In questa sezione dunque non ci occuperemo di partiti, ma di qualcosa
di più importante: le idee di fondo dei più importanti sistemi
politici nati nella storia per comprendere in che modo possiamo creare
una società più giusta, più libera e più serena.
Beato capitalismo! Non annuncia nulla e non fa mai promesse. Nessun
manifesto, nessuna dichiarazione in venti punti programmatici sulla felicità
chiavi in mano. Vi spappola, vi sventra, vi asservisce, vi martirizza:
in breve, vi delude? Avete il diritto di sentirvi infelici, ma non delusi,
giacchè la delusione presuppone un impegno non onorato. Quelli che
annunciano un domani in cui si canterà con la giusta intonazione,
si espongono all’accusa di inganno quando il loro tentativo sprofonda in
una spaventosa cacofonia. Il capitalismo, al contrario, si coniuga giudiziosamente
al presente. Il capitalismo è. Quanto al futuro, lo lascia volentieri,
lo lascia volentieri ai sognatori, agli ideologi, ali ecologisti. I suoi
delitti sono quasi perfetti. Nessuna prova scritta che ne accerti la premeditazione.
Il Terrore del 1793? Quelli che non amano le rivoluzioni si immaginano
facilmente i responsabili: i Lumi e la irragionevole volontà di
ordinare la società secondo la ragione. Il comunismo? Le biblioteche
traboccano di opere da biasimare. Nulla di simile per il capitalismo. Non
gli si può certo rimproverare di fabbricare sciagure pretendendo
di recare felicità.
Il capitalismo accetta di venir giudicato solamente su quanto lo motiva
da sempre: la ricerca del massimo profitto nel più breve tempo possibile.
Gli altri si interessano all’uomo? Esso si occupa di merci. Si sono mai
viste merci felici o infelici? I soli bilanci che contano sono i bilanci
contabili. Ascrivergli altri delitti è andare fuori tema. Semmai,
si potranno tirare in ballo le catastrofi naturali. Ve lo hanno ripetuto
a sufficienza: il capitalismo è la condizione naturale dell’umanità.
L’uomo si trova nel capitalismo come un pesce nell’acqua. Occorre la frivola
arroganza degli ideologi per voler cambiare l’ordine delle cose, con le
incresciose conseguenze cicliche che conosciamo: rivoluzione, repressione,
delusione, contrizione. Ecco il vero peccato originale dell’uomo: l’eterno
rovello di scuotere il gioco, la lirica illusione di un avvenire libero
dallo sfruttamento, la pretesa di mutare l’ordine naturale. Non muovetevi:
è il capitalismo che si muove per voi. Del resto anche la natura
ha le sue catastrofi. Cerchereste forse i responsabili di un terremoto
o di un maremoto? Il crimine dopotutto implica un criminale. Anche il capitalismo
ha le sue catastrofi naturali. Per quanto concerne il comunismo, le schede
antropometriche sono facili da stabilire: due con la barba, uno con la
barbetta, un occhialuto, uno con i baffi, uno che attraversa lo Yangtze
Kiang a nuoto, un patito dei sigari, ecc. Si possono odiare quei volti
in carne e ossa. Invece nel capitalismo compaiono soltanto indici impersonali:
Dow Jones, CAC 40, Nikkei, ecc. Provate a detestare un indice… L’impero
del Male si identifica sempre con un territorio, ha sempre le sue capitali.
È legato ai luoghi. Ma il capitalismo è ovunque e in nessun
luogo. A chi inviare i mandati di comparizione per un eventuale processo
di Norimberga?
Capitalismo? Arcaismo fuori moda! Aggiornatevi e usate la parola adeguata:
liberalismo. Il Littré definisce il termine “liberale” come: “ciò
che è degno di un uomo libero”. Non suona bene? E il Petit Robert
ci offre una convincente lista di antonimi: “avaro, autocrate, dittatoriale,
dirigista, fascista, totalitario”. Troverete forse giustificabile definirsi
anticapitalisti, confessate però che occorre una buona dose di cattiveria
per proclamarsi antiliberali!
Capitalismo! Il peggior assassino di massa della storia? E sia pure.
Ma un assassino senza volto né codice genetico. Un assassino che
opera impunemente da secoli nei cinque continenti. Buon divertimento. E
a che pro? Non avete sentito il colpo di gong che annunciava al tempo stesso
il termine dell’incontro e la fine della Storia? Quell’assassino ha vinto.
E ora si prende, nella sua versione mafiosa, le spoglie dei nemici. Quale
avversario credibile si profila all’orizzonte?
Quale avversario? L’immensa moltitudine delle parti civili al suo processo.
I vivi e i morti. La folla innumerevole di quelli che venero deportati
dall’Africa nelle Americhe, fatti a pezzi nelle trincee di una guerra idiota,
bruciati vivi dal napalm, torturati a morte nelle prigioni dei cani da
guardia del capitalismo, fucilati al Mur des Federes, a Fourmies, a Setif,
massacrati a centinaia di migliaia in Indonesia, quasi estinti come gli
Indiani d’America, assassinati in massa in Cina per assicurare la libera
circolazione dell’oppio. Da tutti costoro le mani dei vivi hanno ereditato
la fiaccola della rivolta dell’uomo non riconosciuto nella sua dignità.
Sono le mani troppo presto senza vita di quei bambini del Terzo mondo che
la sottoalimentazione, ogni giorno, uccide a decine di migliaia; sono le
mani scheletriche dei popoli condannati a rimborsare gli interessi di un
debito di cui i loro dirigenti-fantoccio hanno rubato il capitale, sono
le mani tremanti degli esclusi, sempre più numerosi, tenuti ai margini
dell’opulenza.
Sono mani di tragica debolezza e, per ora, sono disgiunte. Ma non potranno
che congiungersi un giorno. Sarà allora che la fiaccola che esse
portano incendierà il mondo.
Gilles Perrault
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