Antonio e il Violinista - 2da parte

A casa la mamma attendeva Antonio, davvero preoccupata per il ritardo. Avrebbe voluto fargli una giusta ramanzina, ma non ci riuscì, perché Antonio, ansimando per la corsa, volle assolutamente raccontarle, tutto d’un fiato, che cosa gli era successo.
Solo alla fine del racconto, la mamma si era rasserenata: si calmò e accarezzandolo gli spiegò che non doveva parlare con gli sconosciuti, perché esistono alcune persone malate e cattive che possono fare del male ai bambini. Per fortuna quel giorno Antonio aveva incontrato una brava persona, anche se un po’ strana e originale. Quanto poi ai fatti accaduti, era convinta che si era trattato soltanto di una serie di simpatiche coincidenze.

Nei giorni successivi Antonio, dispiaciuto, non rivide più il violinista. Anche la sua mamma, quando passava da quelle parti lo cercava, ma non lo vedeva.
Poi finalmente un bel mattino, la mamma lo rivide proprio là dove Antonio l’aveva incontrato.
Gli si avvicinò e, mentre gli metteva un euro di elemosina nella custodia del violino, cercò di sbirciare meglio il musicista, ma sussultò sentendo il suo saluto:
– Buongiorno mamma di Antonio! –.
– Scusi, come fa a saper chi sono? – chiese sorpresa.
– Lei ha gli stessi occhi buoni di Antonio – rispose il violinista.

I passanti e il Violinista In quel momento stavano passando altre persone e il dialogo tra la mamma e il mendicante fu interrotto da una voce più grossa che diceva con asprezza:
– Va a lavorare, signor fannullone! – ed era un omone grosso e robusto con delle braccia muscolose, che faceva paura solo a vederlo.
Istintivamente la mamma intervenne in sua difesa:
– Ma non fa male a nessuno, ci rallegra con le sue canzoncine! –.
Una vecchietta ossuta e arcigna agitando il suo ombrello si alleò col grassone:
– Diventi ricco a nostre spese, signor ladro! –
– Ma non sono un ladro, se lo fossi non sarei qui. Non mi sto arricchendo, sono ammalato e non posso fare lavori pesanti. Mi guadagno da vivere suonando, non sto rubando! – si difese il violinista.

Attorno a loro si era formato un crocchio di curiosi. I più difendevano il mendicante, soltanto l’omone e la vecchietta continuavano ad insultarlo. Lui ascoltava e taceva. La mamma di Antonio si era posta proprio di fronte a lui per proteggerlo.

A quel punto il violinista imbracciò il suo strumento e prese ad armeggiare col suo archetto, in un intenso crescendo:
– Friiin, friin, …fruum,fruum, …. froom,froom, … fraam,fraam, … zacc – e lì si fermò, perché si levò un grido:
– Accidenti … ma che diavolo … ! – l’omone imprecava, e:
– Per la miseria … ma che shifooo … ! – era il gridolino della vecchietta.

Che era successo? Due piccioni avevano lasciato cadere contemporaneamente i propri escrementi proprio sulla testa di quei due! Erano due cacche importanti: semiliquide e abbondanti. L’omone, tutto rosso cercava di pulirsi e di bloccare la discesa sulla faccia di quella massa bianco-giallo-verdastra, ma già aveva la fronte tutta imbrattata. La vecchietta non sapeva cosa fare: strillava e più strillava, più la cacca scendeva sui suoi vestiti, anche se la mamma di Antonio, impietosita cercava di soccorrerla usando il suo fazzoletto.

Quando alla fine i due imbrattati si allontanarono, brontolando e, a poco a poco, la gente si diradò, rimase solo la mamma di Antonio.
– Che sfortuna … – le bisbigliò il violinista.
– Forse non è stata pura sfortuna. – rispose lei guardandolo severamente,
– Eh già … – disse lui confessandosi un pò.
Allora la mamma cambiò il suo cipiglio in un sorriso di saluto e riprese il suo cammino che tutti quegli avvenimenti avevano interrotto.

Il violinista imbracciò ancora il suo strumento e prese a suonare una lieve musichetta:
– Friiin, friin, … friiiin … – e dopo pochi passi la mamma si accorse che, nonostante non ci fosse vento, dagli alberi del viale si erano staccate alcune foglie, che ora roteando sopra di lei, la seguivano, quasi danzando come uno sciame di farfalle.

G.A.

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