Società

L’infanzia amputata 

Una ferita indelebile

Il dramma dei bambini costretti a combattere (che noi conosciamo attraverso Tracce) è denunciato da un ambasciatore dell’Onu, un sudanese, che a undici anni era stato costretto ad uccidere; e da un ragazzino della Sierra Leone, che racconta la sua storia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

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Commento


Napoleon Adok ex baby condottiero in Sudan

 
A 11 anni è stato costretto a fare la guerra, ad imbracciare un fucile e probabilmente ad uccidere. A 28 anni è tornato al fronte, ma questa volta per combattere l'orrendo fenomeno dei bambini soldato al fianco delle organizzazioni non governative. Napoleon Adok, ex combattente dell'Esercito popolare per la liberazione del Sudan (Spla), è ora ambasciatore del Protocollo dell'Onu che vieta l'impiego di minori nei conflitti armati (
«L'infanzia amputata è una realtà terribile dalla quale non si esce indenni», ha detto con voce ferma e sguardo severo davanti ai funzionari delle Nazioni Unite). Ieri Napoleon completo blu e cravatta era in prima fila a Ginevra e nel giardino della sede dell'Onu ha evocato il dramma del suo Paese, li Sudan dove soldati giovanissimi continuano ad essere reclutati dai ribelli e dal governo nonostante le recenti liberazioni. Il problema del reclutamento dei minorenni è particolarmente grave in Africa e ieri l'Unicef ha lanciato un nuovo allarme riguardo la situazione in Liberia dove con la ripresa degli scontri negli ultimi giorni tra forze governative fedeli al presidente Taylor e ribelli «esiste il pericolo che migliaia di bambini riprendano le armi».



La voce della Sierra Leone che ha turbato il mondo

 In novembre aveva choccato il mondo parlando della situazione dei bambini-soldato in Sferra Leone davanti al Consiglio dl sicurezza
dell'Onu. Il più giovane oratore al cospetto dell'organo esecutivo dell'Onu, Alhaji Babah Sawane, 14 anni aveva posto nelle mani dei Grandi del mondo il suo destino e quello di altri 5 mila combattenti nel suo Paese. «A nome di tutti i bambini della Sierra Leone chiedo alla vostra organizzazione di fare tutto il possibile per porre fine alla nostra tragedia», aveva esordito. La sua vicenda umana è simile a quella degli altri 300mila bambini sottratti alla scuola, al gioco, alla spensieratezza. Alhaji aveva sola 10 anni quando è Stato costretto ad arruolarsi nel Fronte rivoluzionario unito (Rut) in Sierra Leone dopo essere stato strappato alla sua famiglia ed essere stato addestrato all'uso delle armi. Nel gennaio del 2001 era stato liberato dopo un lungo lavoro di contrattazione con i comandanti del Ruf portato avanti con tenacia e sul filo dell'equilibrio dalle forze di pace Onu nel Paese. Con Alhaji furono rilasciati dallo stesso campo di addestramento 250 bambini. Poi Alhaji è stato aiutato da un'associazione cattolica prima di essere adottato da una famiglia visto che i suoi genitori non si trovavano più.

Avvenire, 13 febbraio 2002

Commento:

 

Dopo l’11 settembre si ha come l’idea che si stia mettendo a posto il mondo. Il mondo, invece, non è per nulla a posto: l’odio ribolle e si prepara a scoppiare. Sebbene non sia del tutto giusto paragonarle, due posizioni sono emblematiche.


La prima è esemplificata da Sgarbi: «Per vivere la vita bisogna dimenticarla», cioè «… se per un attimo ci arrestiamo e vediamo la vita scorrere davanti a noi che stiamo fermi, tutto ci appare diverso, insensato, folle. La vita per viverla bisogna dimenticarla. Nei momenti di pausa ci sentiamo come sull’orlo di un abisso» 


(V. Sgarbi, «Per vivere la vita bisogna dimenticarla», Il Giornale, 12 febbraio 2002).


La seconda posizione è quella del Papa, in occasione dell’inizio della Quaresima: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date (…). Amare i fratelli, dedicarsi a loro è un’esigenza che scaturisce da questa consapevolezza. Più essi hanno bisogno, più urgente diventa per il credente il compito di servirli (…). Sia così per ogni cristiano, nelle diverse situazioni in cui egli si trova»


(Giovanni Paolo II, «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date», L’Osservatore Romano, 6 feb.).


In effetti, se la volontà dell’uomo si impone di non guardare e di dimenticare, il suo cuore, posto di fronte alla drammaticità, non resiste a commuoversi e a sentire l’impeto del compito che il Papa descrive. Quanto si può e come si può: il minimo, per i cristiani, è una preghiera appassionata. Compito è anche tener desta la coscienza che l’11 settembre è sempre in agguato.


   
  • Maurizio Corsetti
    Nel cimitero cristiano di Kabul l’ultimo scempio dei Taliban
    La Repubblica, 10 febbraio 2002
    Quattro anni fa, il custode del cimitero cristiano di Kabul è stato fucilato dai talebani. L’attuale custode vive di elemosina, convive con la paura e racconta che lo scarico di una fogna è stato deviato in modo da riversarsi sul camposanto.

  • L’infanzia amputata una ferita indelebile
    Avvenire, 13 febbraio 2002
    Il dramma dei bambini costretti a combattere (che noi conosciamo attraverso Tracce) è denunciato da un ambasciatore dell’Onu, un sudanese, che a undici anni era stato costretto ad uccidere; e da un ragazzino della Sierra Leone, che racconta la sua storia al Consiglio di Sicurezza dell’Onu.

  • Dilemma territoriale (più che teologico) per gli ortodossi russi
    Il Foglio, 14 febbraio 2002
    L’articolo commenta l’indignazione del Patriarcato di Mosca per l’istituzione di diocesi cattoliche, e ricorda alcuni dati: oggi ci sono poco più di 112.000 cristiani tra le parrocchie della Russia europea e quelle della Russia asiatica; nel 1915, erano 220.000 in quella europea e 140.000 in quella asiatica.

  • Maurizio Molinari
    Linciato a Kabul il ministro dei Trasporti
    La Stampa, 15 febbraio 2002
    Dopo essergli stato assegnato l’unico aereo disponibile, il ministro dei Trasporti afghano è stato linciato all’aeroporto di Kabul da pellegrini in attesa di un volo per andare in pellegrinaggio alla Mecca.

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