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Nulla sarà più come prima

a cura di ALBERTO SAVORANA - Tracce Ottobre 2001

A colloquio con Giulio Andreotti. L’inizio di una gravissima crisi mondiale, il terrorismo, la questione mediorientale, l’Europa e l’Italia. «Senza Dio la pace non può esistere»

 

Giulio Andreotti ha attraversato da protagonista cinquant’anni di storia del mondo. Mezzo secolo di cambiamenti vissuti dall’interno, come Presidente del Consiglio o come Ministro degli Esteri. Oggi è la personalità italiana più qualificata a parlare di ciò che sta accadendo, dopo quel tragico 11 settembre che gli ha fatto dire che «nulla sarà più come prima». Offriamo le risposte del senatore Andreotti come contributo per una più avveduta coscienza della nuova realtà che si apre davanti a noi e per ricercare le strade di una ripresa che assicuri giustizia e pace al mondo.
 

Presidente, che cosa hanno rappresentato per Lei gli attentati di New York e Washington?
Una angosciosa sorpresa e l’immediata convinzione dell’inizio di una gravissima crisi mondiale.
 

Di fronte allo sgomento per quanto è accaduto, come evitare lo scetticismo disperato e la presunzione della forza?
Vi erano nel governo di Washington - e in parte notevole restano - due esigenze contrapposte, anzi tre. Occorre restituire fiducia al popolo americano sconvolto dall’attacco. È necessario individuare le responsabilità di chi ha ideato e messo in atto questo attacco luciferino. Si pone con urgenza la predisposizione di strumenti internazionali per bloccare e reprimere i terrorismi. I concetti di potenza e di inviolabilità sono stati travolti in quei venti minuti dell’11 settembre.
 

Non sappiamo quali saranno le dimensioni dell’operazione “Libertà duratura” annunciata dal presidente Bush come “guerra” al terrorismo internazionale. Che cosa può assicurare la giustizia che tutti invocano?
Occorre un’alleanza di nuovo tipo, la più estesa possibile, per mettere al bando la violenza di tutti i tipi e creare una solidarietà attiva anticrimine. Resta certamente la difficoltà di distinguere movimenti politici da disegni dirò così, di criminalità terroristica. Anche Arafat e Mandela erano chiamati terroristi.
 

Che ne sarà ora del Medio Oriente e del conflitto israelo-palestinese?
Per paradosso la grande crisi in atto potrebbe anche giovare a far trovare una sistemazione equa, dando vita alla Repubblica Palestinese e trovando soluzioni per la triplice complessità di Gerusalemme e per gli altri problemi aperti (il contenzioso con la Siria, ad esempio). Ma non ci credo.
 

In un recente articolo sul Corriere della Sera don Giussani si è domandato che cosa può assicurare a un uomo di oggi la possibilità di camminare sicuro quando la violenza sembra corrodere rapporti e azioni. Giro a Lei l’interrogativo.
Non è facile rispondere. Forse ricordando che Dio è amore;
senza Dio la pace non può esistere.
 

Giovanni Paolo II in Kazakhstan ha detto: «Con tutto il mio cuore imploro Dio di conservare il mondo nella pace». Come gli uomini possono essere in qualche modo collaboratori attivi di Dio in questo compito?
Occorre rileggersi i discorsi all’Onu di Paolo VI e di Giovanni Paolo II, impostando così - e non altrimenti - la riforma delle Nazioni Unite.
 

Lei ha detto che il mondo sta attraversando la crisi più grave della sua storia, tanto da far dire senza forzature retoriche che dopo l’11 settembre 2001 nulla sarà come prima. In questo drammatico contesto che ruolo possono e debbono svolgere l’Europa e in particolare l’Italia?
L’Unione Europea può avere un ruolo essenziale attuando davvero in questo momento una sola politica estera e di sicurezza. Aggiungo che
il terrorismo va lottato e prevenuto rimuovendo almeno le punte più inique delle ingiustizie sociali che sono ancora troppo estese. La riduzione del debito degli Stati più poveri è importante, ma non è che una delle molte esigenze perequative.

a cura di ALBERTO SAVORANA
Tracce, Ottobre 2001