La guerra civile spagnola del 1936-39 fu la prova generale della Seconda guerra mondiale perché vide impegnate a sostegno delle due parti in lotta, più o meno direttamente e con differente peso militare, da un lato Inghilterra, Francia e Urss, e dall'altro Italia, Germania e Portogallo. La Spagna, dunque, fu il teatro del primo scontro armato tra fascismo e antifascismo, con gli italiani (le camice nere di Mussolini da un lato, e gli oppositori del regime dall'altro) impegnati su entrambi i fronti.


La Spagna degli anni Trenta
La Spagna degli anni Trenta era ancora una realtà precapitalistica, ad eccezione di alcune zone fortemente industrializzate. Ai pochi grandi proprietari terrieri, infatti, si contrapponeva la massa di braccianti agricoli, operai e minatori, tra cui trovavano terreno fertile le teorie e i movimenti socialisti; tra i ceti medi urbani, invece si facevano strada, oltre a quelli socialisti, anche i movimenti democratico-repubblicani e anticlericali. Alle elezioni politiche del 1931 i repubblicani e i socialisti alleati ottennero una importante affermazione, che segnò la caduta della dittatura di Primo de Rivera e del re Alfonso XIII. La destra cattolica, però, grazie anche al favore dell'esercito, tornò al potere l'anno seguente. La situazione politica e sociale era incandescente. Nel 1934, per reprimere i moti insurrezionali dei minatori (ottobre spagnolo), intervenne la legione straniera comandata dal generale Francisco Franco.

La costituzione del Fronte Popolare
Le elezioni del febbraio 1936 segnarono una netta contrapposizione tra la destra e la sinistra: una coalizione assai composita di gruppi riconducibili in senso ampio alla sinistra e alleati sotto la comune denominazione di "Fronte popolare" ottenne 4700000 voti contro i 3997000 voti del "Fronte nazionale" delle destre e i 49900 voti del centro. Fallito l'esperimento di destra, la Spagna ritentava la strada del governo di sinistra, governo che questa volta assumeva come in Francia, la forma del Fronte popolare, favorita anche dall'Internazionale comunista. Al Fronte partecipavano le forze che avevano dato vita al governo nel 1931-33: repubblicani e socialisti, affiancati dal piccolo partito comunista, dal POUM (Partito Obrero de Unificacion Marxista - Partito Operaio di Unificazione Marxista), che raccoglieva i comunisti antistalinisti, e dagli anarchici. Uno schieramento, dunque, assai eterogeneo, dilaniato da tutte le divisioni che attraversavano allora la sinistra internazionale: non solo quella che contrapponeva il riformismo moderato all'intransigenza rivoluzionaria, ma anche quella che divideva come nemici giurati i comunisti "ortodossi", che accettavano il ruolo di Stato-guida dell'Unione Sovietica di Stalin, dai comunisti trockisti, o quella altrettanto dirompente, che vedeva il centralismo marxista scontrarsi duramente con l'anima libertaria degli anarchici. La stessa decisione di alcuni esponenti anarchici di entrare a far parte del governo, anteponendo la difesa dello Stato democratico agli stessi loro principi, era destinata a creare gravi contrasti all'interno del movimento anarchico.

Le difficili condizioni di governo
Il programma del Fronte popolare aveva un carattere di netta impostazione "democratico-borghese", e prevedeva:
- . l'amnistia per i reati politici;
- l'abrogazione di alcune leggi repressive ( emanate nel "bienio negro")
- l'avvio di un programma di lavori pubblici per alleviare la disoccupazione e di provvidenze a favore dei contadini
- misure di revisione fiscale
- controlli sulle attività finanziarie e bancarie
- ampliamento della legislazione sociale
La vittoria del Fronte popolare provocò comunque una radicale risposta da parte delle destre, che minacciarono il colpo di Stato.
Una volta giunto al governo, lo schieramento di sinistra rivelò appieno le contraddizioni tra le sue diverse componenti: anarchici e comunisti dissidenti del POUM catalano erano decisi a proseguire e intensificare le pressioni dal basso verso la collectivisacion e l'immediata instaurazione del socialismo, mentre i repubblicani e comunisti mettevano al primo posto la difesa contro la minaccia di destra e si battevano per porre sotto controllo la conflittualità sociale. I socialisti e la UGT (Union General de Trabajadores), che non avevano una chiara linea politica, tentavano ostinatamente di mediare tra le due componenti, causandone spesso ostilità.

L'insurrezione militare
I primi mesi successivi alla vittoria del Fronte popolare videro una rapida radicalizzazione del conflitto sociale e politico. Operai e contadini diedero sfogo a una rabbia lungamente repressa, moltiplicando gli attacchi contro gli antichi proprietari e la Chiesa e dando vita a un'ondata di scioperi e di occupazioni di terre e di fabbriche. La destra, per parte sua, andò unificandosi sotto la guida delle sue componenti più aggressive e violente: la Falange (organizzazione fondata nel 1933 sul modello del partito fascista, la quale iniziò una violenta attività terroristica assumendo un preciso profilo paramilitare) e gli alti gradi dell'esercito, che non avevano mai abbandonato l'idea del colpo di Stato. Fu proprio un gruppo di ufficiali spagnoli in Marocco, capeggiato dai generali Francisco Franco ed Emilio Mola, a dare inizio, tra il 17 e il 19 luglio 1936, ad una sollevazione militare contro il governo repubblicano, assumendo come pretesto l'uccisione del leader dei monarchici ad opera di socialisti, i quali volevano vendicare un loro compagno ucciso dalla Falange.
L'insurrezione militare raggiunse ben presto le città, permettendo ai generali golpisti di controllare l'Andalusia. Era così iniziata la guerra civile.

L'intervento delle potenze fasciste
Fin dall'inizio gli insorti poterono contare sull'appoggio politico e militare delle due potenze fasciste, Italia e Germania. Oltre ad aiuti economici la Germania nazista inviò in Spagna la legione aerea "Condor", decisiva per permettere il trasbordo di truppe dal Marocco alla madrepatria, sia per conferire ai ribelli l'importante superiorità strategica aerea. L'Italia fascista inviò 70000 "volontari", in gran parte contadini e proletari reclutati con promesse e minacce, circa 800 aerei, 2000 cannoni e quasi 8000 automezzi. A motivare l'appoggio dei nazifascisti a Franco non furono solamente le affinità ideologiche e la volontà di allargare la presenza fascista in Europa, ma anche la speranza di strumentalizzare il colpo di Stato in Spagna in funzione antifrancese, costringendo la Francia a spostare la difesa sulle frontiere meridionali e quindi ad allentare la guardia al confine tedesco. Infine la fascistizzazione della penisola iberica doveva dimostrare alla Gran Bretagna l'inutilità dei suoi sforzi di politica "europea", spronandola a rinchiudersi sempre di più nell'ambito del suo Impero.

La posizione della Chiesa cattolica
Un altro importante appoggio a Franco venne dalla Chiesa cattolica, quasi tutta schierata in suo favore contro il "sacrilego" anticlericalismo della repubblica. La convergenza tra nazifascisti e papato, sanzionata nel 1939 dalla benedizione del nuovo papa Eugenio Pacelli, Pio XII al regime franchista, oltre a indebolire le posizioni degli antifranchisti nei paesi occidentali, rafforzò ulteriormente in quegli anni di grave tensione politica, il consenso interno ai regimi fascisti.

Il contraddittorio atteggiamento delle democrazie occidentali
Contrariamente ai regimi fascisti, le potenze democratiche non s'impegnarono direttamente nel conflitto. Subito dopo l'inizio dell'insurrezione il governo spagnolo aveva chiesto aiuto alla Francia, da poco retta anch'essa da un governo di Fronte popolare. Ma il primo ministro francese, temendo una divisione del proprio governo, aveva preferito assumere un atteggiamento prudente, proponendo fin dal 1° agosto 1936 a tutte le potenze europee una politica di "non intervento"; a questa decisione aveva aderito con entusiasmo la Gran Bretagna, guidata da un governo conservatore. Solo l'Unione Sovietica, sotto la copertura dell'Internazionale comunista, si impegnò direttamente a fianco del governo repubblicano spagnolo, inviando volontari e materiali bellici.
La decisione delle potenze democratiche di lasciare che fossero gli spagnoli a risolvere le proprie contraddizioni si tradusse in un duplice grave colpo per la repubblica. Primo perché ponendo sullo stesso piano il governo repubblicano e i militari ribelli, si finiva con il negare la legittimità della repubblica; secondo perché non si impediva alle forze nazifasciste di portare il loro auto ai ribelli, mentre alla repubblica veniva a mancare l'aiuto delle democrazie occidentali su cui essa più contava. Ciò influiva anche sulla politica sovietica in Spagna. Decisa ad aiutare il governo legittimo sia direttamente, attraverso l'invio di denaro e armi, sia indirettamente, favorendo il volontariato delle Brigate Internazionali filorepubblicane, l'Unione Sovietica intendeva utilizzare la crisi spagnola per favorire la sua politica di riavvicinamento alle democrazie occidentali in funzione antifascista. Questo progetto produsse, oltre a molte esitazioni e svolte nella politica di aiuti, anche le pressioni dell'Urss sui comunisti presenti in Spagna (nel Partito comunista spagnolo o nelle Brigate Internazionali) per imporre una politica "rassicurante" per le democrazie occidentali. Inoltre, il fatto che l'Unione Sovietica fosse il solo paese apertamente dalla parte della repubblica, mentre Gran Bretagna e Francia seguivano la politica della "non ingerenza" e gli Usa ponevano l'embargo contro entrambi i belligeranti, oltre a rafforzare l'influenza del piccolo Partito comunista spagnolo, faceva della guerra civile spagnola una sorta di arena per il conflitto tra fascismo e comunismo.

Gli italiani nelle Brigate Inernazionali
In soccorso del Fronte Popolare, si schierarono anche i fuoriusciti italiani, gli antifascisti in esilio, soprattutto aderenti a Giustizia e Libertà (Carlo Rosselli organizzò una colonna di volontari fin dall'estate del 1936), gli anarchici come Camillo Berneri; i comunisti confluirono nelle Brigate Internazionali, composte da uomini di diversa nazionalità ed anche di differenti tendenze politiche. La partecipazione dei volontari italiani, inquadrati nella Brigata Garibaldi, fu consistente, circa 3350 effettivi, e mise in campo alcuni tra i maggiori esponenti dell'antifascismo: i comunisti Togliatti, Longo, Di Vittorio e Vidali, il socialista Nenni, il repubblicano Pacciardi. Le Brigate Internazionali erano guidate dal generale russo Emil Kléber.

Le divisioni del fronte repubblicano
Mentre tra i ribelli si rafforzava l'autorità d Franco e si liquidavano le divisioni interne alla destra attraverso la creazione di una sorta di "partito unico", la Falange nazionalista, gli echi interni dell'internazionalizzazione del conflitto divisero le forze repubblicane. I comunisti, forti dell'appoggio dell'Unione Sovietica e dell'accordo con le forze moderate, pretendevano che si ponesse fine alle lotte sociali interne, in nome dell'unità contro il comune nemico; inoltre cercavano di giungere al più presto alla liquidazione sia delle forze anarchiche sia del POUM, considerato una forza "controrivoluzionaria", facendo anche ricorso all'assassinio politico. D'altra parte gli anarchici non accettavano le richieste di pace sociale in nome dell'unità, anzi sostenevano l'utilità di una radicale rivoluzione sociale contemporanea alla guerra civile. Le divisioni culminarono nelle tragiche "giornate di Barcellona" del maggio 1937: uno scontro armato tra i comunisti e le forze ufficiali della repubblica da una parte, e le milizie anarchiche e del POUM dall'altra, che si condusse con la liquidazione di fatto del POUM e un forte ridimensionamento della forza degli anarchici.

Le vicende militari
Le lotte interne alla coalizione che reggeva la repubblica, lotte che coinvolgevano anche le Brigate Internazionali, rafforzarono i ribelli. Questi riuscirono, nell'agosto del 1936, con la conquista di Badajoz, in Estremadura, a congiungere le forze del sud-ovest con quelle del nord e a minacciare Madrid, roccaforte insieme a Barcellona delle forze lealiste. Ma Madrid resistette, grazie anche alla combattività delle Brigate Internazionali e la guerra allora si spostò a sud e a nord, nell'intento di isolare la capitale, con battaglie sanguinosissime. Nel febbraio del 1937 le truppe fasciste occuparono Malaga; nel marzo furono sconfitte a Guadalajara dalle Brigate Internazionali italiane; il 26 aprile l'aviazione nazista rase al suolo con un bombardamento a tappeto Guernica; il 19 giugno i fascisti riuscirono a conquistare Bilbao.
Nell'estate-autunno del 1937 tutto il nord-ovest del paese era sotto il loro controllo. Nella primavera successiva, nonostante una disperata controffensiva in Aragona, le forze della repubblica erano spezzate in due tronconi: da un lato quelle che resistevano attorno a Madrid, dall'altro quelle che reggevano la Catalogna. A questo punto, il generale avvicinamento delle democrazie occidentali alle potenze fasciste, in seguito al patto anglo-italiano dell'aprile 1938 e alla conferenza di Monaco del settembre 1938, favoriva un ulteriore indebolimento della repubblica. L'ultima grande offensiva tentata dalle residue forze repubblicane, ormai irreparabilmente divise al loro interno e demoralizzate, fu quella dell'Ebro, tra il luglio e il novembre del 1938. All'inizio del 1939 cadde Barcellona e alla fine di marzo Madrid.

L'affermazione della dittatura franchista
Finita la guerra, ebbe inizio una pace contrassegnata da episodi di persecuzione politica. Nella cosiddetta "feroz matanza" (feroce massacro), decisa da Franco all'indomani della guerra, morirono 200000 "marxisti", cioè antifascisti, mentre altre centinaia di migliaia furono condannati a pene varie e altri 300000 presero la via dell'esilio. Si consolidava, così, un'altra dittatura fascista destinata a essere la più duratura della storia europea. Lo scontro tra bolscevismo e fascismo si era risolto in netto favore del secondo e la guerra di Spagna aveva segnato il precipitare degli equilibri internazionali, anche se pochi se n'erano accorti.

CRONOLOGIA ESSENZIALE

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