Società

Il pensatoio che non c’è

 
«Ma dov’è quel retroterra intellettuale e specialistico, che in paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti ha sostenuto e alimentato la politica di rinnovamento di un intero Paese? […] Parlare di questo forse è più importante (anche se meno divertente) dell’ultimo sfogo di Moretti».

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di Antonio Socci 


E gli intellettuali di centrodestra? Dove sono i liberaldernocratici o i liberisti o i cattolico-liberali nel momento in cui in Italia comincia la loro stagione? Ci sono ancora o «involve / tutte cose l'oblio nella sua notte»? Sarebbe il primo caso nella storia se una cultura finalmente vincente, politicamente ed elettoralmente, venisse a mancare proprio su quel fronte intellettuale che dovrebbe sostenere - con nuove idee, studi seri e con una «egemonia» non gramsciana - un ambizioso progetto di cambiamento.


Sulle colonne del Giornale penne brillanti e corrosive hanno commentato le gesta masochiste della «gauche» culturale, le grida di Gianni Vattimo, Antonio Tabucchi e Dario Fo in giro per l'Europa, le sceneggiate romanesche di Nanni Moretti, le geremiadi insulari di Vincenzo Consolo, il solito «al lupo!» di Paolo Flores d'Arcais con quel salotto di tricoteuses che è Microinega. Corsivi feroci hanno castigato la filosofia di Jovanotti e Cacciari, la politologia di Scalfari e Luttazzi, la cultura istituzionale di Gene Gnocchi e Cofferati.


Ma infine sparare sull'ambulanza diventa penoso. Quando un segretario di partito erede di Togliatti come Fassino, che è una brava persona (seppure del tutto fuori posto), fa sapere seriamente di essere stato ricevuto da Nanni Moretti - il divertente comico di Ecce Bombo - per discutere con lui la linea del partito, si capisce che davvero un'epoca è finita: siamo alla frutta o forse alla grappa. È come se Enrico Berlinguer avesse chiesto di essere ricevuto da Enrico Montesano - quando interpretava Felice Allegria - per chiedergli se fare o non fare «lo strappo dall'Urss», se stare o non stare «sotto l'ombrello della Nato».


Peraltro, come ha dimostrato Pierluigi Battista nel suo libro «Al partito degli intellettuali», il mondo della cultura di sinistra è stato storicamente di gran lunga peggiore dei politici di sinistra.


Ha brillato sempre per settarismo, massimalismo e intolleranza, rappresentando la zavorra invece dell'avanguardia del rinnovamento, perfino nella «svolta» della Bolognina. «La storia degli intellettuali comunisti nei decenni che precedono il collasso del comunismo - constata Battista - appare insomma come un'ininterrotta e deprimente catena di occasioni fallite e di pervicaci resistenze conservatrici ancor più accanite di quelle che frenavano il gruppo dirigente dei "politici" di partito».


Ma tutto questo è il passato. Oggi in Italia è andata al governo - e pare ci debba restare a lungo - una nuova coalizione politica che ha un obiettivo ambiziosissimo: portare l'Italia nel terzo millennio lasciandosi alle spalle il Novecento. Ha senz'altro una leadership forte e chiara. Ma dov'è quel retroterra intellettuale e specialistico che in Paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti ha sostenuto e alimentato la politica di rinnovamento di un intero Paese?


Negli Stati Uniti vi sono think tanks come Heritage Foundation, Caro Institute, Hudson Intitute, Hoover Institute che rappresentano il serbatoio di idee e di specialisti in cui si riforniscono le presidenze repubblicane, dove si sfornano analisi, studi, progetti sulla base dei quali poi si prendono le decisioni politiche, strategiche ed economiche o che comunque fanno mentalità, senso comune.


In Italia non esiste niente del genere. La Confindustria di D'Amato rappresenta un buon segno di novità e di lungimiranza, ma finora da noi la borghesia produttiva non ha investito risorse in accademie di questo tipo preferendo un lavoro di lobby del tutto legittimo, ma - per così dire - particolaristico e di basso profilo. Quando non ha strizzato l'occhio al vero «pensiero unico» che in Italia è quello «politically correct», statalista, corporativo, conservatore e antimoderno. Per esempio in materia ambientale: chi è andato a documentarsi - se non altro per sentire l'altra campana - sulle pagine di Fred Singer? O chi ha consultato «The State of Humanity»  in cui Julian Simon ha messo insieme tante voci autorevoli del mondo scientifico americano? E chi ha mai tradotto in Italia studi del genere?


In Italia le sciocchezze dei Casarini e degli Agnoletto, a furia di essere propalate senza contraddittorio, sono diventate dogmi di fede da quasi tutti ripetuti. Sulla globalizzazione, assurdamente demonizzata, c'è voluto il libro-intervista di un non addetto ai lavori come padre Piero Gheddo, un missionario, per dire finalmente alcune verità <controcorrente» sul Terzo Mondo e sulle vere cause della sua povertà. Dov'erano intellettuali ed economisti liberali? E curiosamente c'è stato bisogno di un manifesto di cattolici, cani sciolti insofferenti dei luoghi comuni, nei giorni del G8 di Genova, per far circolare alcune informazioni elementari in difesa della scienza e della tecnologia (oltreché del buon senso). E c'è voluto lo sfogo passionale - e per forza di cose sommario - di una grande giornalista come Oriana Fallaci per dire la verità sull'Occidente e i suoi nemici.


Possibile che solo iniziative estemporanee di non addetti ai lavori e alcuni articoli di giornale abbiano potuto dar voce all'«altro» punto di vista che, per esempio, negli Stati Uniti è maggioritario? La complessità dei problemi avrebbe meritato studi e analisi ben più corposi, iniziative pubbliche e il coinvolgimento di scienziati e intellettuali liberi, anche quelli oggi solitari o senza tribuna.


Tempo fa dall'alveo berlusconiano nacque la rivista «Ideazione» che per alcuni anni ha rappresentato tiri promettente serbatoio di intelligenza per il centrodestra, a quel tempo all'opposizione. Ha sfornato libri preziosi e altrimenti introvabili, come ,«Liberalismo» di Friedrich von Ilayek o « Il concetto di libertà» di Raymond Aron e molti altri. [Jna felice esperienza dovuta perlopiù al patrocinio scientifico di Dario Antiseri e alla guida di Gaetano Quagliariello.

Ma da alcuni mesi, cambiati gli uomini, ha mutato indirizzo addirittura sconfessando la sua migliore stagione. Alessandro Campi ha scritto: «Si è scelto di lasciarsi alle spalle una certa intransigenza liberal-liberista, peraltro poco efficace e poco spendibile sul piano dell'odierna cultura politica». Adesso su «Ideazione» si leggono attacchi a «liberisti e progressisti» in favore della «terza via» e altre cose di analoga «originalità». Scelta del tutto legittima, sia chiaro, ma francamente gli scaffali delle librerie sono già pieni di riviste e pubblicazioni con questo tipo di contenuti. Proprio nel momento storico in cui vitale sarebbe stato il contributo di «pensatoi» del genere svanisce anche quel poco che c'è.


Eppure ci sono tante ottime intelligenze e competenze specialistiche nell'area liberaldemocratica, ma in gran parte impegnate direttamente in politica nella Casa delle libertà e addirittura in incarichi di governo, oppure isolate, che seguono loro percorsi accademici e intellettuali del tutto individuali con sporadici interventi sui giornali. Non vedo nulla di paragonabile ai «pensatoi» americani sopra citati. Che però sarebbe vitale avere. Parlare di questo forse è più importante (anche se meno divertente) dell'ultimo sfogo di Moretti.

di Antonio Socci
Il Giornale (8 febbraio 2002)

Commento:

 

Per essere «autorevoli, parlare all’anima, al cuore, alla testa» della gente bisogna avere qualcosa di significativo da dire: un’esperienza forte da proporre. Questa esperienza forte è la ragione per cui tutti, anche i laici, non possono fare a meno di ascoltare il Papa quando parla. Il “pensatoio” che non c’è in Italia, diversamente che in Inghilterra e negli Stati Uniti, non è innanzitutto quello di un club di specialisti, che comunque nemmeno in tali paesi si dimostra risolutivo. Il “pensatoio” che non c’è è quello che ha il coraggio di riproporre, in termini anche culturali e politici, un’esperienza personale e sociale umanamente utile.


Apparentemente non c’entra nulla, ma la condivisione con cui don Giussani raccoglie l’invito del Papa alla preghiera è profondamente dentro la nostra esperienza di uomini, finiti e quindi impossibilitati a risolvere. Questo è un messaggio forte: «Pregare non è come un’ultima spiaggia sul limitare di un mare di ghiaccio in cui sembra finire ogni umano impeto di desiderata risposta. […] La preghiera, che è domanda a Dio, è l’avamposto dell’uomo che si getta così disarmato nella quotidiana lotta»

(Luigi Giussani, «La lezione della carità», Corriere della Sera - 3 febbraio 2002).


Questo messaggio la gente lo ascolta perché lo capisce.


   
  • Nanni Moretti
    Lo schiaffo di un elettore
    La Repubblica (5 febbraio 2002)
    «Nel centro sinistra c’è bisogno di qualcuno che con la sua autorevolezza riesca a fare il pieno dell’elettorato potenziale del proprio schieramento, che sappia parlare all’anima, alla testa, al cuore degli elettori», ha detto Nanni Moretti sollevando un grande polverone nella sinistra italiana.

  • Michele Serra
    Le parole del Papa e noi
    Il Foglio (4 febbraio 2002)
    «Il giorno che un pronunciamento del Papa passerà quasi inosservato fuori dalla Chiesa, finalmente non saremo più un paese clericale».

  • Antonio Socci
    Il pensatoio che non c’è
    Il Giornale (8 febbraio 2002)
    «Ma dov’è quel retroterra intellettuale e specialistico, che in paesi come la Gran Bretagna e gli Stati Uniti ha sostenuto e alimentato la politica di rinnovamento di un intero Paese? […] Parlare di questo forse è più importante (anche se meno divertente) dell’ultimo sfogo di Moretti».

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