Welfare
Society

»Il calvinismo politico economico«


In certi ambienti si sta assistendo all'avvento di una sorta di calvinismo politico ed economico. Il calvinismo, nella sua separazione tra l'ideale vissuto e le questioni mondane, sposta il luogo delle decisioni e del giudizio.

Giorgio Vittadini,
(Presidente della Compagnia delle Opere),


Si viene a sapere che è in corso di avanzata elaborazione il progetto di proporre liste bloccate per le "europee", abolendo le preferenze. Senza curarsi dell'assenteismo e del fatto che, nelle recenti amministrative, i cittadini hanno mostrato insofferenza verso candidati imposti dall'alto. Continua cosi un processo strisciante di limitazione della democrazia che ha molti capitoli. In quasi tutte le elezioni, non si scelgono più gli uomini perché non ci sono ne' preferenze, ne' primarie. Anche gli eletti contano poco, perché il Parlamento è spesso e volentieri esautorato in questa legislatura come in quella passata.


Si teorizza che solo gli "eletti" sono espressione del popolo e che solo l'ente locale rappresenti il volere dei cittadini, cancellando tutto il valore dei corpi intermedi e della società civile sancito dalla Costituzione. Il problema non riguarda solo la politica, ma coinvolge pesantemente anche l'economia. Nessuno è cosi ingenuo da pensare che anche in Italia non operino multinazionali e finanza internazionale; nessuno ne vuole, in un disegno vetero-marxista, l'abbattimento e la cancellazione. Ma la tradizione del nostro Paese è stata segnata anche dalla presenza di un movimento cattolico, operaio, laico, che ha garantito la partecipazione di forze popolari all'economia. assicurando benessere diffuso e sviluppo. È anche questo in discussione.

Contro l'elementare idea di conservare una grande impresa forte e italiana, si è svenduto e smembrato settori come chimica, alimentare, energia, industria pesante in nome di alchimie e guerre economiche, magari ostacolando alleanze che l'avrebbero preservata. Si dice che la piccola e media impresa sia troppo piccola, ma la si demonizza invece che investire per la sua crescita. Si è ingessato e asservito il sistema del Welfare, statalizzandolo e sottraendogli le risorse private, senza toccare un sistema pensionistico iniquo e inefficiente. Si vuole cancellare il sistema delle banche popolari, per le "regole della finanza internazionale" e per giochi di potere, non accorgendosi che la loro trasparenza e territorialità, la loro vicinanza al risparmiatore e al piccolo e medio imprenditore, sono indispensabili in un'epoca non solo global ma anche local.

Si privatizzano le municipalizzate rendendole, senza un'adeguata riflessione, oligopoli privati, che non garantiscono il rapporto qualità-prezzo di servizi essenziali per la vita dei cittadini.

Si potrebbe continuare negli esempi, ma e' più importante individuare le cause profonde di questo assalto alla democrazia politica ed economica.

In certi ambienti si sta assistendo all'avvento di una sorta di calvinismo politico ed economico. Il calvinismo, nella sua separazione tra l'ideale vissuto e le questioni mondane, sposta il luogo delle decisioni e del giudizio. Non vale più la persona mossa da ideali, non valgono più le aggregazioni, i corpi intermedi, i partili popolari, la democrazia economica e politica, le istituzioni democratiche. Non vale più la trasparenza del percorso che dal desiderio dall'ideale arriva alle opere economico-sociali. Fino alla politica. Piuttosto valgono, sbandierate a priori e mai verificate, la competenza, l'abilità, le teorie di élite intellettuali e aristocratiche.

Questa logica può valere sia a destra sia a sinistra, anche se corrisponde perfettamente all'idea di avanguardia del dirigismo cattocomunista e vetero-marxista, e si contrappone di fatto alla svolta liberale del programma della Casa delle libertà. Non ha importanza se, alla prova dei fatti, la realtà smentisce questa impostazione. Per i "calvinisti" è la realtà che deve adeguarsi, magari con qualche violenza, verbale o no...

Giorgio Vittadini,
il Giornale 19 giugno 2002, pag. 10.