiamo in ogni cosa creata.


 Se vuoi approfondire questi temi puoi leggere il nostro Corso Biblico di Rinascita, ma non é essenziale, la conoscenza non é essenziale, ma lo é la consapevolezza: se in questo momento senti che lo Spirito di Dio ti chiama, lasciati morire, accetta Gesú nella tua vita e sarai rinato!
 
 

Con la rinascita inizieranno a cadere tutte le illusioni, una dopo l'altra. 
Cominceranno a morire le parti di te agonizzanti. 
Allora scoprirai di essere felice e di amare davvero.


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